La forza e la velocità del Runner
(Articolo aggiornato al 01/06/2024)
Uno dei più competenti allenatori di runner master come Orlando Pizzolato, afferma come il 90% dei runner sia poco efficiente nel correre per l’incapacità di applicare la forza muscolare; in altre parole, alla maggior parte dei runner mancano forza e velocità sufficienti per realizzare il loro potenziale.
Ma attenzione, questa non è una lacuna stabile ed immutabile, ma è possibile influenzarla con un allenamento corretto. Questo non significa che sia necessario fare i “pesi” in palestra, ma lavorare sulle giuste componenti neuromuscolari specifiche del runner, cosa che può avvenire anche sfruttando il proprio peso corporeo, piccoli attrezzi o la corsa in salita.
In più, carenze di forza portano anche all’incremento del rischio di infortuni, solamente per il fatto che la debolezza muscolare porta ad enfatizzare i danni di una tecnica di corsa non ottimale.
Non solo, come vedremo in questo articolo
la forza è la base della velocità!
L’incapacità spesso di seguire in gara atleti che effettuano lo stesso chilometraggio settimanale, può essere dovuto all’incapacità di applicare correttamente i livelli di forza (cioè la velocità).
Di conseguenza, un adeguato lavoro su queste 2 qualità è in grado di portare benefici anche particolarmente evidenti (tanto maggiori saranno le lacune da colmare), a patto che si usino i giusti mezzi allenanti e si abbia la giusta pazienza affinchè si esplichino gli adattamenti.
Nell’immagine sotto è possibile vedere la contestualizzazione delle qualità di forza e velocità all’interno della performance sportiva e della tecnica di corsa.
Dal punto di vista metodologico è importante lavorare su 3 step:
- Il primo è il riconoscere quali sono le qualità neuromuscolari del runner: è quello che faremo in maniera approfondita in questo articolo.
- Il secondo è comprendere quali sono le proprie caratteristiche e lacune: cioè capire se si è runner “veloci” o “resistenti” ed essere in grado di valutare eventuali lacune.
- Il terzo step è stabilire un programma di allenamento: questo deve tenere in considerazione il punto di partenza (solitamente dopo un periodo di rigenerazione o al ritorno da un infortunio) e l’obiettivo realistico stabilito.
Nell’immagine sotto, è possibile vedere in maniera estremamente semplificata alcuni dei mezzi d’allenamento orientati alle qualità neuromuscolari (forza e velocità) all’interno della periodizzazione.
INDICE DEI CONTENUTI
La “Forza” del runner
Nell’ambito del podismo, non è importante avere un livello di Forza massima particolarmente elevata, ma è da ricordare che la maggior parte degli allenamenti di corsa non incrementano la forza; anzi una programmazione dell’allenamento errata (che da poco spazio al processo del recupero) tende a far calare i livelli di forza, con ripercussioni negative sulla performance e sull’incremento del rischio di infortuni.
Diversi studi (Lai et al 2015, Bohm et al 2018, Bohm et al 2019) hanno dimostrato come durante la fase d’appoggio del piede, diversi muscoli della catena estensoria (soprattutto quadricipite e polpacci) inizialmente si allungano per accumulare energia elastica e successivamente si accorciano restituendo questo tipo di energia.
Con le dovute semplificazioni, questo accumulo e rilascio di energia avviene quasi esclusivamente a livello dei tendini, che sono la parte del muscolo che tende ad allungarsi ed accorciarsi durante la fase di appoggio.
Dall’immagine sopra è possibile vedere come durante la fase di appoggio l’Unità muscolo tendinea (ventre muscolare+tendine) modifichi la propria lunghezza, mentre invece il ventre muscolare (cioè la parte centrale del muscolo) rimane pressochè della stessa lunghezza; di conseguenza, è il tendine ad assecondare gran parte dell’allungamento/accorciamento dell’Unità muscolo tendinea.
Questo tipo di comportamento permette al muscolo di lavorare nelle migliori condizioni al fine di ottimizzare lo sforzo.
Ma attenzione, in caso di forza muscolare insufficiente questo fenomeno avviene solo parzialmente (cioè il ventre muscolare tende a subire modifiche sostanziali della sua lunghezza), con la conseguenza di affaticare precocemente il muscolo, perdere energia elastica e di incrementare il rischio di infortuni.
Questo è il motivo per il quale la forza muscolare e l’allenamento di questa qualità è importante, ed è dimostrato da un’ampia mole di studi e ricerche (Yamamoto et al 2008, Albracht et al 2013, Lai et al 2015, Bohm et al 2018, Bohm et al 2019, Hunter et al 2015, Hreljac 2015).
Per non generalizzare, è comunque importante capire quale tipologia di forza sia necessaria al runner; come accennato precedentemente, non è importante avere un livello di Forza massima particolarmente elevata, ma che il sistema neuromuscolare sia in grado di mantenerne un livello sufficiente alto nel tempo, senza che la fatica comprometta l’intensità. Semplificando, possiamo definire la forza ideale del runner come la Resistenza Muscolare Locale. In altre parole, non è fondamentale che i muscoli siano in grado di sollevare quantità elevate di pesi, ma che riescano a mantenere livelli di forza sufficienti per mantenere l’efficienza per l’intera competizione (Hayes et al 2011).
Mi spiego meglio: con il passare dei Km e l’avanzare delle condizioni di fatica, un organismo con poca resistenza muscolare locale tenderà ad incrementare il suo consumo energetico. È come se un’automobile, con il passare dei Km, richiedesse sempre più benzina per andare alla stessa velocità; con una buona resistenza muscolare locale invece, il “consumo” tenderà a rimanere più costante. Questo, ovviamente, ha ricadute importanti sull’esaurimento delle risorse energetiche durante la competizione.
Non solo, livelli adeguati di questa qualità permette anche di ritardare o prevenire l’insorgenza dei crampi, oltre a diminuire la probabilità di infortuni.
Ma come si allena la Resistenza muscolare locale?
Semplice, attraverso tutti quei mezzi allenanti in cui viene richiesto un tempio di appoggio del piede prolungato, come le salite affrontate ad intensità non massimale, ma medio-elevata. Infatti, correndo in salita i tempi di contrazioni sono superiori, limitando il flusso di sangue rispetto alla corsa in pianura; in questo modo i muscoli si affaticheranno più precocemente, stimolando gli adattamenti specifici. Tra questi mezzi allenanti troviamo:
- Ripetute in salita
- Le salite estensive
- Lunghi collinari
- Fartlek ondulato
- Corsa media in salita e relative varianti
Nel prossimo capitolo trovare i mezzi allenanti per la velocità del runner e i mezzi misti.
Tra i mezzi a secco (cioè quelli non “di corsa”) invece, citiamo l’allenamento funzionale per il core e gli esercizi statico dinamici. Per chi invece volesse abbinare la corsa ai movimenti funzionali (cioè il Circuit training all’aperto), consigliamo il nostro post sul circuit training.
È anche possibile che in alcune condizioni siano necessari anche stimoli mirati allo sviluppo della forza massima; questo avviene quando il runner non ha valori di base di forza per sostenere al meglio neanche quelli per la resistenza muscolare locale. È una condizione molto più frequente di quanto si possa ipotizzare, in quanto a livello sperimentale è stato visto che i runner di qualsiasi livello possono beneficiare da un incremento della forza massima (Blagrove et al 2018, Denadai et al 2017, Balsalobre-Fernandez 2016, Bazyler et al 2015).
I lavori di forza massima sono da preferire per quei podisti dotati di scarsa forza muscolare, anche se tutti i runner possono beneficiare maggiormente di questo tipo di stimoli rispetto al altri.
Ricordatevi sempre che l’allenamento per la forza massima genera un numero di “responder” molto superiore rispetto all’allenamento della velocità (soprattutto quelli per la stiffness)!
Cosa significa la frase sopra?
Considerando che i “responder” sono quegli atleti che traggono beneficio da un determinato stimolo allenante (i “non responder” ovviamente sono il contrario), è riconosciuto che stimoli allenanti per la Forza massima generano un beneficio in un maggior numero di runner rispetto a quelli per la Velocità (soprattutto con componenti molto intense) (Bazyler et al 2015, Colli-Introini 2021).
Chi può trarre maggiore beneficio dagli stimoli di Forza massima, sono proprio gli atleti che più difficilmente recuperano dalle esercitazioni per la Velocità, presumibilmente quelli con caratteristiche resistenti. Parleremo meglio di questo aspetto nel capitolo dedicato all’individualizzazione dell’allenamento.
Inoltre, il lavoro per la forza massima permette di mantenere questa qualità nel tempo per un periodo più lungo rispetto alle altre espressioni di forza (Kubo et al 2010, Bickel et al 2011), mantenendo i presupposti della velocità.
Sono utili le esercitazioni per la core stability?
Un tipo di esercitazioni (di forza) che ritengo estremamente utili per il runner (sia per lo sviluppo armonico dell’atleta che per il miglioramento della performance) sono gli allenamenti funzionali per il core. Attenzione, non sono semplici esercizi di forza per gli addominali, ma lavori in cui viene posto l’accento sulla stabilità e mobilità del core in sinergia con la catena posteriore e flessoria, al fine di migliorare la spinta orizzontale e la capacità di andare in salita. Coinvolgendo in maniera importante la muscolatura che agisce sul rachide, è importante accertarsi (grazie a personale competente) l’assenza di controindicazioni a questa tipologia di esercitazioni. Trovate un programma estremamente dettagliato nel nostro post dedicato al Running, core stability e performance.
Pronazione, avvolgimento dell’elica podalica e forza dei piedi
Tra i protocolli “a secco”, cioè non costituiti da corse, segnalo anche quello relativo all’avvolgimento dell’elica podalica; questo programma è particolarmente utile a quei runner che hanno ipotonie dei muscoli dell’arcata plantare, dei glutei e genericamente della catena estensoria (tricipite surale e quadricipite).
In particolar modo, può essere efficacia per correggere problemi di iper-pronazione dovuta ad ipotonie e in tutti quei casi in cui è presente un’eccessiva rotazione esterna del piede durante la corsa.
Se invece sei alla ricerca di un semplice esercizio per il potenziamento dei piedi, lo trovi leggendo questo articolo.
Come ultimo suggerimento, cito questo esercizio che reputo estremamente utile, perchè contribuisce all’incremento della forza orizzontale (cioè quella che “spinge” il runner in avanti contestualmente alle componenti rotatorie (avvolgimento elica podalica).
La “velocità” del runner
Vediamo ora la seconda qualità neuromuscolare importante per il runner, cioè la “Velocità”; anche in questo caso, non è richiesta un Velocità assoluta paragonabile a quella di un velocista, ma la capacità di avere un Ritmo Gara elevato, determinato a livello neuromuscolare, dalla capacità di esprimere sufficienti livelli di Forza in brevi periodi di tempo nella giusta direzione. Nell’immagine sotto è possibile vedere come la forza impressa dal piede al suolo durante la fase di spinta (freccia verde), sia la risultante di altre 2 forze, cioè la stiffness (che permette al runner di immagazzinare energia elastica e restituirla) e la spinta orizzontale (che permette al runner di far avanzare il corpo).
Nel nostro post dedicato alla tecnica di corsa, abbiamo visto nel dettaglio le caratteristiche di queste 2 importanti variabili. Una stiffness ottimale (responsabile della componente verticale) determina l’accumulo e restituzione di energia elastica minimizzando il consumo energetico. Non a caso, spesso il termine “stiffness” è considerato sinonimo di “elasticità“. Nei paragrafi precedenti abbiamo visto come per avere un’elasticità adeguata sia necessario avere livelli di forza sufficientemente elevata; per questi motivi la forza è la base della velocità. Inoltre, gli atleti con maggiore stiffness hanno un maggiore rapporto tra la fase di volo e quella di appoggio, permettendo quindi ai muscoli (ed all’intero organismo) di essere più rilassato (De Rosa et al 2019).
La spinta orizzontale invece, è la capacità di spingere in avanti il corpo contraendo le catene muscolari (soprattutto quella posteriore e flessoria) in maniera coordinata e sincronizzata, minimizzando la dispersione di energia. Ma facciamo un esempio per far capire l’importanza di una spinta orizzontale “coordinata”; supponiamo che 5 persone debbano sfondare un portone con una spallata. Se le 5 persone effettuano la spallata in momenti diversi, sarà molto poco probabile che riescano ad abbatterlo.
Se invece tutti e 5 danno la spallata nel medesimo istante, riusciranno ad avere un impatto molto superiore sulla porta incrementando notevolmente le probabilità di abbatterla…spendendo la stessa energia. La coordinazione motoria funziona allo stesso modo; se i muscoli responsabili della spinta orizzontale saranno reclutati in maniera coordinata, la spinta (a pari spesa energetica) sarà più efficace.
Affinchè le componenti orizzontali e verticali del movimento siano espresse nel miglior modo possibile (cioè il runner sia sufficientemente veloce) è fondamentale il “fattore tempo”; in altre parole, il runner dovrà sapere esprimere i valori di forza nel minore tempo possibile per ottimizzare stiffness e spinta orizzontale. Non a caso, Nummela e coll 2007 videro che i runner migliori avevano un tempo di contatto inferiore del piede a terra.
Questo basso tempo di contatto consente un’attivazione della muscolatura durante tutto la fase di appoggio del piede, tale da permettere di accumulare energia elastica nei tendini nella fase iniziale e restituirla nella fase di spinta. Un livello di stiffness insufficiente invece, prolungherebbe eccessivamente la fase di appoggio, riducendo l’attivazione della muscolatura e di conseguenza l’accumulo di energia elastica.
L’importanza della velocità, come qualità neuromuscolare del runner, è stata approfondita in diversi studi (Dalleau e coll 1998, Heise e coll 1998, Arampatzis et al 2006, Dumke e coll 2010, De Rosa et al 2019), in cui venne trovata correlazione tra stiffness ed economia di corsa; non solo, un incremento della stiffness, migliora l’economia (Paavolainen et al 1999, Albracht et al 2013).
In altre parole, atleti dotati di maggior stiffness hanno una minore spesa energetica (a pari velocità) e lavorare su questa qualità provoca un miglioramento del costo energetico.
Si trovano invece pochi studi sulla spinta orizzontale; malgrado sia abbastanza ovvio che nella corsa ci si muova “orizzontalmente”, solo negli ultimi anni si sta approfondendo l’incidenza dello sviluppo dei muscoli della catena posteriore e flessoria (quelli maggiormente coinvolti nella spinta orizzontale) sulla performance. Attualmente, le uniche ricerche sull’argomento hanno indagato solamente l’attività degli sprinter ma non dei runner (Neto e coll 2019, Higashihara e coll 2010).
Per questo motivo, la Velocità è stimolata da quei mezzi in cui viene richiesto (in pianura o in discesa) un’intensità superiore a quella che si tiene in una gara di 5000m. Questo vale ovviamente per chi corre su strada. Per chi prepara, ad esempio, i 1500m le andature che allenano la velocità saranno quelle pari o più intense dl ritmo gara degli 800m.
Di conseguenza, le andature che stimolano la Velocità del runner vanno da quelle leggermente più intense dei 5000m a quelle di corsa massima (al massimo impegno).
Ma quali sono quelle ideali?
Come accennato sopra, molto dipende dalla gara che si prepara, ma di norma, atleti con caratteristiche più esplosive, con maggiore forza muscolare o semplicemente più abituati a questo tipo di lavori, riescono a trarre maggiore beneficio anche dalle andature prossime a quelle massimali. Come abbiamo accennato sopra, non tutti gli atleti sono “responder” se allenati con intensità molto elevate, per questo motivo è importante individualizzare il lavoro di Velocità (vedi prossimo capitolo). Non a caso, sotto trovate sia gli allenamenti tipici per la Velocità, sia quelli con caratteristiche miste che allenano sia Forza che Velocità.
I mezzi allenanti principali per allenare la velocità del runner sono:
- Salite brevi massimali (hill sprint)
- Circuiti brevi con salite
- Ripetute Brevi
- I lavori di Speed Endurance
- Gli allunghi
- Fartlek breve
- Fartlek Verkhoshansky
- Ripetute in discesa
Sotto riportiamo gli allenamenti misti, cioè che hanno effetti sia sulla forza che sulla velocità del runner:
- Alternative alle Hill sprint (salite 100m)
- Circuiti Lydiard
- Saliscendi
- Circuiti lunghi con salite
- Ripetute forza-velocità
- Ripetute in salita e discesa
N.B.: altre esercitazioni, come le andature di pre-atletica, possono aiutare a migliorare la coordinazione della tecnica di corsa e di conseguenza a trasformare la forza in velocità. Nel nostro articolo sulle andature potete trovare quali sono le più importanti e come inserirle gradualmente nel programma d’allenamento.
Perché è importante individualizzare l’allenamento
Individualizzare l’allenamento non vuol dire altro che fornire gli stimoli allenanti adeguati per le proprie caratteristiche; in questo senso è importante colmare le lacune nelle prime fasi della preparazione ed esaltare i pregi nella parte finale. Di conseguenza, un atleta resistente (cioè dotato di caratteristiche resistenti, con lacune di velocità), per colmare le proprie lacune dovrebbe dedicare gli allenamenti neuromuscolari primariamente sulla forza (e solo in un secondo momento alla velocità), perché è la carenza di forza che lo rende “non veloce”. Lavorare sulla velocità senza aver prima creato i presupposti con la forza (soprattutto per una certa tipologia di atleti), incrementa il rischio di infortuni o di avere degli affaticamenti che perdurano per molto tempo.
Atleti veloci (o comunque dotati di forza muscolare adeguata) possono lavorare precocemente sulla velocità, in quanto le qualità neuromuscolari non rappresentano un limite alla loro performance; probabilmente invece, dovranno e potranno dedicare una percentuale maggiore del loro allenamento allo sviluppo delle componenti aerobiche, in particolar modo nella parte iniziale della stagione.
L’immagine sopra è tratta dal nostro post sull’individualizzazione dell’allenamento del runner, in cui potrete trovare i consigli per personalizzare il vostro allenamento in base alle vostre caratteristiche.
Le indicazioni sopra vanno prese ovviamente “cum grano salis” (cioè con buon senso), in quanto ogni atleta ha peculiarità diverse dall’altro, non necessariamente ascrivibili alle caratteristiche indicate sopra!
Non solo, queste “diversità” determinano anche il rischio di infortuni o altri limiti dovuti a ipotonie localizzate, rigidità (vedi mal di schiena) o anomalie posturali. Per questo motivo, è sempre bene abbinare all’allenamento un adeguato lavoro di allungamento funzionale ed eventuali valutazioni dell’atteggiamento posturale.
Programmazione dell’allenamento
L’allenamento del podista parte sempre dallo sviluppo delle qualità generali (neuromuscolari ed aerobiche) per poi specializzarsi verso le abilità specifiche richieste dal proprio obiettivo principale stagionale. La programmazione solitamente inizia dopo un periodo di rigenerazione (o dopo la ripresa da un infortunio) e termina con la gara (o l’insieme di gare) che rappresenta l’obiettivo principale della stagione.
Conoscere quali sono le possibilità funzionali del runner (forza e velocità), saperle stimolare contestualmente alle proprie caratteristiche in riferimento al momento della propria preparazione, permette di ottimizzare l’allenamento nella direzione ottimale verso il miglioramento della performance.
Altro rilevante aspetto per quanto riguarda la programmazione è il mantenimento delle qualità neuromuscolari: “ma se io lavoro sulla forza nella parte iniziale, i benefici rimarranno per tutta la stagione?”
È una domanda estremamente interessante, alla quale però si deve rispondere con “dipende“; a seconda delle caratteristiche di ogni runner, è necessario un mantenimento più o meno frequente delle qualità di forza. Di norma, atleti muscolarmente più deboli ne hanno maggiore bisogno.
Come valutare la forza e la velocità del runner
Il riuscire a testare il proprio livello delle qualità neuromuscolari può tornare utile per avere indicazioni su come ottimizzare ed adeguare la propria programmazione dell’allenamento nel corso della stagione. Purtroppo i protocolli utilizzati nelle ricerche che abbiamo citato sopra, sfruttano mezzi che non possono permettersi la maggior parte dei runner; tra questi test ricordiamo il VMART, i test di velocità con fotocellule e pedane di forza, i Test di Bosco, ecc. Fortunatamente ci viene incontro la ricerca di Hudgins e coll 2013, che utilizzò il salto triplo da fermo (un protocollo molto semplice), trovando correlazioni positive tra la distanza di salto e la performance su varie distanze. Gli autori valutarono i risultati dell’esecuzione bipodalica dei salti (cioè facendo i salti a piedi uniti), ma a mio parere è possibile avere dati più interessanti con l’esecuzione monopodalica (vedi video sotto).
Infatti, in questo modo è possibile avere più dati a disposizione su cui effettuare una valutazione non solo della performance, ma anche di eventuali squilibri e deficit muscolari. Nel nostro articolo dedicato al Triple hop distance, potrete leggere un ampio dettaglio del protocollo e dei dati che permette di ottenere. Ovviamente nulla vieta di utilizzare contemporaneamente entrambi i protocolli, cioè quello monopodalico che quello bipodalico. Quello che è importante è che il test venga fatto sempre nelle stesse condizioni standard; a questo link puoi trovare le Condizioni essenziali prima di somministrare test. Questo protocollo a mio parere è l’ideale per piccoli gruppi di runner, coordinati da un paio di persone che si occuperanno delle misurazioni e della catalogazione dei dati.
Nel caso in cui si voglia effettuare una valutazione più completa, relativa alla propria tecnica di corsa e dei rischio associati agli infortuni, consiglio di leggere il nostro articolo sulla Valutazione funzionale del runner.
Conclusioni e risvolti applicativi
L’allenamento della forza e della velocità sono elementi spesso trascurati dai runner amatori; questo spesso porta a non realizzare pienamente le potenzialità dell’atleta.
Non solo, un adeguato lavoro di forza è stato dimostrato anche a prevenire gli infortuni (Laursen et al 2018).
È comunque da precisare che l’inserimento di mezzi allenanti finalizzati a queste qualità (soprattutto quelli per la velocità) debba essere effettuato con la massima gradualità, per evitare di andare incontro ad affaticamenti ed infortuni.
Visto che i lavori di forza devono precedere quelli di velocità, è importante scegliere un paio di mezzi allenanti a stagione (in base ai tracciati che si hanno a disposizione), e proseguire con la progressione indicata al fine di non creare sovraccarichi, ma adattamenti continui e progressivi; per questo consiglio di leggere attentamente il paragrafo sulla forza muscolare.
Ultima precisazione molto importante, è il crescente numero di ricerche che sta dimostrando come il potenziamento dei muscoli dei flessori plantari (semplificando i muscoli dei polpacci e dei piedi) possa avere un ruolo fondamentale nel migliorare la tecnica di corsa, la performance e la resistenza alla fatica. In un prossimo articolo ne daremo evidenza anche con un programma d’allenamento specifico.
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Autore dell’articolo: Melli Luca, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960, preparatore atletico AC Sorbolo ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it