Fasi sensibili della tecnica calcistica (prima parte)

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(aggiornato al 11/09/2024)

Scrissi il mio primo articolo su questo argomento più di 13 anni fa, sperando di identificare, in linee guida chiare, come allenare la tecnica in relazione alle categorie d’età; il tutto al fine di facilitare l’apprendimento di questi fondamentali in funzione dello sviluppo del giocatore.

Dopo tanti anni di pratica e di approfondimenti (soprattutto nel ramo delle neuroscienze) mi sono accorto che quell’approccio era errato, in quanto partiva solamente dai presupposti dello sviluppo motorio del giocatore in relazione alla precisione dei gesti.

Infatti, la conoscenza attuale dei processi dell’apprendimento ci permette di formulare allenamenti più efficaci, eliminando la dicotomia metodologica tra tecnica e tattica.

In questo articolo vedremo un breve excursus delle conoscenze emerse in questi ultimi anni, per poi approfondire l’approccio metodologico ideale per allenare la guida della palla, il passaggio/ricezione ed il tiro in porta.

Il tutto verrà esposto senza avere la pretesa di dare la risposta definitiva all’allenamento tecnico, che ovviamente necessita ancora di ulteriori approfondimenti e nuove scoperte.

L’articolo è ovviamente rivolto a tecnici, istruttori, preparatori atletici, studenti di Scienze Motorie e a tutti gli appassionati di calcio interessati all’argomento.

Perché la “vecchia versione” non è realmente efficace

Nel mio primo articolo (13 anni fa) pubblicai la tabella sotto; la compilai cercando di indicare quali elementi dei fondamentali del calcio fossero maggiormente allenanti nelle varie categorie d’età.

Fasi sensibili tecnica calcio

Presi spunto dalle le Fasi sensibili di Martin; per chi non le conoscesse, si tratta delle conclusioni dello studioso tedesco Martin, che nel 1982 stabilì quelle che erano le “fasi sensibili” delle varie Capacità Coordinative e Condizionali, cioè i “momenti” dello sviluppo nei quali queste sono più allenabili.

Ipotizzando l’interazione tra coordinazione e tecnica, ho così voluto organizzare la tabella sopra.

Solo per fare un esempio, tra i 12-13 anni (che coincide teoricamente con la pubertà) avevo “ridotto” l’allenabilità dei gesti di precisione, in quanto tutti sappiamo che l’aumento delle leve corporee e della forza tipica di questo momento della maturazione, possa ridurre temporaneamente la precisione dei gesti.

Non solo, avevo “sintonizzato” l’allenabilità di alcuni gesti come il “passaggio lungo” ed il “tiro da lontano” in concomitanza con l’incremento della forza e della potenza muscolare durante l’età evolutiva.

Infine, avevo introdotto per primi quei fondamentali (tiro e conduzione) che maggiormente vanno incontro all’egocentrismo delle prime fasce d’età.

Malgrado i prerequisiti indicati sopra non siano completamente errati, non rappresentano un quadro completo di quelli che sono i reali presupposti dell’allenamento della tecnica.

Infatti, malgrado il momento dello sviluppo psicofisico sia importante nel delineare le esercitazioni da effettuare, è assolutamente necessario considerare che l’allenamento della tecnica dipende anche:

  • Dal fatto che questa si apprende decisamente meglio in un contesto di gioco.
  • Dal fatto che è necessario anche conoscere gli aspetti pedagogici che regolano l’apprendimento, cioè le motivazioni, il divertimento, la tipologia di feedback, la caratteristica del gruppo, ecc.

Meno, attualmente, si conosce sull’influenza della coordinazione e della multilateralità sulla tecnica; sappiamo con maggiore certezza che un’esperienza più multilaterale (come fare più sport in età evolutiva) predispone a meno infortuni in età giovanile ed adulta (Sugimoto et al 2017Rugg et al 2017).

Sappiamo anche che la specializzazione precoce porta ad una riduzione del massimo potenziale motorio dell’atleta in età adulta (Moesch et al 2011, Barth et al 2022, Post et al 2017).

In ogni modo, chi allena nelle scuole calcio ha ben presente come un giocatore tendenzialmente “più coordinato” apprende meglio i gesti tecnici; la difficoltà sta nel sapere quali stimoli allenanti siano necessari per migliorare il tipo di coordinazione che è alla base dell’apprendimento dei gesti tecnici.

In parole più semplici: “sono convinto che un calciatore più coordinato impari più facilmente la tecnica, ma come posso allenare proficuamente questo tipo di coordinazione?

Nei prossimi capitoli andremo a vedere come le neuroscienze e la pedagogia si uniscono all’auxologia (scienza che si occupa dello studio della crescita di un individuo) per strutturare l’apprendimento della tecnica nel migliore dei modi…o per lo meno, quello che è il mio punto di vista.

Successivamente faremo alcuni esempi su come organizzare l’allenamento della guida della palla, della trasmissione/ricezione e del tiro in porta.

Fattore n° 1: l’applicazione delle neuroscienze nel calcio

L’immagine sotto, presa da una pubblicazione di  Claudio Albertini, sintetizza molto quello che oggi sappiamo sul movimento e i gesti sportivi.

Di fatto, si impara ad eseguire i gesti tecnici correttamente in partita se li si allena in un contesto di situazione il più simile possibile ad essa.

calcio neuroscienze apprendimento

Per chi volesse approfondire ulteriormente, può leggere il nostro post dedicato a specificità e multilateralità nel calcio.

Questo non vale solamente per la precisione dei gesti, ma anche per la velocità con la quale vengono effettuati; infatti, la stabilità (o elasticità) richiesta da movimenti rapidi può richiedere l’intervento di strutture muscolari in maniera diversa rispetto allo stesso movimento svolto più lentamente (Bosch 2022).

Non a caso, una delle frasi che mi è maggiormente rimasta impressa in un webinar con Maurizio Viscidi è stata che il calciatore si allena proficuamente se “ragiona svelto e tocca tante volte la palla”.  Questa frase riassume molto bene quale debba essere il contesto nel quale ci si allena, soprattutto nei settori giovanili, cioè quello di preferire situazioni di gioco (anche per allenare la tecnica) rispetto alle classiche esercitazioni per la tecnica.

Allora i lavori analitici per la tecnica vanno evitati?

Non del tutto!

È evidente che in caso di lacune evidenti o di gesti tecnici che in situazione si effettuano raramente, il lavoro analitico rimane comunque essenziale (M. Viscidi); questo perché la “situazione di gioco” non diventerebbe sufficientemente allenante nel caso in cui sia necessario ripetere più volte un determinato gesto per dare all’organismo la possibilità di “conoscerlo meglio”.

Ad esempio, in un contesto di scuola calcio, la guida della palla con il piede forte è inutile allenarla in maniera analitica, in quanto viene già stimolata in maniera specifica nelle situazioni (partite, mini-partite, 1c1, giochi a tema, ecc.). Nei primissimi anni, sono molto più efficaci quei giochi (il gioco delle casacche, il gioco dei postini, apro-chiudo le porte, ecc.) in cui quasi ogni giocatore ha la palla, ma ci sono anche difensori/ragni/stregoni che cercano di portargliela via.

Stessa cosa vale per la trasmissione/ricezione di palla rasoterra in un settore giovanile; essendo un gesto molto frequente, si allena meglio in situazioni di gioco con pochi giocatori piuttosto che con la tecnica analitica.

Nell’immagine sotto vedete quelli che sono a mio parere i gesti che invece hanno maggiore necessità di lavoro analitico, oltre che di integrazione in esercitazioni situazionali specifiche; come potete intuire, molte di queste ricorrono in situazioni simili.

Gesti tecnici di allenare in forma analitica

L’errore da non fare, è il creare in allenamento situazioni di gioco con troppi giocatori, che riducono il numero di volte nei quali il giocatore va a contatto con la palla, riducendo lo stimolo di natura tecnica (e non solo).

Non a caso, Horst Wein (uno dei formatori con più autorevolezza in materia) suggerisce di dare la priorità a mini-partite 3vs3 fino ai 9 anni, ma propone anche esercitazioni analitiche orientate a colmare le lacune di natura tecnica che emergono in queste situazioni.

Un esempio pratico (tiro al volo o in acrobazia) 

Ma facciamo ora l’esempio di un gesto tecnico complesso che in partita si verifica meno spesso come il tiro al volo o in acrobazia. Abbiamo visto in un vecchio post come le capacità realizzative siano estremamente importanti, a tal punto che (in alcuni studi) è stato visto come queste caratterizzano principalmente l’esito di un campionato.

Il primo fondamentale per migliorare la tecnica del tiro al volo (o del gol in acrobazia) è la capacità di leggere le traiettorie della palla; senza questo fondamentale (di tipo coordinativo) non è possibile colpire correttamente la palla. Esercitazioni analitiche in cui si effettuano lanci e stop orientati della palla (meglio se in corsa) come questa sono sicuramente le strutture esercitative più adatte a questo scopo; queste possono essere introdotte anche nel riscaldamento.

Una volta migliorata l’abilità di leggere le traiettorie in movimento, si possono inserire esercitazioni di natura situazionali (vedi immagine sotto) organizzate in maniera tale da creare situazioni frequenti in cui il calciatore è servito in area da palloni alti provenienti lateralmente.

Small sided games con sponde

Questo tipo di partite a tema serve proprio per rendere più frequente questo gesto grazie alla possibilità delle “sponde” di giocare e crossare indisturbate. Riporto sotto le ipotetiche regole di base di questa esercitazione, per ricreare queste condizioni “facilitate”.

  • Dimensioni: 35x53m con 6 giocatori interni 2 sponde per squadra (155 m² per giocatore)
  • Tocchi liberi, tranne le sponde che possono essere limitate fino a 2 tocchi per velocizzare il gioco
  • Quando la palla esce e non viene presa immediatamente dalla sponda, rimette in gioco un altro pallone l’allenatore
  • Gol dopo cross/passaggio della sponda vale triplo; oppure vincolare il gol valido solo dopo cross/passaggio della sponda
  • La sponda opposta a quella che fa il cross può entrare in campo temporaneamente per ricevere il cross e segnare
  • Almeno 3-4 giocatori devono essere in area affinchè il gol sia valido

Ovviamente sta alla sensibilità dello staff intuire quali variabili utilizzare in base alle caratteristiche della squadra.

Ma per rendere ancor più realistica l’esercitazione, è necessario successivamente ampliare gli spazi di gioco ed aumentare il ritmo partita. Nell’immagine sotto è possibile vedere un esempio.

Partita a tema con sponde dinamiche

In quest’ultimo contesto, sono inserite diverse regole (vedi sotto) per incrementare il ritmo partita (ed i tratti ad alta velocità) malgrado gli spazi utilizzati non siano elevati (circa 160 m² per giocatore). Questo permette, allo stesso tempo, di coinvolgere più giocatori rispetto ad una situazione con spazi maggiori.

La regola principale prevede di poter passare la palla ad un giocatore che esce a fare la sponda dopo che la propria squadra ha fatto 5-7 passaggi.  Il fatto di utilizzare “sponde dinamiche” (cioè esce il giocatore che in quel momento è più vicino al lato del campo) fa mantenere a tutti un ritmo elevato.

I jolly (che non sono comunque necessari) aiutano a facilitare la costruzione del gioco incrementando la probabilità di finalizzazioni.

  • Dimensioni: 61x42m in un 7c7 con 2 jolly (160 m² per giocatore)
  • Se la palla esce viene rimessa in gioco dall’allenatore
  • Sponde a tocchi limitati (2-3 tocchi) ed eventualmente anche i giocatori (compreso il portiere)
  • Gol dopo cross/passaggio della sponda vale doppio; possibilità anche di vincolare il gol valido solo dopo cross/passaggio della sponda.
  • Tutti i giocatori devono essere nella metacampo offensiva affinchè il gol sia valido (questa variante incrementa il carico fisico).

Anche in questi casi, le varianti da adottare dipendono dalle caratteristiche del gruppo.

Lo step successivo potrebbe essere quello della “partita libera” su uno spazio tra i 180-280 m² per giocatore (a seconda delle annate, categorie e livello d’allenamento) con gol che vale triplo se effettuato dopo cross da fuori area.

In conclusione, da cosa dipende l’apprendimento di un gesto tecnico? 

Un gesto tecnico è appreso tanto più riesco a renderlo efficiente in diverse condizioni di gioco!

Per fare questo è necessario che l’esperienza allenante tenga in considerazione di un’elevata variabilità (cioè riprende il gesto in condizioni diverse), densità (la possibilità di ripeterlo tante volte) e situazionalità (in condizioni simili a quelle di gara)…molti semplificano questo concetto con la frase “ripetere senza ripetere”.

Da qui è possibile comprendere come non esista dicotomia tra tecnica e tattica, ma entrambe queste qualità sono allenate insieme.

Solo in presenza di lacune è consigliabile l’utilizzo di metodi analitici per far conoscere al giocatore il movimento del gesto tecnico; ma “far conoscere” non significa saperlo applicare in contesti di partita fino a quando non verrà riproposto più volte in situazione (vedi progressione esecutiva dell’esempio sopra).

Prima di passare all’aspetto pedagogico, citiamo 2 termini molto usati nel calcio odierno, cioè “complessità” e “vincolo”.

Per complessità si intendono le caratteristiche del gioco del calcio, sempre variabili; il calciatore dovrà quindi essere in grado di effettuare scelte tecnico-tattiche per gestire la complessità nella quale si trova, al fine di raggiungere i propri obiettivi in partita. Per chi volesse approfondire l’argomento, consiglio il libro di Stefano Zerbato e Mattia Rizzo, Calcio e principi. Allenare la complessità del gioco nell’attività di base.

I vincoli invece, non sono altro che quelle caratteristiche dell’esercitazione che la rendono di impegno tale, da indirizzare un apprendimento di natura tattica o tecnica specifica; ad esempio, se in una partita a tema utilizzo il vincolo massimo 3 tocchi, allenerò principalmente la trasmissione/ricezione della palla, la “visione di gioco” ed il gioco collettivo. Se invece utilizzo il vincolo “minimo 3 tocchi” (cioè posso passare la palla o tirare dopo averla toccata almeno 3 volte) faciliterò maggiormente l’apprendimento del controllo/protezione della palla e abilità nell’1c1.

I vincoli permettono quindi di direzionare l’apprendimento verso i fondamentali tecnici e tattici desiderati, ampliando le potenzialità del giocatore.

Secondo Marcus di Bernardo, i vincoli potenziano la creatività del giocatore stimolandolo a trovare soluzioni tecnico-tattiche ai limiti imposti nelle modalità esercitative.

Ovviamente la didattica deve prevedere inizialmente facilitazioni nelle situazioni (in presenza di contesti tecnico-tattici nuovi o particolarmente impegnativi) per poi incrementare gradualmente la complessità anche grazie ai vincoli; è quello che abbiamo visto nell’esempio sopra della realizzazione della didattica del tiro al volo o in acrobazia.

Apprendimento calcio

L’importante è il mantenere il più possibile il processo dell’intenzione (cioè effettuo un gesto tecnico per raggiungere quell’obiettivo di gioco…e non fine a se stesso) in un contesto di complessità.

Fattore n° 2: la pedagogia nell’apprendimento dei gesti tecnici

Il secondo punto, forse spesso trascurato è l’aspetto pedagogico; questo dipende da:

  • Le competenze del tecnico e dello staff, non solo in ambito tecnico, ma anche umane e i valori che rappresentano.
  • L’ambiente che influenza l’apprendimento, inteso come il contesto motivazionale ed emotivo.
  • La metodologia didattica di cui abbiamo già parlato sopra e vedremo successivamente esempi più concreti.

“Gli allenatori bravi parlano poco” 

È una frase detta da Maurizio Viscidi, confermata anche dagli studi sulle neuroscienze di cui trovate un approfondimento in questo bellissimo webinar di Aiace Rusciano.

Questo non significa che l’allenatore deve rimanere forzatamente defilato, ma che si impara soprattutto per esperienza diretta.

Un allenatore troppo pressante rischia di creare un ambiente di nervosismo e scarsa serenità; se si percepisce la presenza di un clima troppo nervoso e poco sereno, è segno che bisogna cambiare qualcosa nella propria gestione emotiva. A tal proposito, consiglio un libro estremamente utile, cioè Intelligenza Emotiva di Daniel Goleman.

Sempre nel webinar di Aiace Rusciano emerge come un atleta sia in grado di dare il massimo quando le onde celebrali sono sintonizzate con frequenza cardiaca e respiratoria; è quindi necessario conoscere l’ambiente che facilita la realizzazione di queste condizioni.

Mi permetto di fare un esempio banale; se mi accorgo di allenare un gruppo di calciatori che litiga spesso, probabilmente l’ambiente che si verrà a creare renderà molto difficoltoso l’apprendimento (e la performance) perché le situazioni fisiologiche (ormonali e nervose) che si troveranno a dover gestire non faciliteranno questo processo.

In un contesto del genere sarebbe quindi poco producente dare la priorità all’apprendimento delle abilità calcistiche, ma sarebbe invece più efficace insegnare loro a “divertirsi giocando a calcio”; sarebbe quindi necessario far apprendere le regole dell’autogestione nelle esercitazioni/giochi effettuati e l’autoarbitraggio nelle partitelle.

Inoltre, i feedback positivi dovrebbero essere orientati prevalentemente verso i comportamenti di correttezza ed altruistici tra compagni, rinforzando questo tipo di atteggiamenti e riducendo la tensione del groppo.

In questo modo si verrebbe ad instaurare un ambiente che nel proseguo della stagione permetterebbe di focalizzare la didattica sulle componenti calcistiche, massimizzando l’apprendimento di queste abilità.

Questo esempio aiuta a capire come considerare la pedagogia dell’apprendimento!

Ma entriamo maggiormente nello specifico e vediamo quali sono gli elementi dell’ambiente che facilitano l’apprendimento.

La motivazione è sicuramente la molla principale che lo favorisce, ma è importante comprendere quali condizioni la stimolino maggiormente.

Sicuramente gli stati emotivi sono le variabili fondamentali, infatti, possiamo dire banalmente che impariamo più facilmente le cose che ci interessano di più.

Tutto ciò che si apprende con gioia rimane per sempre (Giovanni Garofalo).

Questo avviene perché alcuni ormoni e neurotrasmettitori favoriscono i processi di apprendimento; ad esempio, la dopamina viene rilasciata in seguito a stimoli piacevoli ed in presenza di stress non eccessivo. Altro esempio è rappresentato dalle catecolamine (adrenalina e noradrenalina); queste sono rilasciate in situazioni di alta energia, come attività di gioco intenso, facilitando i processi di apprendimento; questo è anche uno dei motivi per cui gli stimoli tecnici devono essere allenati in un contesto di gioco il più possibile simile alla partita per facilitarne al massimo l’apprendimento.

In sostanza, l’ambiente dell’allenamento dovrebbe essere prima di tutto sereno (poco stressante), ma allo stesso tempo dare la possibilità ai giocatori di dar libero sfogo alla propria energia; per la scuola calcio, il gioco rappresenta la forma di attività principale perché ha insita in sé tutte le dinamiche che servono per crescere (divertimento, impegno, cooperazione, accettazione della sconfitta, elaborazione strategie, creatività, ecc.) e va incontro alle necessità dei giovani di esprimersi.

Ma l’importanza di un ambiente sereno e motivante trova le sue fondamenta anche nello sviluppo a lungo termine del giocatore; infatti, malgrado non sia attualmente possibile stabilire precocemente chi diventerà un campione (leggi questo approfondimento) oggi sappiamo che alcune delle differenze principali tra gli atleti d’elitè e gli altri sia il maggior controllo emozionale, tempi di attenzione più lunga, migliore memoria ed un miglior problem solving (Di Bernardo).

Queste sono tutte abilità che si strutturano nelle prime fasi evolutive, in concomitanza con la scuola calcio; è quindi evidente come la gestione emotiva del gruppo giochi un ruolo essenziale nell’apprendimento della tecnica, ma anche nella possibilità che il giocatore realizzi il proprio talento (qualsiasi esso sia).

Per chi volesse approfondire, consiglio il libro di Juan Carlos Mogni (Un mondo di giochi)

Altro aspetto importante è il come viene affrontato l’errore; spesso viene considerato come un parziale fallimento, mentre invece dovrebbe essere visto come una ricchezza che permette di acquisire consapevolezza e capacità di risolvere situazioni (sia da parte dei giocatori che dello staff). È quindi una fase importante dell’apprendimento, ma è importante capire come gestirlo dal punto di vista didattico, cioè facendone comprendere il motivo ma in maniera tale che non insorga la paura di sbagliare limitando le esperienze di gioco.

Tutto sbagliamo, l’importante è essere umili tanto da capire di aver sbagliato ed intelligenti per imparare dai propri sbagli (Maurizio Battistini).

Appare quindi evidente come il feedback positivo abbia una maggior impronta positiva rispetto al “feedback negativo”.

È quindi importante non scoraggiare i tentativi di provare cose nuove da parte dei giocatori; questo ha un’impronta importante sulla loro autostima affinchè si sentano sicuri e sereni di uscire dalla zona di comfort per affrontarla nel migliore dei modi.

Volendo approfondire ancor di più l’argomento, possiamo arrivare anche al concetto di didattica metacognitiva, cioè quel processo didattico che insegna all’atleta a riflettere sui propri percorsi cognitivi e diventare più consapevoli della propria gestione emotiva e dei processi dell’apprendimento (Iriarte C.).  Questo percorso collettivo di interazione tra compagni rappresenta il punto più alto della possibile gestione di un gruppo, che porta all’eccellenza tecnica e tattica (in relazione alle possibilità del gruppo).

apprendimento tecnica calcistica

In parole povere si tratta di un ambiente in cui i giocatori riescono ad apprendere un numero elevato di nozioni interagendo tra loro, e non solo dall’allenatore.

Questo infatti, permette di disperdere meno energie nervose in situazioni inutili, grazie ad una maggiore condivisione dei valori.

Fattore n° 3: il legame tra coordinazione e tecnica 

Malgrado sia un dato di fatto che un giocatore coordinato apprenda più facilmente la tecnica, attualmente non si conosce con precisione quali attività siano ideali per migliorare la coordinazione del calciatore.

Le poche certezze sono che:

  • Una Physical Literacy (alfabetizzazione motoria) variegata aiuta ad adeguarsi più facilmente alle situazioni che il giocatore incontrerà nell’attività calcistica (compresi i gesti tecnici). La Physical Literacy si sviluppa principalmente nei giochi spontanei (tra amici), nelle attività famigliari ed a scuola.
  • Dallo studio di Roca et al 2012 è stato visto come per alcune categorie di giocatori (difensori e centrocampisti difensivi) la variabile più significativa che incideva sui test di anticipazione e di presa di decisione era il tempo passato a giocare liberamente a calcio durante l’infanzia (e non il tempo passato ad allenarsi o in partita).
  • Non solo, esistono sudi che dimostrano come un’attività multilaterale in giovane età riduca il rischio di infortuni in età giovanile ed adulta (Sugimoto et al 2017Rugg et al 2017), e come una “ritardata” specializzazione possa facilitare la crescita del talento (Moesch et al 2011, Barth et al 2022, Post et al 2017).

Non a caso, secondo Horst Wein, i bambini di 5-6 anni dovrebbero praticare attività multilaterali al fine di migliorare la coordinazione ed imparare a gestire l’emotività e l’ambientamento sociale. Solo dai 7 anni dovrebbero entrare nella scuola calcio. Se condivido pienamente questi concetti, sono comunque convinto che si debba continuare a lavorare sulla multilateralità (che abbiamo visto essere la base della coordinazione) per tutta la scuola calcio ed oltre, con mezzi allenanti ovviamente adeguati alle categorie d’età.

Questo tipo di esercitazioni (che sostanzialmente sono le attività ludiche di cui abbiamo parlato nel precedente capitolo) non rappresentano solamente le basi della Physical Literacy, ma contribuiscono allo sviluppo cognitivo, emotivo e sociale…ed abbiamo visto quanto queste siano importanti per l’intero sviluppo del calciatore.

Ad esempio, giochi come il gioco del lupo o il gioco delle casacche (ne vedremo altri nella seconda parte), nei primi anni della scuola calcio, generano entusiasmo, motivazione ed energia a tal punto da favorire veramente la crescita coordinativa.

Ma, come accennato sopra, la scelta delle giuste attività deve partire dalla conoscenza neurofisiologica delle interazioni tra la coordinazione e la tecnica, la tattica e la parte atletica…e probabilmente questa è la parte più difficile, anche perché in bibliografia internazionale non emergono ancora conclusioni dettagliate.

Personalmente, per facilitarmi la didattica, ho suddiviso le capacità coordinative in 3 grandi famiglie, in maniera tale da avere un approccio metodologico più chiaro e sfruttare al meglio il tempo a disposizione.

Capacità coordinative calcio

Di fatto, ho evidenziato come le attività multilaterali influenzassero il senso del movimento (cioè la precisione dei gesti tecnici), l’agilità con la quale il giocatore si muove in campo ed il senso del gioco (cioè le componenti cognitive che aiutano ad effettuare le scelte di gioco nella maniera più efficace). Trovate un approfondimento dettagliato leggendo il nostro articolo dedicato alla coordinazione nel calcio.

Ovviamente ogni attività non influenzerà solamente i 3 gruppi di capacità coordinative indicate sopra (in misura ovviamente diversa), ma anche la crescita emotiva, cognitiva e sociale.

Sommariamente possiamo affermare che lo sviluppo della coordinazione dipende anche dall’età.

  • Di solito nei primissimi anni di scuola calcio, gli schemi motori sono più poveri e tutti i fenomeni d’apprendimento sono più difficili. Di conseguenza sarà assolutamente necessario far leva su motivazione, entusiasmo ed energia per facilitare questo processo.
  • Nella fase pre-puberale, piano piano diventano sempre più coordinati, quindi è possibile effettuare esercitazioni sempre più complesse ed impegnative, ma sempre sottoforma di gioco al fine di mantenere alta la motivazione.
  • Durante la pubertà si può assistere ad una maggiore difficoltà temporanea di controllo dei movimenti (anche nella tecnica) a causa del più rapido aumento della lunghezza delle leve e della forza muscolare…è un po’ come iniziare a guidare una Ferrari dopo esser stati abituati a guidare una 500. In questa fase solitamente si iniziano i primi lavori di rapidità coordinativa, cioè esercizi coordinativi in forma analitica (non ludica) in particolar modo per la corsa del calciatore; affinchè ci possa essere un transfert, queste attività devono essere fatte con il giusto impegno e la giusta difficoltà e variabilità. Anche in questa fase rimangono i lavori ludici, ma a patto che si trovino giochi che siano adeguati all’età, come i derivati da altri sport come dalla pallamano o rugby (vedi esempio).
  • Nella fase post-puberale la lunghezza delle leve corporee e la forza tende a stabilizzarsi, quindi qualsiasi movimento diventa più preciso e coordinato. In questo contesto, non si deve comunque trascurare l’allenamento della coordinazione in quanto i miglioramenti sono possibili fino alla fine della carriera calcistica.

Tecnica calcistica coordinazione

Conoscere come varia l’allenabilità della coordinazione in relazione all’età aiuta a comprendere quali saranno le tappe calcistiche nelle quali il giocatore si potrà trovare in maggiore difficoltà anche nell’apprendere la tecnica calcistica (visti i legami tra tecnica e coordinazione), che solitamente sono i primi anni della scuola calcio e la categoria Giovanissimi.

Conclusioni alla prima parte

In questo articolo abbiamo visto come i processi di maturazione influenzino in minima parte l’allenabilità della tecnica; è fondamentale invece conoscere come la contestualità (intenzione, situazione, velocità, ecc.) determini la facilità ad apprendere i gesti tipici della disciplina.

Allo stesso tempo è anche importante intuire quale tipo di gesti tecnici sono meno stimolati in situazione per strutturare progressioni didattiche (dall’analitico alla situazione) in grado di apprenderli nel migliore dei modi.

Ma la metodologia non è sufficiente se non si crea un ambiente che favorisce la motivazione, la collaborazione e la corretta gestione emotiva (da parte di tutti); tutti questi elementi rientrano nell’ambito pedagogico della didattica.

Infine, anche i processi legati alla maturazione hanno un peso nell’apprendimento della tecnica (non si può chiedere un “cambio di campo” quando ancora non si ha la forza sufficiente per farlo), ma questa non è da vedere solamente come un aspetto legato allo sviluppo fisico, ma anche cognitivo.

Allenamento tecnica calcio

Nel prossimo post vedremo degli esempi molto più chiari legati all’allenamento della guida della palla, alla trasmissione/ricezione ed al tiro.

Se ti è piaciuto l’articolo e vuoi rimanere informato sulle nostre pubblicazioni e aggiornamenti, collegati al nostro canale telegram gratuito dal quale potrai anche scaricare la nostra guida per la didattica.

Autore dell’articolo: Melli Luca, istruttore Scuola Calcio e preparatore atletico A.S.D. MT1960 (melsh76@libero.it) ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto.

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