Proseguiamo la carrellata di proposte di rapidità dedicate all’allenamento di rifinitura (per i dilettanti) che solitamente si svolge il Venerdì. Come abbiamo nel post dedicato all’allenamento generale, il lavoro atletico a secco di rapidità è ricercato per trovare quelle intensità e parametri di gestione motoria che raramente si trovano nelle esercitazioni con la palla.
Quello che è molto importante (soprattutto a livello dilettantistico) è variare continuamente questi mezzi allenanti, mantenendo però al primo posto l’intensità; intensità che non deve essere esclusivamente neuromuscolare, ma anche coordinativa. In questa direzione è fondamentale non solo la varietà dei mezzi proposti, ma anche ricercare la difficoltà nel gestire il movimento che il calciatore deve affrontare, pur ricercando la massima intensità.
In questo post andremo a vedere 2 mezzi allenanti che in questa direzione ritengo molto interessanti, soprattutto in virtù di quello che i giocatori riportano durante l’esecuzione dei movimenti.
Struttura N° 1
Questa prima struttura esercitativa prevede la corsa a zig-zag in cui i riferimenti non sono dei coni, ma dei cerchi. In questo tipo di strutture, viene richiesto (seppur ad intensità massimale) di rispettare la regola del “piede esterno” durante il cambio di direzione (vedi immagine sotto); questo perché il calciatore tenderebbe spontaneamente a gestire questa fase con il piede forte, con la conseguenza di rinforzare l’arto dominante rispetto a quello controlaterale, incrementando lo squilibrio tra i 2 emilati ed aumentando il rischio di infortuni.
Mi sono comunque accorto, che utilizzando come riferimento dei coni (o dei cinesini), molti non riescono a rispettare appieno questa regola; di conseguenza, per gestire meglio questa situazione ho optato per sostituire i coni con dei cerchi, con il vincolo di effettuare il cambio di direzione inserendo il piede esterno nel cerchio stesso. La prima variante che propongo è quella di utilizzare angoli di 30° con segmenti di circa 4.1m (triangolo con lati di 1m e 4m), estrapolando i dati dal foglio di calcolo del prof Colli; oltre alla richiesta di effettuarlo alla massima velocità e di rispettare il piede del cambio di direzione, non indico altro.
È ovvio che tra un cerchio e l’altro sarà necessario un numero di passi dispari; di solito, una parte dei giocatori inizierà spontaneamente con 3 passi tra ogni cerchio, mentre altri (solitamente quelli meno rapidi e coordinati) con 5.
Infatti, la difficoltà nel fare solo 3 non è data tanto dalla distanza dei cerchi (che è molto modesta), ma dalla complessità nel gestire la coordinazione del passo ad intensità elevate. Dopo qualche ripetizione e dopo qualche incoraggiamento, vedrete che tutti riusciranno con 3 passi. Quello che emerge osservando questa esercitazione è che si riesca ad essere (ripetizione dopo ripetizione) sempre più efficienti nell’eseguire l’esercitazione, e che una maggiore velocità si ottenga solamente da un aumento della frequenza dei passi e non dall’esplosività impressa ad ogni passo.
Gli stessi giocatori indicano come si sentano con il passare delle ripetizioni, più fluidi, impegnando meno forza muscolare; ovviamente non necessariamente è indice che impieghino meno forza muscolare, ma la testimonianza che la utilizzano con più efficienza…cioè diventano più coordinati nell’eseguire quel gesto. Questo credo sia un buon stimolo allenante; solitamente, all’interno di una seduta di rapidità, inserisco questa struttura nella prima parte con 4 ripetizioni, per “svegliare” la coordinazione dei giocatori. Il numero di cambi di direzione va da 6 a 8 per ogni ripetizione.
Variante
Se la variabilità è un fattore fondamentale per incrementare lo stimolo allenante, è ovvio che il mezzo indicato sopra non è da utilizzare tutte le settimane. Una variante interessante è quella di ridurre a 3.1 metri (circa) il segmento (mantenendo sempre 30° l’angolo); le distanze indicate presentano segmenti ridotti, ma gli stessi angoli della struttura precedente.
Saranno “obbligati” sin da subito ad utilizzare 3 passi tra ogni cerchio (perchè 5 sono troppi ed 1 è insufficiente), ma con una frequenza molto elevata, quasi “disagevole” rispetto al mezzo precedente. Infatti, i giocatori riportano di percepire minor fluidità del movimento (perché viene meno il compromesso ottimale tra frequenza ed ampiezza del passo, tipico delle distanze precedenti), testimoniando una difficoltà nel trovare il movimento ”facile”. Ma nel calcio nessun movimento è “facile”, perché viene richiesto continuamente l’aggiustamento alla situazione di gioco, un po’ come viene proprio in questa variante. Anche in questo caso, propongo 4 ripetizioni, non necessariamente lo stesso giorno in cui presento la variante precedente (vedi immagine sotto).
Struttura 2
Questo tipo di struttura a balzi monopodalici potrebbe essere scambiata per un’esercitazione principalmente basata sull’esplosività, ma non lo è.
Come potete vedere dall’immagine sotto, vengono posti diversi cerchi in sequenza; nella sequenza semplice, nella fila di cerchi a destra, i giocatori dovranno appoggiare il piede destro, mentre nella fila di sinistra, il piede sinistro. Non si possono mettere i piedi fuori dai cerchi. L’obiettivo è quello di finire il più velocemente possibile il percorso, e non quello di saltare in alto; la strategia infatti sarà quella di effettuare salti (tra cerchi con lo stesso piede) e passi (quando viene richiesto piede diverso) radenti e rapidi. Le difficoltà coordinative sono prevalentemente 2:
La prima è quella di effettuare velocemente salti in successione con lo stesso piede, cosa alla quale un giocatore, dal punto di vista coordinativo, non è abituato.
La seconda è quella di alternare “salti” a “passi” (due gesti che implicano una differente gestione motoria e neuromuscolare), cioè una variabilità esecutiva estremamente impegnativa.
La distanza tra i cerchi può variare dai 40 ai 70cm; più sono vicini i cerchi e maggiore sarà l’impegno coordinativo.
Le prime volte che viene effettuata questa esercitazione, consiglio di posizionare i cerchi in maniera abbastanza simmetrica come nella sequenza semplice della figura sopra ( 3dx-3sx, 2dx-2sx, ecc.) in maniera tale che i giocatori possano “prendere il ritmo” con maggiore facilità. Con il passare delle sedute, si potranno disporre i cerchi in maniera più “casuale” (vedi sequenza complessa), per rendere il tutto più impegnativo ed allenante, ma pur sempre mantenendo sempre lo stesso numero di appoggi con il dx e con il sx. Di solito faccio partire i giocatori leggermente distanti (4-5 metri) per far prendere velocità prima di arrivare al primo cerchio.
Un’ultima annotazione riguarda l’osservazione dell’esercitazione da parte di chi la propone; non sarà raro trovare giocatori che gestiscono in maniera diversa il salto con il piede dominante rispetto a quello controlaterale. Questo potrebbe rappresentare la presenza di uno squilibrio muscolare eccessivo (evidenziabile anche con il test triple-hop distance), e dare un’informazione (a chi preparare i giocatori) particolarmente importante per la prevenzione infortuni.
Per compensare gli squilibri (in termini di risposta reattiva ed elastica), è possibile proporre questo mezzo con un numero maggiore di appoggi destri (cioè cerchi a destra) per i mancini e viceversa per gli altri (vedi immagine sopra).
I giocatori riportano come questa struttura allenante sia “divertente”…probabilmente perché ripetizione dopo ripetizione si diventa visibilmente sempre più coordinati nell’eseguirla, con un impatto estremamente positivo sull’autostima e sulla motivazione.
Conclusioni
Nel 2012 scrissi il mio primo articolo sulla coordinazione, citando le prime ricerche scientifiche che testimoniarono come l’allenamento della coordinazione avesse influenze positive nei confronti della tecnica e rapidità; oggi lo studio delle neuroscienze (vedi libro “Serve la testa giusta” di Jonatan Proietto) confermano sempre di più questo collegamento, testimoniando sempre di più l’importanza che questo può avere sul rendimento dei giocatori in partita.
Gestire la coordinazione in condizioni di rapidità esecutive che richiedono un elevato turnover delle gambe, (cioè una frequenza molto elevata dei movimenti) superiore a quella che si incontra mediamente in partita, è estremamente allenante per la partita stessa, visto che le azioni che determinano le segnature sono, per la maggior parte, eseguite ad alta intensità ed in condizioni di difficoltà.
Nei dilettanti non è semplice gestire tutto questo a livello metodologico, perché ci si scontra spesso con il poco tempo a disposizione; in ogni modo, a mio parere, almeno 2 momenti settimanali (per chi si allena 3 volte alla settimana) andrebbero dedicati a questa componente, senza trascurare i protocolli di rapidità coordinativa e di rapidità globale (ed eventualmente analitica e cognitiva).
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Ai link sotto puoi trovare le altre pubblicazioni riguardanti la rapidità del Venerdì.
Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico AC Sorbolo, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it
Uno dei più competenti allenatori di runner master come Orlando Pizzolato, afferma come il 90% dei runner sia poco efficiente nel correre per l’incapacità di applicare la forza muscolare; in altre parole, alla maggior parte dei runner mancano forza e velocità sufficienti per realizzare il loro potenziale.
Ma attenzione, questa non è una lacuna stabile ed immutabile, ma è possibile influenzarla con un allenamento corretto. Questo non significa che sia necessario fare i “pesi” in palestra, ma lavorare sulle giuste componenti neuromuscolari specifiche del runner, cosa che può avvenire anche sfruttando il proprio peso corporeo, piccoli attrezzi o la corsa in salita.
In più, carenze di forza portano anche all’incremento del rischio di infortuni, solamente per il fatto che la debolezza muscolare porta ad enfatizzare i danni di una tecnica di corsa non ottimale.
Non solo, come vedremo in questo articolo
la forza è la base della velocità!
L’incapacità spesso di seguire in gara atleti che effettuano lo stesso chilometraggio settimanale, può essere dovuto all’incapacità di applicare correttamente i livelli di forza (cioè la velocità).
Di conseguenza, un adeguato lavoro su queste 2 qualità è in grado di portare benefici anche particolarmente evidenti (tanto maggiori saranno le lacune da colmare), a patto che si usino i giusti mezzi allenanti e si abbia la giusta pazienza affinchè si esplichino gli adattamenti.
Nell’immagine sotto è possibile vedere la contestualizzazione delle qualità di forza e velocità all’interno della performance sportiva e della tecnica di corsa.
Dal punto di vista metodologico è importante lavorare su 3 step:
Il primo è il riconoscere quali sono le qualità neuromuscolari del runner: è quello che faremo in maniera approfondita in questo articolo.
Il terzo step è stabilire un programma di allenamento: questo deve tenere in considerazione il punto di partenza (solitamente dopo un periodo di rigenerazione o al ritorno da un infortunio) e l’obiettivo realistico stabilito.
Nell’immagine sotto, è possibile vedere in maniera estremamente semplificata alcuni dei mezzi d’allenamento orientati alle qualità neuromuscolari (forza e velocità) all’interno della periodizzazione.
Clicca sull’immagine per ingrandire
La “Forza” del runner
Nell’ambito del podismo, non è importante avere un livello di Forza massima particolarmente elevata, ma è da ricordare che la maggior parte degli allenamenti di corsa non incrementano la forza; anzi una programmazione dell’allenamento errata (che da poco spazio al processo del recupero) tende a far calare i livelli di forza, con ripercussioni negative sulla performance e sull’incremento del rischio di infortuni.
Diversi studi (Lai et al 2015, Bohm et al 2018, Bohm et al 2019) hanno dimostrato come durante la fase d’appoggio del piede, diversi muscoli della catena estensoria (soprattutto quadricipite e polpacci) inizialmente si allungano per accumulare energia elastica e successivamente si accorciano restituendo questo tipo di energia.
Con le dovute semplificazioni, questo accumulo e rilascio di energia avviene quasi esclusivamente a livello dei tendini, che sono la parte del muscolo che tende ad allungarsi ed accorciarsi durante la fase di appoggio.
Immagine tratta e modificata da Bohm S, Mersmann F, Santuz A, Arampatzis A. The force-length-velocity potential of the human soleus muscle is related to the energetic cost of running. Proc Biol Sci. 2019
Dall’immagine sopra è possibile vedere come durante la fase di appoggio l’Unità muscolo tendinea (ventre muscolare+tendine) modifichi la propria lunghezza, mentre invece il ventre muscolare (cioè la parte centrale del muscolo) rimane pressochè della stessa lunghezza; di conseguenza, è il tendine ad assecondare gran parte dell’allungamento/accorciamento dell’Unità muscolo tendinea.
Questo tipo di comportamento permette al muscolo di lavorare nelle migliori condizioni al fine di ottimizzare lo sforzo.
Ma attenzione, in caso di forza muscolare insufficiente questo fenomeno avviene solo parzialmente (cioè il ventre muscolare tende a subire modifiche sostanziali della sua lunghezza), con la conseguenza di affaticare precocemente il muscolo, perdere energia elastica e di incrementare il rischio di infortuni.
Per non generalizzare, è comunque importante capire quale tipologia di forza sia necessaria al runner; come accennato precedentemente, non è importante avere un livello di Forza massima particolarmente elevata, ma che il sistema neuromuscolare sia in grado di mantenerne un livello sufficiente alto nel tempo, senza che la fatica comprometta l’intensità. Semplificando, possiamo definire la forza ideale del runner come la Resistenza Muscolare Locale. In altre parole, non è fondamentale che i muscoli siano in grado di sollevare quantità elevate di pesi, ma che riescano a mantenere livelli di forza sufficienti per mantenere l’efficienza per l’intera competizione (Hayes et al 2011).
Mi spiego meglio: con il passare dei Km e l’avanzare delle condizioni di fatica, un organismo con poca resistenza muscolare locale tenderà ad incrementare il suo consumo energetico. È come se un’automobile, con il passare dei Km, richiedesse sempre più benzina per andare alla stessa velocità; con una buona resistenza muscolare locale invece, il “consumo” tenderà a rimanere più costante. Questo, ovviamente, ha ricadute importanti sull’esaurimento delle risorse energetiche durante la competizione.
Non solo, livelli adeguati di questa qualità permette anche di ritardare o prevenire l’insorgenza dei crampi, oltre a diminuire la probabilità di infortuni.
Ma come si allena la Resistenza muscolare locale?
Semplice, attraverso tutti quei mezzi allenanti in cui viene richiesto un tempio di appoggio del piede prolungato, come le salite affrontate ad intensità non massimale, ma medio-elevata. Infatti, correndo in salita i tempi di contrazioni sono superiori, limitando il flusso di sangue rispetto alla corsa in pianura; in questo modo i muscoli si affaticheranno più precocemente, stimolando gli adattamenti specifici. Tra questi mezzi allenanti troviamo:
È anche possibile che in alcune condizioni siano necessari anche stimoli mirati allo sviluppo della forza massima; questo avviene quando il runner non ha valori di base di forza per sostenere al meglio neanche quelli per la resistenza muscolare locale. È una condizione molto più frequente di quanto si possa ipotizzare, in quanto a livello sperimentale è stato visto che i runner di qualsiasi livello possono beneficiare da un incremento della forza massima (Blagrove et al 2018, Denadai et al 2017, Balsalobre-Fernandez 2016, Bazyler et al 2015).
Ricordatevi sempre che l’allenamento per la forza massima genera un numero di “responder” molto superiore rispetto all’allenamento della velocità (soprattutto quelli per la stiffness)!
Cosa significa la frase sopra?
Considerando che i “responder” sono quegli atleti che traggono beneficio da un determinato stimolo allenante (i “non responder” ovviamente sono il contrario), è riconosciuto che stimoli allenanti per la Forza massima generano un beneficio in un maggior numero di runner rispetto a quelli per la Velocità (soprattutto con componenti molto intense) (Bazyler et al 2015, Colli-Introini 2021).
Chi può trarre maggiore beneficio dagli stimoli di Forza massima, sono proprio gli atleti che più difficilmente recuperano dalle esercitazioni per la Velocità, presumibilmente quelli con caratteristiche resistenti. Parleremo meglio di questo aspetto nel capitolo dedicato all’individualizzazione dell’allenamento.
Inoltre, il lavoro per la forza massima permette di mantenere questa qualità nel tempo per un periodo più lungo rispetto alle altre espressioni di forza (Kubo et al 2010, Bickel et al 2011), mantenendo i presupposti della velocità.
Sono utili le esercitazioni per la core stability?
Un tipo di esercitazioni (di forza) che ritengo estremamente utili per il runner (sia per lo sviluppo armonico dell’atleta che per il miglioramento della performance) sono gli allenamenti funzionali per il core. Attenzione, non sono semplici esercizi di forza per gli addominali, ma lavori in cui viene posto l’accento sulla stabilità e mobilità del core in sinergia con la catena posteriore e flessoria, al fine di migliorare la spinta orizzontale e la capacità di andare in salita. Coinvolgendo in maniera importante la muscolatura che agisce sul rachide, è importante accertarsi (grazie a personale competente) l’assenza di controindicazioni a questa tipologia di esercitazioni. Trovate un programma estremamente dettagliato nel nostro post dedicato al Running, core stability e performance.
Pronazione, avvolgimento dell’elica podalica e forza dei piedi
Tra i protocolli “a secco”, cioè non costituiti da corse, segnalo anche quello relativo all’avvolgimento dell’elica podalica; questo programma è particolarmente utile a quei runner che hanno ipotonie dei muscoli dell’arcata plantare, dei glutei e genericamente della catena estensoria (tricipite surale e quadricipite).
In particolar modo, può essere efficacia per correggere problemi di iper-pronazione dovuta ad ipotonie e in tutti quei casi in cui è presente un’eccessiva rotazione esterna del piede durante la corsa.
Se invece sei alla ricerca di un semplice esercizio per il potenziamento dei piedi, lo trovi leggendo questo articolo.
Come ultimo suggerimento, cito questo esercizio che reputo estremamente utile, perchè contribuisce all’incremento della forza orizzontale (cioè quella che “spinge” il runner in avanti contestualmente alle componenti rotatorie (avvolgimento elica podalica).
La “velocità” del runner
Vediamo ora la seconda qualità neuromuscolare importante per il runner, cioè la “Velocità”; anche in questo caso, non è richiesta un Velocità assoluta paragonabile a quella di un velocista, ma la capacità di avere un Ritmo Gara elevato, determinato a livello neuromuscolare, dalla capacità di esprimere sufficienti livelli di Forza in brevi periodi di tempo nella giusta direzione. Nell’immagine sotto è possibile vedere come la forza impressa dal piede al suolo durante la fase di spinta (freccia verde), sia la risultante di altre 2 forze, cioè la stiffness (che permette al runner di immagazzinare energia elastica e restituirla) e la spinta orizzontale (che permette al runner di far avanzare il corpo).
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Nel nostro post dedicato alla tecnica di corsa, abbiamo visto nel dettaglio le caratteristiche di queste 2 importanti variabili. Una stiffness ottimale (responsabile della componente verticale) determina l’accumulo e restituzione di energia elastica minimizzando il consumo energetico. Non a caso, spesso il termine “stiffness” è considerato sinonimo di “elasticità“. Nei paragrafi precedenti abbiamo visto come per avere un’elasticità adeguata sia necessario avere livelli di forza sufficientemente elevata; per questi motivi la forza è la base della velocità. Inoltre, gli atleti con maggiore stiffness hanno un maggiore rapporto tra la fase di volo e quella di appoggio, permettendo quindi ai muscoli (ed all’intero organismo) di essere più rilassato (De Rosa et al 2019).
La spinta orizzontale invece, è la capacità di spingere in avanti il corpo contraendo le catene muscolari (soprattutto quella posteriore e flessoria) in maniera coordinata e sincronizzata, minimizzando la dispersione di energia. Ma facciamo un esempio per far capire l’importanza di una spinta orizzontale “coordinata”; supponiamo che 5 persone debbano sfondare un portone con una spallata. Se le 5 persone effettuano la spallata in momenti diversi, sarà molto poco probabile che riescano ad abbatterlo.
Se invece tutti e 5 danno la spallata nel medesimo istante, riusciranno ad avere un impatto molto superiore sulla porta incrementando notevolmente le probabilità di abbatterla…spendendo la stessa energia. La coordinazione motoria funziona allo stesso modo; se i muscoli responsabili della spinta orizzontale saranno reclutati in maniera coordinata, la spinta (a pari spesa energetica) sarà più efficace.
Affinchè le componenti orizzontali e verticali del movimento siano espresse nel miglior modo possibile (cioè il runner sia sufficientemente veloce) è fondamentale il “fattore tempo”; in altre parole, il runner dovrà sapere esprimere i valori di forza nel minore tempo possibile per ottimizzare stiffness e spinta orizzontale. Non a caso, Nummela e coll 2007 videro che i runner migliori avevano un tempo di contatto inferiore del piede a terra.
Questo basso tempo di contatto consente un’attivazione della muscolatura durante tutto la fase di appoggio del piede, tale da permettere di accumulare energia elastica nei tendini nella fase iniziale e restituirla nella fase di spinta. Un livello di stiffness insufficiente invece, prolungherebbe eccessivamente la fase di appoggio, riducendo l’attivazione della muscolatura e di conseguenza l’accumulo di energia elastica.
In altre parole, atleti dotati di maggior stiffness hanno una minore spesa energetica (a pari velocità) e lavorare su questa qualità provoca un miglioramento del costo energetico.
Si trovano invece pochi studi sulla spinta orizzontale; malgrado sia abbastanza ovvio che nella corsa ci si muova “orizzontalmente”, solo negli ultimi anni si sta approfondendo l’incidenza dello sviluppo dei muscoli della catena posteriore e flessoria (quelli maggiormente coinvolti nella spinta orizzontale) sulla performance. Attualmente, le uniche ricerche sull’argomento hanno indagato solamente l’attività degli sprinter ma non dei runner (Neto e coll 2019, Higashihara e coll 2010).
Per questo motivo, la Velocità è stimolata da quei mezzi in cui viene richiesto (in pianura o in discesa) un’intensità superiore a quella che si tiene in una gara di 5000m. Questo vale ovviamente per chi corre su strada. Per chi prepara, ad esempio, i 1500m le andature che allenano la velocità saranno quelle pari o più intense dl ritmo gara degli 800m.
Di conseguenza, le andature che stimolano la Velocità del runner vanno da quelle leggermente più intense dei 5000m a quelle di corsa massima (al massimo impegno).
Ma quali sono quelle ideali?
Come accennato sopra, molto dipende dalla gara che si prepara, ma di norma, atleti con caratteristiche più esplosive, con maggiore forza muscolare o semplicemente più abituati a questo tipo di lavori, riescono a trarre maggiore beneficio anche dalle andature prossime a quelle massimali. Come abbiamo accennato sopra, non tutti gli atleti sono “responder” se allenati con intensità molto elevate, per questo motivo è importante individualizzare il lavoro di Velocità (vedi prossimo capitolo). Non a caso, sotto trovate sia gli allenamenti tipici per la Velocità, sia quelli con caratteristiche miste che allenano sia Forza che Velocità.
I mezzi allenanti principali per allenare la velocità del runner sono:
N.B.: altre esercitazioni, come le andature di pre-atletica, possono aiutare a migliorare la coordinazione della tecnica di corsa e di conseguenza a trasformare la forza in velocità. Nel nostro articolo sulle andature potete trovare quali sono le più importanti e come inserirle gradualmente nel programma d’allenamento.
Perché è importante individualizzare l’allenamento
Individualizzare l’allenamento non vuol dire altro che fornire gli stimoli allenanti adeguati per le proprie caratteristiche; in questo senso è importante colmare le lacune nelle prime fasi della preparazione ed esaltare i pregi nella parte finale. Di conseguenza, un atleta resistente (cioè dotato di caratteristiche resistenti, con lacune di velocità), per colmare le proprie lacune dovrebbe dedicare gli allenamenti neuromuscolari primariamente sulla forza (e solo in un secondo momento alla velocità), perché è la carenza di forza che lo rende “non veloce”. Lavorare sulla velocità senza aver prima creato i presupposti con la forza (soprattutto per una certa tipologia di atleti), incrementa il rischio di infortuni o di avere degli affaticamenti che perdurano per molto tempo.
Atleti veloci (o comunque dotati di forza muscolare adeguata) possono lavorare precocemente sulla velocità, in quanto le qualità neuromuscolari non rappresentano un limite alla loro performance; probabilmente invece, dovranno e potranno dedicare una percentuale maggiore del loro allenamento allo sviluppo delle componenti aerobiche, in particolar modo nella parte iniziale della stagione.
Le indicazioni sopra vanno prese ovviamente “cum grano salis” (cioè con buon senso), in quanto ogni atleta ha peculiarità diverse dall’altro, non necessariamente ascrivibili alle caratteristiche indicate sopra!
Non solo, queste “diversità” determinano anche il rischio di infortuni o altri limiti dovuti a ipotonie localizzate, rigidità (vedi mal di schiena) o anomalie posturali. Per questo motivo, è sempre bene abbinare all’allenamento un adeguato lavoro di allungamento funzionale ed eventuali valutazioni dell’atteggiamento posturale.
Programmazione dell’allenamento
L’allenamento del podista parte sempre dallo sviluppo delle qualità generali (neuromuscolari ed aerobiche) per poi specializzarsi verso le abilità specifiche richieste dal proprio obiettivo principale stagionale. La programmazione solitamente inizia dopo un periodo di rigenerazione (o dopo la ripresa da un infortunio) e termina con la gara (o l’insieme di gare) che rappresenta l’obiettivo principale della stagione.
Conoscere quali sono le possibilità funzionali del runner (forza e velocità), saperle stimolare contestualmente alle proprie caratteristiche in riferimento al momento della propria preparazione, permette di ottimizzare l’allenamento nella direzione ottimale verso il miglioramento della performance.
Altro rilevante aspetto per quanto riguarda la programmazione è il mantenimento delle qualità neuromuscolari: “ma se io lavoro sulla forza nella parte iniziale, i benefici rimarranno per tutta la stagione?”
È una domanda estremamente interessante, alla quale però si deve rispondere con “dipende“; a seconda delle caratteristiche di ogni runner, è necessario un mantenimento più o meno frequente delle qualità di forza. Di norma, atleti muscolarmente più deboli ne hanno maggiore bisogno.
Come valutare la forza e la velocità del runner
Il riuscire a testare il proprio livello delle qualità neuromuscolari può tornare utile per avere indicazioni su come ottimizzare ed adeguare la propria programmazione dell’allenamento nel corso della stagione. Purtroppo i protocolli utilizzati nelle ricerche che abbiamo citato sopra, sfruttano mezzi che non possono permettersi la maggior parte dei runner; tra questi test ricordiamo il VMART, i test di velocità con fotocellule e pedane di forza, i Test di Bosco, ecc. Fortunatamente ci viene incontro la ricerca di Hudgins e coll 2013, che utilizzò il salto triplo da fermo (un protocollo molto semplice), trovando correlazioni positive tra la distanza di salto e la performance su varie distanze. Gli autori valutarono i risultati dell’esecuzione bipodalica dei salti (cioè facendo i salti a piedi uniti), ma a mio parere è possibile avere dati più interessanti con l’esecuzione monopodalica (vedi video sotto).
Infatti, in questo modo è possibile avere più dati a disposizione su cui effettuare una valutazione non solo della performance, ma anche di eventuali squilibri e deficit muscolari. Nel nostro articolo dedicato al Triple hop distance, potrete leggere un ampio dettaglio del protocollo e dei dati che permette di ottenere. Ovviamente nulla vieta di utilizzare contemporaneamente entrambi i protocolli, cioè quello monopodalico che quello bipodalico. Quello che è importante è che il test venga fatto sempre nelle stesse condizioni standard; a questo link puoi trovare le Condizioni essenziali prima di somministrare test. Questo protocollo a mio parere è l’ideale per piccoli gruppi di runner, coordinati da un paio di persone che si occuperanno delle misurazioni e della catalogazione dei dati.
Nel caso in cui si voglia effettuare una valutazione più completa, relativa alla propria tecnica di corsa e dei rischio associati agli infortuni, consiglio di leggere il nostro articolo sulla Valutazione funzionale del runner.
Conclusioni e risvolti applicativi
L’allenamento della forza e della velocità sono elementi spesso trascurati dai runner amatori; questo spesso porta a non realizzare pienamente le potenzialità dell’atleta.
Non solo, un adeguato lavoro di forza è stato dimostrato anche a prevenire gli infortuni (Laursen et al 2018).
È comunque da precisare che l’inserimento di mezzi allenanti finalizzati a queste qualità (soprattutto quelli per la velocità) debba essere effettuato con la massima gradualità, per evitare di andare incontro ad affaticamenti ed infortuni.
Visto che i lavori di forza devono precedere quelli di velocità, è importante scegliere un paio di mezzi allenanti a stagione (in base ai tracciati che si hanno a disposizione), e proseguire con la progressione indicata al fine di non creare sovraccarichi, ma adattamenti continui e progressivi; per questo consiglio di leggere attentamente il paragrafo sulla forza muscolare.
Ultima precisazione molto importante, è il crescente numero di ricerche che sta dimostrando come il potenziamento dei muscoli dei flessori plantari (semplificando i muscoli dei polpacci e dei piedi) possa avere un ruolo fondamentale nel migliorare la tecnica di corsa, la performance e la resistenza alla fatica. In un prossimo articolo ne daremo evidenza anche con un programma d’allenamento specifico.
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Autore dell’articolo: Melli Luca, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960, preparatore atletico AC Sorbolo ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it
Inauguriamo oggi una nuova rubrica dedicata alla recensione di “utility” per chi si occupa delle materie trattate nel nostro blog, cioè calcio, corsa e alimentazione. Iniziamo con la recensione di un testo del 2012, cioè l’Allenamento della Forza a bassa velocità (di Giampietro Alberti, Maurizio Garufi e Nicola Silvaggi), i cui principi sono già stati già approfonditamente sviscerati nei post specifici (prima e seconda parte). In questi post abbiamo confrontato questo approccio con gli Esercizi Statico Dinamici, trovando parecchie analogie, malgrado l’origine dei 2 metodi fosse completamente diversa. Riportiamo sotto le conclusioni a cui eravamo giunti:
Nello specifico è stata riscontrata la capacità di incrementare/mantenere i vari indici di forza (massa muscolare, forza massima, esplosività, ecc) di entrambe le fibre muscolari, accoppiate ad un basso rischio di infortuni (da sovraccarico ed acuto) e un rapido recupero funzionale.
Il testo è rivolto prevalentemente a: preparatori atletici, studenti di Scienze Motorie, istruttori di palestre, appassionati di pesistica/body building e allenatori che curano (nella loro attività) anche l’aspetto atletico. Il capitolo più interessante è sicuramente l’ottavo, perché illustra la variante (del metodo) più semplice, riportando la contestualizzazione nell’allenamento di atleti (tra i quali Nicola Vizzoni) di livello mondiale.
ORIGINALITA’ DEI CONTENUTI
L’allenamento della forza a bassa velocità descrive un metodo che sfrutta prevalentemente un singolo tipo di adattamento (cioè quello miogeno), rispetto agli altri metodi che sfruttano anche quello neurogeno.
GRADO DI APPROFONDIMENTO DEI CONTENUTI
Il testo sviluppa in maniera estremamente dettagliata sia la teoria (cioè l’aspetto fisiologico) che la pratica (diversi riscontri da parte di atleti di livello mondiale) di questo metodo.
FACILITA’ DI APPLICAZIONE DEI CONTENUTI
Tra i 2 metodi descritti, cioè la Serie Lenta a Scalare e la Forza a Bassa velocità, il secondo è sicuramente quello più facile da applicare nell’allenamento quotidiano, perché non richiede assistenza nei sollevamenti.
RAPPORTO QUALITA’/PREZZO
Purtroppo non esiste la versione digitale del libro (probabilmente perché è di 4 anni fà), ma i 20 Euro del formato cartaceo sono più che spesi bene; inoltre, comprandolo su Amazon, si può avere un discreto sconto. Clicca sull’immagine qui sotto per acquistarlo su Amazon
ALTRI PRODOTTI RECENSITI:
Importante: i giudizi dei libri che recensiamo riflettono quello che è la nostra opinione. Di conseguenza recensiamo solamente testi che abbiamo letto, approfondito e soprattutto che ci sono piaciuti.
MFC (Movimento Specifico Funzionale): indispensabile per tutti gli staff delle categorie giovanili (in particolar modo Giovanissimi ed Esordienti) che per prime affrontano la didattica difensiva; non è comunque un libro di nicchia, ma veramente utile a tutti allenatori e preparatori che curano l’aspetto neuromuscolare del calciatore a secco e con palla.
Il miglioramento delle qualità neuromuscolari (Forza e Velocità) è un passo fondamentale per creare quei presupposti che permettono al runner di esprimere il proprio potenziale; nel post dedicato alle Hill sprint abbiamo visto come questi mezzi allenanti siano in grado di migliorare la sincronizzazione delle fibre muscolare e ridurre l’effetto dei meccanismi inibitori, con il risultato di avere una corsa più efficiente (cioè spendere meno energia a pari velocità). Probabilmente, la maggior parte dei runner amatori non lavora adeguatamente sulle componenti neuromuscolari, prediligendo andature continue, competizioni e le ripetute.
Se si osserva la tecnica di corsa dei corridori africani, è subito palese comprendere come il loro stile sia molto più rilassato, grazie a tempi di appoggio veramente bassi che limitano il disagio della fatica. Questo è ottenuto grazie a diversi fattori, uno dei quali sono le elevate qualità neuromuscolari. Vi rimandiamo al nostro articolo dedicato alla Forza e Velocità del runner per comprendere meglio l’importanza di questo aspetto, oltre al paradigma secondo il quale, i lavori di forza devono precedere quelli di velocità.
Quello su cui vorrei invece soffermarmi in questo post invece, sono le alternative alle Hill Sprint per quei runner che faticano a tollerare questo tipo di allenamenti rivolti alla velocità.
Semplificazione della consequenzialità dei lavori con effetto neuromuscolare nell’arco di una stagione atletica di 2 atleti con diverse caratteristiche
Dall’immagine sopra potete vedere le variabili che possono far prediligere o meno le Hill Sprint; per chi non è portato per questi mezzi allenanti è consigliabile utilizzare mezzi a caratteristiche miste, cioè che sviluppano sia la forza che la velocità
L’utilizzo di salite brevi, con opportuni accorgimenti, permette di raggiungere questi scopi anche per atleti poco esplosivi e che non tollerano le Hill sprint. Prima di andare a veder nel dettaglio questi mezzi allenanti, ribadisco ancora una volta lo scopo di questa tipologia di sedute, cioè quella di colmare le lacune che molti runner amatori hanno e che non permettono loro di sfruttare appieno il loro potenziale neuromuscolare. Avere livelli di Forza e Velocità adeguati, permette di avere quelle possibilità funzionali che permettono di ottimizzare la spesa energetica, cioè ottenere il meglio che il proprio organismo può offrire a pari energia spesa.
Rispetto alle Hill sprint (di 8-12”) hanno una durata di 20-25”, cioè il tempo necessario per compiere ad una velocità elevata 100m di salita. Di conseguenza devono essere fatte ad intensità inferiori, andando incontro a quei podisti che non riescono ad esprimere elevati livelli di velocità in tempi brevi o che risentono di affaticamenti marcati quando effettuano violente contrazioni muscolari. Ma vediamo ora i dettagli.
L’intensità allenante non deve essere massimale, ma comunque intensa, arrivando in cima senza elevati livelli di fatica ed in controllo di falcata.
Pendenza della salita: l’ideale è dal 6-10%. Maggiore è la pendenza e maggiore è lo stimolo sulla Forza; viceversa per la Velocità. Nel caso in cui la salita fosse più corta, è possibile aggiungere un tratto in pianura (possibilmente dopo la salita) per raggiungere i 100m di lunghezza totale.
Tecnica di corsa: la postura dovrebbe essere la stessa che si tiene in competizioni di 5-10 Km, cioè busto eretto, parte superiore del corpo rilassata e spinta efficace di piedi, con lo scopo di tenere un tempo di volo ed un’ampiezza dei passi paragonabile (o leggermente superiore) a quella di una gara di 5-10 Km. Quest’ultimo dettaglio è importante, perché in salita viene invece spontaneo aumentare solamente la frequenza.
Numero di ripetizioni: da 6-8 (le prime volte, soprattutto se non si è abituati) incrementando di 2 salite a seduta, fino ad arrivare ad un massimo di 20 (per runner evoluti). Oltre le 10 ripetizioni, suddividerle in serie di 5-6 salite, inframezzate da 3-5’ di Corsa Lenta.
Recupero tra le ripetizioni: tra una salita e l’altra si scende di corsa blanda e si recupera (solitamente fino a 1’30”-2’) fino alla capacità di effettuare la successiva ad un’intensità soddisfacente.
Quante volte a settimana: solitamente 1 volta ogni 7-10 giorni quando il numero di ripetizioni rimane al di sotto delle 10. Oltre questa quantità le sedute possono essere diluite anche ogni 12-18 giorni. È importante che vengano fatte in condizioni di elevata freschezza (cioè non affaticati da sedute impegnative precedenti) e considerare il tempo (soggettivo) necessario per smaltire i livelli di fatica indotti.
Riscaldamento: deve essere di durata adeguata (anche di 25’-30’, soprattutto se è freddo) e con all’interno esercizi di allungamento funzionale, un paio di allunghi non massimali ed un paio di salite ad intensità inferiore.
Vediamo di seguito una serie di varianti, efficaci solamente per atleti evoluti (soprattutto giovani), dotati di buona esplosività, ottima simmetria di corsa e prevalentemente dediti alle gare di mezzofondo (3-10 Km).
Variante 1: le wicket runs adattate
Le wicket runs sono delle forme d’allenamento utilizzate prevalentemente negli sport di squadra (effettuate quindi su campi di gioco) per ridurre l’overstriding, cioè l’impatto del piede troppo avanti rispetto alla proiezione del baricentro. Questo causa eccessive frenate ad ogni appoggio, disperdendo molta energia ed incrementado il rischio di infortuni.
Essendo l’overstriding una problematica relativa anche a molti runners amatori, questa forma d’allenamento può tornare particolarmente utile anche per loro. Sostanzialmente consiste nel correre tra ostacoli bassi (distanziati di 1.5-2 m) a velocità elevata; l’effetto è quello di stimolare un atteggiamento che riduce l’overstriding, proprio per la presenza degli ostacolini.
Ovviamente molti podisti non hanno a disposizione l’attrezzatura ed il contesto necessario, così ho ideato questa variante che è possibile effettuare senza attrezzatura; è sufficiente una breve salita. Nel video sotto potete vedere l’intera spiegazione dell’approccio metodologico.
Variante 2: le salite di Verkhoshansky
Queste rappresentano l’optimum per lo sviluppo delle qualità neuromuscolari (sia la Forza che la Velocità) ma, come indicato sopra, possono essere prerogativa di una tipologia di atleti limitata. Ho deciso comunque di inserirla nell’articolo affinchè si possa comprendere l’importanza di determinate qualità per il runner.
Si tratta infatti di eseguire tratti di corsa balzata, il cui effetto, secondo l’autore (pubblicazione su Atletica-Studi 1/2003) sarebbe quello di ridurre l’affaticamento grazie al minor tempo di contatto, permettendo di eseguire un numero maggiore di ripetizioni rispetto alle Hill sprint. Riporto sotto alcune caratteristiche a titolo informativo, con la raccomandazione di effettuare questo tipo di esercitazioni sotto la guida di un tecnico (o di un istruttore), e solamente dopo un periodo di accurato lavoro di forza.
Tecnica esecutiva: passi lunghi e potenti focalizzandosi sul tempo di volo, e su una tecnica corretta e simmetrica. In tutto solo 6-8 passi totali massimali, al limite preceduti da una breve accelerazione in pianura di 10-12 passi per prendere velocità.
L’intensità allenante deve essere praticamente massimale, nel rispetto dei requisiti tecnici della corsa balzata e di un gesto ben equilibrato tra la parte destra e sinistra del corpo.
Pendenza della salita: più è ripida e maggiore sarà l’effetto allenante, compatibilmente con una tecnica esecutiva corretta.
Numero di ripetizioni: dipende dall’esperienza e dalle caratteristiche dell’atleta.
Inserimento nel periodo preparatorio: nella seconda parte del periodo di preparazione Generale o in quello Speciale, ma solo dopo aver lavorato adeguatamente sulla forza ed aver appreso la tecnica della corsa balzata.
Allunghi in salita (variante): è possibile anche cercare un compromesso tra questa tipologia di salite (cioè di corsa balzata) e gli allunghi. Si tratta di effettuare degli allunghi di 60-100m in leggera salita con uno stile di corsa leggermente balzato, ma non troppo, ad una velocità simile a quella che si tiene in una competizione di 5-10 Km; questa variante è apparentemente più semplice (perché l’intensità è inferiore), ma è da effettuare particolare attenzione in quanto il rischio di infortuni è maggiore. Di norma come volume massimo non si dovrebbero superare (Verckhoshansky 2007) i 600-900m totali per i Top Runner.
Variante 3: le salite “resistenti”
Illustro brevemente questa variante, in quanto rappresenta (da punto di vista delle difficoltà) un compromesso tra le Salite brevi di 100m e la Variante 2. Anche questa è l’ideale per atleti dotati di ottimi livelli di forza, ma anche amatori. Quello che è da comprendere, è che lo stimolo allenante debba essere dato dall’intensità dell’azione di corsa, non dal volume delle ripetizioni; un volume eccessivo di questi mezzi allenanti, può portare ad affaticamenti muscolari che perdurano e che possono dare origine ad infortuni.
Più precisamente il razionale (semplificato) della sollecitazione fisiologica, è dato dall’affaticare le fibre meno responsabili della corsa di durata durante la fase iniziale della ripetizione, e di sviluppare la forza di quelle specifiche (perché le altre sono “fuori uso”) durante la fase successiva. Ciò si ottiene effettuando un breve tratto di corsa balzata in pianura, immediatamente dopo uno sprint intenso in salita; ma vediamo meglio sotto i dettagli:
Caratteristiche della salita: 40m di salita abbastanza ripida, seguita da un tratto pianeggiante di 60m; è possibile (anzi, consigliabile) effettuarlo su terreni erbosi, ma senza buche ed avvallamenti.
Intensità: i primi 40m in salita devono essere effettuati alla massima velocità, immediatamente seguiti da 60m in pianura cercando di accelerare velocemente ed allungando il passo (riducendo anche la frequenza dei passi) negli ultimi metri. L’intensità del secondo tratto deve essere tale da permettere di correre con una tecnica esecutiva corretta. Non bisogna commettere l’errore di arrivare “esausti” alla fine di ogni ripetizione.
Tecnica esecutiva: nella prima parte è fondamentale ricercare la massima velocità senza però compromettere uno stile di corsa fluido. Nel secondo tratto (quello pianeggiante), dopo l’accelerazione iniziale, si dovrà cercare di ampliare gradualmente la lunghezza del passo pur mantenendo una tecnica di corsa corretta, cioè: decontrazione in fase aerea (anche minima), piede che prende contatto sotto il corpo (non davanti), ricerca immediata della spinta nella giusta direzione e simmetria delle spinte (tra gamba destra e sinistra). Per chi riesce a padroneggiare bene la tecnica, gli ultimi 20-30m si possono fare anche in corsa balzata.
Numero di ripetizioni: 8 ripetizioni (con almeno 3’ di corsa blanda di recupero) sono il volume massimo a cui arrivare iniziando le prime volte con soli 4-5. È basilare un ottimo riscaldamento!
Inserimento nel periodo preparatorio: come per gli altri mezzi presentati sopra, possono essere inseriti nella seconda parte del periodo di preparazione Generale o in quello Speciale, ma solo dopo aver lavorato adeguatamente sulla forza ed aver appreso la tecnica della corsa balzata.
Conclusioni e consigli finali
Le Salite di 100m (escluse le varianti) sono mezzi a caratteristiche miste in grado di stimolare forza e velocità con un rischio di affaticamenti ed infortuni inferiore rispetto alle hill sprint ed altri metodi massimali.
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Considerando l’intera preparazione di una stagione atletica (vedi immagine a fianco) possono essere introdotti nella seconda parte del Periodo generale; per atleti particolarmente dotati di forza, è possibile inserirli anche nella prima parte.
Quello che è importante comprendere, è che questi mezzi allenanti (se adeguatamente dosati) lasciano un’impronta nel sistema neuromuscolare che permetterà nei periodi successivi di effettuare i lavori per la Velocità di gara (Ripetute brevi/medie, fartlek, velocizzazioni, ecc.) con maggior efficienza e disinvoltura, limitando il rischio di infortuni.
Individualizzando correttamente l’allenamento, si riusciranno a trovare le soluzioni migliori per ognuno; non esiste una ricetta che vale per tutti, ma delle linee guida in cui l’allenamento generale (progressivo incremento del volume ad intensità bassa e moderata, più quello neuromuscolare) deve avere la priorità, affinchè il runner possa incrementare le qualità di base, per poi indirizzarle verso quelle di gara nel momento in cui effettuerà i lavori più specifici.
Consiglio a tutti i runner che sono “allenatori di sé stessi” di studiare ed approfondire questi argomenti e di percepire quelle che sono le proprie risposte individuali al training; in questo modo le conoscenze acquisite permetteranno nel tempo di sfruttare l’esperienza e le competenze accumulate. La logica conseguenza, è che si sarà in grado di allenarsi meglio e godersi appieno i benefici della corsa.
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Autore dell’articolo: Luca Melli (melsh76@libero.it), Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto,istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 e preparatore atletico AC Sorbolo.
Come approfondito nella variante Rollercoster dei Lunghi (Lunghi con saliscendi finali), l’alternare salite e discese a ritmi medi è un forte stimolo allenante per tutte le componenti neuromuscolari del podista (Forza e Velocità), unitamente alle componenti metaboliche. Se nel mezzo sopra citato, i saliscendi a ritmi medi venivano affrontati nel finale di corsa, oggi approfondiamo un mezzo che sfrutta questo stimolo per tutto l’allenamento.
A parte in conduzione e raggiunge i due cinesini in A1, scarica su B che si è portato in B1 con uno sprint fino alla sagoma, si smarca e riceve (1). B1 effettua una finta su una sagoma e trasmette su D che va incontro in D1 (2). Nel frattempo, A1 ha effettuato una corsa nel ladder (o degli skip) e va in A2 battendo il cinque a C che parte con una corsa nei cerchi, uno sprint fino al conetto e un allungo in C1.
D1 ricevuta palla effettua uno slalom tra i conetti, uno sprint con palla sino agli conetti altro slalom e sprint in coda ad E che nel frattempo ha ricominciato con C1. B1 si è portato in B2.
L’esercitazione può essere usata anche come parte atletica di un allenamento agendo sulle distanze e sugli obiettivi da raggiungere.
Gli slalom sui coni, possono essere eseguiti in modo diverso, ad esempio uno con il solo piede destro e l’altro con il sinistro; con la suola; ecc.
Nei settori dilettantistici, la seduta pre-gara è solitamente dedicata alla rifinitura e alle “conclusioni”. In questi contesti, si vedono molto spesso esercitazioni di semplici esecuzioni di tiro in porta (su porta unica) dopo normale scambio con un allenatore o giocatore. Oltre ad esser esercitazioni molto semplici (fin troppo per degli adulti), hanno una densità estremamente bassa; in un contesto dove il tempo settimanale da dedicare all’allenamento è scarso, a mio parere il loro utilizzo è poco giustificato. Quindi un’esercitazione per il tiro in porta in un settore dilettantistico, non dovrebbe comprendere solamente il gesto tecnico, ma avere almeno uno o due altri obiettivi (che siano di tipo tattico, tecnico od atletico). Ad esempio:
Tiro in porta e possesso palla: partite a tema (ancora meglio se un gioco di posizione) in cui è possibile andare a concludere dopo un determinato numero di passaggi. Modulando il numero dei Jolly o il N° di passaggi richiesti, si lavora maggiormente sul possesso o sulla finalizzazione.
Conclusione dopo lavoro tecnico: solitamente nella parte finale del riscaldamento (se questo è dedicato alla tecnica). Riportiamo l’esempio di un mezzo abbinato allo stop orientato o alla sovrapposizione.
Conclusione dopo lavoro tattico analitico: esercitazioni analitiche di sequenze di scambi e passaggi che portano alla conclusione senza avversari o con una pressione difensiva modesta. Sono i classici mezzi che gli allenatori utilizzano per impostare le azioni offensive di base.
Finalizzazione in un contesto tattico individuale: si considerano i mezzi di 1c1 in cui lo scopo di almeno di uno dei 2 giocatori è quello di finalizzare in porta con portiere. Riportiamo un esempio in abbinamento alla rapidità e uno in “situazione”.
Conclusioni in regime di pressione tecnica e atletica: come l’esercitazione che andremo a vedere di seguito.
CONCLUSIONI IN REGIME DI PRESSIONE TECNICA ED ATLETICA
Questo mezzo nasce dall’esigenza di combinare l’esecuzione tecnica veloce del gesto in abbinamento ad altri stimoli. Com’è possibile vedere sopra, la struttura prevede l’utilizzo di un pallone a testa e 2 portieri; la sistemazione delle porte è puramente indicativa, ma è consigliabile che entrambe (o almeno una) siano sistemate in maniera tale da non permettere alla palla di finire lontano…o ci sia uno dello staff che faccia da raccattapalle dietro la porta che non ha “protezioni”. L’esercizio inizia con il giocatore blu che parte in velocità palla al piede, esegue il giro del cono giallo centrale e tira in porta prima della riga blu (vedi figura sotto).
Appena dopo il tiro, l’allenatore fischierà e partirà il primo della fila rossa per eseguire lo stesso gesto (giro del cono e tiro in porta); nel frattempo il giocatore blu che ha appena tirato dovrà doppiare (o semplicemente toccare) il cono blu ed andare a disturbare il tiro del rosso (vedi figura sotto).
Dopo il tentativo di tiro del Rosso, partirà un altro giocatore Blu…che sarà inseguito dal Rosso dopo aver doppiato il cono. Il primo giocatore Blu che era partito (in alto a sinistra) tornerà nella sua fila con il pallone (vedi figura sotto).
ACCORGIMENTI E VARIANTI
È particolarmente importante che chi propone l’esercizio sistemi i riferimenti (linee di tiro, partenze, cono da doppiare) in maniera tale che il giocatore che insegue abbia il margine di poter raggiungere chi ha la palla (soprattutto se questo non esegue con precisione e velocità la guida della palla). Proprio per rincoraggiare la fase in cui il giocatore insegue quello con la palla, si può attribuire 1 punto al gol e 2 punti a chi riesce a toccare il pallone del giocatore che insegue. Cambiando la posizione del cono da doppiare, si riesce facilmente a modulare questo aspetto.
Le proporzioni riportate nelle immagini sopra rappresentano un semplice esempio: in particolar modo la distanza tra il cono e la linea di tiro dell’avversario (ad esempio la distanza tra il cono rosso e la linea blu) non dovrebbe superare i 15-17m se questo mezzo viene proposto nella seduta pre-partita (ad esempio il venerdì); se la seduta viene inserita a metà settimana, è possibile utilizzare distanze fino a 20-25m. Risulta ovviamente un mezzo ideale per il lavoro sulle componenti neuromuscolari nel settore giovanile, da utilizzare sopratutto in palestra.
CARICO DI LAVORO: come seduta pre-partita, sono consigliate 5-6 esecuzioni (tiro+insegumento dell’avversario) per giocatore. Ricordo che con circa 6-7 giocatori per fila (rispetto a 8-9) è probabile che il carico di lavoro vada a stimolare anche le qualità aerobiche (anche se molto dipende dalle distanze tra i vari riferimenti).
CONCLUSIONI
Il mezzo proposto oggi si prefigge di contestualizzare la fase tecnica del tiro in porta in un regime di pressione tipico della partita; inoltre, presenta elementi atletici tipici della seduta del “Venerdì dei dilettanti”. Ricordiamo che questo mezzo può essere utilizzato anche come esercitazione atletica nel settore giovanile, modulando distanze e numero di giocatori (che rappresentano l’intervallo di tempo tra ogni ripetizione). Concludiamo ribadendo l’importanza delle distanze corrette, affinchè lo stimolo allenante sia adeguato; di conseguenza è necessaria un po’ di esperienza nel trovare i giusti dimensionamenti in base alle caratteristiche dei giocatori e agli scopi allenanti che si vogliono perseguire.
Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico US Povigliese (melsh76@libero.it)
Analizziamo oggi un “ingrediente” dell’allenamento del podista, che per le variabili che si possono estrapolare, può trovare utilità in diversi momenti della stagione. Prima di approfondirne le caratteristiche, cerchiamo di fare chiarezza sui concetti di FORZA e VELOCITA’ enunciati nel titolo.
FORZA: nell’ambito del podismo, non è importante avere un livello di Forza assoluta particolarmente elevato, ma che il sistema neuromuscolare sia in grado di mantenerne un determinato livello nel tempo, senza che la fatica ne comprometta il livello. Non a caso (a seconda degli autori), è detta anche Forza Estensiva o Resistenza Muscolare Locale.
VELOCITA’: come sopra, al runner non è richiesta un Velocità assoluta paragonabile a quella di un velocista, ma la capacità di avere un Ritmo Gara elevato, determinato, a livello neuromuscolare, dalla capacità di esprimere sufficienti livelli di Forza in brevi periodi di tempo (cioè quello della contrazione muscolare). Altri autori la definiscono Forza intensiva o Stiffness.
Ovviamente i concetti espressi sopra sono relativi al mondo del podismo (e rappresentano una semplificazione fisiologica in maniera tale da renderla comprensibile a tutti), ed è evidente che maggiore è il Ritmo Gara e maggiore dovrà essere i livello di Forza e di Velocità dell’atleta. Altro concetto metodologico fondamentale è quello che il lavoro di forza, deve precedere quello di velocità! Questo perché se non si ha un livello di Forza sufficiente, sarà meno efficace l’utilizzo dei mezzi che permettono di applicarla in regime di velocità (Ripetute, Medi, Progressivi, ecc.). BUONA LETTURA!
Nella prima parte sull’argomento abbiamo approfondito alcuni spunti da altre discipline che possono essere utilizzate come varie forme di riscaldamento, trovando vicarianza (prevalentemente cognitiva e coordinativa) con alcuni aspetti del calcio. Nel post odierno, affronteremo l’utilizzo di mezzi analoghi, ma con maggiore finalità atletico/coordinativa (analogamente al gioco Entriamo in porta).
SPUNTI DAL RUGBY
Escludendo la condizione del placcaggio (che non inseriremo in questo tipo di esercitazioni), le esercitazioni provenienti dal rugby permettono di dare stimoli importanti riguardo la rapidità cognitiva (cioè essere rapidi in un contesto “in divenire”, leggendo ed interpretando il contesto di gioco) e il concetto del “sostegno”. Infatti
“La chiave della rapidità nel calcio non è solamente l’esecuzione di movimenti alla massima intensità, ma anche l’abilità di aggiustare costantemente la propria posizione/postura in maniera tale da reagire velocemente ai determinati stimoli” (Ian Jeffreys)
E giochi/attività in cui la palla viene dominata con le mani (piuttosto che con i piedi) accentuano ancor di più l’effetto allenante nei confronti di questa qualità atletico/specifica. Quindi via libera a giochi tipo acchiapparella, Entriamo in porta, e tutte quelle attività che, con adattamenti dovuti all’età, possono stimolare la rapidità dei calciatori. Partiamo da un’esercitazione molto semplice:
La variante più semplice prevede la suddivisione in 2 squadre di 4-5 giocatori alla volta (vedi figura sopra); il regolamento è simile ad “acchiapparella”. Al numero indicato dall’allenatore (in questo caso il 2), i giocatori corrispondenti dovranno effettuare la curva dal loro cono più lontano; a questo punto l’allenatore lancerà il pallone ad uno dei 2 giocatori (in questo caso il giallo) che dovrà andare a fare meta nella “meta” dell’avversario. Il giocatore in “non possesso palla” (il blu, nella figura sopra) dovrà a sua volta toccare chi ha la palla con entrambe le mani; se ci riesce, otterrà il punto, altrimenti se il giallo riuscirà ad andare in meta sarà lui ad ottenerlo. Attenzione: il fatto di dover “prendere” l’avversario con entrambe le mani costituisce una difficoltà (rispetto al doverlo fare con solo una) non indifferente! È evidente che un’esercitazione del genere sollecita le qualità neuromuscolari in maniera “cognitiva” ed allo stesso modo difficile da riprodurre nel caso in cui venisse fatta “giocando con i piedi”. Inoltre è possibile somministrarla a qualsiasi età (dalla Scuola Calcio alle prime squadre). Consigli da dare a chi è in possesso palla sono di “non rimanere mai fermo” e di “non aver traiettorie di corsa troppo prevedibile” (cioè cambiare spesso direzione).
SECONDA VARIANTE
Questa prevede un maggior carico “cognitivo” rispetto alla prima, allenando anche il “Senso del gioco” e non solo “l’Agilità”. La parte iniziale è la stessa della variante precedente, solo che l’allenatore indicherà 2 numeri (di conseguenza si possono utilizzare 6-10 giocatori per squadra). Lo scopo di chi ottiene la palla (in questo caso i blu), è sempre quello di andare a fare meta; l’azione potrà durare non più di 15” e il passaggio potrà essere fatto sia in avanti che all’indietro. Se chi ha la palla viene “preso con entrambi le mani” dall’avversario, sarà obbligato a passarla al compagno arrestando la propria corsa (non sono ammessi placcaggi). Ovviamente la squadra senza palla può entrarne in possesso intercettando i passaggi o raccogliendo il pallone da terra (nel caso in cui dovesse cadere). In questa variante sono fondamentali i movimenti del compagno senza palla, per dare sempre una linea di passaggio “pulita”, in particolar modo quando il compagno deve arrestare la sua corsa…..in questo caso la “linea” migliore è a “sostegno”. Quando le dinamiche di gioco di questa variante sono comprese, è possibile utilizzare questa esercitazione per sviluppare la didattica delle traiettorie di smarcamento del 2c2 (taglio, sovrapposizione, passante, ecc.) e della corrispondente fase difensiva. Varianti che possono rendere più impegnativa l’esercitazione (ma sono consigliabili solamente a gruppi che rispondono molto bene alle prime 2 varianti) è il chiamare 3 giocatori alla volta (prolungando il tempo di gioco e le dimensioni del campo), ridurre la superficie di gioco, obbligare qualsiasi passaggio a “sostegno”, ecc.
TERZA VARIANTE (CALCIO GAELICO)
Il calcio gaelico è una disciplina di origine irlandese, che trova molte analogie con il calcio e con il rugby; proprio per questo motivo, trova collocazione ideale nel processo didattico che stiamo affrontando in questo post. Pur essendo una disciplina dalle regole abbastanza complesse (vedi la pagina di wikipedia), è sicuramente più facile da apprendere se si sono già fatte esercitazioni simili al rugby (come sopra). Da questo video, è possibile notare come sia una disciplina altamente spettacolare, atletica (si corre sempre a velocità elevate perché il dominio della palla è meno impegnativo) e coordinativa(si utilizzano parecchie abilità motorie). Sono presenti parecchie finte (con conseguenti cambi di direzioni), salti e contrasti, a testimonianza dell’elevato impatto allenante che può avere questo sport. È ovvio che la prima domanda che può sorgere è la seguente: ma è facile da insegnare, affinchè possa trovare un contesto allenante nel calcio?…ovviamente NO, ma può essere utile introdurre gradualmente le regole in relazione a:
Tipologia di guida della palla: con i piedi (palla a terra), con le mani palleggiando ogni 3 passi, palleggiando con i piedi, ecc.
Tipologia di trasmissione della palla: mano, piede, mano/piede.
Modi per segnare: al volo, dall’area, da fuori-area, ecc.
Placcaggio: è sconsigliato (per evitare contrasti), ma è possibile inserire la regola delle esercitazioni sopra (quando si viene presi dall’avversario si deve arrestare la corsa e passare immediatamente la palla).
L’inserimento di queste regole può essere progressiva, sempre partendo da quelle simili al Rugby, che facilitano notevolmente l’acquisizione delle successive. È ovvio che il percorso didattico di questo tipo di esercitazioni è abbastanza lungo; per questo motivo è consigliabile introdurlo sin dai primi giorni di preparazione (e tenendole “vive” durante l’anno), partendo dalle prime varianti. L’intera progressione esecutiva è consigliabile prevalentemente a quei gruppi che rispondono bene variante dopo variante.
CONCLUSIONI
Le qualità di un allenatore/preparatore si vede anche in base alla capacità di variare (e rendere stimolanti) le tipologia di esercitazioni, mantenendo costanti gli obiettivi delle stesse (cioè la qualità degli stimoli allenanti). Se ciò viene fatto con competenza, è logico che i livelli di motivazione (e probabilmente anche la qualità degli stimoli) rimangano sempre ai massimi livelli. Quelle affrontate in questi 2 ultimi post, rappresentano solamente alcuni esempi di come da discipline diverse, si possano trovare stimoli interessanti anche per il gioco del calcio. Ovviamente sono condizioni che devono anche essere “sperimentate” per affinarne le regole (dimensioni campi, N° di giocatori per campo, regole, varianti, ecc)……a testimonianza che la voglia di sperimentare (cioè il non seguire sempre i soliti dettami “si è sempre fatto così….”) e la capacità di osservare rimangono sempre 2 qualità essenziali per chi vuole “trasmettere” competenze ad un gruppo!!!!!
Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico US Povigliese (melsh76@libero.it)
Il giocatore A inizia con uno sprint, frena e riparte, riceve in corsa dal compagno B (1) e conduce fino al suo posto. B effettua in direzione opposta uno sprint, una frenata e un altro sprint, per poi recuperare in corsa lenta sino al posto di A. Nel contempo, A effettua lo stesso esercizio con C.
Le postazioni prevedono almeno tre atleti, ma il numero può aumentare a seconda degli obiettivi atletici da raggiungere.
Naturalmente il numero delle postazioni è calcolato in funzione dei calciatori che devono allenarsi.
Le distanze da coprire sono anch’esse stabilite in funzione degli obiettivi, così come il tipo di corsa da effettuare. Nella figura sottostante, abbiamo inserito delle varianti, come dei cambi di direzione, ostacoli alti e quindi si può allenare anche la forza.; oppure degli over bassi e dei cerchi per la coordinazione.
Materiale occorrente: palloni, delimitatori, coni, paletti, over bassi, ostacoli alti e cerchi.
Durata esercizio: 12 minuti
Numero di serie: 2
Recupero: 3 minuti
Numero recuperi: 3
Numero giocatori: 18
Fasce interessate: Giovanissimi, Allievi e Prima squadra.
Il giocatore A trasmette a B1(1), che controlla (B2) e calcia in porta (2). Poi corre in B3 e affronta C1 in un 1 vs 1. C, per arrivare in C1 effettua una corsa nella scaletta (o skip) poi attacca la fila di cerchi (la fila del colore del delimitatore chiamato dall’allenatore, in questo caso giallo) con appoggio mono podalico, adattando la corsa alla loro distanza (differenziazione) e poi prende la palla per affrontare B3.
Stesso esercizio effettuato dai calciatori a destra, al posto dei cerchi ci sono degli over che vanno affrontati correndo o saltandoli, adattando sempre la corsa alla loro distanza.
Materiale occorrente: palloni, delimitatori colorati, over bassi, scaletta, conetti e cerchi.
Durata esercizio: 12 minuti
Numero di serie: 2 (cambiando postazione)
Recupero: 3 minuti
Numero recuperi: 3
Numero giocatori: 18
Fasce interessate: Esordienti, Giovanissimi, Allievi e Prima squadra.
Con la fine dei campionati dilettantistici finiscono anche gli articoli dedicati alla Rapidità del Venerdì. Nella prima parte abbiamo approfondito il razionale e le caratteristiche di questi mezzi, mentre nella seconda l’adeguamento tecnico (con palla). In questa terza parte evidenzieremo le ultime 4 varianti con un breve accenno alle situazioni metodologiche che vengono affrontate, quando si gioca infrasettimanalmente.
Variante 9
Rispetto a quelli precedenti è un mezzo che punta particolarmente all’aspetto coordinativo della rapidità; infatti si tratta di gesti di una certa complessità coordinativa eseguiti in spazi non troppo ampi. Analogamente alle varianti precedenti, noi raffiguriamo un solo mezzo (cioè una fila) a scopo esplicativo, ma sarebbe bene impostare sempre 2 mezzi (2 file) in maniera tale che l’esercitazione venga fatta con 2 giocatori alla volta a forma di gara. I giocatori, sempre alla massima intensità, dovranno prima eseguire un “8” tra 2 coni e successivamente (a cavallo di 2 paletti sdraiati) “2 passi avanti e 2 indietro”. Osservando l’esecuzione di questa variante, è evidente come la “rapidità di gambe” (piuttosto che “la capacità di esprimere potenze elevate”) sia fondamentale per eseguire l’esercizio correttamente e velocemente. L’allenatore/preparatore dovrà focalizzarsi soprattutto sulla correttezza esecutiva (i coni non devono cadere e i paletti non devono essere toccati), somministrando anche 1-2 serie in più nel caso in cui le prime non venissero eseguite correttamente.
Variante 10
Con questa variante torniamo a raffigurare in mezzo in cui anche la potenza muscolare rappresenta un elemento fondamentale. Si tratta di una doppia navetta 8+5+10m: è fondamentale richiedere ai giocatori di girarsi (in ogni ripetizione) dalla stessa parte, in maniera tale da utilizzare (per cambiare direzione) entrambi i piedi per il cambio di direzione. Valgono gli stessi discorsi fatti per le esercitazioni analitiche per i cambi di direzione (asse del piede perpendicolare alla direzione di corsa, modulazione di frequenza/ampiezza dei passi, ecc.).
Variante 11
Figura proposta da Sassi nelle esercitazioni per l’RSA, che con opportuni accorgimenti è possibile utilizzarla anche per la rapidità. La figura può essere proposta con 2 varianti principali:
La prima, prevede di rimanere direzionati sempre dalla stessa parte, cioè si alternano (per ogni settore) andature “avanti” ad andature di “scivolamento laterale/dietro”. Non verranno raggiunte intensità particolarmente elevate, ma sarà particolarmente levato lo stimolo coordinativo.
La seconda prevede di eseguire il percorso (cioè le frecce della figura) direzionando liberamente il corpo. L’unico vincolo sarà quello di toccare tutti i coni con le mani, obbligando quindi i giocatori a non effettuare dei “tagli” ed abbassare correttamente il baricentro.
Variante 12
Altra variante con aspetto prevalentemente coordinativo: nei 15m totali si devono effettuare 2 giri completi di coni (una volta girando da destra e una volta girando da sinistra…i cinesini servono proprio ad indicare quello); anche in questo caso, la massima precisione dei gesti (non far cadere i coni) rappresenta un aspetto fondamentale.
Conclusioni
Ma se si gioca infrasettimanalmente (ad esempio il Mercoledì) una partita ufficiale, i volumi e le intensità devono essere le stesse? Ovviamente la domanda è riferita a quei giocatori che hanno giocato partite intere (o quasi) nei 2 match precedenti. Dipende molto da quanti allenamenti sono abituati a fare nella settimana; a mio parere, se si è abituati a fare 3 allenamenti, il primo dovrà essere prevalentemente aerobico a bassa intensità, il secondo è sostituito dalla partita, ed il terzo potrà essere dedicato alla rapidità, ma con la prevalenza di mezzi ad aspetto coordinativo (ad esempio Variante 9 e 12) per non affaticare eccessivamente la muscolatura. Poi, il fatto di giocare 3 partite in 7 giorni rappresenta pur sempre un forte incremento del rischio di infortuni, quindi nella metodologia d’allenamento è da considerare anche la settimana prima e quella successiva. Ricordiamo che tutte le esercitazioni analitiche per i cambi di direzione, oltre a rappresentare stimoli importanti per la rapidità, sono anche la base per ridurre sbilanciamenti atletico/coordinativi e quindi abbassare il rischio di infortuni (quindi ideali da utilizzare nei periodi in cui si gioca molto)
Concludiamo dicendo che la metodologia d’allenamento settimanale per la rapidità deve tenere in considerazione che questa variabile ha in se aspetti:
Di natura atletico/coordinativo: cioè potenze muscolari elevate nel rispetto del modello prestativo (a secco) del gioco del calcio.
Di natura tecnico/atletica: (come evidenziato nel post precedente) in questo modo si permette di gestire la palla ad alta velocità.
Di natura tattico/atletica: infatti “La chiave della rapidità nel calcio non è solamente l’esecuzione di movimenti alla massima intensità, ma anche l’abilità di aggiustare costantemente la propria posizione/postura in maniera tale da reagire velocemente ai determinati stimoli” (Ian Jeffreys). In altre parole, non è importante solamente quanto velocemente si esegue un movimento (con o senza palla), ma quando si inizia un determinato movimento (capacità di anticipazione motoria).
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Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico AC Sorbolo, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it
Il giocatore A guida palla e scarica su B (1), poi corre tra i cerchi e va in A1, B riceve, scarica sul compagno C (2) e va ad effettuare una capriola e una corsa (o salti) tra gli over bassi (o alti) e va in B1.
Il giocatore C riceve scarica su D (3), e corre in slalom tra i paletti effettua una corsa(o skip) nella scaletta, cambia direzione e va in C1. D riceve e scarica su E (4) che ricomincia con F. D scarica e corre in slalom tra i conetti in D1.
Materiale occorrente: palloni, paletti, coni, scaletta, over bassi, materasso, cerchi.
Durata esercizio: 8 minuti
Numero di serie: 2
Recupero: 4 minuti
Numero recuperi: 3
Numero giocatori: 18
Fasce interessate: Esordienti, Giovanissimi, Allievi e Prima squadra
Per le squadre dilettantistiche, l’ultimo allenamento settimanale (che spesso coincide con il Venerdì) è dedicato ad esercitazioni per la rapidità a secco, cioè a
mezzi in cui vengono affrontati, in maniera analitica o globale, gesti motori alla massima potenza muscolare, prevalentemente a secco!
L’importanza di un’elevata potenza muscolare specificaper il calciatore è data dal fatto che, durante le azioni fondamentali per le segnature, si riscontrano (dati di match analisys) valori particolarmente elevati; inoltre gia negli studi del Professor Colliè stato visto che la capacità di accelerazione è inversamente proporzionale alla velocità, evidenziando che la potenza (che dipende da accelerazione e velocità) è un fattore limitante la performance. Ovviamente il calciatore non un velocista, quindi deve saper esprimere elevati valori di potenza in condizioni variabili (con cambi di direzione, con e senza palla) e in contesti tattici/cognitivi. Possiamo quindi affermare che:
L’allenamento a secco per la rapidità deve ricercare i massimi valori di potenza muscolare in contesti motori variabili (cambi di direzione, partenze/arresti diversificati, ecc.), ma tali da permettere di esprimere valori assoluti elevati!
L’allenamento a secco va affrontato in momenti della settimana in cui il giocatore è in condizioni di elevata freschezza muscolare (come il Venerdì), altrimenti non riuscirebbe ad esprimere valori elevati di potenza e/o aumenterebbe il rischio di infortuni.
L’allenamento a secco non rappresenta l’unico mezzo per lo sviluppo della potenza muscolare del calciatore; come precedentemente ribadito, la Potenza è nulla senza controllo, quindi queste esercitazioni non servono ad altro che a creare i presupposti della Rapiditàdel calciatore (Potenza muscolare), costituendo un lavoro generale (insieme a quello di natura coordinativo, di resistenza muscolare locale, ecc.) che deve essere trasformato tramite esercitazioni specifiche (con palla)!
Oggi esamineremo un mezzo interessante per il lavoro a secco, che prevedere aspetti di potenza elevata (tratti di almeno 10-15m alla massima intensità), di coordinazione (passaggi di ostacolini), cambi di direzione e (cosa da non trascurare) aspetti motivazionali e ludici.
VARIANTE 1
Com’è possibile vedere dalla figura sopra, la struttura di base è molto semplice. Agli estremi delle partenze (con 2 ostacolini per lato) troviamo a 10m un cono GIALLO (a destra) e uno ROSSO (a sinistra). La prima variante è molto semplice: l’allenatore indicherà un colore, ed il primo dei 2 giocatori (uno rosso e uno blu) che arriva nel cono del colore nominato ha vinto.
VARIANTE 2
In questo caso, l’obiettivo dello sprint (cono) sarà sempre indicato dall’allenatore, ma prima di correre verso il cono stabilito, si dovrà passare l’ostacolino (in andata/ritorno) dalla parte opposta.
VARIANTE 3
Si posizionano 2 cinesini a 5 metri dai coni; prima di arrivare al cono prestabilito, si dovrà arrivare al cinesino corrispondente al cono opposto (vedi figura sopra)
CONCLUSIONI
Il mezzo presentato oggi, risponde a diversi requisiti dell’allenamento a secco della Potenza del calciatore. Altre varianti possono essere riferite all’arrivo della struttura, come ad esempio fermarsi in equilibrio su un piede in prossimità del cono indicato dall’allenatore, anche dopo aver saltato un ostacolo alto. Tutte queste variabili contribuiscono ad allenare il controllo motorio del calciatore, ma è necessario allungare di 5-10m la struttura, perché la necessità di arrestarsi rende necessaria una decelerazione, e quindi toglie spazio per accelerare e per raggiungere la massima potenza muscolare (che è lo scopo primario di questa tipologia di mezzi). Di conseguenza, tutte le volte che si propongono mezzi con “arresti”, è fondamentale lasciare il giusto spazio per accelerare e controllare che i giocatori raggiungano la massima potenza (solitamente dopo 15m di corsa lineare in massima accelerazione). Ogni Venerdì, solitamente propongo (al termine della parte dedicata alla rapidità a secco) 1-2 tratti lineari di 15 metri alla massima intensità; anche se probabilmente in partita raramente si affrontano gesti del genere, sicuramente aiutano a migliorare il controllo del gesto, in quanto (come visto per il calcio al pallone)
minore è la percentuale dell’intensità massimale utilizzata per un determinato gesto motorio e maggiore è la capacità di controllare tale movimento!
Di seguito, riportiamo altri mezzi “più o meno a secco” per lavorare sulla rapidità in maniera generale e/o specifica!
MFC (Movimento Specifico Funzionale): indispensabile per tutti gli staff delle categorie giovanili (in particolar modo Giovanissimi ed Esordienti) che per prime affrontano la didattica difensiva; non è comunque un libro di nicchia, ma veramente utile a tutti allenatori e preparatori che curano l’aspetto neuromuscolare del calciatore a secco e con palla.
Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico US Povigliese (melsh76@libero.it)
Questa proposta vuole integrare l’esercizio della trasmissione della palla, alla componente atletica della velocità e a un’altra importante di tipo tecnico: il tiro in porta. Il giocatore A trasmette il pallone al compagno B seguendone la traiettoria e andando a prendere la sua posizione; B farà altrettanto con C e dirigendosi a intensità massimale a prenderne il posto.
C, dopo una breve conduzione, simulerà un dribbling sulla sagoma o cono e concluderà l’azione calciando verso la porta, andando a sistemarsi dietro al gruppo da cui è partita la sequenza.
Successivamente eseguirà l’esercitazione il gruppo situato nell’altra metà del campo e così via, in alternanza.
Durata dell’esercitazione: in base un tempo prestabilito dall’allenatore (esempio 6-8′) o per un numero totale di tiri effettuato da ciascun giocatore, inclusi i cambi di posizione dei gruppi.
Tre semplici ma efficaci proposte di esercitazioni per lo sviluppo della forza, abbinate alla componente tecnica del tiro in porta
I tre calciatori, partono in sequenza (15’’) ed effettuano un vai e torna (toccando i coni), per poi attaccare la palla e concludere in porta.
Conetti e palloni.
In questa seconda opzione tenendo sempre in considerazione la partenza in sequenza dei tre giocatori, (15’’) verrà eseguito uno slalom tra i coni (piegando sulla gamba portante per toccarli), per poi attaccare la palla e concludere in porta.
Conetti e palloni.
I tre calciatori, partono sempre in sequenza (15’’) ed effettuano un vai e torna (toccando i 4 coni, tornando sempre su quello più in basso), per poi attaccare la palla e concludere in porta.
Pubblichiamo il primo quesito postato dalla pagina facebook de “Il Nuovo Calcio” il virtù della collaborazione appena sorta con il nosto blog.
È più efficace allenare la reattività attraverso l’ausilio di un impulso variabile o attraverso il metodo tradizionale?
Il quesito si pone in quanto, parlando con addetti ai lavori (allenatori, preparatori e collaboratori tecnici), taluni affermano che preferiscono abituare i giocatori a uno stimolo naturale e reale; ad esempio: in campo durante la gara, sicuramente non vi saranno sempre dei colori o dei comandi vocali a condizionare il gesto degli stessi. Per questo c’è chi preferisce allenare in condizioni che si possano ripresentare durante la gara.
Altre fonti preferiscono lavorare utilizzando degli stimoli esterni e artificiali; la psicocinetica trova la sua realizzazione nella capacità di pensare ed eseguire rapidamente un gesto in un determinato lasso di tempo; essa può servire ad allenare le capacità condizionali e le abilità tecnico tattiche.
La differenza di metodologia è quindi data dall’utilizzo o meno degli stimoli condizionanti che si possono classificare in:
segnali visivi
paletti;
coni;
colori (che possono essere incorporati, nello specifico, anche nei comandi sonori quando vengono pronunciati, ad esempio :”Rosso!”
delimitatori (cinesini).
comandi sonori
il fischietto;
il fischietto con un’altra sonorità;
il battito di mani;
la voce.
Utilizziamo anche un sondaggio per meglio comprendere cosa ne pensiamo e cosa ne pensano i nostri colleghi:
[yop_poll id=”7″]
Esempio 1 E’ l’allenatore a dettare un impulso: il colore verso il quale iniziare la corsa. 1. giallo, per uno stacco verso l’esterno con il piede d’appoggio già impostato per la corsa e sprint in avanti. (Stacco a sinistra piede sinistro; stacco a destra piede destro). 2. rosso, per uno stacco effettuato verso l’interno con la stessa modalità per l’appoggio e sprint in avanti. 3. blu, sprint lineare in avanti senza stacco laterale. ricevuto uno dei tre comandi previsti.
Esempio 2 L’impulso o viene gestito dagli stessi giocatori che eseguono lo sprint lineare di 5mt, o provvede l’allenatore a eseguire un battito di mani o un fischio. In questo secondo caso, proviamo dopo 4 o 5 ripetizioni, a non impartire tale comando: i giocatori saranno portati a eseguire lo sprint ugualmente, in modo prettamente meccanico e senza esaltare una capacità neuro-muscolare.
Esercizio tecnico, palleggio, conduzione in slalom, passaggio e conclusione; ma anche di attenzione uditiva e visiva.
A conduce palla in slalom tra i conetti, esce e scarica su B, contemporaneamente chiama un colore tra blu e giallo, in questo caso giallo, e viene servito dallo stesso colore per calciare in porta.
Mentre A esegue lo slalom Blu e Giallo palleggiano.
Variante:
A viene servito dal colore non chiamato, in questo caso, rosso.
Conetti e palloni.
2) CAMBIO DI DIREZIONE E CONCLUSIONE
Condizionale con palla e tecnica.
A parte in slalom tra i paletti (regolare la distanza in funzione degli obiettivi condizionali prefissati), e va a ricevere (1) da B per concludere a rete (2). Idem dall’altro lato. A recupera palla e va in coda ad E.
Palloni e paletti.
3) DUE CONCLUSIONI IN SEQUENZA
Esercizio proposto con finalità tecniche e coordinative, oppure se si da una certa intensità allo slalom tra i paletti, abbinate alle conclusioni, si possono ottenere dei benefici atletici.
A parte in slalom tra i paletti, e corre a ricevere da C per concludere, poi corre da B e riceve per concludere ancora.
“Generalmente il primo giorno di allenamento della settimana, viene digerito male dal calciatore dilettante, poiché si effettuano lavori atletici un po’ impegnativi.
Due anni fa, lavorando con una squadra di promozione, avevamo cominciato l’annata, con lavori di forza il martedì e resistenza alla velocità il mercoledì per completare la settimana il giovedì con una amichevole e il venerdì con la rapidità.
Poi parlando con i ragazzi si è concordato un cambio, il martedì abbiamo effettuato lavoro di resistenza alla velocità e il mercoledì di forza. Questo cambiamento poiché non riuscivano a lavorare il martedì con esercizi per lo sviluppo della forza.
Naturalmente stiamo parlando di ragazzi che arrivavano al campo dopo una giornata di lavoro, e quindi pur essendo degli ottimi “professionisti” dovevo trovare il modo per farli divertire e lavorare.
Quindi si è lavorato prettamente con l’utilizzo della palla, anche per lavori per lo sviluppo della forza, ho cercato di mettere sempre il pallone come parte integrante dell’esercitazione proposta.
E anche per lo sviluppo della resistenza alla velocità l’utilizzo del pallone veniva privilegiato alle esercitazioni a secco.
E come non privilegiare l’uso della palla anche per la rapidità, con la psicocinetica abbinata.
Di seguito vi illustrerò alcune esercitazioni utilizzate nel corso dell’annata per incrementare queste capacità”.
Tre esercitazioni con coinvolgimento del portiere che includono obiettivi legati alla finalizzazione, velocità, tattica individuale e reattività.
DUE CONCLUSIONI IN SEQUENZA
Esercizio che può avere finalità tecniche, passaggi, ricezione e conclusione; e finalità atletiche con modulazione dell’intensità; coordinativi con l’adeguamento dei passi tra le aste per l’avvicinamento alla palla.
E esegue uno slalom tra i paletti, poi adegua la corsa tra le aste per avvicinarsi a D per ricevere e concludere e poi a B per fare la stessa cosa.
Ruotare le posizioni.
Paletti, aste e palloni.
2 vs 2 CON CHIAMATA COLORE
Esercitazione atletica per la rapidità; esercizio per sviluppare l’attenzione; esercizio tattico di possesso con difesa della palla e finta.
Si gioca un 2 vs 2 (ma potrebbe essere anche un 3 vs 3 o un 4 vs 4, max 5 vs 5), alla chiamata colore del M esempio rosso, i calciatori lasciano la palla e veloci si dirigono sul colore chiamato.
Variante :
il M chiama più colori e i calciatori corrono verso i colori chiamati in sequenza.
Palloni e coni colorati.
COLORI, NUMERO E PASSAGGIO PER LA CONCLUSIONE
Psicocinetica, sequenza colori (visiva e uditiva), e numerica (uditiva); condizionale, corsa rapida; tecnica passaggio, conduzione, finta e conclusione.
A attende il segnale del Mister (M), che chiama in sequenza i tre colori abbinati ai conetti, in questo caso rosso – giallo e blu, e li va a toccare rapidamente nell’ordine chiamato, dopo corre verso il numero chiamato, in questo caso 1, e riceve il passaggio del compagno C, dopo, con un controllo orientato (senza troppi tocchi) si dirige verso la porticina (paletti) più vicini e conclude a rete dopo esserci passato in mezzo.
Variante:
A riceve da C ed effettua una finta ad uscire sui paletti e conclude a rete.
Conetti colorati (almeno tre colori diversi), paletti e palloni.
Esercizio proposto con finalità tecniche e coordinative, oppure se si da una certa intensità allo slalom tra i paletti, abbinate alle conclusioni, si possono ottenere dei benefici atletici.
A parte in slalom tra i paletti, e corre a ricevere da C per concludere, poi corre da B e riceve per concludere ancora.
Si ruota nelle postazioni.
Palloni e paletti.
ESERCITAZIONI PER L’1VS1 ABBINATE ALLA PSICOCINETICA
A e B attendono il via dal M che consiste nel dettare in sequenza i tre colori rappresentati dai conetti, questa volta disposti verticalmente, i due devono toccarli in sequenza dettata, e correre a conquistare il pallone per un 1 vs 1 e concludere in porta.
La variante 2 prevede dei cambi di direzione a differenza dl primo esercizio che fa compiere ai giocatori dei cambi di senso
È ormai assodato da diverse ricerche che, per calciatori maturi, non esiste correlazione tra accelerazione, rapidità e velocità massima. Se la velocità massima è una variabile relativamente importante per il modello funzionale del calciatore (in una partita di calcio non viene praticamente mai raggiunta), la rapidità e l’accelerazione rappresentano le componenti neuromuscolari fondamentali.
L’allenamento delle componenti esplosive del movimento (cioè dell’esplosività) è in grado di influenzare positivamente la capacità di accelerazione! Ma come deve essere strutturato questo tipo allenamento per i dilettanti? Può essere mutuato da quello che avviene per i professionisti? Oppure, ha legami con quanto invece viene consigliato per i settori giovanili?
I professionisti hanno a disposizione diversi mezzi per lo sviluppo di questa qualità (anche i pesi) e per il recupero funzionale; possono quindi utilizzare una metodologia d’allenamento più completa ed efficace (vedi questo post per l’approfondimento) abbinata ad una corretta prevenzione degli infortuni.
Per i giovani invece, l’allenamento ha valenza prevalentemente multilaterale (come gia approfondito in precedenti post), tenendo in considerazione che “Fino ai 16-17 anni esiste una interdipendenza della forza, cioè qualsiasi esercizio per lo sviluppo della F ha un’influenza positiva sulle sue varie espressioni, mentre a completamento dello sviluppo (donne 16-17 anni, uomini 18-19 anni) si perde questa prerogativa e le esercitazioni devono essere mirate e specifiche per il miglioramento delle varie espressioni” (Di Mulo 2010, Mezzi e metodi di allenamento dello sprinter di elevato livello, pag 69).
Nei settori dilettantistici invece, deve assolutamente tenere in considerazione:
L’utilizzo di mezzi di elevata specificità allenante: nel primo post sull’approfondimento è stato visto che solamente test monopodalici hanno legami con la capacità di accelerazione, quindi è da preferire esclusivamente questa modalità di esercitazione.
Utilizzare progressioni esercitative che tengano assolutamente conto della prevenzione infortuni: è da evitare l’utilizzo di tipologie di balzi che, seppur incrementando le componenti esplosive del movimento, aumentano drasticamente il rischio di infortuni.
Alla luce di queste considerazioni, qual è la metodologia d’allenamento ottimale? L’approccio più comune è quello che prevede una progressione che parte da salti bipodalici/multilaterali di ostacoli bassi, per poi passare ad ostacoli più alti ed infine la corsa balzata. Sarà comunque capitato a diversi allenatori/preparatori di somministrare, in preparazione, salti bipodalici con ostacoli bassi e notare i giorni successivi i giocatori lamentare fastidi/dolori ai muscoli flessori del ginocchio (posteriori della coscia) o agli adduttori; spesso si tende a non correlare questi acciacchi all’utilizzo dei balzi perché questi vanno a stimolare primariamente la muscolatura estensoria (quadricipite e tricipite), ma si commette un errore. Infatti
il somministrare, quando il giocatore è affaticato (come può essere in preparazione), movimenti che stimolano in maniera esplosiva solo alcune catene cinetiche del movimento (come i balzi di natura bipodalica che stimolano solo quella estensoria e per di più in un appoggio non utilizzato nel calcio), prelude a squilibri temporanei dei pattern motori con conseguente incremento di rischio di infortuni.
Di seguito riporto una progressione esercitativi che ritengo più adeguata, per i motivi citati sopra.
PRIMO STEP (salti monopodalici con appoggio prolungato)
Abbiamo sopra discusso (anche in virtù di considerazioni nate dalla ricerca scientifica) la necessità di utilizzare salti di natura monopodalica; un approccio che prevede uno sviluppo coordinato della capacità di spinta e di equilibrio statico/dinamico permette di lavorare sull’esplosività e sulla Resistenza Muscolare locale (prevenzione infortuni). L’esercizio ideale è il Diagonale Hops; a questo video è possibile vedere una perfetta esecuzione dello stesso.
È facile intuire come il tempo di appoggio prolungato (convenzionalmente 3”) permette di lavorare sull’equilibrio e Resistenza muscolare locale, di conseguenza sulla prevenzione infortuni; l’esercizio è più complesso e impegnativo di quanto sembra. I punti su cui focalizzarsi durante l’esecuzione sono:
Appoggio prolungato per almeno 3”.
Atterrare sull’avampiede e solo in un secondo momento appoggiare il tallone.
Effettuare il piegamento dell’arto inferiore prima di saltare (come un molla)
Iniziare con distanze ravvicinate (50-60 cm tra cerchi), focalizzando la direzione del salto prevalentemente verso l’alto (cercare compromesso tra un’intensità elevata e il corretto equilibrio monopodalico).
La spinta di entrambe le gambe deve essere di pari intensità, quindi il calciatore deve rimanere concentrato sull’eguale forza esplosiva espressa dei 2 arti inferiori durante i salti.
Personalmente ritengo che le prime volte che viene somministrato quest’esercitazione, andrebbe inserita come stazione in protocolli di Rapidità Coordinativa; 8 cerchi (4 balzi destro e 4 sinistro) con 4-6 esecuzioni in 2’ può essere considerato un ideale volume iniziale. Di seguito è possibile incrementare i volumi alternativamente alle lunghezze di salto; in questo video è possibile vedere come l’aumento delle distanze di salto (mantenendo l’equilibrio dell’esplosività espressa tra le 2 gambe) comporta anche una grande attivazione in flessione dell’arto libero (cioè quello non appoggiato) facendo avvicinare il movimento ad un’andatura di corsa balzata intensa, che rappresenta il successivo step.
Nella seconda parte dell’articolo analizzeremo i successivi STEP, ma soprattutto le raccomandazioni relative all’inserimento di questi mezzi nella programmazione dell’allenamento.
Lo studio e l’approfondimento delle neuroscienze applicate al calcio tende sempre più a confermare l’importanza di un corretto inserimento di esercizi a finalità coordinativa nel calcio. Questo non rappresenta una novità, in quanto già nel 2008 lo studio di Venturelli et al 2008 dedicato al legame tra coordinazione tecnica e rapidità permise di comprenderne i potenziali benefici.
Quello che sappiamo oggi, è che non bastano semplici esercitazioni con la “scaletta” (Padròn-Cabo et al 2020), ma è necessario un organizzato approccio metodologico, che tenda in considerazione i mezzi finalizzati ad un’adeguata mobilità/estensibilità delle catene cinetiche, ad un’appropriata resistenza muscolare locale, ma soprattutto ad una capacità di controllo dei movimenti (coordinazione) che permetta al calciatore di essere efficiente (rapido, preciso e con basso rischio di infortunio) in tutte le situazioni che gli si vengono a proporre.
Come evince spesso dai i post di Sergio Rossi su linkedin, il lavoro di prevenzione (mobilità/estensibilità e resistenza muscolare locale) non è sufficiente se non si mette in condizione il sistema motorio di controllare efficacemente i gesti.
A sostegno di queste tesi, viene la pubblicazione di Cordo et al 2004, nella quale viene esposto come un livello di mobilità elevata, predispone all’effettuazione di gesti più efficienti; questo immagino sia scontato per tutti, ma è essenziale ricordare come un’ampia flessibilità predispone anche ad una maggiore instabilità. Allora è necessario che le catene muscolari siano anche forti e resistenti (resistenza muscolare locale) ad ampi range articolari proprio per garantire stabilità e tolleranza all’allungamento. Allo stesso tempo questo non è sufficiente, in quanto il sistema motorio deve anche essere in grado di contrarre e decontrarre la muscolatura con il giusto ritmo, accoppiando e combinando correttamente i movimenti; è qui che entra in gioco l’aspetto coordinativo.
Ma facciamo un esempio per chiarire meglio; durante un contromovimento (o un cambio di direzione prossimo ai 180°) è fondamentale che il calciatore sia in grado di ampliare la sua base di appoggio (mobilità delle catene) al fine di orientarsi verso la direzione di corsa finale; allo stesso tempo, le catene muscolari devono essere in grado di tollerare il grado di allungamento (ad esempio gli adduttori) ed applicare un livello adeguato di forza (nel core) per inclinare il busto nella nuova direzione di corsa. Le condizioni elencate sopra, non saranno sufficienti se l’atleta non sarà anche in grado di controllare il movimento, reclutando la muscolatura con la giusta sequenzialità, intensità e precisione, sfruttando i feedback percettivi nel migliore dei modi.
In questo post andremo ad analizzare una tipologia di esercitazioni (rapidità coordinativa) che, tra le altre, ritengo allenante per la coordinazione dei movimenti.
Cosa si intende per rapidità coordinativa e per cos’è utile
Personalmente utilizzo questo termine per tutte quelle esercitazioni specifiche a secco in cui la complessità (difficoltà motoria) dei movimenti richiesti è elevata, e vengono svolti a livello massimale o submassimale.
Per fare un esempio, una navetta massimale 10+10m non lo inserisco in questa categoria, quanto invece la metto tra le esercitazioni di rapidità analitica. Una navetta 10+10m con un miniostacolo in prossimità del cambio di direzione (da affrontare sia all’andata che al ritorno), la considero invece un mezzo di rapidità coordinativa in quanto la presenza dell’attrezzo aumenta il tasso di difficoltà dei movimenti richiesti. È comunque una suddivisione mia personale, di natura metodologica, che chiunque può modificare; quello che è importante comprendere, sono gli effetti o i benefici. Ne elenco alcuni sotto:
Riscaldamento: se affrontati con difficoltà ed intensità progressiva durante l’allenamento, aiutano l’organismo a prepararsi per le fasi successive e a prevenire gli infortuni.
Tecnica e rapidità: qualsiasi preparatore atletico che ha conseguito la laurea in Scienze Motorie è a conoscenza del fatto che la coordinazione è la base della tecnica e della rapidità dei movimenti; questo vale dalla scuola calcio, fino alle prime squadre.
Recupero post-infortuni: se correttamente inseriti, permettono di riprogrammare la funzionalità dei movimenti dopo una lesione e/o un periodo di stop. Citando Sergio Rossi, il recupero della forza e delle mobilità non è sufficiente se anche il controllo del movimento non viene ripristinato con la piena efficienza.
Defaticamento: personalmente uso le varianti sottomassimali più semplici della pre-atletica (skip, calciata, aperture, ecc.), alla fine degli allenamenti più impegnativi, in fase di preparazione estiva e richiamo invernale. Se a fine seduta vengono utilizzate spesso posizioni per detendere le catene muscolari, a mio parere è utile abbinare anche le varianti coordinative indicate sopra.
Preparare il giocatore a movimenti “inconsulti” in uno sport in cui la variabilità dei movimenti è particolarmente elevata, aiuta ad essere più efficienti (perché si ha un maggior controllo del corpo) e a prevenire gli infortuni. Quest’ultimo campo credo sia molto importante, in virtù del peso che questi possono avere sull’esito delle partite.
Oggi grazie ad una più accurata comprensione del modello funzionale del calcio, si ha una maggiore conoscenza dell’efficacia dei vari stimoli allenanti per il calciatore; quello che invece è meno conosciuto, è il “come” prevenire gli infortuni. Questo perché l’individualità gioca un peso fondamentale nella predisposizione; di conseguenza un approccio di natura scientifico (o anche solo sperimentale), che tiene conto di un “livello medio”, non va completamente incontro alle esigenze dovute alle singolarità dei vari atleti.
Un lavoro coordinativo impostato correttamente (vedremo sotto qualche esempio) aiuta il giocatore ad essere maggiormente “a proprio agio” nel contesto dell’ampia variabilità dei movimenti del calcio. Ma scendiamo maggiormente nel dettaglio.
Aspetto metodologico
Le variabili delle esercitazioni di rapidità coordinativa sono la difficoltà esecutiva (sempre comunque relazionata al gioco del calcio) che può essere più o meno elevata, e l’intensità, che può essere massimale o sottomassimale. Nell’immagine sotto potete vedere una semplificazione dei possibili campi di applicazione ed obiettivi.
Esercitazioni a bassa intensità ed elevata difficoltà esecutiva
Utilizzo questo metodo principalmente il Mercoledì (dilettanti, 3 sedute totali). Preparo 5 minicircuiti della durata di 5-12” (a seconda dell’intensità); ogni circuito viene occupato da 4-5 giocatori che lo svolgono con continuità (ripetendolo anche 5-7 volte nell’arco dei 2’) con i giusti recuperi. Ogni 2 minuti i gruppi di giocatori cambiano il circuito.
In questi inserisco:
Movimenti che stimolino la frequenza dei movimenti (esempio scaletta, cerchi, paletti, ecc.) in condizioni di difficoltà.
Movimenti che stimolano l’adduzione/abduzione dell’anca e l’allungamento della catena posteriore (classici esercitazioni di “risveglio muscolare” o scivolamenti laterali). Caratteristica di questa tipologia è lo svolgimento di movimenti ampi e lenti.
Andature atletiche con riferimenti (varie forme di skip tra ostacoli) o esercizi propedeutici a movimenti esplosivi.
Clicca sull’immagine per ingrandire
Ovviamente quella dei circuiti non è l’unica soluzione, ma ne esistono diverse; quello che è importante, è una corretta variabilità e progressività esecutiva durante l’anno per avere sempre uno stimolo allenate sufficientemente elevato. Il dosaggio delle ripetizioni è particolarmente importante: ogni circuito dovrà sempre essere eseguito senza che la fatica ne comprometta la corretta tecnica esecutiva, ma che allo stesso tempo lo stimolo coordinativo (difficoltà) sia sufficientemente profondo (anche per numero di ripetizioni ed intensità).
Quello che è importante capire, che i miglioramenti saranno dipendenti dalla variabilità delle esercitazioni; Frans Bosch nel suo libro Allenamento della forza e coordinazione, indica come un’elevata variabilità degli stimoli motori sia necessaria affinche l’organismo riesca a percepire quali sono gli elementi stabili e quelli variabili del movimento, per sapersi adattare nel miglior modo possibile alla complessità della disciplina.
Non solo, sarà necessario (per fare un buon lavoro) “alzare l’asticella delle difficoltà durante tutta la stagione” per mantenere livelli di difficoltà tali da essere allenanti. In questo contesto, una continua ricerca dei movimenti sempre più impegnativi può dare, a mio parere, molte soddisfazioni; questo perchè della coordinazione è possibile incrementare continuamente il carico allenante senza incrementare il rischio di affaticamenti ed infortuni come invece avviene per la qualità condizionali (forza, velocità e resistenza)
Sotto trovate un ottimo video con tantissime esercitazioni con la scaletta (di difficoltà progressiva), ed a questo link un’alternativa con i coni (intensità leggermente superiore).
Esercitazioni ad elevata intensità ed elevata difficoltà esecutiva
Solitamente sono circuiti in cui viene gestita la coordinazione in condizioni di rapidità esecutiva, che richiedono un elevato turnover delle gambe (cioè una frequenza molto elevata dei movimenti), oltre ad una difficoltà superiore a quella che si incontra mediamente in partita. Questo perché la percezione di una difficoltà elevata, induce una maggior attivazione corticale del movimento (Verkhoshansky N. 2012, pag 42), fornendo uno stimolo allenante maggiore.
Personalmente effettuo 2 serie/circuiti da 4 ripetizioni il Mercoledì (nella fase finale del riscaldamento) e sempre 2 serie/circuiti da 4 ripetizioni il Venerdì prima della rapidità “classica”. Potete trovare alcuni esempi sfruttando l’utilizzo di cerchi, cinesini, traiettorie curvilinee o le Wicket runs.
Altri spunti molto interessanti è possibile trovarli nel libro La corsa del calciatore, Didattica, tecnica, esercitazioni per giovani e adulti di Toffolutti e Di Luca. In questo testo è approfondita la teoria alla base della tecnica di corsa del calciatore, ma soprattutto è possibile vedere diversi esempi per modificare ed ottimizzare le andature, per fornire al giocatore la capacità di adattare lo schema motorio della corsa alla variabilità delle richieste che si presentano in partita; tutto ciò permette al calciatore di adattarsi nel modo migliore ai gesti ad alta intensità, le cui caratteristiche sono quelle che caratterizzano le segnature. Questo è possibile modificando la difficoltà e l’intensità delle esercitazioni; nel testo sono riportate le immagini delle esercitazioni, ma è anche possibile vedere tutti i video grazie ai QR code presenti.
Esercitazioni ad elevata intensità e bassa difficoltà esecutiva
Rappresentano un gruppo di mezzi allenanti più ristretto, ma che a livello di prevenzione infortuni sta raccogliendo sempre più consensi. Faccio l’esempio di molti studi usciti in questi ultimi anni (Malone et al 2018ed altri citati di seguito) che mettono in evidenza come i metri percorsi in allenamento a velocità medio-alta (rettilinei), se progressivamente dosati, sono correlati con un numero inferiore di infortuni ai posteriori della coscia. Questa è in parte una novità in quanto fino a poco tempo fa si era convinti che gli “allunghi” fossero la causa principale delle lesioni a questo gruppo muscolare. Oggi invece si tende ad affermare come siano allo stesso tempo “la causa e la soluzione” (Edouard et al 2019, Hegyi et al 2019, McCall et al 2020); questo perché è stata vista un’elevata eterogenicità del reclutamento dei singoli muscoli che compongono questo comparto dell’arto inferiore tra soggetto e soggetto (Higashihara et al 2017). Di conseguenza gli sprint rappresentano le forme allenanti principali per reclutare in maniera specifica questi gruppi muscolari, più di quanto facciano movimenti funzionali come il single leg deadlift, l’hip trust, il nordic hamstring, ecc.
Personalmente propongo gli sprint (tra i 30-40m) in maniera estremamente graduale il Mercoledì (dilettanti). Affinchè abbiano un buon impatto coordinativo, chiedo che vengano svolti ad intensità quasi massimale (ma non al 100%), con particolare attenzione alla fase lanciata, durante la quale il piede “deve” impattare il più possibile sotto il baricentro.
Infatti, i movimenti del calciatore (fatta di accelerazioni/decelerazioni e cambi di direzione) tendono nel tempo a sviluppare in maniera preponderante i muscoli della coscia, facendo assumere a questi un “peso” eccessivo nel gesto della corsa. In questo modo, il calciatore tende a perdere efficienza in altri gruppi muscolari come i glutei e quelli del polpaccio.
Stimolando invece una corsa ad alta intensità, focalizzandosi con l’appoggio del piede il più possibile sotto al baricentro, si riescono a reclutare anche i gruppi muscolari che meno sono utilizzati nella frequente gestualità del calciatore, limitando parte degli squilibri che possono generarsi (Sannicandro et al 2020); non solo, in questo modo si tende ad anticipare l’attivazione degli estensori dell’anca nel momento che precede l’impatto del piede al suolo, garantendo una maggior spinta orizzontale (Morin et al 2015).
Potete approfondire la metodologia e l’importanza degli sprint in allenamento nel nostro post dedicato alla corsa del calciatore.
Altri movimenti che hanno un’ottima efficacia allenante, sono tutte le andature di pre-atletica ad alta intensità come gli skip (basso/alto, avanti/indietro) nelle varie forme, la corsa calciata, la corsa balzata (alle varie distanze), ecc…purchè introdotte in maniera graduale nel processo d’allenamento.
Esercitazioni a bassa intensità e bassa difficoltà esecutiva
Sono le stesse andature atletiche citate sopra, ma ad intensità più basse; a mio parere hanno un ottimo impatto defaticante a fine seduta, soprattutto se precedute da allungamenti posturali. Per queste “andature” ho preso spunto dal “giro di skip” del metodo Rosser.
La bassa intensità con la quale sono svolte, non comporta nessun affaticamento aggiuntivo, ma aiuta (a mio parere) a terminare l’allenamento con uno stimolo coordinativo che può lasciare le catene muscolari meno “contratte”. Solitamente li propongo durante i periodi in cui si incrementa il carico di lavoro (pre-campionato o richiamo invernale) e in tutte le condizioni in cui c’è la necessità di fare un defaticamento particolarmente efficace, come negli allenamenti inframezzati tra le partite infrasettimanali.
le ritengo utili anche nel riscaldamento/attivazione, quando le condizioni del campo non consentono altri tipi di lavori coordinativi.
Riassunto conclusivo ed applicazioni pratiche
Nei settori dilettantistici, quello che differenzia la coordinazione da altre capacità generali, è la possibilità di migliorarla durante tutta la stagione; mi spiego meglio. Se, ad esempio, per le qualità aerobiche il lavoro è orientato ad un aumento progressivo del carico nella preparazione e nella fase iniziale della stagione (perché migliora la qualità di recupero); nelle fasi successive si tende generalmente a mantenere la condizione con una stabilità del carico allenante o ad un lieve aumento dovuto ad una maggior conoscenza del contesto.
Per quanto riguarda la coordinazione invece, a mio parere è possibile (a pari tempo dedicato) aumentare continuamente il carico, tramite un incremento della difficoltà delle esercitazioni; infatti, i miglioramenti a cui va incontro la coordinazione sono piuttosto stabili, e necessitano molto meno “mantenimento” rispetto alle qualità condizionali (potenza aerobica e qualità neuromuscolari).
Considerando poi che le capacità coordinative sono legate anche alle qualità condizionali (potenza aerobica e rapidità) e tecniche, i potenziali progressi del calciatore durante l’anno diventano possibili, in particolar modo nei settori dilettantistici dove i margini di miglioramento sono maggiori.
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Inauguriamo oggi la sezione “Audio/Video” con la prima parte dei post dedicati alla rapidità nel calcio. Questo primo video tratta la parte dedicata alle “Esercitazioni analitiche mirate all’esecuzione corretta dei cambi di direzione” (vedi primo, secondo e terzo post). Verranno approfonditi i dettagli correttivi relativi al posizionamento dei piedi durante i cambi di direzione, l’inclinazione del corpo e l’importanza della frequenza dei passi anche in funzione della prevenzione degli infortuni.
Tra le variabili dell’esercizio intermittente abbiamo citato l’Intermittent Fittness Test; la sua utilità nel calcio sta nel fatto che (contrariamente agli altri test intermittenti a navetta) oltre a fornire una valutazione delle qualità atletiche del calciatore è in grado di dare indicazioni sui ritmi d’allenamento per le esercitazioni intermittenti con e senza cambi di direzione.
Come altri test analoghi, la velocità finale del protocollo dipende da capacità aerobiche, anaerobiche e neuromuscolari (abilità nei cambi di direzione); inoltre, rispetto al test di Leger, la fatica percepita a chi viene somministrato il test è del 30% inferiore.
PROTOCOLLO VALUTATIVO
È un test a navetta (40 m) in cui gli step di corsa di 30” sono alternati a fasi di recupero (stazionarie o di semplice camminata) di 15”. Il primo step solitamente è corso a 8 Km/h (ma per atleti molto allenati è possibile partire da 10 Km/h) e ad ogni step la velocità viene incrementata di 0.5 Km/h.
Un segnale sonoro fornirà da metronomo per far capire agli atleti quando dovranno transitare agli estremi della navetta (linea A e C) e nella zona centrale (linea B). Ogni linea ha una zona di tolleranza di 3 metri; quando per 3 volte consecutive un atleta non sarà più in grado di raggiungere (in corrispondenza dei “beep” sonori) le aree di riferimento il suo test terminerà e la velocità finale raggiunta sarà la Vift (velocità intermittent fitness test). Com’è facile vedere dalla figura sopra, le fasi di corsa sono rappresentate dalle frecce nere, mentre le fasi di recupero (durante le quali si cammina verso la linea di riferimento più vicina) dalle frecce bianche.
Nella figura sopra invece, è possibile vedere un esempio di mezzo allenante con velocità di riferimento basata sul risultato del test: analogamente all’allenamento intermittente, viene costruito un protocollo di lavoro (15” di fase attiva e 15” di recupero da fermo) basato sulla velocità Vift; in questo caso la fase attiva si corre al 100% della Vift. Il pregio dell’autore (Martin Buchheit) che ha inventato e applicato per più di 10 anni questo protocollo (sia il test che come metodo d’allenamento) è stato quello di riuscire ad utilizzare la Vift come riferimento di protocolli d’allenamento lineari ed a navetta (vedi esempio sotto).
Com’evidenziato nella presentazione dell’autore a pagina 4, è stata effettuata una tabella per poter applicare nella maniera voluta il protocollo d’allenamento. Per il calcio, le variabili più interessanti sono rappresentate nella tabella sotto. In base a quanto consigliato per l’allenamento intermittente, nel calcio è opportuno l’utilizzo della monoserie; per questo motivo è meglio partire da una serie unica e incrementare il carico tramite l’aumento delle ripetizioni nelle sedute successive.
Ma quali grandezze fisiologiche è in grado di stimolare questo mezzo allenante? L’applicazione di protocolli lineari (cioè senza cambi di direzione) ha uno stimolo allenante paragonabile all’intermittente classico, quindi nei confronti della Potenza Aerobica. L’utilizzo di mezzi a navetta è allenante anche nei confronti della rapidità (Potenza Muscolare applicata ai cambi di direzione) assumendo le connotazione di mezzo d’allenamento “misto” che però richiede un maggior grado di freschezza prima di essere effettuato.
Caratteristiche statistiche del test 30-15: come riportato più volte, è importante considerare i requisiti statistici di un test per valutarne l’effettiva utilità dei risultati (Vift in questo caso) ottenuti. Questo protocollo valutativo ha ricevuto diversi approfondimenti scientifici in tal senso: sia l’Obiettività che la Ripetibilità, che l’Economia che la Sensibilità sono buone, quindi è da considerare un test estremamente utile per valutare le qualità del calciatore. Il risultato ottenuto, cioè la Vift, è un dato in grado di esprimere l’insieme di diverse grandezze atletiche (potenza aerobica e rapidità nei cambi di direzione) quindi è da considerare come un risultato in grado di inglobare diverse caratteristiche necessarie nel calcio.
Per Approfondire
Bachar Haydar, Hani Al Haddad, Said Ahmaidi and Martin Buchheit. Assessing inter-effort recovery and change of direction ability with the 30-15Intermittent Fitness Test. Journal of Sports Science and Medicine (2011) 10, 346-354