Come stabilire un’efficace programma di allenamento funzionale

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(Aggiornato al 05/08/2022)

Miglioramento della mobilità articolare, potenziamento muscolare, prevenzione infortuni, sono tutti obiettivi che è possibile raggiungere tramite un utilizzo corretto dell’allenamento funzionale. Nel post odierno cercheremo di far capire come costruire un “percorso” (cioè una progressione di movimenti e variabili) di allenamento funzionale in base al proprio target, definito dallo sport praticato (o dal tipo di riabilitazione desiderata), dalla caratteristica dei soggetti che si allenano e dal tempo a disposizione.

Nella parte finale dell’articolo riporteremo poi l’esempio di alcuni protocolli con particolare riferimento al calcio e alla corsa, con obiettivi riguardanti la prevenzione infortuni, la mobilità dell’anca, la core stability, la forza del calciatore dilettante, ecc

movimenti allenamento funzionale

Nel precedente post abbiamo approfondito la teoria e le motivazioni che ci hanno portato a definire l’efficienza metodologica dell’allenamento funzionale. La naturalità dei movimenti proposti, la ricerca continua dell’equilibrio (statico, dinamico ed in volo), la multiplanarità e la progressione esecutiva sono alcuni dei presupposti teorici che potete approfondire leggendo il precedente articolo. Nell’immagine sopra, potete vedere la suddivisione degli 8 movimenti funzionali proposti dal libro di Alberto Andorlini (il più completo attualmente in circolazione).

Per comodità metodologica ed in base alla mia esperienza, ritengo più semplice utilizzare la suddivisione proposta sotto, accorpando i 3 movimenti che determinano la forza orizzontale (tirare, spingere e ruotare), eliminando gli “spostamenti” (che dipendono prevalentemente dalla programmazione specifica della disciplina, e di conseguenza vanno inseriti nel lavoro specifico) ed inserendo il lavoro per la stiffness. Di conseguenza, i 6 movimenti principali saranno:

allenamento funzionale

  • Core stability da decubito: rappresenta la prima fase, ma allo stesso tempo necessita di mantenimento per evitare che un indebolimento del core, durante la stagione, provochi degli squilibri.
  • Forza orizzontale: insieme dei movimenti di tirare, spingere e ruotare.
  • Squat: ricordiamo che la forza che l’organismo può immettere in questo movimento cala tanto più si è “piegati” e soprattutto se si utilizza l’appoggio monopodalico. Queste considerazioni (già fatte quando abbiamo parlato della corsa in discesa) sono fondamentali per evitare di utilizzare carichi con il bilancere che nel lungo termine possono portare a problemi alla colonna.
  • Stacco: le differenze con lo squat le abbiamo viste nel precedente post. Se, si considera la corsa come un insieme di continue accelerazioni (fase di spinta) e decelerazioni (fase di impatto), è evidente comprendere come lo stacco monopodalico possa essere, dal punto di vista biomeccanico, il movimento di elezione per lo sviluppo della fase di spinta (accelerazione); vedi figura sotto.

spinta corsa

  • Affondo: altro movimento che bene si abbina con i movimenti rotatori (che non abbiamo considerato come una categoria di movimenti “unica”, ma inserita nella Forza orizzontale). Ha la peculiarità di trasmettere forze sia in maniera orizzontale che verticale.
  • Stiffness: non è da considerarsi come un movimento vero e proprio (infatti non rientra nella classificazione di Androlini), ma rappresenta (come i movimenti funzionali) un presupposto essenziale per molte discipline sportive. Senza addentrarci in concetti complessi di biomeccanica, basta considerare come una stiffness adeguata sia in grado permettere di utilizzare al meglio l’elasticità muscolare mentre si corre. Nella figura sotto è presentata un’immagine di 2 soggetti che corrono alla stessa velocità, ma con stiffness diverse (con conseguente diversa componente elastica). È ovvio che il soggetto numero 1 (a pari di altre condizioni) esaurirà precocemente (rispetto al secondo) le proprie riserve energetiche a causa un minor utilizzo delle componenti elastiche.

stiffness

Concludiamo il paragrafo chiarendo la differenza tra la stiffness e il movimento dello squat; lo squat prevede l’estensione di tutte e 3 le articolazioni (anca/ginocchio/caviglia), mentre nella stiffness è particolarmente accentuato il lavoro sulla caviglia e minimizzato il lavoro sul ginocchio ed anche. Ricordiamo che la stiffness è importante tanto più la velocità di corsa è elevata e rettilinea (velocisti/mezzofondisti veloci), ma un adeguato lavoro su questa capacità è in grado di far ottenere miglioramenti anche ai fondisti (corsa su strada) e negli sport di squadra (come vedremo nell’esempio sotto). Allenamenti di elezione per questa qualità sono il salto con la corda, il salto di ostacoli bassi e le esercitazioni di potenziamento funzionale per il tricipite surale.

*ATTENZIONE: le informazioni contenute sul nostro blog sono esclusivamente a scopo informativo, e in nessun caso possono costituire o sostituire parere e prescrizione medica o di un professionista dell’attività sportiva.

COME STABILIRE IL PROGRAMMA DI ALLENAMENTO FUNZIONALE

infografica-percorso

FASE N° 1: DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI

Questi possono essere generali, come il miglioramento dell’atletismo generale dell’atleta; in alcuni casi invece si possono strutturare (all’interno dell’allenamento generale) “percorsi” più specifici; in questo post potete trovare un approfondimento di quelli che possono essere gli obiettivi perseguibili con l’allenamento funzionale.

Ma vediamo alcuni esempi sotto:

  1. Migliorare la mobilità associata alla stabilità articolare per la prevenzione degli infortuni in una squadra di calcio dilettantistica.
  2. Incremento dell’accelerazione per giocatori di calcio.
  3. Lavoro personalizzato per il miglioramento dell’escursione articolare dell’anca, in relazione ai movimenti di estensione per runner e calciatori.
  4. Lavoro personalizzato per il miglioramento della stiffness per il calciatore.

N.B.: in fondo all’articolo, vedrete alcuni esempi di protocolli, riguardanti proprio gli obiettivi indicati sopra.

FASE N° 2: MOVIMENTI DA INGLOBARE

Più generico è l’obiettivo (esempio mobilità articolare + prevenzione infortuni nel calcio) e più movimenti sono da inglobare nel proprio percorso. Allo stesso modo, più l’obiettivo è specifico e maggiori dovranno essere i gradi di difficoltà (ed approfondimento) associati ai (o al) movimenti scelti; ad esempio, un lavoro personalizzato per incrementare l’escursione dell’anca avrà come movimento principale l’affondo, e movimenti secondari la Corse Stability e la Forza orizzontale.

FASE 3: DEFINIRE GRADO DI APPROFONDIMENTO/DIFFICOLTA’ DEI MOVIMENTI

Come detto sopra, dipende dallo sport considerato (calcio, running, basket, ecc.), dal numero di atleti che si allenano (il programma per un singolo runner, può avere un livello di personalizzazione maggiore, rispetto ad una squadra di calcio), dal gruppo che si allena (adulti, giovani, master, ecc.) e dal tempo a disposizione. Quest’ultima, è una variante molto importante, perché definisce lo spazio che può avere l’allenamento funzionale all’interno del tempo di allenamento e di conseguenza il livello difficoltà che può raggiungere il programma.

plank

FASE N° 4: STABILIRE IL PERCORSO DELL’ALLENAMENTO

Si divide il programma in più Step temporali di difficoltà progressiva, che si prefiggono di raggiungere il nostro obiettivo. Obiettivo che può essere anche di carattere generale (prevenzione infortuni, incremento della stiffness, ecc.), e di conseguenza una volta raggiunto, necessita di un regolare mantenimento per il resto della stagione agonistica.

ESEMPI DI PROTOCOLLO

Sotto riportiamo alcuni esempi di come può essere strutturato un programma di allenamento funzionale, basandoci sugli obiettivi elencati in FASE 1.

ESEMPIO N°1: rinforzo del tono addominale in condizioni prima generali e poi specifiche

I muscoli addominali vengono considerati da tantissimi autori (Kelly Starrett, Michael Boyle, Vincenzo Canali) come un “anello debole” delle catene cinetiche, e per questo devono essere rinforzati con anticipo rispetto agli altri gruppi muscolari ed in maniera inizialmente analitica.

Divisi in 3 gruppi principali (retto dell’addome, trasverso ed obliqui) svolgono primariamente l’azione stabilizzatrice, cooperano alla respirazione e (in alcune discipline) permettono i movimenti del busto.

Ma cosa significa azione stabilizzatrice?

Michael Boyle, nel suo libro (attualmente considerato come punto di riferimento dell’allenamento funzionale negli sport) indica come dovrebbero avere funzioni anti-estensorie, anti-rotatorie e anti-flessorie. Mi spiego meglio: questi muscoli, se lavorano in isolamento, sono in grado di flettere (frontalmente e lateralmente) e ruotare il busto, in particolar modo a livello della parte lombare della colonna.

Ma secondo lo stesso autore (e anche secondo Kelly Starrett) la parte lombare della colonna dovrebbe rimanere il più possibile stabile, e tutti i movimenti dovrebbero originare a livello delle anche, delle spalle o tuttalpiù a livello del torace.

Questo perché la stabilità della colonna è un prerequisito essenziale per movimenti efficienti e per ridurre il rischio di infortuni; non ci credete? Provate a guardare la stabilità del tronco di Marcel Jacobs ed Eliud Kipchoge.

quali sono i muscoli addominali
Clicca sull’immagine per ingrandire

Detto questo è evidente il motivo per il quale gli addominali vadano allenati come anti-estensori, anti-flessori (laterali) ed anti-rotatori, cioè come gruppi muscolari in grado opporsi a movimenti eccessivi del tronco (soprattutto dela parte lombare), conferendo quindi “stabilità”; attenzione…non significa “rigidità”, ma il minimizzare i movimenti della colonna al fine di ottenere un gesto motorio efficiente ed armonico grazie all’intervento di anche, spalle e degli arti. In questo modo saranno le articolazioni delle anche e della spalla a essere la “guida” dei movimenti, rispettando quello che è il loro ruolo funzionale.

Gli esercizi da preferire nella prima fase dell’allenamento sono quindi posizioni statiche che mettono in tensione questi muscoli come anti-estensori, anti-rotatori ed anti-flessori (laterali).

Ma attenzione, non trascuriamo il legame che hanno con la funzione respiratoria!

Infatti, la funzione del trasverso dell’addome (cioè quello più “profondo”) è anche quella di assecondare la respirazione; di conseguenza, l’allenamento di questo muscolo deve considerare anche la respirazione. Questo aspetto è estremamente importante, perché se lavoro solo sul retto dell’addome, potrò anche avere la “tartaruga”, ma non riuscirò ad essere stabile durante i movimenti, soprattutto quando vado in affanno respiratorio.

Ma come allenare il trasverso?

In maniera analitica è molto semplice: effettuando un normale plank (durata 45”) si alternano 5” di inspirazioni con il naso a 10” di espirazione veloce e forzata con la bocca; negli ultimi secondi di espirazione forzata sarà evidente la contrazione del trasverso (stringendo “la pancia”) per “buttare fuori” tutta l’aria rimasta. Ovviamente a questo esercizio si deve arrivare gradualmente, imparando prima il plank (arrivando a 45” continui) e la contrazione analitica del trasverso (vedi questo video di Gaetano Rosace).

esercizi per rinforzare muscoli addominali

Bene, una volta fissati i punti fondamentali della prima fase dello sviluppo del tono addominale, possiamo ipotizzare 3 step per un percorso funzionale.

  1. STEP N° 1: utilizzo prevalentemente del plank respiratorio (se si ha già appreso la tecnica indicata sopra), plank laterale e il plank con 1 arto sollevato (alternanza di 1 mano o 1 piede); tutti in forma statica (vedi immagine sopra); chi non riesce, deve partire da una progressione con esercizi più leggeri. Questo primo step può essere considerato lo stesso per la maggior parte degli sport.
  2. STEP N° 2: abbinamento a potenziamento del core (addominali, bacino e torace) e degli arti in maniera funzionale agli sport praticati. Si tratta di utilizzare ed adattare i movimenti funzionali (vedi seconda immagine dell’articolo) in base alla disciplina considerata; un punto in comune tra tutte è l’importanza della capacità di contrazione addominale in concomitanza della capacità di estensione dell’anca (allungamento del retto femorale e dell’ileo-psoas) per evitare l’antiversione del bacino (Canali 2015); vedi immagine sotto.
  3. STEP N°3: correzione ed adattamento del programma in base alla biomeccanica del movimento sport-specifico e delle caratteristiche del soggetto. Senza scendere nei dettagli, è evidente come un runner debba lavorare diversamente rispetto a chi pratica il salto in alto (pensate all’arco dorsale durante il valicamento dell’asticella); quest’ultimo, per evitare di infortunarsi, non deve solamente avere un maggior tono muscolare dell’addome, ma anche un controllo motorio che permette di gestire i movimenti dinamici minimizzando il rischio di problematiche al rachide.

antiversione bacino infortuni

È quindi evidente come siano necessari 2 transfert (quello del passaggio allo STEP N° 2 e quello del passaggio allo STEP N° 3) al fine di migliorare la motricità e ridurre il rischio di infortuni.

Il primo transfert avverrà grazie all’utilizzo di movimenti funzionali (quelli della seconda immagine di questo articolo), all’interno dei quali gli addominali non rappresenterebbero l’anello debole (perché potenziati nello STEP N° 1), mentre il secondo (il più importante) con i movimenti specifici della disciplina in condizioni ottimali grazie a quanto effettuato nello STEP N° 2.

Ad esempio, un runner nello STEP N° 3, sarà in grado di facilitare il transfer con la corsa in salita, le andature di pre-atletica, ecc.

Per chi volesse approfondire come affrontare lo STEP N° 1 (ed in parte il N° 2), consiglio il libro di Michael Boyle, oppure potete trovare nel nostro blog l’esempio dei primi 2 step dedicati alla core stability nella corsa.

ESEMPIO N° 2: il paradosso dell’allenamento funzionale

Più di un “esempio”, questo è un concetto a mio parere importante; come volte ribadito, l’allenamento funzionale prende in considerazione i movimenti e non i singoli muscoli. Possiamo quindi dire che considera le catene cinetiche, cioè l’insieme di muscoli embricati tra di loro, con il connettivo ed altri tessuti, al fine di applicare e direzionare la forza.

Dall’immagine sotto possiamo vedere un esempio di suddivisione (possono esserci variazioni da autore ad autore).

catene cinetiche
Immagine tratta da: https://www.dottordavidemambrin.it/la-posturologia/

All’interno di queste catene esistono comunque gruppi muscolari che vanno più facilmente “in difficoltà”, cioè possono rappresentare l’anello debole della catena.

Ovviamente non in tutti i soggetti hanno dei deficit, ma leggendo testi di diversi autori autorevoli in materi, ho notato come alcuni sono particolarmente ricorrenti (vedi immagine sotto).

Questo è uno dei motivi per il quale i muscoli addominali (vedi l’esempio del precedente capitolo) sono solitamente potenziati precocemente (all’interno della stagione) ed in maniera analitica.

anelli deboli catene cinetiche

Gli altri gruppi muscolari sono i fissatori della scapola, i glutei (soprattutto gli abduttori e rotatori esterni) ed i muscoli responsabili dell’avvolgimento dell’elica podalica.

Secondo Vincenzo Canali anche i posteriori della coscia (quando lavorano da estensori dell’anca) rappresentano un “anello debole”; non a caso è il gruppo muscolare che più facilmente va incontro ad infortuni nel calcio.

Ovviamente il fatto che tutti i muscoli citati sopra possano rappresentare dei punti deboli, non significa che sia così per tutti gli atleti; dipende da soggetto a soggetto.

Di norma, con il passare dell’età, e degli infortuni, è più probabile che queste problematiche possano emergere; queste portano ad incrementare il rischio di infortuni ed a peggiorare quella che è l’efficienza motoria (e di conseguenza la performance). Non necessariamente saranno questi muscoli ad infortunarsi (raramente ci si lesiona ai glutei o agli addominali), ma la loro debolezza può causare infortuni ad altre strutture. Faccio sotto alcune considerazioni, senza la presunzione di essere esaustivo, ma solamente per fare alcuni esempi.

Quando i fissatori della spalla sono deboli, si tende ad accentuare la cifosi dorsale (ad “ingobbirsi”); questo ha come possibile ripercussione la limitazione meccanica degli spazi respiratori. Non solo, nelle discipline in cui la corsa è predominante, l’atleta non riuscirà ad estendere indietro i gomiti, compensando con la rotazione del tronco con relativa perdita di efficienza meccanica; questo perché, come abbiamo visto sopra, il tronco dovrebbe rimanere il più possibile stabile durante la corsa. Questi muscoli tendono particolarmente ad indebolirsi per chi lavora tanto tempo seduto e con l’uso dei cellulari; in questi casi consiglio di effettuare spesso la sequenza di rinforzo della linea mediana.

I glutei ed i rotatori esterni dell’anca sono muscoli fondamentali la cui corretta attivazione consente di evitare il collasso dell’asse trasverso del bacino, che può essere causa di infortuni e scarsa efficienza nella corsa (Michaud 2021); nell’immagine sotto vediamo una delle conseguenze di questa debolezza (Segno di Trendelenburg) ed alcune posizioni tratte dallo Yoga (solo a scopo illustrativo) che possono aiutare a ridurre la problematica.

Segno di Trendelenburg

Altri gruppi muscolari, spesso causa di infortuni e sottoprestazioni (soprattutto per i runner), sono quelli coinvolti nell’avvolgimento dell’elica podalica; la conseguenza più diretta è l’iperpronazione (aggravata anche dall’uso di scarpe eccessivamente protettive mentre si corre), che può dare origine ad infortuni al ginocchio, al tendine d’achille ed ai polpacci…oltre a perdita di elasticità. Per chi vuole approfondire, può leggere il nostro articolo sull’iperpronazione.

Chiudo con i posteriori della coscia; questi sono gruppi muscolari che in discipline con tanti cambi di direzione tendono a diventare più deboli e rigidi rispetto agli anteriori della coscia. Non solo, a causa della dominanza tecnica (soprattutto nel calcio) un emilato tende a diventare più forte e rigido dell’altro, incrementando ulteriormente il rischio di problematiche. Un lavoro adeguato di potenziamento muscolare (un muscolo più “resistente” si lesiona più difficilmente) e di coordinazione, aiuta a ridurre il rischio di lesioni a questi gruppi muscolari (vedi il nostro articolo dedicato alla prevenzione degli infortuni nel calcio).

Come potete notare, le problematiche associate a questi tipi di infortuni possono coinvolgere la forza (la maggior parte delle volte), la mobilità o la coordinazione (in particolar modo la sincronizzazione delle unità motorie).

Per chi volesse approfondire consiglio i testi di Tom Michaud, Michael Boyle, Daniele Vecchioni (per gli appassionati di corsa) e di Luca Russo e coll (per la valutazione posturale).

Per chi opera nell’ambito del calcio (o è appassionato di running) può scaricare gratuitamente le nostre risorse gratuite (dei mini-ebook) iscrivendovi gratuitamente ai nostri canali telegram; in più, riceverete i contenuti esclusivi per i soli iscritti al canale.

EEMPIO N° 3: miglioramento dell’escursione articolare dell’anca, in relazione ai movimenti di estensione per runner e calciatori

L’estensione dell’anca è un aspetto fondamentale, per i runner di alto livello; l’immagine sotto raffigura in allenamento Galen Rupp (3° alla maratona olimpica di Rio de Janeiro) e Mo Farah (Campione Olimpico 5000m e 10000m a Londra e Rio de Janeiro). Nel circolo giallo è evidenziata l’escursione a cui arriva l’anca durante la fase di volo.

farah-rupp

Un’adeguata escursione permette di avere una lunghezza del passo adeguata e di conseguenza un adeguato rapporto tra frequenza ed ampiezza del movimento. In un atleta di alto livello, un deficit a livello di questa articolazione non permetterebbe di sfruttare al massimo le proprie qualità neuromuscolari. In podisti amatori il discorso è diverso, perché le velocità relative alle quali vengono corse le gare permette di compensare (almeno in parte) una ridotta ampiezza del passo con un incremento della frequenza.

messi

Nel calcio, è possibile fare le stesse considerazioni (vedi immagine sopra), soprattutto in virtù del fatto che è più facile (anche a livello dilettantistico) raggiungere velocità elevate e movimenti in cui è richiesta un’elevata articolarità dell’anca (anche a intensità non elevate). Soggetti carenti in questo tipo di movimenti, dovrebbero fare un lavoro mirato per colmare queste lacune, anche perché potrebbero essere frutto di retroazioni che sono causa di infortuni. Un programma di allenamento funzionale specifico per questo obiettivo, dovrebbe includere sia il movimento di affondo (movimento primario) che movimenti in grado di incrementare la forza degli estensori (squat e stacco). Soprattutto il movimento dell’affondo consigliamo di eseguirlo nel primo step nella modalità Statico Dinamica. Questo perché permette di essere maggiormente sicuri (vista la lentezza del movimento, vedi video sotto) di effettuarlo nella maniera più corretta e di stimolare soprattutto le fibre lente.

Negli step successivi, questo movimento potrà essere effettuato a velocità maggiore, ma sempre prestando attenzione alla distanza (massima, compatibilmente con il controllo dell’equilibrio) tra i piedi e al busto eretto. Non ci dileguiamo ulteriormente per non appesantire il post, se comunque avete quesiti potete scrivere un commento in fondo al post o mandarmi una mail.

ESEMPIO N° 4: lavoro personalizzato per il miglioramento della stiffness per il calciatore

Questo protocollo è stato utilizzato per un giocatore di Prima Categoria dotato di una forza muscolare elevata (rispetto alla media della categoria), ma stiffness ridotta. Il giocatore lamentava di percepire come in situazioni in cui veniva richiesta brillantezza muscolare (allunghi, cambi di direzione) si sentisse poco esplosivo lavorando eccessivamente con la parte posteriore delle cosce.

È stato quindi programmato un protocollo personalizzato da effettuare prima del 2° allenamento settimanale (su 3 totali) della durata di 20-25’ circa. Questo prevedeva non solo esercizi per la stiffness, ma anche per la prevenzione degli infortuni al retto femorale, di cui il calciatore ha sofferto in passato.

  1. STEP N° 1: addominali a terra, plank (2 giri bipodalici), squat parallelo (2 serie di 15 ripetizioni non ad esaurimento), stacco ad una gamba (2 serie da 10 ripetizioni non ad esaurimento), sole taps coerver (5×20), multibalzi tra ostacoli bassi a piedi pari (10 ripetizioni di 5 miniostacoli), salti monopodalici destra/sinistra e avanti/indietro tra linea a terra (6×10 totale).
  2. STEP N° 2: come sopra, ma in aggiunta: lavoro statico dinamico per la publagia (2×20” prono e supino; vedi immagine sotto per la posizione prono), multibalzi monopodalici tra ostacoli bassi (6 ripetizioni di 5 miniostacoli).

pubalgia prevenzione

  1. STEP N° 3: come sopra, ma in aggiunta 2-3 ripetizioni corsa balzata a navetta (20+20m) con riferimenti di 2-3 metri per balzo (cinesini a terra); vedi immagine sotto.

N.B.: il terzo step veniva fatto solamente se non era in previsione esercizi di balzi nella seduta di squadra di giornata.

balzata

Il protocollo, secondo le sensazioni del giocatore, ha dato ottimi risultati; in partita si sentiva più brillante e meno affaticato anche nei finale. Unico leggero effetto collaterale è stato che nella parte finale dell’allenamento di squadra del giorno corrispondente al lavoro funzionale, si sentiva molto stanco. Nel periodo di allenamento non si sono riscontrati infortuni.

Conclusioni: l’allenamento funzionale in questione si è rivelato proficuo ed efficace; è comunque un protocollo consigliabile (se somministrato nei settori dilettantistici) solamente per atleti fortemente motivati e dotati di buone capacità di recupero.

ESEMPIO N° 5: core stability per il miglioramento della performance del runners

È stato dimostrato come l’affaticamento a cui vanno incontro i muscoli del core nei finali di gara, porti ad un peggioramento della performance dovuto ad incremento della fatica, ad un peggioramento della tecnica di corsa e della funzione respiratoria. Un adeguato protocollo di allenamento funzionale per il core (e non solo di core stability) è ormai ritenuto efficace a tutti gli effetti per prevenire il calo prestativo dovuto a questi fattori. Di conseguenza, un programma dovrebbe tenere in considerazione non solo la stabilizzazione del core, ma anche l’incremento funzionale delle catene cinetiche responsabili della spinta orizzontale, quali quella posteriore e quella flessoria. Queste catene infatti non subiscono particolari microtraumi come quella estensoria (per semplificare, quella in cui lavorano prevalentemente anteriori della coscia e polpacci), di conseguenza, affaticheranno in maniera minima i muscoli che attutiscono l’impatto con il terreno.

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Riporto sotto i 3 step, che potete trovare in maniera estremamente dettagliata nel nostro post dedicato all’allenamento funzionale del core per i runner.

  • STEP N° 1: sensibilizzazione e potenziamento del retto dell’addome per evitare l’antiversione del bacino in condizioni di affaticamento. In più introduzione dello stacco con kettlebell per migliorare la forza orizzontale
  • STEP N° 2: agli esercizi sopra, vengono aggiunti mezzi allenanti finalizzati al miglioramento delle catene muscolari responsabili dei movimenti rotatori e oscillatori del tronco (plank modificati). In più, viene aggiunto l’Hip thrust monopodalico modificato per incrementare la resistenza muscolare della catena posteriore e di conseguenza la spinta orizzontale e la capacità di andare in salita.
  • STEP N° 3: a quanto fatto sopra, vengono aggiunti asana presi dallo yoga per favorire la mobilità e l’ulteriore stabilità delle catene cinetiche (soprattutto a livello distale), al fine di diminuire la viscosità delle catene cinetiche.

ESEMPIO N° 6: potenziamento muscolare (pausa estiva) per il calciatore dilettante

La pausa estiva è il momento ideale per il calciatore dilettante di dedicarsi al lavoro muscolare, visto che gli affaticamenti tipici di questa attività non si andrebbero a ripercuotere sulle partite settimanali. Un programma effettuato in maniera corretta (se abbinato anche ad un lavoro aerobico), permette di presentarsi ad inizio preparazione in condizioni ideali, riducendo drasticamente il rischio di infortuni ed effettuare questa fase con minore fatica. Durante l’anno sarà poi necessario limitarsi al mantenimento nelle esercitazioni svolte con la squadra o tramite un programma personalizzato.

Ma che caratteristiche deve avere un programma di potenziamento estivo?

La prima è quella di poter essere fatto a casa, con un numero particolarmente limitato di attrezzi e con dei movimenti semplici da effettuare (visto che non si può essere seguiti direttamente); la seconda quella che sia veramente funzionale a quella che è l’attività del calciatore (vedi immagine sotto).

potenziamento dilettanti

Nel nostro post dedicato all’argomento, potete trovare i 2 semplici step per effettuare una corretta preparazione muscolare estiva. Sottolineo la semplicità (dal punto di vista dei movimenti e dei mezzi necessari) del protocollo, affinchè possa essere svolto in completa autonomia da parte del giocatore. Per questo protocollo è sufficiente un kettlebell ed una corda per saltare.

  • STEP N° 1: apprendimento delle tecniche esecutive dei movimenti funzionali più semplici, comunque orientati al miglioramento della resistenza muscolare locale, oltre della mobilità e stabilità articolare.
  • STEP N° 2: incremento della difficoltà dei movimenti grazie alla riduzione del numero di appoggi ed in alcuni casi all’aumento del carico.

ESEMPIO N° 7: iperpronazione e potenziamento elica podalica

Un “cattivo” appoggio del piede è spesso associato a problemi di iperpronazione; questo è spesso causa di infortuni, e non permette all’atleta di esprimere il proprio potenziale.

L’errore da evitare, è quello di concentrarsi solo sulla problematica associata al piede, quando invece è  da valutare l’intero insieme delle catene cinetiche per di capire quale possa essere il rimedio. Altro errore da evitare, è quello di illudersi che con una scarpa con supporti si possa evitare il problema degli infortuni. La necessità di “supporti” o “plantari ortopedici”, dovrebbe essere stabilita da personale medico (ortopedico o fisiatra) e solo in presenza di dismorfismi.

infortuni corsa

Nell’immagine sopra sono raffigurate le origini degli infortuni più comuni; è su queste variabili che un programma di intervento funzionale dovrebbe focalizzarsi, considerando non so lo il “piede” come causa. Nel nostro post dedicato a corsa e pronazione, troverete un programma di base proprio per prevenire gli infortuni associati all’iperpronazione ed alle cause più frequenti di infortuni.

Non trascurare la meccanica della colonna

Una colonna stabile che riesca a mantenere il più possibile la sua posizione naturale durante la pratica sportiva, è un presupposto fondamentale per la performance; per questo motivo, si effettuano gli esercizi funzionali per il core. Ma a volte può essere necessario ricorrere periodicamente alla sequenza di rinforzo ideata da Kelly Starret, proprio per evitare che anelli deboli della catena (addominali, fissatori della scapola, glutei, ecc.) perdano tono compromettendo l’efficienza fisica ed incrementando il rischio di infortuni.  Questo vale in particolar modo per chi ha uno stile di vita (al di fuori della pratica sportiva) sedentario (come un lavoro al PC), o chi passa genericamente tanto tempo seduto. In questi casi, l’utilizzo periodico della sequenza di rinforzo può aiutare notevolmente a mantenere una posizione corretta della colonna, anche durante la pratica sportiva.

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Autore dell’articolo: Melli Luca, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960, preparatore atletico AC Sorbolo ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it

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