Gli allenamenti per la maratona
Leave a Comment(Aggiornato al 01/02/2022)
Per ridurre la complessità della preparazione di una maratona è necessario focalizzarsi inizialmente sugli aspetti primari, per poi “scendere” su quelli secondari per rifinire il tutto; è il solito approccio “Top-down”, che aiuta a semplificare notevolmente la programmazione per ottimizzare la programmazione.
Nel precedente post abbiamo visto proprio questi elementi essenziali, come il chilometraggio settimanale, la velocità media degli allenamenti ed il calcolo del Ritmo Maratona (RMAR); in questo, secondo “capitolo” invece andremo a vedere un po’ più nel dettaglio come organizzare le settimane di allenamento e quali sono gli allenamenti fondamentali come i Lunghi e quelli a RMAR.
Per chi non avesse letto il precedente articolo, consigliamo di approfondirlo prima di passare a questo.
Step N° 1: quanti Km nelle settimane di allenamento?
L’incremento progressivo del chilometraggio, e degli allenamenti lunghi, rappresentano gli stimoli principali, soprattutto per chi non è un professionista.
Malgrado questo, sono convinto che per una preparazione fatta bene, debbano essere inserite delle settimane di scarico al fine di dare al runner la possibilità di avere la certezza di recuperare al meglio gli sforzi. Vedremo nel prossimo capitolo come organizzare queste settimane.
Nel precedente articolo abbiamo visto come in linea teorica si dovrebbero correre almeno 60 Km a settimana (in quelle fondamentali) per preparare una maratona; questo nel rispetto dell’incremento del carico.
Ma facciamo un esempio per capirci meglio: un runner che è abituato a correre (nelle settimane di carico più impegnative) 48 Km a settimana quando prepara delle maratonine, dovrebbe incrementare non più del 10-30% il suo chilometraggio settimanale; potrebbe quindi arrivare a 53-62 Km. Questa distanza settimanale è ovviamente riferita alle ultime settimane di carico; a questo chilometraggio ovviamente si dovrà arrivare gradualmente.
Vediamo sotto un esempio di programmazione di un runner (alla prima maratona) abituato a fare 48 Km nelle settimane più impegnative nella preparazione di una maratonina.
L’immagine sopra è solamente a scopo esemplificativo, in quanto molto dipende dalle caratteristiche del soggetto; alcuni runner riescono agevolmente ad incrementare il chilometraggio, mentre altri devono farlo con maggiore gradualità. Solitamente sono i runner resistenti e/o con maggiore forza muscolare a tollerare al meglio un incremento graduale del chilometraggio.
L’immagine sopra è riferita ad un runner alla prima maratona, ma può essere un’indicazione valida anche per atleti esperti che corrono quel tipo di chilometraggio.
Per i maratoneti che invece vogliono migliorare la propria performance, possono agire sulle variabili che abbiamo indicato nel post relativo alle componenti essenziali dell’allenamento del maratoneta; in quell’articolo potete vedere 3 semplici esempi relativi all’incremento del chilometraggio, all’aumento della velocità media degli allenamenti e alla riduzione del grasso corporeo. Ma dopo aver definito il chilometraggio settimanale, passiamo al secondo step.
Step N° 2: inserire i lunghi
Malgrado questa tipologia di allenamento non è una variabile essenziale per la performance in maratona, sono evidenti 2 cose:
- I lunghi permettono di “alzare” il chilometraggio settimanale
- Qualche lungo di lunghezza adeguata è comunque necessario per abituare la parte metabolica ed osteoarticolare a tollerare la durata di una maratona.
Riporto una tabella/esempio della disposizione dei lunghi per il runner (di sopra) che non ha mai corso una maratona.
Nei prossimi capitoli vedremo meglio come può essere fatta la progressione dei lunghi e la velocità alla quale devono essere corsi.
Step N° 3: come modulare l’allenamento
Questo rappresenta sicuramente l’aspetto più difficile, cioè l’eventuale suddivisione in blocchi d’allenamento. Per “blocchi d’allenamento” si intende suddividere l’intera preparazione in 2 o 3 periodi, all’interno dei quali alcune qualità vengono particolarmente stimolate. Ma facciamo alcuni esempi.
Nell’immagine a fianco, tratta dal nostro post sulla periodizzazione dell’allenamento, potete vedere come la suddivisione in periodo Generale e Specifico permetta di incrementare il potenziale del runner, per poi realizzarlo con i lavori più “vicini” ai ritmi di gara. Questo tipo di modello è particolarmente efficace per gare di 21 Km o di lunghezza inferiore. Non è invece particolarmente utile per la maratona, soprattutto per un amatore.
Ma come dovrebbe essere strutturata una periodizzazione per una maratona?
A mio parere dipende dalla tipologia di atleta; un runner alla sua prima maratona (e con sole 12 settimane a disposizione), potrà effettuare un blocco unico nel quale cercare un incremento progressivo dei lunghi e del chilometraggio, con all’interno settimane di scarico (vedi gli esempi riportati sopra).
Un maratoneta esperto che invece ha 16 settimane per preparare la gara, potrà dedicare le prime 4-6 settimane al potenziamento neuromuscolare (Forza/Velocità) e/o alla Velocità di gara, mentre la seconda parte all’incremento del chilometraggio ed al RMAR.
Di norma, si può affermare che, per un amatore, le ultime 10-12 settimane devono essere prevalentemente dedicate all’incremento del chilometraggio (ed al RMAR), mentre quelle precedenti allo sviluppo delle qualità neuromuscolari (Forza/Velocità) e/o alla velocità di gara. Inoltre, più l’atleta è esperto e più tempo potrà dedicare a queste ultime 2 qualità; allo stesso modo, anche un elevato chilometraggio settimanale (se rappresenta la norma) può propendere a dedicare più tempo al primo blocco.
Nell’immagine sopra potete vedere un riassunto concettuale, ma che rappresenta solamente un criterio di massima, in quanto le strade per preparare la maratona possono essere diverse e possono anche tenere conto delle caratteristiche del soggetto.
Mi permetto di fare solo 2 ultime precisazioni:
- Più corto è il blocco iniziale e più leggeri dovranno essere i lavori generali (Neuromuscolari e Velocità di Gara); inoltre dovranno essere introdotti con estrema gradualità, dando la precedenza e la preferenza ai lavori di forza. Questo perché in questa fase il livello d’allenamento (e di conseguenza la capacità di recupero) è limitata.
- Anche nel secondo blocco si lavorerà su queste qualità, ma in maniera tale da non andare ad interferire con l’aumento del chilometraggio.
Se sei in cerca di tabelle professionali ti consiglio il libro di Fulvio Massini (Tipi che corrono), nel quale i vari programmi sono adattati a 3 livello d’allenamento per andare incontro alle esigenze di tutti.
Bene, ora passiamo ad analizzare i vari mezzi d’allenamento; leggete attentamente, perché anche il modo con il quale vengono affrontati determina lo stimolo allenante.
Il lungo del maratoneta
Rappresenta l’allenamento fondamentale per gli amatori, perché permette di abituare/migliorare la tolleranza dell’organismo allo sforzo particolarmente prolungato. Inoltre, contribuisce a “costruire” il chilometraggio settimanale necessario per correre la maratona.
La maggior parte dei tecnici consiglia di incrementare gradualmente la distanza fino ad arrivare a 32-35 Km o 3 ore; in ogni modo non si dovrebbe mai andare oltre le 3 ore, altrimenti il tempo necessario per recuperare questo tipo di sforzo sarebbe eccessivo e verrebbe compromessa la settimana successiva di allenamento, oltre ad incrementare il rischio di infortuni.
Come distribuire questi allenamenti?
Orlando Pizzolato consiglia la seguente progressione nelle ultime 12 settimane di allenamento: 1h30’ (o 20 Km), 1h45’ (o 23 Km), 2h (o 25 Km), 2h15’ (o 28 Km), 2h30’ (o 30 Km), 2h45’ (o 32 Km), 3h (o 35 Km).
Personalmente, agli atleti abbastanza esperti che alleno faccio fare: 4 lunghi da 20-25 Km + 2 da 25-29 Km + 2 oltre 30 Km (non più di 2h45’-3h00’). Ai più allenati (e che hanno più pazienza) aggiungo fino ad un paio di lunghi tra i 25-30 Km.
Come più volte ripetuto, non è così importante fare tanti lunghi quanto invece lo è il chilometraggio dell’intera settimana; in ogni modo, i lunghi contribuiscono proprio ad incrementare tale chilometraggio ed abituano l’organismo a tollerare lo sforzo prolungato che incontrerà poi in gara.
Solitamente il lungo più impegnativo (ad esempio quello di 3 ore o 32-35 Km) viene effettuato a 21 giorni dalla gara, per dare tempo al fisico di smaltirne completamente la fatica.
Ovviamente questa non deve essere una legge particolarmente ferrea, ma dipende anche dalle caratteristiche del runner; ad esempio, un runner con caratteristiche resistenti o particolarmente abituato a correre le maratone, può effettuare il più “impegnativo” anche 14 giorni prima della gara. Personalmente mi è capitato di allenare un podista estremamente esperto e con caratteristiche particolarmente “resistenti”, che 14 giorni prima della maratona ha corso un’Ultra collinare di 50 Km (senza forzare) con impatto estremamente positivo sulla 42,195 Km; questo esempio rappresenta un’eccezione piuttosto che la regola, ma fa capire come l’individualizzazione dell’allenamento giochi un ruolo fondamentale.
A quale ritmo va corso il lungo?
Molte volte viene indicato di correre il lungo in riferimento al RMAR, ma senza fare importanti considerazioni; prendendo spunto dal foglio di calcolo di Ranucci-Miserocchi e dal nostro articolo sui ritmi di corsa continua, possiamo fare alcune interessanti semplificazioni.
- Per chi corre la maratona in 3h30’-4h, il RMAR è sovrapponibile alla Corsa Lenta.
- Per chi la corre in 3h15’, il RMAR cade nella Corsa lunga svelta (CLS).
- Per chi ambisce ad un tempo sotto le 3h-3h10’, è sovrapponibile alla Corsa media.
Questo significa che un maratoneta da più di 3h15’, correndo il lungo di CL o CLS lo effettua già al RMAR.
Per chi ambisce ad un tempo inferiore alle 3 ore, correre i lunghi di distanza maggiore al RMAR (cioè di CM) sarebbe una “faticaccia enorme”…e probabilmente difficile da realizzare.
Dal punto di vista oggettivo, saremmo quindi portati ad indicare di correre i lunghi a CL-CLS per chi ambisce a correre la maratona sopra le 3h-3h10’; per chi invece dovrebbe chiudere i 42.195 Km sotto le 3h-3h10’, si potrebbe ipotizzare di effettuare il lungo sempre di CL-CLS, e se le condizioni a fine allenamento lo consentono, di terminare l’allenamento in progressione di CM (senza esagerare).
E se facessi un lungo collinare? Come dovrei comportarmi visto che in salita/discesa il consumo energetico è diverso?
Quello che è importante comprendere, è che un lungo dovrebbe essere un allenamento impegnativo, ma recuperabile nel giro di 2-3 giorni per non andare a compromettere il resto della preparazione. Mi spiego meglio; se corro un lungo la Domenica e nell’allenamento del mercoledì sono ancora affaticato, allora significa che ho effettuato il lungo troppo velocemente o la progressione chilometrica che sto applicando è troppo “incalzante”. Allo stesso tempo, se finisco il lungo “raschiando il barile”, cioè rallentando vistosamente nella fase finale, allora vuol dire che la velocità che ho tenuto nella parte finale è stata eccessiva o l’allenamento è stato troppo lungo.
Se i 2 casi citati sopra (recupero difficile e raschiamento del barile) accadono 1 volta all’interno di un’intera preparazione non è un problema (sarebbe la norma); anche 2 volte (ma non consecutive) nel caso in cui la preparazione sia di 16 settimane.
Sono comunque segnali che indicano come il lungo sia stato corso a velocità troppo alta, o che la progressione chilometrica che sto utilizzando è eccessiva; in questi casi, è necessario ridimensionare i parametri (velocità o lunghezza) dei lunghi successivi.
Ma è lo stimolo biologico dell’allenamento ad essere importante, non tanto i parametri oggettivi della velocità; ad esempio, nel caso in cui abbia fatto una settimana pesante di allenamenti e percepisca di non aver ancora recuperato del tutto, allora potrò correre il lungo più lentamente rispetto ad una maggiore condizione di freschezza.
Per questo motivo ben vengano i lunghi collinari, più divertenti e che aggiungono un blando stimolo di potenziamento; come potete vedere dal nostro articolo sulle corse continue, l’intensità di un’andatura è regolabile non solo dal GPS, ma anche dalla percezione dello sforzo. In questo modo non è necessario guardare (e nemmeno utilizzare) il GPS per monitorare la velocità di un lungo.
Per chi corre frequentemente con salite/discese, dovrebbe solitamente ricordarsi che almeno il 50-60% dei chilometri dell’intera settimana andrebbero corsi in piano (ovviamente se la maratona è pianeggiante) per una sorta di specificità dello stimolo allenante.
Come ridurre la percezione di fatica dei lunghi
Oltre a correre i lunghi collinari piuttosto che in pianura, esistono altre strategie per ridurre l’eventuale disagio di questo tipo di allenamenti. Il primo è quello di correrne almeno una parte in compagnia; se si effettua il lungo la Domenica mattina, sarà normale conoscere altri runner che si allenano in quel momento della giornata, per fare almeno una parte dell’allenamento insieme. Va da sé che l’intensità dovrà anche poi essere tarata dal compromesso di correre insieme ad altre persone.
Altra opzione è quella di partecipare a delle “Non competitive”; infatti, di questo tipo di manifestazioni ne esistono anche di lunghezza pari o superiore ai 25 Km. Partecipando a queste, sarà possibile usufruire dei ristori e correre alcuni tratti in compagnia di altri runner. Anche nel caso in cui il percorso sa solo di 12 km, sarà possibile fare un paio di giri ed aggiungere qualche Km in più in solitudine (se necessario).
Anche la partecipazione a gare di 30 Km può essere utile al fine di preparare una maratona; l’unica accortezza è quella di non partecipare alla gara per “dare il meglio di sé stessi”, ma per fare un allenamento proficuo in vista della maratona. In questi casi, per non farsi prendere dall’adrenalina, è consigliabile stabilire a priori un ritmo da tenere, sforzandosi di non andare oltre ad una certa intensità; correre troppo velocemente una gara del genere, potrebbe portare ad affaticamenti che possono poi compromettere il resto della preparazione. Anche per questo, consiglio di non svolgere per 3-4 giorni (dopo la 30 Km) allenamenti impegnativi, per evitare di sovraccaricare l’organismo. È ovvio che la partecipazione a gare di questa distanza debba essere fatto solamente nel momento della preparazione nel quale si è in grado di tollerare questo chilometraggio.
Allenamenti a RMAR
Abituarsi a correre a RMAR, soprattutto nella parte finale della preparazione, aiuta il runner a stabilizzare ed economizzare i meccanismi metabolici e biomeccanici che avvengono a quel determinato ritmo.
Come abbiamo visto prima, è ovvio che l’interpretazione di questo tipo di andatura è da commisurare al tempo finale; mi spiego meglio con alcuni esempi.
Per un atleta con una proiezione finale superiore alle 3 ore e 30’, il RMAR si sovrappone alla CL; per questo motivo, nella maggior parte degli allenamenti effettuerà già questo ritmo.
Per un runner la cui ipotesi di tempo finale sia compresa tra le 3h15’ e 3h30’, il RMAR corrisponderà indicativamente alla CLS (Corsa lunga svelta); in questo caso sarà conveniente inserire anche degli allenamenti a questo ritmo, o cercare di correre a questa andatura in una parte dei lunghi. La CLS non è comunque un’andatura impegnativa, quindi è abbastanza semplice inserirla all’interno di alcuni allenamenti.
Diverso è per un atleta che ha una proiezione sotto le 3h-3h10’; in questo caso probabilmente il RMAR cade nella Corsa media (CM), un’andatura da effettuare quando si è in condizioni di sufficiente freschezza. Può essere inserita nella parte finale dei lunghi (se si percepisce, quel giorno di stare bene) o in allenamenti specifici, soprattutto nell’ultima fase della preparazione.
Ovviamente le proiezioni indicate sopra sono solo a scopo esemplificativo, in quanto il RMAR (come abbiamo visto nel post precedente) dovrebbe essere calcolato con estrema cura.
Inoltre, in allenamento si può correre con una tolleranza di circa 4-5”/Km; in altre parole, se il RMAR è di 4’30”/Km, in allenamento si può correre tra 4’25” e 4’35”/Km.
Analogamente per i lunghi, può essere profittevole sfruttare maratonine o anche delle “non competitive” per correre a questo ritmo.
Soprattutto per chi ambisce a correre la maratona sotto le 3 ore, gli allenamenti a RMAR (soprattutto nella prima parte della preparazione) possono essere fatti sottoforma di ripetute lunghe di 3-4 Km con recupero di 1 Km CL (non corsa blanda), per un volume totale a RMAR che va dai 10 ai 20 Km.
Per chi invece ha una proiezione oltre le 3h30’, è possibile inserire queste andature all’interno delle fasi lente degli Interval training, preferibilmente nella parte centrale-finale della preparazione.
Gli allenamenti complementari
Prima di passare al concetto ed alla gestione delle settimane di scarico (fondamentali le ultime 2-3 prima della gara), faccio un breve elenco degli allenamenti complementari più importanti per la maratona; questi, sono mezzi allenanti come la CL o quelli per migliorare le qualità neuromuscolari (corse con salite) o la Velocità di gara (ripetute, allenamenti intermittenti, ecc.). Ma vediamo ora alcuni esempi
La Corsa lenta rappresenta sicuramente il mezzo principale, che permette di definire il volume settimanale; nel nostro post dedicato alle corse continue potete leggere come interpretare correttamente questo tipo di andatura.
Gli allenamenti per le componenti neuromuscolari sono invece molto importanti nella prima fase della preparazione, in quanto permettono di strutturare la resistenza muscolare locale e la Velocità del runner, qualità fondamentali per correre veloce ed evitare cali di rendimento muscolare negli allenamenti più lunghi ed in gara; quest’ultimo fattore è molto importante e si sviluppa con mezzi allenanti (come le salite) in grado di mettere in difficoltà la tecnica di corsa del runner. Consiglio di approfondire nel dettaglio questo argomento, non solo in funzione della maratona, ma per tutta la propria carriera podistica; potete trovare un ampio e chiaro approccio nel nostro post dedicato alla forza ed alla velocità del runner. Se sono qualità (soprattutto la forza muscolare) importanti nella prima parte, andrebbero comunque “mantenute” con volumi più bassi per tutta la preparazione.
Chiudiamo con gli allenamenti per la Velocità di gara; questi sono solitamente mezzi in cui l’intensità è superiore al 10% di quella di gara; ad esempio per un maratoneta da 4 ore, già la CM è un allenamento per la velocità di gara. Chi invece ha una proiezione sotto le 3 ore (in cui la CM è il ritmo gara) dovrà preferire allenamenti in forma di ripetute, fartlek, intermittenti, ecc. In ogni modo, anche i maratoneti da 4 ore saltuariamente dovrebbero inserire ripetute, fartlek o intermittenti (anche se con volumi bassi) per mantenere l’elasticità muscolare. Questa tipologia di allenamenti è da “diluire” in tutta la stagione (soprattutto nella prima parte), ma con volumi inferiori rispetto a chi prepara gare di 10-21 Km, in quanto le risorse psico-fisiche andrebbero indirizzate verso gli stimoli più importanti per la maratona. Trovate tutti i mezzi allenanti dedicati alla velocità di gara nel nostro capitolo dedicato agli ingredienti dell’allenamento del runner.
Consiglio sempre il libro di Fulvio Massini (Tipi che corrono) per chi è alla ricerca di tabelle professionali adatte a tutti i podisti.
Le 3 settimane che precedono la gara
Se la preparazione è stata svolta nel migliore dei modi, solitamente nelle ultime 3 settimane si assiste ad un progressivo calo dell’impegno degli allenamenti al fine di trovare la massima freschezza psico-fisica in vista della gara. Non è un calo netto del carico di lavoro, ma un decalage progressivo; vediamo sotto un esempio:
- A 3 settimane dalla maratona il volume (chilometri totali settimanali) viene ridotto del 10-15% (rispetto alla settimana con il maggiore chilometraggio); il lungo (solitamente 14-15 giorni prima della gara) viene “accorciato” del 10-20% e si mantengono stimoli allenanti come il RMAR. I lavori di maggiore intensità (velocità di gara e neuromuscolari) devono essere fatti eventualmente solo per il mantenimento.
- A 2 settimane dalla gara il volume si riduce del 20-25% (rispetto alla settimana con maggiore chilometraggio della preparazione); il weekend prima della gara si corre solitamente un allenamento di 15-18 Km, a seconda di quanto si percepisce di aver recuperato in questa fase. In un paio di allenamenti (non impegnativi) dovrebbero essere inseriti diversi Km a RMAR. I lavori Neuromuscolari e di velocità di gara possono essere fatti (se l’atleta ne trae beneficio e se si ritiene necessario) con volumi estremamente bassi.
- L’ultima settimana prima della gara invece è estremamente soggettiva; è ovvio che il volume deve essere ulteriormente ridotto; è comunque consigliabile effettuare 5 Km a RMAR nella prima parte o a metà settimana. Il giorno che precede la gara è possibile fare una corsetta di 10-30’ a velocità più lenta del solito.
Quello presentato sopra è solo un esempio; infatti, alcuni maratoneti si limitano a sole 2 settimane. Quello che è importante comprendere, è che maggiore è il grado di affaticamento raggiunto a 2-3 settimane dalla gara, e maggiore sarà la necessità di ridurre il carico di lavoro per ritrovare freschezza psico-fisica. Ma le ultime 2-3 non sono le uniche settimane in cui è necessario inserire momenti di scarico. Vediamo meglio nel prossimo capitolo.
Le settimane di scarico all’interno della preparazione
In base alla mia esperienza, introdurre una settimana di scarico ogni 2 settimane di carico aiuta il runner ad avere la certezza di recuperare gli allenamenti impegnativi e prevenire gli infortuni. È comunque da considerare che queste sono da considerare settimane di allenamento a tutti gli effetti; cioè, se all’interno della preparazione effettuo 6 settimane totali di carico e 6 settimane di scarico (incluse le ultime 3), dovrò considerare il periodo preparatorio di 12 settimane. Anche il chilometraggio delle settimane di scarico (ad eccezione di quella che precede la gara) viene conteggiato per la media totale dei Km effettuati.
Quello che è importante comprendere, è che le settimane di scarico devono dare una sorta di alleggerimento del carico allenante, ma non eccessivo, altrimenti si perderebbe la continuità degli allenamenti. Di norma il volume è ridotto del 10-20%, a seconda della necessità di recuperare, ma dipende molto dalle caratteristiche dell’atleta; atleti “veloci” di norma necessitano di una riduzione maggiore rispetto a runner “resistenti”. Anche elevati livelli di forza muscolare aiutano a recuperare meglio. Scrivo sotto alcuni consigli estremamente pratici in aggiunta alla riduzione del volume indicato sopra.
- Programmare allenamenti con margini di tolleranza in maniera tale da adattarli alla situazione: esempio, invece di programmare 11 Km di CL, si può indicare 9-12 km di CL.
- Correre per alcuni allenamenti più lentamente del solito; aiuta tantissimo a mantenere il volume ed allo stesso tempo ridurre lo stress sulle strutture muscolo-scheletriche.
- Evitare o limitare al minimo gli allenamenti intensi (neuromuscolari o di velocità di gara)
- È possibile fare una gara (non al massimo delle proprie possibilità) od un allenamento particolarmente impegnativo nel weekend, a patto che il resto della settimana sia stato sufficientemente “leggero” da rigenerare in gran parte le risorse psico-fisiche dell’atleta.
Consigli finali e conclusioni
Bene, siamo giunti alla fine della seconda parte dedicata alla maratona; abbiamo visto quanti Km fare per preparare una maratona, e come distribuire le intensità ed i volumi (carico e scarico) all’interno della preparazione. Abbiamo anche analizzato i mezzi allenamenti più importanti (lunghi e RMAR) e quelli complementari.
Prima di concludere, mi limito a darvi 2 consigli: il primo è quello di cercare dei compagni di allenamento. Questo “alleggerisce” notevolmente il carico mentale della fatica. Ovviamente non tutti i runner sono uguali, quindi quando ci si allena in gruppo è sempre bene utilizzare ritmi che vadano bene per tutti; se fai meno fatica negli allenamenti in compagnia, avrai altri allenamenti in solitudine per caricare maggiormente.
Altro consiglio è riferito alle proprie ambizioni cronometriche; nel precedete post abbiamo visto le variabili che possono influire sul tempo finale. Per ottimizzare ulteriormente la performance (per chi ne ha il desiderio) consiglio di scegliere una maratona vicino a casa, in maniera tale, la notte, di dormire nel proprio letto e non doversi alzare troppo presto la mattina.
Come conclusione, vi anticipo quello che troverete nell’ultimo post (l’ultimo sulla maratona), cioè i marginal gains del maratoneta; andremo ad analizzare tutti i “dettagli” che, se sommati, possono aiutare ad ottenere miglioramenti evidenti non solo in maratona, ma anche altre competizioni di durata come i Trail.
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Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico AC Sorbolo, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it