Core stability o allenamento funzionale?

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(Aggiornato al 02/08/2022)

L’allenamento funzionale soppianterà le esercitazioni di core stability? Quali connessioni e differenze esistono tra questi 2 approcci? Sono mezzi efficaci per il potenziamento, per la prevenzione o solo per la riabilitazione funzionale? Sono tutte domande a cui daremo risposta in questo post, cercando di essere chiari, ma allo stesso tempo precisi, per dare più informazioni e contenuti possibili ai nostri lettori.

Nel 2012 scrissi un articolo sull’utilità della Core Stability nel calcio; concludemmo il post dicendo che malgrado allora non esistessero un numero di ricerche sufficienti per affermarne l’utilità, il potenziamento della muscolatura del tronco (leggi “core stability”) è comunque consigliata per lo sviluppo armonico dell’atleta.

core stability, allenamento funzionale, calcio

In bibliografia internazionale ormai sono diverse le pubblicazioni che hanno dimostrato come l’allenamento funzionale del core possa portare a miglioramenti dell’efficienza dei movimenti (vedi esempio nella corsa) e ridurre il rischio di infortuni.

Non solo, ormai questo tipo di stimoli è universalmente riconosciuto come efficace anche all’atto pratico (non solo sperimentale); infatti, da un questionario effettuato tra 93 club di calcio professionistici di primo livello di diverse nazioni (per intenderci la Serie A) è emerso che le esercitazioni di core stability sono tra i mezzi allenanti più importanti per la prevenzione infortuni insieme alle esercitazioni eccentriche, quelle per l’equilibrio/stabilità e per la resistenza muscolare locale.

Ovviamente esistono anche studi che non hanno riscontrato benefici, ma è importante considerare che i protocolli utilizzati non sono tutti uguali; è quindi ragionevole concludere come un allenamento funzionale per il core possa essere efficace tanto più:

  • I movimenti utilizzati sono specifici per la disciplina praticata.
  • Vadano a colmare lacune posturali e debolezze
  • L’atleta sia avanti con l’età
  • Siano elevate le richieste neuromuscolari del core nella disciplina pratica (esempio salto in alto)

Di conseguenza, praticamente la totalità degli atleti può beneficiare di questo tipo di protocolli, a patto che siano strutturati correttamente.

Ricordo che non esiste una classificazione universalmente riconosciuta per definire quali muscoli appartengono al “core” (ovviamente non sono solamente gli “addominali”); quella più gettonata, è considerare tutti quelli che hanno almeno un’inserzione sul bacino.

da core a funzionale

A mio parere si dovrebbero includere anche tutti quelli della colonna, ed in alcuni casi anche quelli della spalla.

L’importante è capire quali funzionino da stabilizzatori e quali siano dinamici; ma come districarsi in mezzo a questa complessità?

La risposta è semplice e si chiama “allenamento funzionale”; già perché, fortunatamente, “il nostro sistema nervoso riconosce i movimenti e non i muscoli”, per questo motivo si considerano i muscoli del core parte integrante delle catene cinetiche.

Leggendo il proseguimento di questo articolo vi sarà tutto più chiaro!

COS’E’ L’ALLENAMENTO FUNZIONALE

Prima di darne la definizione, è fondamentale capire come la postura e i movimenti del corpo umano siano determinati da un insieme di diverse linee di forze (di tensione e compressione) in varie direzioni; l’equilibrio e l’azione motoria sono quindi determinate dagli effetti e interazioni di catene dinamiche che coinvolgono tutto l’organismo (sotto è possibile vedere un’immagine esemplificativa tratta dal sito http://www.dottordavidemambrin.it/posturologia/).

catene
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Di conseguenza è possibile comprendere come l’allenamento motorio (soprattutto quello di natura muscolare e preventiva) debba coinvolgere in maniera globale (cioè funzionale) l’insieme delle catene muscolari che determinano il movimento e non essere effettuato in maniera isolata.

DEFINIZIONE ALLENAMENTO FUNZIONALE

Alla luce di quanto detto sopra e di quanto scritto nel libro di Alberto Andorlini possiamo definirlo come

come un insieme di movimenti naturali (che coinvolgono equilibrio, propriocezione, su tutti i piani del movimento) di difficoltà progressiva che abbiano un obiettivo motorio relativo al miglioramento degli Schemi Motori di Base (correre, lanciare, strisciare, ecc.), della prestazione sportiva e della prevenzione infortuni.

È quindi fondamentale comprendere come non si parli tanto di esercizi, ma di strutture di base (cioè movimenti), la cui progressione esecutiva determina lo stimolo allenante.

A cosa serve quindi l’allenamento funzionale?

Possiamo rispondere brevemente dicendo che serve per la riabilitazione, per la prevenzione e la performance. È utile a tutti (nelle modalità definite dagli obiettivi), dall’atleta professionista, all’anziano che vuole fare “ginnastica” per migliorare l’equilibrio ed evitare le cadute.

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Nell’immagine sopra potete vedere i contesti in cui è essenziale ed efficace l’inserimento dell’allenamento funzionale; per approfondire, potete leggere il nostro articolo dedicato a Performance, prevenzione e riabilitazione.

COMPRENDERE IL MOVIMENTO PER COMPRENDERE L’ALLENAMENTO FUNZIONALE

La maggior parte dei gesti atletici o quotidiani sono l’unione di movimenti angolari (orizzontali, verticali, ecc.) e rotatori. Ogni muscolo non ha solo il compito di allungarsi e accorciarsi, ma assiste, anticipa, ritarda, stabilizza, accelera, decelera in un rapporto sinergico e antagonista con gli altri muscoli nel tempo e nello spazio….per questo bisogna parlare di allenare il movimento! Quindi, il cervello riconosce il movimento e non i muscoli (perché la struttura del corpo, riflette la funzione). Per questo motivo, parliamo di catene cinetiche (dette anche catene dinamiche o semplificando, catene muscolari) che non sono altro che l’insieme di muscoli, articolazioni, fasce connettivali, ecc che permette di generare e trasmettere forze in sinergia con le altre catene. Ogni catena (seppur interagendo con le altre) la si può ritenere responsabile di una serie di movimenti/azioni, come piegarsi, estendersi, ruotare, ecc. Ovviamente esistono diverse classificazioni (dipende dall’autore che si considera); sotto sono raffigurate le catene crociate di Bousquet (immagine tratta dal sito Posturafacile).

catene cinetiche

REALIZZAZIONE DI UNA PROGRESSIONE ALLENANTE TRAMITE L’ALLENAMENTO FUNZIONALE

Finalmente ci stiamo avvicinando alla componente pratica/realizzativa di questo post; prima di scendere nella programmazione dell’allenamento, cerchiamo di inquadrare dal punto di vista metodologico l’allenamento funzionale. Infatti lo si può trovare in un percorso riabilitativo dopo un’operazione (ad esempio al crociato), in un protocollo di prevenzione per le cadute degli anziani, nel riscaldamento per il runner o il calciatore, o ancor meglio per il potenziamento muscolare finalizzato all’incremento della velocità del tiro in porta. A mio parere si possono assumere questi 3 paradigmi:

  • L’allenamento funzionale ha lo scopo di “sostenere” l’apparato locomotorio (catene) in termini di forza, mobilità, attivazione neuromuscolare e propriocezione/equilibrio. Questo sostegno deve comunque avere un elevato livello di specificità tale da poter avere un trasfert utile nella disciplina praticata (vedi un esempio riferito ai movimenti difensivi). Di conseguenza, L’utilizzo di movimenti “molto semplici” come lo squat, deve prevedere poi un livello di trasformazione (tramite esercitazioni Speciali e Specifiche) verso il gesto specifico della disciplina. Ne abbiamo parlato anche nel post dedicato alla preparazione atletica di Ranieri al Leicester in relazione all’utilizzo del Nordic Hamstring.
  • Maggiore è il livello atletico e la libertà di movimento richiesta e maggiore deve essere il tempo dedicato all’allenamento funzionale. Ne deriva che in sport con cambi di direzione (vedi calcio), l’allenamento funzionale deve avare più risalto rispetto a discipline come il ciclismo (in cui la libertà di movimento è limitata). Allo stesso tempo (parlando dello stesso sport), chi si allena a livello professionistico (giornalmente) nel ha più bisogno rispetto a chi si allena 2 volte a settimana.
  • Un indebolimento di uno o più “anelli” della catena (muscoli, fasce connettivali ,ecc.) crea i presupposti per infortuni, soprattutto da sovraccarico. Lo stesso rischio (in questo caso perché alcuni “anelli” tenderebbero a diventare troppo forti rispetto ad altri) avviene se il potenziamento muscolare viene fatto con le macchine, piuttosto che con i pesi liberi o a corpo naturale. Potete trovare un approfondimento di questo importante argomento a fine articolo.

METODOLOGIA D’ALLENAMENTO

Un programma di allenamento funzionale rappresenta un percorso, lungo il quale la difficoltà, intensità e mantenimento delle qualità allenate permette all’atleta di migliorarsi continuamente lungo il suo periodo di allenamento o, in altri casi come nel calcio, mantenere il proprio livello atletico elevato senza incorrere in infortuni. Ogni esercizio è da considerare nel percorso e non fine a se stesso; va da se che per alcuni soggetti un determinato movimento può essere il punto di arrivo e per altri il punto di transito. Inoltre lo stesso movimento, ma con caratteristiche diverse (come i tempi di esecuzione), può avere impronte allenanti diverse e per questo inserito in percorsi in momenti diversi.

L’osservazione dello sport in cui si inserisce l’allenamento funzionale è fondamentale per chiarire quali movimenti e in quali modalità utilizzarli. Ma veniamo ora finalmente a scoprire quali sono i movimenti utilizzabili (con alcune semplificazioni metodologiche) per l’allenamento funzionale:

  • Movimenti da decubito: prevedono sia posizioni statiche (plank), che dinamiche (piegamenti sulle braccia), che spostamenti (rotolarsi, gattonare, ecc.). Sono i classici esercizi della Core Stability, che rappresentano solitamente la fase iniziale del percorso metodologico.
  • Accovacciarsi (squat): lo squat ovviamente rappresenta l’esercizio di base di questo movimento, che permette l’estensione delle 3 articolazioni che si prepongono di “vincere” la gravità (caviglia/ginocchia/anche); sono necessarie poi ulteriori varianti (sopratutto di natura monopodalica) per rendere il protocollo il più specifico per gli sport “terrestri”.

Estensione articolazioni

  • Tirare: probabilmente rappresenta uno dei movimenti funzionali che al pari di quello successivo (Spingere) permette di sviluppare la Forza orizzontale, cioè la capacità non solo di “spostare” qualcosa, ma anche di opporsi/vincere una forza esterna (vedi contrasto), oppure accelerare/decelerare. Fondamentalmente, l’uomo si posta orizzontalmente sul terreno, e quindi l’applicazione di questa direzione di forza è fondamentale non solo in sport di lotta (tipo greco-romana, judo, ecc), in sport di squadra ad alta componente di contatto (rugby) o a componente di contatto modesta (calcio, basket, ecc.), ma anche quando vengono richieste componenti di rapidità e velocità.

tirare spingere

  • Spingere: l’aspetto metodologico è da considerare al pari di quello sopra; è evidente che è necessario considerare entrambi i movimenti per coprire (insieme alle componenti diagonali) tutti i 360° (vedi figura sopra). Nell’articolo dedicato al Leicester di Ranieri (vedi ultimi paragrafi), abbiamo elencato alcune esercitazioni possibili per allenare la Forza orizzontale.
  • Piegarsi (stacco): lo stacco rappresenta il movimento di base di questa categoria; a differenza dello squat, l’articolazione dell’anca esegue un maggior lavoro e una maggior escursione articolare. Lo possiamo identificare come il movimento di elezione per “raccogliere/sollevare” da terra qualcosa o l’anello di congiunzione tra la forza verticale (Squat) e quella orizzontale (Spingere). Oltre allo stacco, per motivi didattici possiamo annoverare tra questo tipi di movimenti anche il nordic hamstring, particolarmente utilizzato nel calcio per la prevenzione degli infortuni ai posteriori della coscia.
  • Allungarsi in affondo: il movimento dell’affondo si sta rivelando sempre più fondamentale come esercizio che rappresenta l’anello di congiunzione tra il potenziamento del core (core stability) e la stabilizzazione dell’equilibrio nella corsa (nelle varie direzioni); non solo, come vedremo di seguito, acquisisce importanza nello sviluppo della mobilità attiva dell’anca. Affinchè questo sia possibile, è necessario sfruttare tutte le varianti possibili di questo movimento, sfruttando non solo gli appoggi a 360°, ma anche le torsioni e la combinazione con i movimenti degli arti superiori.
  • Girarsi: se tempo fà la cura dei movimenti di rotazionetorsione/rotazione era peculiarità di alcune discipline come la canoa/kayak o il tennis, oggi è lecito comprendere come questi siano fondamentali anche in tutti gli sport terrestri che comprendono la corsa. Nell’immagine a fianco sono rappresentati (a sinistra, omino cilindrico stilizzato, tratto dalla ricerca di Pontezer e coll 2009) le rotazioni contemporanee e complementari di testa/spalle/bacino/braccio durante la locomozione. Nella parte di destra dell’immagine, è rappresentata una foto più chiara, con le rotazioni di spalle e bacino. È logico immaginare che in discipline in cui si sviluppa maggiore potenza (calcio, basket, ecc) rispetto al running, l’intensità di questi movimenti sia particolarmente elevata. Sottolineiamo che a livello metodologico, questo tipo di movimenti è abbinato solitamente a quelli da decubito (core stability) sfruttando la gravità o agli affondi con l’utilizzo di carrucole o elastici.
  • Spostarsi: sono inclusi nei movimenti funzionali anche tutte le locomozioni (correre, camminare, nuotare, ecc.) che rappresentano un elevato livello di specificità allenante. Proprio per questo motivo, non consiglio di includerli nel percorso dell’allenamento funzionale, ma di quello tecnico/condizionale specifico della propria disciplina (come può essere per i movimenti specifici della difesa).

Movimenti Allenamento Funzionale

Allora qual è il legame tra la Core Stability e l’allenamento funzionale?

Finalmente arriviamo alla risposta della domanda del titolo: per “Core” intendiamo quelle strutture anatomiche in grado di stabilizzare il tronco e allo stesso tempo di trasmettere e dissipare le forze tra la parte superiore ed inferiore. Funzionalmente si può definire come un incrocio funzionale delle catene cinetiche che permettono che un determinato movimento diventi “naturale”, cioè sfrutti tutte le potenzialità motorie del corpo per avere il massimo rendimento con il minimo sforzo (economia e precisione dei movimenti). Per chi volesse apporfondire, consiglio sempre il Libro di Alberto Andorlini, che su questo aspetto è particolarmente dettagliato. Quindi (venendo finalmente alla risposta alla nostra domanda),

le esercitazioni di core stability rappresentano la prima fase (o primo step) del “percorso” dell’allenamento funzionale.

VARIABILI ESECUTIVE

Le variabili esecutive sono quelle che determinano la progressione della difficoltà di un movimento; queste sono:

  • Passaggio dall’orizzontalità alla verticalità: riducendo il numero di appoggi si passa con naturalezza agli esercizi per la core stability a quelli successivi. Ricordiamo che come allenamento funzionale, si può prevedere anche l’utilizzo di piccoli attrezzi come fit-ball, ceppi Bauman, ecc.
  • La riduzione degli appoggi (dalla situazione bi-podalica a mono-podalica) rappresenta uno step successivo in particolar modo per sviluppare l’equilibrio e la propriocezione. Ricordiamo inoltre, che il movimento svolto con lo stesso carico, ma con appoggio mono-podalico, richiede anche un intervento di forza superiore rispetto al bi-podalico.
  • Da movimento assiale a movimento planare: è la classica progressione esecutiva in cui si esegue un movimento da una sola direzione (esempio affondo frontale) ad un movimento a più direzioni e/o con rotazioni (affondi laterali e/o con torsioni).
  • Riduzione tempo di esecuzione: riducendo il tempo di esecuzione di un movimento si incrementa l’intensità (velocità) del movimento. È ovvio che tutti i movimenti vanno prima appresi ad una velocità sufficientemente lenta per stabilizzarne la precisione/equilibrio/stabilità. Man mano che si incrementa l’abilità nell’eseguire il movimento si riduce il tempo, incrementandone di conseguenza l’intensità.
  • Da esercitazioni sul posto a esercitazioni in locomozione: rappresentano la normale evoluzione dal lavoro funzionale a quello tecnico/specifico.

Considerando il quinto punto come l’aspetto che può variare da disciplina a disciplina, i primi 4 punti rappresentano la progressione esecutiva di ogni movimento dell’allenamento funzionale.

VARIABILI ESECUTIVE

ATTREZZI

Il peso corporeo rappresenta sicuramente il “primo carico” da utilizzare nel percorso funzionale, ma l’utilizzo di attrezzi (che categorizziamo sotto) contribuisce a variare o specializzare lo stimolo allenante. Importante è che questi attrezzi arricchiscano il numero di stimoli allenanti senza limitare i gradi di movimento (vedi figura)!

Appoggio/propriocettività: sono quegli attrezzi che rendono più difficile l’appoggio, minandone la stabilità. Tra questi ricordiamo la fit-ball, il bosu, la pedana propriocettiva, asse di equilibrio, trave, ecc

Pesi con diversi gradi di instabilità: servono per incrementare il numero di fibre muscolari per ogni dato movimento; appartengono a questa famigli i manubri, i kettlebell, le palle mediche, i bilanceri, ecc. L’utilizzo di quelli con maggiore instabilità contribuiscono a stimolare in maniera importante l’equilibrio; tra questi ricordiamo la fluiball e la sand-bag.

Direzionali: sono strumenti che di solito permettono di lavorare sulle componenti orizzontali del movimento come elastici, TRX, snodi, opposizione del compagno, isoenerziale con carrucole, ecc.

Attrezzi da sospensione: tra quelli che fanno parte della famiglia dei Grandi Attrezzi ricordiamo soprattutto la sbarra, le parallele, la spalliera, la pertica, la fune, ecc. Sono strumenti solitamente utilizzati per lo sviluppo degli arti superiori

N.B.: non abbiamo inserito strumenti come coni, ostacoli, box jump, ecc. perché lo consideriamo parte del percorso più specifico di ogni disciplina.

APPROFONDIMENTO: RUNNING, CORE STABILITY E PERFORMANCE

Diverse ricerche hanno dimostrato come nei finali di gara i muscoli del “core” vadano incontro ad affaticamento, con ripercussioni negative nei confronti della tecnica di corsa, della funzione respiratoria e della performance. Di conseguenza, per ottimizzare la performance del runner si rende necessaria la realizzazione di protocolli che non considerino solamente la core stability, ma anche tutte le catene cinetiche; questo perché dal “core” passano tutte le catene responsabili del movimento. È quindi giusto parlare di allenamento funzionale del core, invece di settorializzare il tutto a livello del core.  Infatti, oltre a ricercare tono e stabilità dei muscoli del tronco, si lavorerà anche sulle catene posteriori e flessorie, responsabili della spinta orizzontale della corsa. Per approfondire l’argomento, ti invito a leggere il nostro articolo dedicato all’allenamento funzionale del core.

APPROFONDIMENTO: SEQUENZA DI RINFORZO DELLA COLONNA

La meccanica della colonna vertebrale prevede di mantenere il più possibile questa in posizione naturale durante la pratica sportiva. Uno stile di vita extrasportivo eccessivamente sedentario (come un atleta che sta 8 ore al giorno ad una scrivania) può causare una perdita di tono muscolare degli “anelli deboli” della catena, come sono gli addominali, glutei, fissatori della scapola e muscoli dell’avvolgimento dell’elica plantare.

La conseguenza può essere quella di avere una colonna meno stabile ed efficiente durante l’attività sportiva, con la conseguente perdita di efficienza dei gesti motori ed incremento del rischio di infortuni.

conseguenza stile di vita sedentario
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L’allenamento funzionale per la core stability può sicuramente aiutare, ma effettuare periodicamente la sequenza di rinforzo è sicuramente lo “snack motorio” che più di altri può facilitare il mantenimento dell’efficienza della meccanica della colonna. Potete approfondire l’intera sequenza leggendo l’articolo specifico.

Prima di passare alle conclusioni, ne approfitto di quanto espresso in questo capitolo per fare una dovuta precisazione; abbiamo visto il concetto di “anello debole”, cioè “anelli” (muscoli) della catena che, se ipotonici, possono influenzare negativamente il funzionamento dell’intera catena e di conseguenza

Dall’immagine sopra è possibile notare come 3 di questi gruppi muscolari sono localizzati nel core (glutei, fissatori della scapola ed addominali) ed uno a livello del piede; di conseguenza, è possibile ipotizzare come questi possano (in base alle caratteristiche dell’atleta) necessitare di maggiore attenzione e lavoro dedicato.

Anche questo concetto lo vedremo meglio nel prossimo articolo.

Conclusioni e consigli pratici per approfondire

Speriamo, con questo post, di aver approfondito in maniera stimolante e chiara tutto quello che ruota intorno alla teoria dell’allenamento funzionale. Quello che manca ora è il passaggio all’azione, cioè il come stabilire un efficace programma di allenamento funzionale adeguato al proprio gruppo e alla disciplina considerata. Potete trovare le indicazioni a questo post.

Per chi invece volesse approfondire ulteriormente l’applicazione del movimento funzionale nel calcio (in relazione alla performance ed alla prevenzione infortuni), consigliamo il corso Catene miofasciali ed allenamento. In questo corso di 65 minuti. l’autore (Marco Giovannelli) condensa le nozioni teoriche per poi passare all’applicazione partica, fino all’impostazione della seduta d’allenamento; un webinar particolarmente interessante, in particolar modo per chi opera negli sport di squadra, e nel calcio in particolare.

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Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico AC Sorbolo, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it

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