Quando le proteine sono troppe

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Un apporto di proteine giornaliero superiore alle dosi raccomandate fa parte delle linee guida diversi tipi di diete famose (Duca, Atkins, Paleo, ecc.) ed è un’abitudine in alcuni ambiti del bodybuilding. Ma ciò è veramente dannoso per la salute? Oltre quale soglia di apporto proteico giornaliero si verificano gli effetti collaterali?

Come prima cosa, è importante definire cosa si intende per regime iperproteico; infatti purtroppo non esiste in letteratura scientifica un indice che specifichi quali sono le condizioni per poterlo definire tale. A mio parere, quando il modello alimentare considerato, raccomanda una dose proteica giornaliera superiore a quella raccomandata, allora può essere considerato iperproteico! Sotto riportiamo le dosi raccomandate, estrapolate dal nostro articolo sul fabbisogno proteico.

Facciamo un semplice esempio; se per un atleta che pratica sport di endurance sono consigliati 1.2-2 g/Kg di proteine al giorno, un apporto superiore a 2 g/Kg è da considerare come regime iperproteico. Cerchiamo ora di comprendere la diatriba tra chi sostiene che un regime iperproteico è dannoso per la salute e chi invece dice che non lo è; specifico che non considereremo il regime alimentare in toto (dieta Ducan, Atkins, Paleo, ecc.), ma solo l’aspetto riferito all’apporto di proteine. Per leggere quali sono le condizioni di una dieta ideale, potete leggere il nostro post dedicato.

DIETE IPERPROTEICHE E CONSEGUENZE PER LA SALUTE

Malgrado sia un argomento molto importante e di attualità, sono veramente pochi gli studi sperimentali che possono dare risposte definitive. I detrattori del regime iperproteico indicano come tanti studi abbiano dimostrato correlazione tra questo tipo di regime alimentare e diversi rischi per la salute; in particolar modo la review di Delimaris 2013 fornisce un elenco molto dettagliato sull’argomento.

Nella figura a sopra, sono rappresentati gli effetti sulla salute che emergono dalla review (che è una revisione dei dati presenti in letteratura scientifica) dell’autore. In particolar modo, sono i primi 2 punti ad essere quelli con il maggior numero di ricerche scientifiche a supporto. Per quanto riguarda gli altri 3, la correlazione tra queste problematiche e l’apporto proteico è presente quando è largamente predominante l’utilizzo di carne rossa, in particolar modo lavorata.

Chi invece “difende” i regimi iperproteici, sottolinea come l’insieme delle ricerche considerate, siano prevalentemente Studi osservazionali e non Sperimentali. In parole più semplici, sono studi in cui le variabili che possono incidere sul risultato finale della ricerca sono diverse; ad esempio, spesso una dieta ipeproteica è accompagnata anche ad un regime alimentare ipercalorico, e di conseguenza alcuni ipotizzano come i problemi di natura cardiovascolare siano dovuti alle calorie eccessive (che inducono sovrappeso ed obesità) e non alle proteine. Allo stesso modo, diversi regimi iperproteici in alcune parti del mondo (soprattutto begli USA) sono supportati da un consumo di carni rosse lavorate, che abbiamo già visto essere considerato cancerogene. Le stesse complicazioni a fegato e reni, sono state riscontrate in soggetti che avevano già problematiche di questo tipo. A conclusione di tutto questo, nella guida dell’EFSA del 2015 (Autorità Europea Sicurezza dei Cibi) a pagina 31 è riportato come introiti fino a 3-4 volte la dose raccomandata per i sedentari (0.83 g/Kg al giorno) non hanno riscontrato apparenti effetti avversi o benefici.

A questo punto, a chi dare effettivamente ragione? Chi mette in guardia dai rischi di diete iperproteiche o a chi minimizza i danni di questi regimi alimentari? Prima di pronunciarci, cerchiamo di approfondire in maniera semplice e comprensibile a tutti, i motivi che stanno alla base dei rischi di una dieta troppo ricca di proteine.

La maggior parte degli aminoacidi ingeriti con la dieta hanno come destino la sintesi proteica o la sintesi di altri composti come neurotrasmettitori, ormoni, ecc (vedi immagine sopra). Una parte minore (intorno al 15%), diventa fonte energetica (analogamente a grassi e carboidrati) “ricaricando” l’ATP. Affinchè gli amminoacidi possano essere utilizzati a scopo energetico, è fondamentale che venga utilizzato solo lo scheletro carbonioso, cioè venga “staccato” il gruppo amminico (vedi riquadro rosso nell’immagine sopra). A seconda della caratteristica dell’amminoacido, lo scheletro carbonioso (detto alfa-chetoacido) può avere 2 destini cioè quello glucogenetico (diventando glucosio o entrando nel metabolismo dei carboidrati, fornendo energia) o quello chetogenetico (cioè formare corpi chetonici, che sono di derivati dei lipidi).

Semplificando, le condizioni fisiologiche principali nelle quali gli aminoacidi sono portati a diventare alfa-chetoacidi (cioè a seguire le vie glucogenetiche o chetogenetiche), sono 2: carenza di glucosio o eccesso di aminoacidi nell’organismo (dieta iperproteica). La prima condizione si verifica prevalentemente in caso di digiuno protratto per lungo periodo o di attività fisica particolarmente prolungata. Sono fondamentalmente casi in cui la carenza di glucosio induce l’organismo ad utilizzare anche gli alfa-chetoacidi come fonte energetica (ottenuti dalla dieta o dal catabolismo delle proteine corporee), condizioni che rappresentano l’eccezione e non la regola. Per chi fa sport, l’utilizzo degli aminoacidi a scopo glucogenetico durante la pratica di gare di endurance molto lunghe è più frequente, come avviene per maratoneti e ciclisti; proprio per evitare di andare incontro ad un catabolismo proteico eccessivo in gara, si ricorre all’integrazione di carboidrati durante le competizioni della durata superiore all’ora. Questa è comunque una condizione transitoria, che termina con lo sforzo e non apporta danni alla salute.

La via chetogenetica invece viene particolarmente attivata quando c’è un eccesso di aminoacidi nell’organismo (dieta iperproteica); infatti gli aminoacidi (contrariamente a carboidrati e lipidi) non possono essere immagazzinati, e di conseguenza vengono trasformati in alfa-chetoacidi per entrare nel metabolismo del glucosio o dei corpi chetonici. Gli aminoacidi chetogenici vengono trasformati in corpi chetonici; non a caso le diete iperproteiche, vengono anche definite chetogeniche. L’accumulo eccessivo di corpi chetonici e le conseguenti problematiche che possono insorgere, sono la conseguenza di 2 fenomeni biochimici: l’accumulo di corpi chetonici e la necessità di smaltimento ammoniaca (dovuta alla deaminazione degli aminoacidi). Ovviamente l’organismo è in grado di tollerare e metabolizzare questi intermedi metabolici, ma fino ad una certa soglia. Ma vediamo sotto nel dettaglio queste 2 condizioni.

  • Chetosi ed acidosi metabolica: la produzione di una quantità elevata di corpi chetonici, porta ad un accumulo (perché solo una parte viene utilizzata a scopo energetico) con un conseguente abbassamento del ph fino a condizioni (in casi estremi) di acidosi metabolica. Inoltre, la necessità di smaltimento attraverso i reni e l’urina di questi intermedi metabolici, può portare anche a disidratazione.
  • Deaminazione degli aminoacidi ed eliminazione ammoniaca: come abbiamo visto sopra, l’eliminazione del gruppo amminico (ammoniaca) è un fattore fondamentale per entrare nella via chetogenetica o glucogenetica; siccome l’ammoniaca in forma libera è tossica, viene legata con altre molecole (per evitarne la tossicità) che successivamente vengono rilasciate nel sangue. Se lo ione ammonio non è necessario per altre vie metaboliche, le molecole che lo trasportano (come glutammina ed alanina) vengono captate dal fegato. Nel fegato, entrano nel ciclo dell’urea per produrre urea che, una volta uscita dal fegato, verrà caprata dai reni per essere eliminata nell’urina.

Questi processi metabolici di eliminazione dell’ammoniaca sono fondamentali per evitare che questa permanga nell’organismo, in quanto potrebbe alterare il ph cellulare o modificare l’equilibrio di alcune vie metaboliche. È corretto ipotizzare che tutti questi passaggi necessari per l’eliminazione dell’ammoniaca, se sollecitati in maniera massiva a lungo termine (vedi dieta iperproteica protratta per molto tempo), possono portare a sofferenza degli organi maggiormente coinvolti in questo processo, cioè fegato e reni.

CONCLUSIONI

Attualmente non si conosce a livello sperimentale quali possano essere le dirette conseguenze di una dieta troppo ricca di proteine, visto che la “moda” di questa tipologia di diete è particolarmente recente, e servono diversi anni per avere una robusta evidenza scientifica sull’argomento. Il buon senso implica comunque, che quando si parla della propria salute, deve valere il principio di precauzione; cioè, se le linee guida indicano di non andare al di là una certa soglia di introito proteico, perché andare oltre? La chetosi (acidosi metabolica), il sovraccarico delle vie metaboliche sottese all’eliminazione dell’ammoniaca e anche una ripartizione dei macronutrienti anomala (che può incidere sulla funzionalità del microbiota), sono tutti elementi che contribuiscono a rinforzare il concetto che una quantità proteica giornaliera che va oltre le linee guida universalmente riconosciute è con tutta probabilità dannosa per la salute!

A questo, va aggiunta la quasi certezza scientifica (vedi review di Delimaris citata sopra) che un eccesso di proteine può portare ad una demineralizzazione ossea e incremento di rischi di calcoli renali. Inoltre molte diete che si discostano particolarmente da quello che è il regime alimentare ottimale, non solo presentano un sovradosaggio proteico, ma hanno un approccio estremo da vari punti di vista (limitato apporto di carboidrati, demonizzazione di alcuni cibi, non considerazione dell’attività fisica, ecc.) che possono indurre carenze nutrizionali, condizioni fisiologiche negative (come l’acidosi metabolica) o sofferenza di organi che con il tempo non possono altro che peggiorare lo stato di salute. In particolar modo, chi soffre di problemi epatici, renali, o altre condizioni fisiologiche correlate al bilancio proteico (anche solo l’assunzione di farmaci), è giusto che si informi dal proprio medico o specialista, quale sia il proprio fabbisogno giornaliero raccomandato di proteine. Stessa cosa vale per tutti coloro che hanno dubbi o necessitano di chiarimenti.

Un’ultima considerazione: è giusto non considerare solo la “quantità”, ma anche la qualità delle proteine! Nel nostro approfondimento, potete trovare quali sono le migliori fonti proteiche.

Andando alla pagina principale dedicata alla nutrizione, potrai trovare l’indice delle nostre risorse su alimentazione ed integrazione.

Autore dell’articolo: Melli Luca (melsh76@libero.it), istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960, preparatore AS Sorbolo e Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto.

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