La valutazione della condizione atletica nel calcio: condizione “necessaria”, ma non “sufficiente” (prima parte)

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Dopo più di 3 anni dal mio primo articolo sulla valutazione atletica del calciatore, mi sono accorto quanto sia grande il gap tra la teoria espressa dal maggior numero delle ricerche scientifiche sull’argomento e l’applicazione pratica nell’allenamento. All’inizio ero convinto che la valutazione atletica del calciatore dovesse passare esclusivamente attraverso l’utilizzo di test approfonditi e validati in ambito scientifico; con l’esperienza (e seguendo anche il blog del prof. Colli) mi sono reso conto che la valutazione del calciatore rappresenta una materia estremamente complessa, che riflette la complessità del gioco stesso. Per questo motivo sono giunto alle seguenti considerazioni (che poi verranno approfondito di seguito):

  • I test nel calcio (come in tutte le discipline sportive) permettono di indagare condizioni di “necessarietà”, ma non di “sufficienza” (lo spiegheremo nel prossimo paragrafo) per comprendere la condizione atletica del calciatore.
  • Occhio+cervello” rappresentano ancora il più importante laboratorio di biomeccanica/fisiologia esistente: in altri termini, la capacità di osservare (ciò che accade in allenamento e in partita) e di elaborare (quello che si vede, oltre all’esito di test e della match analysis) le informazioni che abbiamo, rappresenta il vero fulcro della valutazione, che non potrà mai essere sostituita da un solo indice o numero, in virtù della complessità della prestazione calcistica.
  • La possibilità di valutare la condizione atletica del calciatore tramite test, è direttamente proporzionale alle possibilità economiche della società in cui si lavora (professionisti/dilettanti). Indipendente da questo, i test da preferire sono quelli di “soglia” (non anaerobica, come vedremo in seguito) e “all-out” brevi, con possibilità di analizzare il “come” (dal punto di vista tecnico/biomeccanico) vengono eseguiti questi test. I “test incrementali” sono meno adeguati e i “time trial” sono completamente inadeguati!

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CONDIZIONE DI “NECESSARIETA’” E DI “SUFFICIENZA” NELLA VALUTAZIONE DEL CALCIATORE

Partiamo con lo stabilire il significato di questi termini:

  • Condizione di sufficienza: quando un test (da solo) è in grado di “definire” (indipendentemente da altre variabili) la performance atletica del calciatore o una parte significativa di essa (qualità aerobiche, neuromuscolari o entrambi).

In altre parole, ci si chiede se esiste un test in grado di valutare da solo la condizione atletica specifica (di natura metabolica e/o neuromuscolare) del calciatore. Ovviamente la risposta è NO, perché la prestazione atletica nel calcio è multifattoriale e perché non si è ancora riusciti a determinare scientificamente quanto (in termini percentuali) incida questa sulla partita. Gli stessi dati della match analysis, che da un lato permettono di individuare il modello funzionale del calciatore e di individuare i mezzi di allenamento più adeguati (se basati sulla potenza metabolica e non sulle velocità), sono la risultante di 2 variabili:

1) Le qualità atletiche del giocatore preso in esame.

2) La “domanda” prestativa del match (e del ruolo) che può cambiare da partita a partita in base al contesto tecnico/tattico e al risultato.

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Un esempio di quanto la ricerca scientifica non sempre sia “adeguata” alle esigenze dei preparatori/allenatori è data dal fatto che per molti anni si sono allenate le qualità metaboliche dei calciatori come se fossero dei mezzofondisti, tramite ripetute lineari di diversa lunghezza/intensità; le stesse valutazioni, poi sono state fatte tramite test incrementali di natura lineare, che ovviamente, in risposta a questi stimoli, davano miglioramenti ai risultati dei test. Ma cosa se ne fa di tutto questo se

ormai si conosce che le differenze maggiori (tra atleti di livello diverso) a livello metabolico sono date dal costo energetico nei cambi di direzione (cioè con l’efficienza con la quale un giocatore riesce a cambiare direzione alle varie velocità)?

…..variabile che non è nè allenabile con ripetute, né valutabile tramite test lineare!!!! Inoltre, come può un test incrementale di 8-12’, fornirmi indicazioni sulla tenuta metabolica in una partita di 90’?

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  • Condizione di necessarietà: quando il livello di una determinata variabile è necessaria per giocare a calcio (in una determinata categoria), ma da sola non può indicare la “bontà atletica” del calciatore stesso.

In altre parole, esiste un livello “minimo” di potenza aerobica (vedremo successivamente come valutarlo), per poter giocare, ad esempio, in Eccellenza? A mio parere la risposta è SI (anche se difficile dare un valore di potenza aerobico preciso), e questo valore è necessario per poter giocare in una determinata categoria, ma da solo non è sufficiente per indicare che il giocatore ha tutte le qualità sufficienti per giocare a questo livello. Cerchiamo di esemplificare il concetto in altro modo: non esiste (come nelle discipline di resistenza) un rapporto sempre lineare di dose/risposta tra l’allenamento delle qualità aerobiche e la performance calcistica: cioè, non è che più alleno la potenza aerobica e più diventerò performante in partita!…questo perché la “domanda tecnico/tattica” della partita influenza il movimento dei giocatori….ma è altrettanto vero che se non ho un livello atletico sufficiente, probabilmente non riuscirò a tenere il ritmo partita (tipico del mio ruolo/categoria) o avrò un calo eccessivo nel finale. Concludendo, la Condizione di necessarietà è proprio questo, cioè indicare un livello minimo di una certa qualità atletica (nel prossimo post vedremo quali sono i modi che ritengo più adeguati per valutarla), affinchè il giocatore possa rispondere con efficienza e lucidità tecnico/tattica alla “domanda” della partita. Ovviamente questo “livello” dipende dalla categoria considerata (in Serie A è superiore che in Prima categoria) e dal tempo totale che si ha per allenarsi, ma non è detto che sia un “livello” basso!

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CONCLUSIONI ALLA PRIMA PARTE

Lo studio dell’allenamento atletico nel calcio ha seguito in questi ultimi 20-30 anni degli alti e bassi (in termini di concretezza); in concetto di necessarietà sopra espresso, spero possa dare adeguati spunti di riflessione, partendo dal presupposto che non va preso come “cum grano salis”. Infatti è evidente (in tutte le categorie) che atleti particolarmente dotati di determinate qualità atletiche possano (in alcuni casi) fare la differenza proprio grazie a queste, ma ciò non significa che le qualità atletiche debbano essere allenate “a secco” in maniera talmente estrema da “sacrificare” gli elementi tecnico/tattici! Nella seconda parte, tratteremo l’importanza della capacità di osservazione/elaborazione del preparatore atletico e quali sono, a mio parere, i metodi più adeguati per le valutazioni atletiche del calciatore (soprattutto a livello dilettantistico).

Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico US Povigliese (melsh76@libero.it)

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