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  1. Il ruolo del preparatore atletico “moderno” nelle squadre dilettantistiche

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    (Aggiornato al 02/11/2019)

    Con l’avvento del concetto di Potenza Metabolica è migliorata la comprensione del modello funzionale del calcio e di conseguenza anche degli aspetti dell’allenamento atletico.

    In ambito dilettantistico, il tempo limitato a disposizione riveste una variabile fondamentale che condiziona l’allenamento atletico (contrariamente ai settori professionistici); per questo motivo, il preparatore atletico che lavora in questi contesti deve avere un gran senso critico nella scelta della qualità (specificità allenante) e quantità (tempo a disposizione) dei mezzi proposti. Deve avere una

    dettagliata conoscenza della tecnica e della tattica calcistica, al fine di sapere percepire-valutare (anche senza mezzi tecnologici) visivamente le componenti biomeccaniche (il cervello lo possiamo ancora considerare come il miglior analizzatore biomeccanico esistente), atletiche e cognitive del calcio, al fine di supportare al meglio l’attività dell’allenatore.

    Riportiamo sotto, quelle che sono, a mio parere, le competenze specifiche che deve avere un preparatore atletico che lavora in ambito dilettantistico.

    1) MINIMIZZARE IL TEMPO E MASSIMIZZARE L’EFFETTO DELL’ALLENAMENTO GENERALE A SECCO

    Anche con l’avvento di una maggior conoscenza del modello funzionale, l’allenamento generale mantiene una porzione importante dell’allenamento atletico, per un’adeguata prevenzione degli infortuni, per stimolare adeguatamente le massime potenze (metaboliche e neuromuscolari) ed a sostegno della coordinazione. Questi mezzi allenanti devono rispondere ai criteri di specificità della disciplina.

    Carichi applicabili in un contesto dilettantistico

    2) SAPER PROGRAMMARE E SOMMINISTRARE L’ALLENAMENTO ATLETICO SPECIFICO IN COLLABORAZIONE CON L’ALLENATORE

    Saper fondere tecnica-tattica e componenti atletiche nello stesso mezzo, permette di massimizzare lo stimolo allenante; unire le competenze dell’allenatore (variabili tattiche significative per il gruppo considerato) con quelle del preparatore (variabili che mantengono un’intensità specifica adeguata) è fondamentale nello stabilire i mezzi allenanti. Ovviamente ciò implica il dover abbattere la barriera concettuale che vede preparatore e allenatore lavorare e programmare l’attività separatamente. Questo non riguarda solamente la programmazione degli allenamenti che hanno finalità atletico-tattica, ma anche l’adeguamento dei carichi di lavoro a secco a quelli somministrati dall’allenatore, al fine di evitare sovraccarichi ed infortuni. Infatti, uno dei rischi maggiori, nei casi di scarsa comunicazione/interazione tra allenatore e preparatore, è quello di eseguire carichi settimanali eccessivi o insufficienti.

    Altro aspetto collaborativo che ritengo importante è quello con il fisioterapista/massaggiatore della squadra; la gestione degli atleti infortunati (o anche con fastidi che possono propendere ad un incremento del rischio) dovrebbe seguire una priorità che va verso la salute dell’atleta, e non la presenza nella partita più prossima; è un approccio che paga nel medio-lungo termine, cioè sull’andamento di tutto il campionato.

    3) SAPER LAVORARE ADEGUATAMENTE SULLA PREVENZIONE DEGLI INFORTUNI

    Mentre le squadre professionistiche hanno sufficiente tempo a disposizione per effettuare tutte le componenti dell’allenamento, nei dilettanti è fondamentale “minimizzare il tempo e massimizzare gli effetti” di tali interventi. Per questo motivo, il saper includere nell’allenamento generale stimoli che vanno in questa direzione (come la rapidità coordinativa, l’allenamento funzionale, un riscaldamento adeguato, ecc.) è fondamentale. È anche da ricordare che la fatica è una delle variabili che va ad incidere sul tasso di infortuni, quindi il carico dell’allenamento deve essere tale da preparare adeguatamente il giocatore al match. In Promozione, ad esempio, i carichi metabolici e neuromuscolari sono del 15-40% inferiori rispetto ai professionisti (Pasini 2015), ma la partita dura comunque 90’, ed il tempo per allenarsi è palesemente minore; da questo è possibile capire come sia fondamentale la ricerca del giusto compromesso tra volume ed intensità, finalizzato anche alla prevenzione infortuni.

    4) SAPER PROGRAMMARE RISCALDAMENTI TECNICI A DIFFICOLTA’ ED INTENSITA’ PROGRESSIVA

    Mentre la tecnica di base acquisita difficilmente viene “dimenticata”, la stabilità di questa in condizioni di fatica e rapidità deve essere costantemente allenata, affinchè il rendimento in campo sia adeguato. Il dedicare la prima parte d’allenamento a questo tipo di variabile (da parte del preparatore) a mio parere è fondamentale anche perché permette all’allenatore di potersi concentrare sulle altri parti dell’allenamento. A questo link potete vedere una trattazione più completa sull’argomento.

    5) SAPERSI DISTRICARE TRA CARENZA DI MEZZI E CONDIZIONI DEI CAMPI

    Condizione essenziale affinchè le carenze strutturali non diventino una “scusa”, ma uno “stimolo” a trovare soluzioni allenanti alternative che abbiano allo stesso tempo impronte significative. Tempo fa trovai in un video una frase interessante di Massimo de Paoli: “la differenza non la fanno i mezzi, ma le persone”.

    Ma quali sono gli aspetti più difficili?…ma anche quale deve essere il “punto di forza” di ogni preparatore

    Mi limito a riportare la mia esperienza, affinchè possa essere utile per gli altri. Il riuscire a somministrare carichi sufficientemente elevati, minimizzando il rischio di infortuni, è sicuramente la “sfida” principale del preparatore atletico; il tutto considerando sempre anche il carico effettuato dall’allenatore. Pensate a come velocemente oggi (anche solo rispetto a 15-20 anni fa) circolino i contenuti grazie al web ed ai social; l’accesso alla competenza non è più un limite come poteva esserlo una volta, quando vi erano pochi testi a disposizione su cui approfondire. Quindi è facile cercare e trovare mezzi allenanti da applicare ai propri giocatori, basta solo pensare alla mole di informazioni presente sul sito laltrametodologia.com. La difficoltà sta nel somministrare in maniera adeguata i mezzi, nel contesto di tempo e strutture a disposizione…in relazione al gruppo considerato. Infatti, aver la possibilità di lavorare più anni con la stessa società, permette sicuramente di conoscere meglio i singoli atleti e fare in modo che questi si abituino più velocemente ai carichi di lavoro. Competenza, esperienza, intuito e creatività sono sicuramente le doti maggiormente necessarie ad un preparatore.

    Ma quale deve essere il punto di forza di ogni preparatore che lavora a livello dilettantistico?

    A mio parere è “l’allenamento della coordinazione”; si perché in un contesto in cui il tempo a disposizione è sempre poco, lavorare su questa qualità ha ripercussioni positive su tanti aspetti della performance, come la gestualità tecnica, l’efficienza dei movimenti (e quindi la prevenzione infortuni e la potenza aerobica) e la rapidità. Non solo, molti aspetti coordinativi del movimento hanno un grado di stabilità maggiore nel tempo rispetto ad altre qualità come la potenza aerobica; per questo motivo, a mio parere, è possibile incrementare il carico di lavoro coordinativo (soprattutto tramite un aumento della difficoltà esecutiva e dell’intensità) durante la stagione, con miglioramenti evidentemente progressivi. Ma attenzione, affinchè ciò sia possibile, è da ricercare un continuo “innalzamento dell’asticella” dal punto di vista delle difficoltà richieste; questo richiede una continua ricerca ed approfondimento dei mezzi e varianti da utilizzare, che porta via diverso tempo in sede di programmazione. Per approfondire, potete leggere il nostro articolo sulla rapidità coordinativa.

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    Autore dell’articolo: Melli Luca (melsh76@libero.it), istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960, preparatore atletico AC Sorbolo e Istruttore di Atletica Leggera GS Toccalmatto.

  2. La rapidità del Venerdì (seconda parte)

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    Nell’ultimo post abbiamo analizzato le caratteristiche che dovrebbe avere, per le squadre dilettantistiche, l’ultima seduta settimanale che precede la partita (solitamente il Venerdì). Il razionale metodologico impone che almeno in questo “momento” della settimana, siano somministrati mezzi che permettano di sviluppare elevate potenze muscolari, nel rispetto della specificità coordinativa del calcio (cambi di direzione, arresti, ecc.). Ovviamente nulla toglie la possibilità di poter lavorare anche nella parte centrale della settimana su questi aspetti, ma (a mio parere) solo se i giocatori presentano carenze ed in particolar modo sui presupposti; un esempio potrebbe essere il lavoro di Rapidità coordinativa, il lavoro di Esplosività o l’Intermittente Forza. Oggi analizzeremo altre 4 strutture esercitative (le ultime 4 nel prossimo post) adeguati all’argomento.

    VARIANTE 5

    fIGURA 1

    Nella figura sopra è presentato un solo mezzo (cioè una fila) per scopo esplicativo, ma sarebbe bene impostare sempre 2 mezzi (2 file) in maniera tale che l’esercitazione venga fatta con 2 giocatori alla volta a forma di gara. Com’è possibile vedere dalla figura, i cinesini sono stati posti esclusivamente per far capire ai giocatori da che parte va affrontata la curva; nella struttura ci sono 2 cambi di direzione di 90° (uno a destra e uno a sinistra) e uno di 180° (girando intorno al cono). Malgrado sia un mezzo a caratteristiche globali è opportuno somministrarlo solamente dopo che si è adeguatamente lavorato sulla componente analitica dei cambi di direzione (vedi post corrispondente): piede di cambio, frequenza dei passi e abbassamento del baricentro sono solo alcuni degli elementi che un giocatore dovrebbe acquisire prima di eseguire questo mezzo. Essendo un mezzo particolarmente intenso (dal punto di vista delle contrazioni eccentriche in frenata) consiglio di effettuarlo come primo esercizio della serie dedicata alla rapidità, 2 volte ad intensità submassimale e 2 a livello massimale.

    VARIANTE 6

    Figura 2

    Anche in questo caso è rappresentato un solo mezzo, ma è opportuno farne sempre 2 per creare competizione nell’eseguire le ripetizioni. I paletti vanno distanziati tra loro di circa 1.5m ad angoli variabili, per stimolare al massimo la frenata (prima del primo paletto), l’appoggio laterale dei piedi (in mezzo ai paletti) e l’accelerazione (nell’ultima parte).

    VARIANTE 7

    Figura 3

    Sopra è presentato un circuito di rapidità con incroci; com’è possibile intuire dalla figura, nella porzione centrale dell’esercitazione (che ovviamente va eseguite alla massima intensità) i giocatori incroceranno la loro traiettorie aggiungendo un ulteriore stimolo (legato alla direzione e velocità del compagno) che obbligherà i giocatori ad adeguare (rallentare, accelerare, deviare), ad alta intensità, la propria direzione di corsa. Le prime volte è possibile riscontrare qualche “scontro” tra compagni, che potrebbe limitare l’intensità dell’esercitazione. Dovrà essere l’allenatore ad incitare i giocatori a leggere la situazione, al fine di adeguare la propria corsa senza timore; dopo qualche difficoltà iniziale, questo mezzo verrà affrontato molto più volentieri dai giocatori e con motivazione rispetto alle altre strutture esercitative.

    VARIANTE 8

    Figura 4

    Si mantiene la stessa struttura esercitativa della variante precedente, ma il percorso (vedi figura sopra) verrà affrontato in maniera diversa; saranno 2 gli “incroci” da parte dei giocatori, ma affrontati frontalmente saranno più semplici. Visto che i metri da affrontare saranno 20 con 4 cambi di direzione di 90° (2 a destra e 2 a sinistra), sarà particolarmente importante il corretto appoggio (stesso discorso fatto per la VARIANTE 5) dei piedi e relativa modulazione della frequenza dei passi, ecc.

     

    CONCLUSIONI

    Rimandiamo alle conclusioni del precedente post per rivedere le caratteristiche della parte atletica della “seduta del Venerdì”. Oggi aggiungiamo un altro aspetto che ritengo fondamentale: come visto nel post dedicato alla match analysis qualitativa (è comunque sufficiente osservare una partita per rendersene conto), la maggior parte delle segnature avviene con azioni ad alta intensità. Quindi, la condizione fondamentale per trasformare (considerando sia la fase difensiva che offensiva) il lavoro svolto a secco è l’inserimento di strutture esercitative che vanno dall’1c1 al 2c2 con limite di tempo per segnare (7-10” massimo); la sola stimolazione a secco, seppur necessaria, allena in maniera parziale (per attaccanti e difensori) l’applicazione cognitiva del movimento. Quindi via libera ad esercitazioni di 1c1, 2c1 e 2c2 strutturate in maniera tale da dare una buona densità e tempistica all’esercitazione, ma senza affaticare i giocatori; queste potrebbero benissimo sostituire i classici esercizi con tiro in porta analitici (triangolo con l’allenatore e tiro al limite dell’area, appoggio punta sul centrocampista che lancia l’esterno per il cross, ecc.) che non danno densità, ma soprattutto non riflettono quella che è la situazione specifica cui si va incontro in partita. Abbiamo precedentemente analizzato quello che è il gesto tecnico del tiro in porta, e soprattutto di come questo sia ancora stato poco approfondito dal punto di vista biomeccanico dell’allenamento; quindi, per i dilettanti, invece che somministrare delle lunghe situazioni di tiri in porta (durante le quali il giocatore è occupato per la maggior parte del tempo ad andare a raccogliere il pallone), spazio a situazioni che ricalchino le condizioni finali delle azioni che caratterizzano le segnature. Se nel precedente post abbiamo riproposto in fondo i link alle esercitazioni di rapidità precedentemente affrontate, oggi riportiamo quelle che propongono situazione di 1c1, 2c1 e 2c2.

    Libri che potrebbero interessarti:

    • MFC (Movimento Specifico Funzionale): indispensabile per tutti gli staff delle categorie giovanili (in particolar modo Giovanissimi ed Esordienti) che per prime affrontano la didattica difensiva; non è comunque un libro di nicchia, ma veramente utile a tutti allenatori e preparatori che curano l’aspetto neuromuscolare del calciatore a secco e con palla.

    Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico US Povigliese (melsh76@libero.it)

    ss-logo

  3. L’intermittente forza per i dilettanti

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    Circa 2 anni fà abbiamo descritto le modalità tradizionali dell’esercizio intermittente applicato al calcio in ambito dilettantistico, facendo delle approssimazioni (in termini di valutazioni della VAM) che potevano aiutare a dividere i gruppi di giocatori per tempi e distanze. Nel Luglio 2012, il Professor Colli mette a disposizione una tabella estremamente utile che aiuta a perfezionare ancor di più i carichi, non tanto in base alla VAM, ma in base alla potenza metabolica; ciò ha permesso di costruire protocolli ancor più precisi e soprattutto specifici per il gioco del calcio.

    1

    L’INTERMITTENTE FORZA (UN PO’ DI STORIA)

    Si differenzia dall’intermittente classico dalle fasi intense, che propongono azioni specifiche di forza, alternate a fasi di corsa molto blande in una proporzione tale da allenare sia le componenti aerobiche (le fasi di corsa blanda sono appena necessarie per pagare il debito di ossigeno creato con le azioni intense) che quelle neuromuscolari. Rispetto al modello classico, l’applicazione dell’intermittente forza deve funzionare “per prove ed errori” in quanto è praticamente impossibile valutarne il carico con precisione; infatti, abbiamo gia riportato come l’utilizzo del cardiofrequenzimetro sia poco valido, e lo stesso GPS è probabile che non fornisca dati precisi in quanto le azioni intense proposte (scivolamenti, balzi, corsa balzata, lanci di palle mediche, ecc) non hanno lo stesso costo energetico della corsa. Questo ha portato a diverse sperimentazioni, che nel calcio hanno dato risultati altalenanti, in base alla specificità dei protocolli stessi. Maggiori sono state le “soddisfazioni” nell’atletica leggera, quando questi protocolli sono stati utilizzati per allenare i siepisti.

    UN ESEMPIO DI PROTOCOLLO INTERMITTENTE

    Nasce dall’esigenza di trovare un mezzo che, inserito nel secondo allenamento settimanale (dilettanti, 3 allenamenti a settimana totali), andasse a stimolare le componenti neuromuscolari del calciatore in maniera specifica con brevi pause, ma tali da non compromettere eccessivamente la potenza esecutiva delle fasi intense. Tale esigenza era dovuta al fatto che l’allenatore in questa giornata aveva la necessità di fare lavori con la palla di intensità varia (in cui l’aspetto tattico aveva la precedenza), che andavano a stimolare potenze metaboliche medio basse; da questo, l’esigenza di coprire nella parte restante (estremamente risicata dal punto di vista del tempo a disposizione) dell’allenamento, potenze ed intensità superiori.

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    Nella fase di programmazione, la prima difficoltà è stata quella di costruire un protocollo a stazioni con il giusto dosaggio di azioni intense (massimali) a situazioni di recupero (stazionamento o corsa blanda di recupero) in maniera tale da tenere elevata la stimolazione aerobica senza che la fatica andasse a compromettere l’intensità delle fasi attive. Si è preso come base di partenza (dal punto di vista della stimolazione aerobica) un protocollo spesso utilizzato con le navette:

    24.5 metri di navetta (andata/ritorno) in 10” con 20” di recupero da fermo: 2 serie di 5’ con 2’ di recupero da fermo

    Questo protocollo (secondo la tabella intermittente di Colli) permette di raggiungere una media di circa 16w nei 5’ di lavoro, con una buona componente anaerobica (presumibilmente alattacida), ma tale da non indurre affaticamenti eccessivi. Questo mezzo propone solamente una tipologia di gesto (corsa a navetta), che non soddisfa le nostre necessità; rappresenta però un ottimo punto di partenza in termini di distanze e tempistica dal quale partire per costruire il nostro protocollo intermittente.

    intermittente forza

    Nella figura sopra è presentata la struttura iniziale di base, cioè 4 stazioni da effettuare alla massima intensità. Sono rappresentati 4 circuiti lineari (da destra a sinistra) nei quali si parte dal cinesino di destra per effettuare il tratto alla massima intensità fino al cinesino corrispondente (alla stessa altezza) a sinistra. Nella figura sotto è rappresentata l’esecuzione di ogni circuito lineare.

    intermittente forza 1

    • Primo circuito (in alto): partenza da destra, effettuare i 4 segmenti (5m) tra i coni alla massima intensità esecutiva (compatibile con la corretta tecnica esecutiva) sempre rivolti verso il cinesino d’arrivo (quello in alto a sinistra). Di conseguenza il primo tratto (di 5m) sarà di corsa rettilinea, il secondo di scivolamento laterale verso sinistra, il terzo di corsa lineare e il quarto di scivolamento laterale verso destra. Di seguito (3 paletti sdraiati a terra) eseguire 2 passi avanti/indietro/avanti a livello di ogni paletto, prima di arrivare alla massima velocità al cinesino che indica la fine del circuito lineare.
    • Secondo circuito: salti a piedi pari di 3-4 ostacoli di media/alta altezza e scatto massimale di 15m.
    • Terzo circuito: corsa (1 passo tra ogni spazio) tra 5-6 ostacoli bassi (distanti 40/50 cm) in frequenza e di seguito 6 balzi in 6 cerchi (corsa balzata) distanti 2-2.5m.
    • Quarto circuito: doppia navetta alla massima velocità con le distanze indicate in figura.

    intermittente forza 2

    Una volta definito il circuito, si passa all’esecuzione dello stesso. Sopra è raffigurato un esempio: ogni giocatore dovrà fare il circuito della sua fila corrispondente alla massima intensità (linea tratteggiata rossa) e immediatamente dopo correre (di corsa lenta/blanda, linea nera) verso il circuito lineare di sinistra fino a quando l’allenatore fischierà nuovamente (ogni 30”). Quando un giocatore si troverà alla fine del circuito all’estrema sinistra (quello in basso nella figura) dovrà andare di corsa blanda verso la partenza del primo in alto. Per semplificare, ogni 30” si esegue il circuito lineare alla massima velocità e successivamente si corre di corsa lenta verso quello alla propria sinistra. 1 serie dura 5’. Per utilizzare tutti i giocatori contemporaneamente, si dividono nelle 4 file; il primo di ogni fila parte al fischio dell’allenatore (ogni 30”), mentre gli altri, quando il giocatore davanti è alla fine del circuito lineare. In questo modo si possono allenare tutti i giocatori contemporaneamente.

    CONCLUSIONI

    Abbiamo presentato un’esercitazione che può fungere da esempio come lavoro di Intermittente Forza per i dilettanti. Ovviamente possono essere usati circuiti di caratteristiche più variate, a patto che rispettino le gestualità atletica del calciatore. È altrettanto importante che tutti i movimenti proposti (soprattutto gli scivolamenti laterali e i raccordi tra i vari tipi di andature) siano ben appresi dai giocatori, facendoli eseguire, nei periodi precedenti, all’interno di mezzi per la rapidità analitica e/o rapidità coordinativa. Nel caso in cui sia evidente, alla fine della serie, che la fatica comprometta eccessivamente l’esecuzione o l’intensità dei movimenti, è necessario semplificarlo o accorciare le distanze.

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    Quante serie effettuare? A mio parere, per chi si allena 3 volte la settimana, l’ideale sono 2 serie (2’ di recupero tra le serie) durante il secondo allenamento settimanale se la parte restante è di natura tecnico/tattica non particolarmente intensa. Alcuni potrebbero far notare che il mezzo in questione non sia aderente al modello funzionale del calcio, perché sussistono solo azioni massimali o di intensità estremamente blanda (trascurando la gestualità ad intensità media); se invece si valutano le caratteristiche dell’intero allenamento (quindi anche la parte con palla ad intensità media, come sono le esercitazioni di natura prevalentemente tecnico/tattica), l’intermittente forza è proprio il mezzo ideale per “completare il modello funzionale”. Di contro, se in programma ci sono delle minipartite ad intensità elevata, allora l’intermittente forza è da evitare, e può essere sostituito da un lavoro di rapidità coordinativa.

    Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico US Povigliese (melsh76@libero.it)

  4. Triple hop-distance: un test ideale per valutare le qualità neuromuscolari del calciatore

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    Tempo di preparazione e tempo di valutazioni; oggi analizziamo un test (salto triplo da fermo) che ritengo estremamente semplice ed interessante per valutare le qualità neuromuscolari del calciatore e di tutti gli atleti che praticano sport in cui la corsa riveste un aspetto fondamentale. Approfondiremo inizialmente una ricerca del 2008 di Hamilton e colleghi (Journal of Athletic Training) che ne analizza la validità per un gruppo di calciatori e calciatrici, per poi fare alcune considerazioni sull’utilità del test (in particolar modo in relazione alla specificità) e sull’aspetto pratico. Come prima cosa, analizzeremo l’esecuzione standard del test.

    figura 1

    PROTOCOLLO

    Com’è possibile vedere da questo video, consiste nel partire in equilibrio sulla gamba che effettuerà i 3 salti (nella ricerca viene utilizzato l’arto dominante) con l’alluce sulla riga di partenza. Si effettuano 3 salti in avanti consecutivi sulla stessa gamba ed arrivo in equilibrio monopodalico. Movimento libero delle braccia. Si misura dove si atterra con il tallone con il terzo salto. Ad ogni giocatore veniva data la possibilità di fare 3 salti di prova con entrambe le gambe; poi venivano effettuate 3 prove con il solo arto dominante, prendendo come misura la prova che aveva ottenuto la lunghezza maggiore. Successivamente vedremo il motivo per cui invece è più corretto eseguire il test sia con l’arto dominante che con quello controlaterale.

    SCOPI E RISULTATI DELLA RICERCA

    L’obiettivo è stato quello di confrontare (per un gruppo di calciatori/calciatrici) i risultati ottenuti con questo protocollo, con altri test solitamente utilizzati per la misurazione della potenza/forza muscolare (come il Counter Moviment Jump, cioè il salto verticale da fermo bipodalico), per la forza isocinetica dei muscoli della coscia e per l’equilibrio statico. L’analisi statistica ha trovato buone correlazioni con il Counter Moviment Jump (test con ottima Attendibilità, Ripetibilità e Obiettività) e discrete correlazioni con i parametri di forza isocinetica. Ciò significa che all’interno del gruppo considerato, chi ha alti valori di Counter Moviment Jump (CMJ) ha anche alti valori nel Salto triplo da fermo; questo lascia intuire come quest’ultimo, possa essere utilizzato per valutare la forza/potenza muscolare per i calciatori, senza l’utilizzo di pedane per la misurazione della forza e del tempo di volo. Ma con il nostro intervento vogliamo andare oltre, analizzando quella che è l’elevata specificità di questo test per il calcio (preferendolo agli altri test di salto) e le variabili che questo consente di analizzare, fornendo spunti/dati utili per la prevenzione degli infortuni e per il miglioramento della performance.

    figura 2

    APPROFONDIMENTI

    Iniziamo con una considerazione statistica su questo tipo di test per accertarne l’utilità: abbiamo più volte citato quali siano i criteri fondamentali per poter applicare un test in ambito sportivo.

    • La Validità (ovvero la capacità di misurare quello che si propone di misurare) è stata approfondita nel paragrafo precedente.
    • L’Attendibilità ha dimostrato un Coefficiente di Correlazione Interclasse molto buono, di 0.95 (Bolgla e coll 1997; J Orthop Sports Phys Ther), quindi questo test è da considerare estremamente ripetibile. In altre parole, se vengono rilevate distanze maggiori dopo un certo periodo di tempo (durante il quale ci si è allenati), è estremamente probabile che le differenze siano dovute ad un miglioramento delle qualità neuromuscolari e non da altri fattori (come l’interpretazione del test da parte del calciatore).
    • L’Obiettività (cioè la capacità di rilevare lo stesso risultato nella stessa prova, da parte di operatori diversi) è ovviamente ottima, visto che la misurazione avviene con un normale metro.

    figura 3

    Una volta stabilita la qualità statistica (estremamente buona) del test, possiamo passare ad apprezzare le differenze rispetto ad altri protocolli. Rispetto al CMJ (Counter Moviment Jump) possiamo considerare il Salto Triplo da fermo estremamente più specifico in quanto:

    • Misura la qualità monopodalica del gesto, quindi è più specifica rispetto al calcio (vedi anche approfondimento).
    • Il risultato è molto più influenzato dall’equilibrio specifico, sia per l’aspetto monopodalico del protocollo, che per l’obbligo di dover ricercare l’equilibrio dopo salti con componenti verticali e orizzontali; questa tipologia di test si è rivelata in altre ricerche molto più efficace nel valutare la stabilità posturale dinamica (cioè l’equilibrio dinamico) rispetto ai protocolli statici che si svolgono su pedane.
    • Il fatto di eseguire 3 salti continui (e non uno) indica che anche la coordinazione e la reattività (stiffness) degli arti inferiori hanno influenza sul risultato finale.

    Queste considerazioni rendono a mio parere, questo test estremamente preferibile rispetto ad altri utilizzati per la misurazione della forza e della potenza degli arti inferiori per il calcio; questo vale in particolar modo per la sua semplicità ed economia, aspetto fondamentale soprattutto quando si ha a che fare con settori giovanili e/o dilettantistici. Andremo ora ad analizzare quali possono essere le variabili analizzate e le relative modifiche del protocollo al fine di avere, con questo semplice test, più informazioni possibili riguardo le qualità neuromuscolari dei nostri calciatori.

    RISULTATI ED APPLICAZIONI

    L’errore che può essere fatto nell’ambito della valutazione funzionale, può essere quello di cercare di valutare l’atleta tramite diversi test, ognuno dei quali fornisce “alcune” informazioni per creare il quadro complessivo. A mio parere invece, è fondamentale trovare un test che dia l’idea del quadro complessivo dell’atleta (come la distanza finale del Salto Triplo da fermo per le qualità neuromuscolari) e da questo trovare diversi indici che diano importanti informazioni per l’allenamento. Sotto riportiamo le valutazioni collaterali che si possono fare durante l’esecuzione del test:

    • Differenziale tra arto dominante e controlaterale: è sicuramente più corretto eseguire questo protocollo con entrambe le gambe (non a caso, questo test nasce originariamente in ambito ortopedico per valutare le diversità tra l’arto sano e quello operato). Attualmente è difficile definire quale debba essere la differenza minima tra le lunghezze raggiunte dai salti con i 2 arti inferiori: in media può variare dal 4% al 16% (vedi ricerca di Ostemberg), ma a mio parere, gia una differenza del 10% può essere indice di un maggior rischio di infortuni al ginocchio. È necessario comunque un numero di campioni elevato per poter fare considerazioni più precise.
    • Analisi video dell’esecuzione del test: la ricerca scientifica è sempre stata orientata (sbagliando) ad un approccio quantitativo piuttosto che qualitativo; in altre parole, si è sempre guardato “quanto” un atleta salta, ma non il “come” salta. Cuzzolin e Colli sono stati i primi a cercare di approfondire quest’ultimo aspetto che, sicuramente più di altri, è in grado di dare informazioni sul rischio di infortuni del giocatore. Un’analisi video (tramite una semplice videocamera digitale) di diversi elementi durante la stessa esecuzione del test possono fornire importanti indicazioni. Ad esempio il rapporto tra il tempo di contatto e quello di volo può indicare quanta componente attiva o reattiva il soggetto impiega nel saltare. Il comportamento della gamba libera tramite il movimento di flesso/estensione più o meno coordinato può dare indicazioni sulla coordinazione del giocatore in fase di spinta. Il comportamento degli arti superiori può dare indicazioni importati a seconda che questi vengano utilizzati prevalentemente come stabilizzatori dell’equilibrio (braccia larghe con movimenti marcati del tronco) o a scopo propulsivo (tronco relativamente stabile e movimento coordinato delle braccia).
    • Semplice analisi visiva del gesto: anche senza una telecamera, chi sottopone il test può comunque (tramite l’osservazione del gesto e l’aiuto di 1-2 persone) estrapolare indicazioni importanti tramite una scheda/griglia, in cui appuntare (da 1 a 3) il grado di stabilità dell’arrivo dopo l’ultimo salto, quanto ha seguito una linea rettilinea nell’eseguire il test (in questo caso è necessaria un riferimento a terra) e la fluidità generica nell’eseguire il gesto.

    figura 4

    CONCLUSIONI

    Quando inserire questo test nel periodo di preparazione? A mio parere non prima di 1 settimana, per il semplice motivo che i primi giorni i giocatori fanno una certa fatica (o possano addirittura infortunarsi) ad effettuare 3 salti su una sola gamba alla massima intensità. La prima volta che si somministra il test credo che sia fondamentale attenersi all’aspetto qualitativo (cioè l’analisi video o visiva) e al differenziale tra i 2 arti inferiori. A questo punto si avranno “notizie” fondamentali sul rischio di infortuni e sulle eventuali carenze (prevalentemente coordinative); ciò indicherà allo staff le linee di guida per compensare gli squilibri e le incoordinazioni. Ricordo che compensare “squilibri” e “incoordinazioni” non significa solamente effettuare una buona prevenzione degli infortuni, ma anche riuscire a migliorarne l’esplosività; infatti nel calcio non è fondamentale solamente esprimere elevati gradienti di forza in poco tempo (effetto che si ottiene con l’allenamento dell’esplosività), ma applicarli efficientemente nel contesto calcistico. La seconda valutazione può essere fatta 2-3 settimane dopo la prima, per verificare se siano raggiunti gli obiettivi che si erano prefissi; da questo punto in poi, in base ai risultati si può continuare sulla stessa via (nel caso in cui siano ancora presenti incoordinazioni e squilibri) o orientare la metodologia verso uno sviluppo più globale dell’esplosività. Nel primo post dedicato allo sviluppo dell’esplosività nei settori dilettantistici (e giovanili) è stata presentata una programmazione a lungo termine; se l’approccio segue una progressione esecutiva corretta, graduale ed equilibrata (con le altre abilità calcistiche) è presumibile che i miglioramenti siano abbastanza costanti nel tempo.

    Bibliografia

  5. L’allenamento dell’esplosività nei dilettanti (seconda parte)

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    (Aggiornato al 06/03/2021)

    Nel post precedente abbiamo analizzato le caratteristiche ideali che deve avere l’allenamento per l’esplosività per i dilettanti; è stato anche introdotto il PRIMO STEP, tramite balzi in appoggio monopodalico prolungato per strutturare la Resistenza Muscolare Locale in maniera specifica (con un rapido Transfert) e con una corretta prevenzione degli infortuni. Nel post odierno presenteremo i 2 STEP successivi e le modalità di introduzione di questi mezzi nella programmazione dell’allenamento.

    figura 1

    SECONDO STEP (salti monopodalici intensivi ed estensivi)

    Una volta appresa corretta dinamica esecutiva e sviluppate le varianti del primo step, si può passare al secondo step. Anche in questo caso sono presenti più varianti:

    • Diagonale Hop con appoggio non prolungato: si esegue l’esercizio dello step precedente con la durata d’appoggio necessaria (quindi non forzatamente prolungata) per la giusta coordinazione del movimento in base alla distanza tra i cerchi. La distanza tra i cerchi dovrà essere tale da attivare in flessione dell’arto libero (cioè quello non appoggiato) facendo avvicinare il movimento ad un’andatura di corsa balzata in diagonale. È consigliabile predisporre almeno 2 percorsi con distanze leggermente diverse tra i cerchi, in maniera da adattare l’esercitazione all’altezza e all’esplosività dei giocatori; fondamentalmente, lo stimolo allenante viene dalla corretta esecuzione del movimento piuttosto che dalle distanze raggiunte.
    • Corsa balzata tra ostacoli bassi (estensivi): in questo caso, la corsa è lineare (1 appoggio ogni ostacolo) e i riferimenti ideali sono ostacoli bassi posti ad una distanza tale (si inizia da circa 2-2.5 metri) da stimolare una tipologia di corsa balzata (come specificato sopra). A differenza della variante precedente, si agisce maggiormente sulle catene muscolari responsabili della capacità di accelerazione e meno su quelle responsabili dei cambi di direzione. Le varianti sono relative al N° di ostacoli (8-12, a seconda della distanza tra ostacoli), alla distanza (che può essere costante, progressiva o degressiva) e alla presenza o meno della rincorsa (permette di utilizzare distanze maggiori). Anche in questo caso è consigliabile predisporre almeno 2 percorsi con distanze leggermente diverse.
    • Corsa tra ostacoli alti (intensivi): a differenza della variante precedente si lavora maggiormente sulla componente Esplosiva (accelerazione) e in misura minore sulla Resistenza Muscolare Locale (prevenzione infortuni). Il N° di ostacoli è limitato (idealmente 4-6) e l’altezza deve essere tale da stimolare una corsa balzata corretta, cioè con l’arto che attacca l’ostacolo in piena flessione (senza rotazione) e quello di stacco che si estende totalmente (senza rotazione con una rotazione minima). La distanza (indicativamente da 1.5 a 2.5m) tra gli ostacoli dipende dalla loro altezza e dalle qualità esplosive di chi effettua l’esercitazione. L’altezza degli atleti e la loro esplosività influenza fortemente la tipologia di ostacoli utilizzati, per questo è opportuno utilizzare almeno 3 percorsi di difficoltà diverse.

    figura 2

    TERZO STEP (pliometria varia di natura monopodalica)

    Viene mantenuta la natura monopodalica delle esercitazioni, ma si eliminano i riferimenti (cerchi ed ostacoli) per conferire maggior multilaterlità e variabilità alle esercitazioni. Non approfondiamo tutte le varie tipologie di gesti utilizzati (perché sono veramente tante), ma precisiamo che la priorità deve sempre essere data alla correttezza esecutiva del gesto proposto. Proprio per questo motivo, ritengo consigliabile passare a questo step solamente dopo che si è appresa la tecnica della corsa balzata e strutturate le catene muscolari con adeguati livelli di Esolosività e di Resistenza Muscolare Locale nei primi 2 step. Rientrano in questa tipologia di mezzi tutte quelle esercitazioni a carattere misto in cui balzi monopodalici sono alternati ad andature o azioni veloci a secco. Ricordiamo che il concetto di fondo è sempre quello di

    eseguire gesti monopodalici che presentano la completa estensione delle 3 articolazioni dell’arto inferiore (anca/ginocchio/caviglia), sviluppando nel minor tempo, la maggior forza possibile con quel determinato movimento.

    figura 3

    CONCLUSIONI ED APPLICAZIONI PRATICHE

    Il training per i dilettanti deve tenere in considerazione un adeguato rapporto tra allenamento Generale e Specifico, per garantire i giusti stimoli allenanti in funzione della partita, preservando dagli infortuni. Il minor tempo a disposizione (rispetto ai professionisti) obbliga a garantire un certo livello di specificità anche per i lavori a carattere Generale (come possono essere i balzi); considerando anche un aspetto preventivo nei confronti degli infortuni (specificità e Resistenza Muscolare Locale), l’utilizzo dei 3 STEP presentati in questi 2 post la ritengo la soluzione ottimale per lo sviluppo delle componenti esplosive del movimento. Mentre il I° STEP lo considero un elemento fondamentale per tutte le categorie (che può essere anche utilizzato come stazione in mezzi per la Rapidità coordinativa), l’introduzione dei 2 successivi, dipende fortemente dal tempo a disposizione e dagli obiettivi di ogni squadra:

    • Se ci si allena 3 volte a settimana è possibile introdurre esercitazioni del II°-III° step nella seconda seduta (dopo che si è lavorato nel periodo precedente sul I° STEP) tenendo in considerazione che è un mezzo di importanza Generale.
    • Le pause tra le partite ufficiali che superano i 10 giorni (sospensioni per maltempo, pausa invernale, pausa Pasquale, ecc.) sono il periodo ideale per affrontare questo tipo di esercitazioni (II° e III° step).
    • Un corretto lavoro settimanale finalizzato alla Resistenza Muscolare Locale a carico naturale (affondi, Nordic Hamstring Stretching, potenziamento muscolatura del tronco, ecc.) riduce sicuramente il rischio di infortuni, e crea i presupposti anatomici per affrontare con minor rischio il lavoro per l’esplosività.

    Concludiamo ribadendo che la correttezza esecutiva dei gesti durante le esercitazioni rivolte allo sviluppo dell’esplosività deve avere la precedenza rispetto agli altri parametri (altezza e lunghezza di salto). Solo in questo modo il transfert nei gesti specifici del calciatore (accelerazione, cambi di direzione e a mio parere anche economia del movimento) sarà ottimale; l’aumento del carico di lavoro a mio parere è da preferire sul versante dell’intensità (piuttosto che sul volume), in quanto il volume, gia di per sè, si ottiene con l’allenamento specifico (N° di cambi di direzione, N° di accelerazioni, ecc.).

    Per chi vuole approfondire l’argomento della pliometria, consigliamo il Webinar di Andrea Gobbi Plyometric Training; nel webinar viene inizialmente analizzato lo stimolo fisiologico che caratterizza questi mezzi allenanti, per poi passare all’aspetto pratico, considerando progressioni esecutive adattabili agli atleti.

    Puoi accedere a questo ed altri Webinar sottoscrivendo uno dei piani d’abbonamento mensili ed annuali a Performance Lab (garanzia 14 giorni). Applicando il Codice Promozionale MISTERMANAGER al momento dell’acquisto, avrai lo sconto del 10%.

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    Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico AC Sorbolo, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it

  6. L’allenamento dell’esplosività nei dilettanti (prima parte)

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    (Aggiornato al 06/03/2021)

    È ormai assodato da diverse ricerche che, per calciatori maturi, non esiste correlazione tra accelerazione, rapidità e velocità massima. Se la velocità massima è una variabile relativamente importante per il modello funzionale del calciatore (in una partita di calcio non viene praticamente mai raggiunta), la rapidità e l’accelerazione rappresentano le componenti neuromuscolari fondamentali.

    L’allenamento delle componenti esplosive del movimento (cioè dell’esplosività) è in grado di influenzare positivamente la capacità di accelerazione! Ma come deve essere strutturato questo tipo allenamento per i dilettanti? Può essere mutuato da quello che avviene per i professionisti? Oppure, ha legami con quanto invece viene consigliato per i settori giovanili?

    figura 1

    I professionisti hanno a disposizione diversi mezzi per lo sviluppo di questa qualità (anche i pesi) e per il recupero funzionale; possono quindi utilizzare una metodologia d’allenamento più completa ed efficace (vedi questo post per l’approfondimento) abbinata ad una corretta prevenzione degli infortuni.

    Per i giovani invece, l’allenamento ha valenza prevalentemente multilaterale (come gia approfondito in precedenti post), tenendo in considerazione che “Fino ai 16-17 anni esiste una interdipendenza della forza, cioè qualsiasi esercizio per lo sviluppo della F ha un’influenza positiva sulle sue varie espressioni, mentre a completamento dello sviluppo (donne 16-17 anni, uomini 18-19 anni) si perde questa prerogativa e le esercitazioni devono essere mirate e specifiche per il miglioramento delle varie espressioni” (Di Mulo 2010, Mezzi e metodi di allenamento dello sprinter di elevato livello, pag 69).

    figura 2

    Nei settori dilettantistici invece, deve assolutamente tenere in considerazione:

    • L’utilizzo di mezzi di elevata specificità allenante: nel primo post sull’approfondimento è stato visto che solamente test monopodalici hanno legami con la capacità di accelerazione, quindi è da preferire esclusivamente questa modalità di esercitazione.
    • Utilizzare progressioni esercitative che tengano assolutamente conto della prevenzione infortuni: è da evitare l’utilizzo di tipologie di balzi che, seppur incrementando le componenti esplosive del movimento, aumentano drasticamente il rischio di infortuni.

    Alla luce di queste considerazioni, qual è la metodologia d’allenamento ottimale? L’approccio più comune è quello che prevede una progressione che parte da salti bipodalici/multilaterali di ostacoli bassi, per poi passare ad ostacoli più alti ed infine la corsa balzata. Sarà comunque capitato a diversi allenatori/preparatori di somministrare, in preparazione, salti bipodalici con ostacoli bassi e notare i giorni successivi i giocatori lamentare fastidi/dolori ai muscoli flessori del ginocchio (posteriori della coscia) o agli adduttori; spesso si tende a non correlare questi acciacchi all’utilizzo dei balzi perché questi vanno a stimolare primariamente la muscolatura estensoria (quadricipite e tricipite), ma si commette un errore. Infatti

    il somministrare, quando il giocatore è affaticato (come può essere in preparazione), movimenti che stimolano in maniera esplosiva solo alcune catene cinetiche del movimento (come i balzi di natura bipodalica che stimolano solo quella estensoria e per di più in un appoggio non utilizzato nel calcio), prelude a squilibri temporanei dei pattern motori con conseguente incremento di rischio di infortuni.

    Di seguito riporto una progressione esercitativi che ritengo più adeguata, per i motivi citati sopra.

    figura 3

    PRIMO STEP (salti monopodalici con appoggio prolungato)

    Abbiamo sopra discusso (anche in virtù di considerazioni nate dalla ricerca scientifica) la necessità di utilizzare salti di natura monopodalica; un approccio che prevede uno sviluppo coordinato della capacità di spinta e di equilibrio statico/dinamico permette di lavorare sull’esplosività e sulla Resistenza Muscolare locale (prevenzione infortuni). L’esercizio ideale è il Diagonale Hops; a questo video è possibile vedere una perfetta esecuzione dello stesso.

    È facile intuire come il tempo di appoggio prolungato (convenzionalmente 3”) permette di lavorare sull’equilibrio e Resistenza muscolare locale, di conseguenza sulla prevenzione infortuni; l’esercizio è più complesso e impegnativo di quanto sembra. I punti su cui focalizzarsi durante l’esecuzione sono:

    • Appoggio prolungato per almeno 3”.
    • Atterrare sull’avampiede e solo in un secondo momento appoggiare il tallone.
    • Effettuare il piegamento dell’arto inferiore prima di saltare (come un molla)
    • Iniziare con distanze ravvicinate (50-60 cm tra cerchi), focalizzando la direzione del salto prevalentemente verso l’alto (cercare compromesso tra un’intensità elevata e il corretto equilibrio monopodalico).
    • La spinta di entrambe le gambe deve essere di pari intensità, quindi il calciatore deve rimanere concentrato sull’eguale forza esplosiva espressa dei 2 arti inferiori durante i salti.

    Personalmente ritengo che le prime volte che viene somministrato quest’esercitazione, andrebbe inserita come stazione in protocolli di Rapidità Coordinativa; 8 cerchi (4 balzi destro e 4 sinistro) con 4-6 esecuzioni in 2’ può essere considerato un ideale volume iniziale. Di seguito è possibile incrementare i volumi alternativamente alle lunghezze di salto; in questo video è possibile vedere come l’aumento delle distanze di salto (mantenendo l’equilibrio dell’esplosività espressa tra le 2 gambe) comporta anche una grande attivazione in flessione dell’arto libero (cioè quello non appoggiato) facendo avvicinare il movimento ad un’andatura di corsa balzata intensa, che rappresenta il successivo step.

    UEFA Champions League: AC Milan v Bayern Munich

    Nella seconda parte dell’articolo analizzeremo i successivi STEP, ma soprattutto le raccomandazioni relative all’inserimento di questi mezzi nella programmazione dell’allenamento.

  7. Esercitazioni per lo sviluppo delle componenti esplosive/reattive del giovane calciatore

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    Il terzo e ultimo post sullo sviluppo delle componenti esplosive/reattive nella fascia puberale consiste nell’approfondimento metodologico dei mezzi d’allenamento dedicati a questa qualità.

    Nel primo post dedicato all’argomento abbiamo citato le premesse teoriche sul controllo del movimento e del legame con le qualità di esplosività/reattività; inoltre abbiamo accennato al concetto di specificità/integrazione delle componenti esplosive/reattive del movimento nei gesti atletici del calcio.

    Nel secondo abbiamo precisato quella che deve essere la natura dei carichi di lavoro dedicata a questa qualità nella fascia puberale, che rappresenta il presupposto degli allenamenti del futuro, oltre che ad una fase di estrema sensibilità per lo sviluppo delle componenti esplosivo/reattive.

    Nella figura sopra sono rappresentati i mezzi allenanti che verranno approfonditi nel documento scaricabile qui di seguito; buona lettura!!!!!

    Scarica il documento relativo alle ESERCITAZIONI PER L’ESPLOSIVITA’

    Autore dell’articolo: Melli Luca, istruttore Scuola calcio Audax Poviglio (melsh76@libero.it)

  8. Calcio, Riscaldamento e principio della Post-Attivazione (applicazioni pratiche)

    Leave a Comment

    Nel post precedente abbiamo visto come il fenomeno della post-attivazione crei una finestra di pochi minuti durante la quale la catena muscolare precedentemente sviluppata tramite un sollevamento di pesi con basso volume/alta intensità sia in grado di promuove un incremento temporaneo della forza esplosiva (e non un affaticamento come accadrebbe dopo una seduta tradizionale con i pesi) che può essere sfruttato tramite esercitazioni di balzi specifiche ad intensità superiori a quelle che si otterrebbero dopo un riscaldamento “standard”! In questo post andremo a vedere come questo fenomeno può essere sfruttato dal punto di vista metodologico nel calcio.

    IL COMPLEX TRAINING

    Rappresenterebbe un allenamento “concatenato” (e non combinato) in cui con la giusta tempistica vengono alternati sollevamenti con i pesi ad azioni esplosive come balzi pliometrici. Come visto nella prima parte degli aggiornamenti, esisterebbe solamente correlazione tra test di salto effettuati in maniera monopodalica (e non bipodalica) con i parametri dell’accelerazione/velocità; per questo motivo,

    le esercitazioni ideali da utilizzare dopo la post-attivazione sono quelle pliometriche che propongono salti monopodalici nelle varie forme (in alto, in lungo, laterali, da piccole altezze, ecc) e i vari tipi di corsa balzata effettuati alla massima intensità.

    Ovviamente una sola “applicazione” dell’accoppiamento di mezzi per la “post-attivazione + esplosività” probabilmente non fornisce risultati soddisfacenti, per questo motivo in metodologia d’allenamento viene consigliato il COMPLEX TRAINING, che non è altro che far eseguire in successione questo accoppiamento/set (rispettando i tempi di attivazione/recupero) per alcune volte senza soluzione di continuità. Nella tabella sotto sono raffigurati solo alcuni esempi di possibili combinazioni:

    MEZZI PREVENTIVI CHE HANNO LA PRIORITA’ SUL LAVORO DI FORZA/ESPLOSIVITA’

    Partendo dal presupposto che il COMPLEX TRAINING sia una metodologia utile nel calcio (vedi Approfondimenti sotto) e che si abbiano il tempo e i mezzi a disposizione per applicarlo, è pur sempre da considerare un approccio di importanza secondaria rispetto alla correzione degli sbilanciamenti muscolari nel calcio. In altre parole, è inutile utilizzare i pesi e i salti monopodalici ad intensità massimale se esistono differenze significative tra le componenti estensorie/flessorie e tra i 2 arti inferiori; ciò non farebbe altro che incrementare il rischio di infortuni. Gia nel post dedicato alla resistenza muscolare locale abbiamo trattato i rischi di uno sbilanciamento tra gli estensori e i flessori della coscia; ma non solo, spesso i calciatori hanno valori significativamente superiori di forza reattiva dell’arto dominante rispetto al controlaterale e di forza della muscolatura flessoria del bacino dell’arto dominante (vedi ricerca di Fucci-Varracchio). La presenza di questo tipo di sbilanciamenti incrementa il rischio di infortuni, quindi

    la compensazione di tali squilibri deve avere la priorità rispetto a tutti i mezzi finalizzati all’incremento delle componenti esplosive della forza.

    Di conseguenza, il primo passo è quello è quello di verificare la presenza di tali rischi: i test che misurano la capacità di salto in maniera monopodalica sono l’ideale; ma non solo, è necessaria la contemporanea analisi video (frontale e laterale) per verificare gli atteggiamenti posturali del corpo e degli arti da confrontare con le altezze di salto. Un volta valutata l’eventuale presenza di tali squilibri, il secondo passo è quello di stabilire gli interventi correttivi: senza addentrarci eccessivamente nell’argomento possiamo indicare che i multibalzi estensivi di natura monopodalica (complementari, alternati, ecc.) siano i mezzi ideali per compensare le differenze di forza reattiva, mentre le varie andature (alternate, unilaterali, incrociate, ecc.) tra over e ostacoli sono l’ideale per le differenze relative alla muscolatura flessoria del bacino (retto femorale, ileo-psoas, adduttori, ecc.). Il terzo passo consiste (una volta corretti i deficit di sopra) nella familiarizzazione con il lavoro con i pesi e con i balzi di natura intensiva (quelli che usano per il COMPLEX TRAINING). Solo successivamente potrà essere introdotto il COMPLEX TRAINING.

    ASPETTI ORGANIZZATIVI E LACUNE DEL COMPLEX TRAINING

    L’aspetto che balza primariamente all’attenzione è la durata di un mezzo del genere; di conseguenza è importante:

    • Prevedere il suo utilizzo in un allenamento in cui la componente atletica (e di prevenzione degli infortuni) abbia l’importanza principale; ciò ne limita la fruibilità alle sole squadre professionistiche.
    • Se i bassi volumi con i pesi permettono una possibile “rotazione” degli atleti (e quindi una necessità di pochi mezzi) durante l’allenamento, rimane di dubbia gestione dei lunghi tempi di recupero tra un Set e l’altro; in questi casi è da evitare lo stretching passivo, ma possono essere fatte andature per la muscolatura flessoria (skip monopodalici, corse tra over, ecc.), potenziamento della muscolatura posturale o tecnica analitica con la palla.
    • Essendo un mezzo allenante che richiede un elevato livello di freschezza atletica è da effettuare a metà settimana, se non si hanno impegni infrasettimanali.
    • Le lacune principali riferite a questo mezzo sono relative all’ancora scarsa conoscenza scientifica degli effetti del COMPLEX TRAINING in relazione ad altri mezzi (sebbene i pochi risultati siano incoraggianti).

    CONCLUSIONI E RISVOLTI APPLICATIVI

    Malgrado il fenomeno della post-attivazione sia ormai sufficientemente studiato, l’efficacia del COMPLEX TRAINING nel calcio è ancora stato ancora poco approfondito e comparato con altri mezzi; ricordiamo, tra le pochissime ricerche, quella di Kotzmanidis che trovò che l’accoppiamento di pesi e lavoro pliometrico è più efficace del solo lavoro con i pesi (nel calcio). Analogamente a quanto vale ai mezzi dedicati all’incremento della Forza massima, è possibile utilizzarlo per chi ha mezzi e conoscenze metodologiche, esperienza con lavori di forza e tempo a disposizione. Ovviamente è una metodologia da proporre ad atleti che sono gia a limiti elevati del proprio potenziale genetico, anche se la priorità è sempre da dare al lavoro di prevenzione/compensazione degli squilibri, altrimenti il rischio sarebbe quello di dover continuamente “inseguire” la riabilitazione degli atleti infortunati invece della performance.

     

    Approfondimenti bibliografici

    Autore dell’articolo: Melli Luca allenatore Scuola calcio Audax Poviglio (melsh76@libero.it)

     

  9. Calcio, Riscaldamento e principio della Post-Attivazione (aspetti teorici)

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    La Post-attivazione (o Potenziamento di Post-attivazione) è un fenomeno di cui si hanno i primi documenti (in Russo) sin dagli anni 80’, ma l’approfondimento scientifico applicato alla pratica sportiva e il suo utilizzo risale solamente agli inizi del XXI° secolo. L’evidenza scientifica ha dimostrato che dopo poche azioni muscolari di forza particolarmente intense (sollevamento di pesi intorno al 90% del proprio massimale) si assistiva (dopo qualche minuto) ad un potenziamento transitorio delle capacità di esprimere esplosività da parte della catena muscolare precedentemente sollecitata; ciò esprimeva una differenza sostanziale nei confronti di un “riscaldamento” effettuato in maniera tradizionale. La spiegazione fisiologica di questo fenomeno risiede in una temporanea fosforilazione della catena leggera della miosina e del potenziamento dei riflessi a livello del midollo; come specificato, questi aggiustamenti sono transitori e perdurano per pochi minuti.

    APPLICAZIONI PRATICHE

    Ma quali sono i risvolti pratici che nel calcio si possono sfruttare per il miglioramento della condizione atletica? Le prime applicazioni pratiche di questo fenomeno sono state effettuate nel mondo del body-building, ma senza riscontri scientifici. La maggior parte delle ricerche, si è invece focalizzata sugli effetti che poteva avere il fenomeno della post-attivazione sull’applicazione esplosiva della forza, nei confronti di un riscaldamento tradizionale. I protocolli maggiormente utilizzati per indurre la post-attivazione sono stati (riferiti al mezzo squat) i seguenti (le prime 2 sono quelle su cui si è trovato maggiore “successo”):

    • 2-3 x 3 ripetizioni al 90% del massimale con 2-3’ di recupero tra le serie
    • 1 x 4 ripetizioni all’87% del massimale.
    • 1 x 5 ripetizioni al 70% del massimale
    • 4-6 x 1 ripetizione al 90% del massimale con recupero 1’ tra ogni serie.

    N.B.: le ripetizioni dovrebbero esser effettuate alla massima intensità e i carichi tali da essere sollevati in un tempo inferiore ai 3” (altrimenti l’affaticamento sarebbe eccessivo).

    Dopo un decennio di ricerche si è giunti alle seguenti conclusioni:

    • Il recupero tra l’esercitazione che ha indotto la post-attivazione e la performance dovrebbe essere compreso tra 4-10’ (a seconda dei protocolli); solitamente maggiore è l’intensità e maggiore deve essere il tempo di recupero che deve essere effettuato in forma attiva e senza stretching.
    • L’incremento temporaneo della forza e dell’esplosività, per gli atleti (ciò non avviene per i sedentari), è in media del 3-7% a seconda della ricerca considerata. Tale “picco” prestativo è limitato a 5-10’.

    RISCALDAMENTO NEL CALCIO

    Come in tutte le altre discipline deve essere “funzionale/specifico” alle attività che si andranno a fare nelle fasi successive dell’allenamento/gara. Gli scopi fisiologici principali sono quelli di incrementare la temperatura corporea a livelli ottimali, prevenire gli infortuni e avviare l’organismo verso i gesti specifici e il turn-over metabolico caratteristici della disciplina. Solitamente il riscaldamento si compone in una fase generale e una specifica. In questa seconda fase è possibile collocare le esercitazioni per la post-attivazione in funzione della parte successiva dell’allenamento che in tal caso dovrebbe comprendere esercitazioni finalizzate all’incremento della componente esplosiva di forza.

    EFFETTIVITA’ PRATICA DELL’APPLICAZIONE DELLA POST-ATTIVAZIONE NEL RISCALDAMENTO PER IL CALCIO

    Nel post sui test per le componenti muscolari abbiamo accennato che l’accelerazione è una delle componenti principali nel calcio, a tal punto che è una delle variabili che differenzia i dilettanti dai professionisti. Probabilmente è l’esplosività a determinare questa “differenza”, ma l’allenamento di questa qualità deve essere eseguita in maniera altamente specifica; infatti, un allenamento con i pesi (seppur finalizzato all’incremento dell’esplosività) effettuato in maniera “non adeguata” potrebbe incrementare il rischio di infortuni. L’unica opzione che riteniamo proponibile per lo sviluppo dell’esplosività con i pesi nel calcio è l’utilizzo dei mezzi finalizzati all’incremento della forza massima. Infatti è possibile cogliere analogie tra la tipologia di sollevamenti proposta tramite la post-attivazione e quella per la forza massima; le differenze sostanziali sono i “volumi” di allenamento, ma non le intensità (è sufficiente dare un’occhiata al post che abbiamo pubblicato per la forza massima). In sostanza, l’applicazione della post-attivazione permette di introdurre intensità sovrapponibili a quelle utilizzate per lo sviluppo della forza massima nella fase finale del riscaldamento;

    la differenza sostanziale è che il volume è ridotto e ciò promuove un incremento temporaneo della forza esplosiva (e non un affaticamento come accadrebbe dopo una seduta tradizionale con i pesi) che può essere sfruttato tramite esercitazioni di balzi specifiche ad intensità superiori a quelle che si otterrebbero dopo un riscaldamento “standard”!

    CONCLUSIONI PARTE TEORICA e PREMESSE PARTE PRATICA

    (COMPLEX TRAINING)

    L’effetto facilitativo del fenomeno della post-attivazione si esplica a patto che vengano rispettati i concetti di intensità (basso volume) e recupero (ottimale) tra la parte con i pesi (cioè quella che induce la post-attivazione) e quella dei gesti esploisivi a secco. Nel post successivo andremo ad analizzare l’introduzione di questo concetto nella metodologia d’allenamento nel calcio (e relativi approfondimenti scientifici) nelle forme pratiche più utili (vedi esempio in tabella sotto), cioè inserendo più situazioni di post-attivazione e gesti esplosivi a secco all’interno della stessa seduta, cioè il COMPLEX TRAINING.

    Approfondimenti bibliografici

    Autore dell’articolo: Melli Luca allenatore Scuola calcio Audax Poviglio (melsh76@libero.it)

  10. Mezzi d’allenamento a caratteristiche “miste”: il Passaggio strutturato

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    Nei precedenti post abbiamo chiarito che l’allenamento atletico Specifico deve essere effettuato necessariamente tramite minipartite (perché non sarebbe possibile riprodurre a secco le variabili atletiche del modello funzionale del calcio); le variabili di questi mezzi consentirebbero di agire in maniera intensiva ed estensiva sull’aspetto metabolico della performance.

    Abbiamo anche chiarito come l’allenamento atletico Generale debba essere dedicato ai presupposti della performance calcistica (potenza aerobica, muscolare, prevenzione infortuni), quindi allenabile generalmente senza palla, ma con criteri che raggiungano una certa specificità per il modello funzionale del calcio. Tra questi mezzi ne ricordiamo alcuni (come quelli dedicati allo sviluppo dell’RSA) che hanno caratteristiche miste, cioè sono in grado di stimolare sia le componenti Aerobiche che Neuromuscolari come il Passaggio strutturato.

    ESERCITAZIONE DI BASE

    La struttura di base è il classico esercizio di “dai e vai dietro la fila opposta”; ogni volta che si passa la palla si effettua la struttura alla destra dell’area di passaggio (vedi figura sopra) senza palla e si corre dietro alla fila opposta. Nell’esercitazione di esempio (vedi figure sopra e sotto) sono stati inseriti uno slalom tra coni e una corsa tra ostacoli bassi.

    Questa esercitazione, che può sembrare banale, può diventare con le giuste varianti (relative al N° di giocatori, distanze e strutture esercitative) un mezzo che allena l’esplosività, o la rapidità o l’RSA o le componenti metaboliche con applicazione tecnica del passaggio. Ogni esercitazione prevede (in base agli obiettivi fisiologici che si vogliono ottenere) l’organizzazione in più serie di diversa durata, durante le quali i passaggi devono essere fatti in continuazione (1 o 2 tocchi); è praticamente la velocità della palla a determinare la tempistica con la quale l’atleta effettua le strutture esercitative (cioè i minicircuiti alla destra della zona di passaggio).

    VARIANTI PER LA RAPIDITA’

    L’esecuzione della variante per la rapidità parte dal presupposto che ogni struttura esercitativa debba contenere elementi (percorsi o minicircuiti) di caratteristiche gia apprese; in altre parole, si lavora sulla Rapidità in maniera globale. Nella figura sotto è rappresentata una variante nella quale le 2 strutture sono formate l’una da dei cambi di direzione a 90° e l’altra da uno slalom tra paletti. È necessario che abbiano gia appreso questi movimenti in maniera analitica per effettuarli con la giusta modalità esecutiva.

    • N° giocatori: minimo 10, massimo 14.
    • Durata ogni serie: da 1’ a 1’20” (durata tale da far effettuare almeno 6 ripetizioni per serie alla massima intensità). Recupero 30”-1’ tra le serie. Da 6 a 10 serie.
    • Distanza: 10-15m.

    È evidente che questo tipo di variante non sollecita solo la rapidità, ma anche l’aspetto metabolico (aerobico e anaerobico alattacido), quindi è da considerarsi una casistica con aspetto allenante misto, con prevalenza della rapidità. Le varianti (N° giocatori, distanze, ecc.) sopra riportate sono indicative; probabilmente solo dopo diverse sedute l’allenatore/preparatore riuscirà a trovare i giusti parametri. L’aspetto più importante è che ogni volta che si effettua la struttura esercitativa l’atleta sia in grado di effettuarla alla massima velocità esecutiva senza che la fatica rallenti eccessivamente l’esecuzione. Ovviamente è una seduta da inserire nella parte centrale della settimana, perché nella parte finale della stessa sono da preferire sedute di rapidità con pause più ampie (quindi più intense) e numeri di ripetizioni inferiori.

    VARIANTI PER L’ESPLOSIVITA’

    Le strutture esercitative proposte per lo sviluppo dell’esplosività sono rappresentate da balzi di varia natura; nella figura sotto sono rappresentati dei salti reattivi in elevazione (è possibile inserire anche dei salti in estensione), in una struttura con 1 toccata e nell’altra con 2 toccate tra ogni ostacolino. Anche i questo caso, sono da proporre ad atleti sufficientemente maturi da effettuare tutte le serie di balzi nella maniera corretta dal punto di vista esecutivo

    • N° giocatori: minimo 12, massimo 16.
    • Durata ogni serie: da 1’ a 1’20” (durata tale da far effettuare almeno 8 ripetizioni per serie alla massima intensità). Recupero 30”-1’ tra le serie. Da 4 a 6 serie.
    • Distanza: 10m.

    È evidente che le strutture esercitative siano costruite in maniera tale da effettuare balzi (siano essi in elevazione o in estensione) di intensità non eccessiva, perché il volume raggiunto può essere particolarmente elevato. Inoltre è consigliabile variare di serie in serie le caratteristiche dei salti in maniera tale da dare un aspetto multilaterale al mezzo allenante. Viste le brevi pause tra ogni struttura di salti può essere considerato un’esercitazione mista (che allena anche le componenti metaboliche), con prevalenza dell’esplosività. Le indicazioni (N° giocatori, distanze, ecc.) sopra riportate sono indicative; probabilmente solo dopo diverse sedute l’allenatore/preparatore riuscirà a trovare i giusti parametri. L’aspetto più importante è che ogni volta che si effettua la struttura esercitativa, l’atleta sia in grado di effettuarla nella corretta tecnica esecutiva senza che la fatica ne peggiori la qualità del gesto. È consigliabile effettuarla nei periodi preparatori o durante la parte centrale della settimana (in maniera che induca modesti livelli di affaticamento).

    VARIANTI PER LA POTENZA AEROBICA

    Allenare la potenza aerobica con questo mezzo è particolarmente difficile, anche se per i giocatori può essere più motivante rispetto ai metodi a secco. Le difficoltà che si possono incontrare consistono nel fatto che le variabili che influenzano l’intensità dell’esercitazione sono parecchie: la distanza tra le file, il N° di giocatori, l’intensità/precisione con la quale vengono fatti i passaggi (compresa la superficie di gioco), ecc.

    Per questo motivo è ancor più difficile individuare i parametri (N° giocatori, distanze, ecc.) di questo tipo di esercitazione. È ovvio quindi che si deve procedere per “prove ed errori” affidandosi alla Percezione dello sforzo (RPE) per avere un’idea di quale possa l’entità del carico metabolico; nonostante ciò, le indicazioni grazie alla RPE sarebbero comunque sommarie, ma in alcune categorie od età sufficienti. Discorso differente sarebbe invece se si avesse a disposizione un GPS (con campionamento ad almeno 5 Hz) e la possibilità di avere i dati di Potenza Metabolica prodotta sistemati nella tavola sinottica. In questo caso si potrebbe avere con una buon’approssimazione il carico esterno dell’esercitazione e i dati elaborati dal GPS potrebbero fornire indicazioni sulla ripetibilità dell’esercitazione nel corso dell’allenamento e delle sedute d’allenamento. In questi casi, un carico che nel finale di serie raggiunge un RPE compreso tra 15-18 senza compromettere la precisione del passaggio, potrebbe essere ideale per chi si affida a questa metodica di valutazione; per chi ha a disposizione il GPS invece l’intensità media richiesta per serie potrebbe essere quella di 16-17 W/Kg se si vuole effettuare un carico di Potenza Aerobica Estensiva e 18.5-20 W/Kg se si vuole effettuare un carico di Potenza Aerobica Intensiva. Per le durate ovviamente dipende dal livello/età degli atleti e dall’intensità che viene data all’esercitazione.

     

    CONCLUSIONI e PRECISAZIONI

    Possiamo considerare il “Passaggio strutturato” e le sue varianti come una modalità d’allenamento mista, che può essere indirizzata con le varie modifiche verso le componenti atletiche che si vogliono allenare. Rimane comunque una forma di allenamento che imprime una precisione dei carichi abbastanza sommaria che può comunque risultare utile in alcune categorie e fasce d’età. Grazie all’utilizzo del GPS invece, si possono avere indicazioni precise che permettono di fissare parametri che per determinati gruppi di calciatori (anche nelle categorie superiori) possono essere ottimali. 2 fattori molto importanti da tenere in considerazione sono:

    • La ripetibilità del carico allenante all’interno della seduta: significa che il mezzo allenante non crea affaticamenti tali da compromettere lo stimolo biologico allenante e l’esecuzione tecnica.
    • Una corretta esecuzione dell’esercizio: gli spazi dedicati al “passaggio” devono essere tali da non permettere errori nell’esecuzione; infatti un passaggio errato, al di fuori della zona d’esercitazione abbasserebbe il carico compromettendone lo stimolo allenante.

    Un’ultima considerazione: per le categorie Piccoli Amici e Pulcini queste esercitazioni possono essere modificate per lavorare sulla coordinazione in abbinamento alla tecnica; è sufficiente utilizzare un numero di giocatori adeguato e sostituire la Struttura esercitativa con percorsi coordinativi o tecnici.

    Autore: Melli Luca allenatore settore giovanile Audax Poviglio (melsh76@libero.it)

  11. Lavoro per la Forza Massima ed incremento della performance nel calcio

    4 Comments

    (Aggiornato al 08/05/2022)

    Nel primo post dedicato all’uso dei pesi per il miglioramento della performance, abbiamo concluso come sia l’uso delle macchine che quello dei pesi liberi orientato allo sviluppo della potenza, incrementano il rischio di infortuni nel calcio. Oggi andremo ad analizzare l’effettiva utilità dell’utilizzo delle metodologie rivolte all’incremento della forza massima per il miglioramento delle componenti esplosive del movimento e quindi della capacità di accelerazione. Non solo, sono anche quelli che generano il maggior numero di “responder“.

    Nel grafico sopra sono riportate le caratteristiche dei carichi di lavoro riferite all’incremento della forza massima (cerchio rosso). Com’è possibile vedere, i parametri di questi mezzi sono l’utilizzo di carichi prossimi al massimale (90-95% del massimo carico), corrispondenti a tempo di contrazione relativamente lunghi (bassa “velocità” di spostamento del bilancere), cioè di 0.7-0.8”.

    Ma quali sono le basi scientifiche a supporto di questa metodologia? Sono ormai diversi gli studi (Hoff et al 2014, Ronnestad et al 2011, Wisloff et al 2004) che hanno riscontrato l’incremento dei livelli di accelerazione a seguito di periodi in cui sono stati eseguiti esercitazioni con i pesi rivolte all’incremento della forza massima.

    Ma quali devono essere i parametri esecutivi che devono soddisfare questi mezzi?  Quando è consigliabile, e quando non lo è eseguirli? Che livello di preparazione e di attrezzature richiedono?

    Andiamo ora a vedere quelle che sono in linea “teorica” come dovrebbe essere improntata una seduta rivolta ad un incremento della forma massima; finiremo con una conclusione ben più “pratica” per quanto riguarda lo sviluppo delle componenti neuromuscolari nel calcio.

    Attrezzature e personale richiesto

    Come più volte ripetuto, l’allenamento con i pesi nel calcio rappresenta un metodo complementare (cioè non specifico) dedicato all’incremento delle componenti esplosive del movimento, oltre a rappresentare un fattore di rischio per gli infortuni se applicato in maniera metodologicamente scorretta; di conseguenza:

    • I calciatori devono essere seguiti da preparatori competenti, in grado di far eseguire non solo correttamente gli esercizi dal punto di vista biomeccanico, ma anche di somministrare i test in maniera precisa per stabilire correttamente i carichi di lavoro. Inoltre, devono essere in grado di stabilire una progressione dei carichi adeguati, a partire dall’adattamento dell’organismo a determinati sforzi.
    • Le attrezzature richieste sono semplici (bilancere, pesi, ritti e cinture), ma devono essere situate in locali sufficientemente spaziosi e mantenuti a temperature adeguate.
    • Malgrado (come vedremo sotto) le sedute non siano particolarmente lunghe, portano via comunque tempo ad altri tipi di esercitazioni; in altre parole, questi mezzi sono da consigliare solo a squadre che si possono permettere un numero di allenamenti settimanali elevato.

    Parametri esecutivi

    L’esercizio d’elezione da utilizzare nel calcio è il “mezzo squat” (half-squat).

    • L’ideale è utilizzare carichi compresi tra l’85-95% del massimale, anche se nelle prime sedute possono essere utilizzati valori inferiori per adattare l’organismo e facilitare l’apprendimento della tecnica.
    • Il numero di ripetizioni è compreso tra 4-6 (a seconda del carico sollevato) e il numero di serie 4-5.
    • Il recupero tra ogni serie di 4-5’.

    Periodizzazione dell’allenamento

    Il vantaggio dell’utilizzo di questa metodologia sta nel fatto che anche con sedute d’allenamento relativamente corte si riesce a lasciare, sul sistema muscolare, delle tracce che sono tanto più evidenti quanto più è elevato il carico spostato. Infatti, l’allenamento per la forza massima produce adattamenti che durano maggiormente a lungo di quelli che utilizzano movimenti esplosivi. Inoltre:

    • I risultati raggiunti dopo 10 settimane di allenamento (precampionato, 2 sedute a settimana) possono essere mantenuti anche per 12 settimane utilizzando 1 sola seduta a settimana (Ronnestad et al 2011).
    • I risultati offerti da questa metodologia sono efficaci se abbinati (meglio se in sedute diverse) a mezzi pliometrici (vedi articolo di Bruce-Low) e cambi di direzione. I volumi d’allenamento devono essere incrementati con una gradualità tale da non creare affaticamenti marcati per non avere impatti negativi sul resto dell’allenamento.
    • Per bilanciare i livelli di forza ottenuta dai muscoli estensori (allenati con il mezzo squat), settimanalmente è opportuno lavorare anche con carichi rivolti al miglioramento della resistenza muscolare locale dei muscoli flessori (in particolar modo posteriori della coscia), del bacino (addominali, lombari, ecc.) e di tutti gli stabilizzatori.

    Conclusioni ed applicazioni pratiche

    All’atto pratico, protocolli indicati sopra, seppur efficaci dal punto di vista sperimentale, presentano delle lacune relative non solo alla difficile reperibilità degli strumenti e dei locali per allenarsi. Infatti, non permettono di lavorare sulla prevenzione infortuni, cioè lo scopo primario che deve avere un programma dedicato alla forza muscolare nel calcio. Conoscendo quali siano le conseguenze di un elevato tasso di infortuni, è inappropriato non dare la priorità all’aspetto preventivo quando si agisce a livello neuromuscolare.

    Non solo, oggi sappiamo che il sistema nervoso centrale riconosce le catene cinetiche, e non i singoli muscoli, quando organizza il movimento ai vari livelli. Ne deduciamo che gli stimoli allenanti non devono solo essere individualizzati (per ridurre il rischio di infortuni), ma tenere in considerazione anche la funzionalità e la sensopercettività dei gesti atletici. Infatti, dai principi dell’allenamento funzionale, oggi sappiamo che l’incremento del carico neuromuscolare (quindi dell’impatto allenante) si può ottenere non solo con un incremento del peso sollevato, ma anche da un aumento della difficoltà dell’esercitazione.

    Da questi presupposti, è evidente come sia possibile strutturare esercitazioni che siano specifiche sia dal punto di vista motorio, che sensoriale. Fortunatamente, questo tipo di lavori è possibile farli con un’attrezzatura estremamente più semplice di una “sala pesi”, a patto di essere a conoscenza delle basi di questo approccio.

    Per approfondire ulteriormente l’argomento, consigliamo vivamente il webinar L’allenamento della forza negli sport di squadra; in questo corso verrà sviscerato quello che deve essere un corretto allenamento della forza in 3 discipline diverse (calcio, fustal e basket). Non solo, il vero valore aggiunto del webinar, è il poter prendere spunto da settori diverse da quelle del calcio, ma affini; in questo caso si riuscirà ad avere una competenza più trasversale e più ampia, maggiormente spendibile a livello professionale.

    Puoi accedere al Webinar sottoscrivendo uno dei piani d’abbonamento mensili ed annuali a Performance Lab (garanzia 14 giorni). Applicando il Codice Promozionale MISTERMANAGER al momento dell’acquisto, avrai lo sconto del 10%.

    Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico AC Sorbolo, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it

  12. La differenza tra Rapidità ed Esplosività

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    (Aggiornato al 27/03/2020)

    Rapidità ed esplosività sono 2 qualità neuromuscolari spesso citate quando si parla di preparazione atletica nel calcio; ma quali sono le differenze e le analogie tra queste qualità?  Quali mezzi allenanti hanno maggior influenza sull’una o sull’altra? Ma soprattutto, quale di queste è più importante per il calciatore? In questo post analizzeremo le “definizioni canoniche” di queste caratteristiche, per poi approfondire le differenze pratiche e le relative applicazioni nella metodologia d’allenamento.

    Definizioni

    Esplosività: “l’esplosività è la capacità di reclutare in modo dirompente e veloce (istante 0) il massimo numero di unità motorie”. In altri termini, nel calcio, si potrebbe definire come la capacità di estendere la muscolatura estensoria/antigravitazionaria (tricipite surale, quadricipite e glutei) nel minor tempo possibile (vedi figura sotto).

    • Le esercitazioni per l’esplosività e per la potenza muscolare specifica possono trovare il loro razionale nel fatto che la massima potenza metabolica (sprint da fermo) si esplica tra 0.5-1.5” dall’inizio del movimento (Colli 2015) e che nei primi passi dello scatto (3m) c’è il 27% di differenza tra dilettanti e professionisti (Marella, Baraldo 2004).

    esplosività calcio

    Rapidità: “qualità che permette di effettuare azioni motorie nel più breve tempo possibile alla massima intensità”. Nel calcio è la capacità di effettuare azioni complesse nel minor tempo possibile in particolar modo in relazione ai cambi di direzione. Senza addentrarci eccessivamente nei dettagli di cui si compone la rapidità, appare abbastanza chiaro che a differenza dell’esplosività:

    • È implicata in movimenti complessi (mentre l’esplosività nel solo movimento di estensione delle articolazioni) e concatenati (cioè effettuati in successione).
    • Coinvolge anche la muscolatura flessoria (tibiali, posteriori della coscia, flessori dell’anca), per stabilizzare le articolazioni e spostarsi sul piano orizzontale.
    • È strettamente legata alla Coordinazione (adattamento e trasformazione, ritmica dei movimenti, velocità di reazione, ecc.) e all’applicazione Cognitiva del movimento (scelta in base alle situazioni contingenti).

    Citiamo le conclusioni di uno studio di Young et al 2001 in cui è stato visto che “maggiore è la complessità del compito di rapidità e minore è il transfert con le qualità responsabili con la corsa in linea (tra le quali l’Esplosività)”; di conseguenza, possiamo affermare che la differenza sostanziale è che

    l’Esplosività (oltre ad essere una qualità importante per l’elevazione) nel calcio è un  presupposto della Rapidità, e può avere influenza positiva esclusivamente nelle accelerazioni.

    Ne deriva che per gli adulti, l’allenamento neuromuscolare generale nel calcio deve essere primariamente dedicato alla rapidità. La metodologia d’allenamento è discussa nei 3 post dedicati alla rapidità.

    Non solo, “La chiave della rapidità nel calcio non è solamente l’esecuzione di movimenti alla massima intensità, ma anche l’abilità di aggiustare costantemente la propria posizione/postura in maniera tale da reagire velocemente ai determinati stimoli” (Ian Jeffreys); ne consegue che

    per essere rapidi mentre si gioca a calcio, è necessario contestualizzare l’allenamento alle componenti neuromuscolari in un regime di elevatissima coordinazione e situazione (con palla)

    rapidità calcio

    Come allenare l’esplosività

    Senza addentrarci eccessivamente sull’argomento  è possibile dare alcune indicazioni:

    • Il mezzo maggiormente utilizzato per lo sviluppo dell’esplosività è la Pliometria che va adattata (come volumi ed intensità) all’età e alle caratteristiche dei soggetti.
    • L’attenzione deve essere focalizzata prevalentemente sull’intensità dello stimolo e correttezza esecutiva.
    • L’allenamento funzionale (correttamente eseguito) rappresenta un presupposto all’esplosività, perché permette di sensibilizzare l’estensione delle articolazioni in direzione multiplanare e consente di ridurre il rischio di infortuni grazie allo sviluppo preventivo della stiffness e della resistenza muscolare locale.
    • Per quanto riguarda i giovani (dalla pubertà in avanti), rappresenta una componente importante dell’allenamento, perché permette di “realizzare” il potenziale motorio del giovane calciatore orientandolo verso qualità atletiche fondamentali per lo sport praticato, in un periodo della crescita in cui è particolarmente sensibile a determinati stimoli (Ford et al 2011); deve essere strutturato in maniera multilaterale con particolare attenzione alla tecnica esecutiva e in rapporto allo schema corporeo della corsa; vedi i nostri articoli dedicati all’efficienza dei movimenti in età puberale e allo sviluppo dell’esplosività del giovane in età puberale. In ogni modo, se non si hanno competenze adeguate per organizzare un allenamento adeguato all’età, è meglio dedicarsi solamente alla rapidità.
    • Per quanti riguarda i dilettanti (adulti) l’inserimento di questo tipo di esercitazioni è di importanza secondaria rispetto alla rapidità ed alla prevenzione infortuni; a mio parere, l’eventuale inserimento di mezzi allenanti dedicati all’esplosività deve essere estremamente graduale ed inserita quando il giocatore ha sviluppato una buna capacità di recupero (cioè non in fase di preparazione). Leggi la prima e la seconda parte dedicata all’argomento.
    • L’utilizzo dei pesi per allenare le componenti esplosive del movimento (e in particolar modo l’accelerazione nel calcio) è da valutare in base alla disponibilità di attrezzi e alla capacità di contestualizzarlo all’interno della periodizzazione della disciplina; a mio parere è prerogativa esclusivamente delle società professionistiche.

    Connettiti al mio profilo linkedin, vedrai tutte le mie nuove pubblicazioni e gli aggiornamenti di quelle già esistenti. Se invece vuoi approfondire la preparazione atletica nel calcio, ti invito a leggere le nostre recensioni dei libri più utili sull’argomento.

    Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico AC Sorbolo, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960  e Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. (melsh76@libero.it)

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