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  1. Come si prepara una maratona

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    (Aggiornato al 23/01/2022)

    Per preparare una maratona serve un approccio Top-down, cioè capire inizialmente quali sono i presupposti essenziali per prenderne parte e di conseguenza come strutturare l’allenamento.

    I vari programmi che si possono trovare in rete sono tutti diversi, ma allo stesso tempo tutti uguali, nel senso che seguono i corretti principi logici che stanno alla base della preparazione di una maratona.

    In questo post vedremo i principi logici fondamentali, e più precisamente risponderemo ai seguenti quesiti:

    1) Come capisco se sono pronto per iniziare a preparare una maratona?

    2) Quali sono le variabili dell’allenamento che influiscono maggiormente sul tempo finale?

    3) Come definire il ritmo teorico della maratona (RMAR)?

    Questo articolo è stato scritto sia per i principianti che voglio approcciare con gradualità a questa distanza, sia per podisti esperti che vogliono approfondire gli elementi dell’allenamento che permettono di massimizzare la performance.

    Tutti potranno trovare informazioni utili; ma passiamo subito alla prima parte del nostro post.

    Perché non è necessario correre una maratona

    Il titolo di questo capitolo potrà sembrare in controtendenza con il senso dell’articolo, ma leggendolo con attenzione, capirete che non lo è. Già perché preparare una maratona e correrla, mette a dura prova l’organismo dal punto di vista psico-fisico.

    Vediamo ora 2 scenari abbastanza tipici:

    • Il primo prevede di iniziare a preparare una maratona senza avere le giuste basi di allenamento, sia in termini di velocità, che di abitudine a fare certi carichi di lavoro. Le conseguenze concrete sono quelle di andare incontro ad infortuni o pesanti affaticamenti durante la preparazione con conseguente rinuncia a correre la gara o il prenderne parte senza un’adeguata preparazione; per quest’ultimo punto, vi rimando al seguente scenario.
    • Il secondo scenario è la partecipazione alla gara senza un’adeguata preparazione: ciò può avvenire a causa di intoppi nell’allenamento o a causa di una preparazione insufficiente dovuta alla mancanza di attività di base (poca abitudine ad effettuare un chilometraggio adeguato o primati insufficienti sulle distanze inferiori). Questo secondo scenario può prevedere magari di portare a termine la maratona, ma potrà lasciare un “fardello psico-fisico” che per molto tempo causerà demotivazione (e/o infortuni), con il rischio di un lungo periodo di inattività o un ridimensionamento eccessivo della pratica sportiva.

    Ovviamente questi sono scenari ai quali chi è motivato a correre una maratona (senza averne i requisiti, magari inconsapevolmente) non immaginerà mai potranno capitargli, ma sono molto più frequenti di quanto si possa pensare; allora cosa fare?

    La soluzione migliore credo possa essere quella di affidarsi a parametri abbastanza oggettivi, in maniera tale da poter capire con un maggiore approssimazione (la certezza non esiste) se si è pronti o meno per intraprendere questo viaggio (preparazione + gara).

    maratona atene 1896

    Prima di vedere questi pre-requisiti, credo sia importante fare alcune considerazioni sulla corsa e sulla maratona; chi corre a livello amatoriale lo fa prima di tutto per il piacere che quest’attività infonde, sia durante l’allenamento che nel resto della giornata. Infatti, i benefici dell’attività sportiva sono noti da tanto tempo e permettono a tutti gli effetti di avere una vita migliore.

    Credo che ognuno di noi abbia iniziato a correre per i motivi più disparati…chi per dimagrire, chi per noia, chi per passare del tempo con amici, ecc. Ma ad un certo punto, ognuno di noi ha deciso di continuare a correre per il “piacere che quest’attività infonde”; poi per molti sono arrivati anche altri obiettivi, come gareggiare o migliorare sé stessi.

    Ma ricordatevi sempre che è il “piacere che la corsa infonde” a determinare il nostro benessere, e non le gare o l’aspetto “social”; di conseguenza ben venga la partecipazione alle competizioni o il correre in compagnia, ma dovranno sempre essere subordinate al piacere della corsa.

    In altre parole, se io corro esclusivamente per battere il mio “avversario”, se sono motivato solo se corro con gli altri, oppure se voglio fare una maratona solo perché “trascinato” dai propri compagni d’allenamento, allora credo sia giusto fare una riflessione sulle motivazioni attuali, altrimenti questa sarà la strada che mi potrà portare nel tempo verso l’abbandono della corsa.

    Ecco perché è importante prima capire se si è nelle condizioni di poter preparare e prendere parte ad una maratona; è quello che vedremo nel prossimo capitolo.

    Sono pronto per preparare una maratona?

    L’aspetto più delicato della maratona non è la gara in sé, ma la preparazione fatta di Km ed allenamenti impegnativi; infatti, se al 35° Km non ce la farò più dalla fatica, possono comunque camminare e portare a termine la gara. Ma se durante le settimane di preparazione vado a sovraccaricare un fisico non ancora pronto a sostenere quel tipo di allenamento, allora rischierò seriamente di infortunarmi o di andare incontro a quelle famose “demotivazioni” di cui abbiamo sopra.

    Secondo la mia formazione tecnica e la mia esperienza di runner ed allenatore, i prerequisiti per capire se è possibile iniziare una preparazione per la maratona sono 2:

    • Estrapolare (dalle precedenti competizioni) un tempo teorico finale inferiore alle 4 ore: vedremo meglio nell’ultimo capitolo come effettuare questa semplice operazione. Indicativamente, è necessario correre in almeno 1h47’-1h51’ una maratonina recente.
    • Avere la percezione concreta e realistica di riuscire ad effettuare almeno 60 Km a settimana (in alcuni periodi) con lunghi che arrivano fino alle 3 ore (o 32-35 Km): questo perché altrimenti non possibile preparare adeguatamente questo tipo di competizioni.

    Ovviamente i parametri indicati sopra sono relativi a chi non ha mai corso una maratona; per chi è più esperto e rientra tranquillamente in questo tipo di parametri, può passare direttamente al capitolo dedicato ai “fattori cardine per la preparazione di una maratona”.

    preparazione maratona
    Clicca sull’immagine per ingrandire

    Ma perché ho indicato un tempo teorico di 4 ore?

    Ovviamente è indicativo e riferito alla “media”; quello che è importante capire, è che il correre il tanto tempo lentamente, porta con sé tantissimi fattori rischio. Il primo è ovviamente relativo alle strutture osteoarticolari, mentre il secondo di natura motivazionale (che per ora tralasciamo).

    Nella mia carriera da runner e tecnico, ho visto smettere tanti podisti per motivi legati all’usura di natura fisica dell’apparato osteo-articolare; la maggior parte ha concluso la loro carriera per problematiche relative alle ginocchia ed una parte meno consistente per difficoltà legate alla schiena. Non ho mai visto nessuno smettere per problematiche relativi ai muscoli e tantomeno ai tendini (malgrado siano gli infortuni più frequenti).

    Cosa significa tutto questo?

    Vuol dire che le strutture (ginocchio e schiena) che sono maggiormente sollecitate da alti volumi ad intensità molti basse sono quelle che potranno poi mettere fine alla carriera di un runner.

    Ovviamente esistono anche altri motivi che agiscono sull’usura, come un tecnica di corsa inappropriata, la carenza di forza muscolare, o banalmente quante maratone si corrono durante l’anno; ad esempio, è meno “usurante” correre una maratona all’anno in 4h01’ che finire 5 maratone all’anno in 3h58’.

    Per questo motivo, credo che 4 ore sia il tempo limite (teorico ed approssimativo) oltre il quale è meglio desistere a preparare una maratona.

    Allora cosa fare se non posso preparare una maratona?

    Prima di tutto ricordati i motivi per i quali corri (ne abbiamo parlato sopra) e vedrai che con una breve riflessione troverai nuove motivazioni. Ad esempio, puoi continuare a cercare di migliorarti sulle distanze inferiori (10Km o maratonine); c’è la possibilità, nel tempo, di riuscire a rimanere sotto quel tempo teorico nella mezza di 1h47’-1h51’  che potrebbe poi darti la conferma di essere pronto (in presenza della disponibilità di correre un corretto volume di allenamento) anche per i 42.195 Km. Oppure puoi dedicarti ai Trail; questo tipo di competizioni è molto apprezzato perché i problemi legati all’ansia della performance vengono meno. Infatti, il correre su un terreno vario aiuta a “far passar velocemente” il tempo, abbassando notevolmente la percezione della fatica; personalmente in uno dei miei primi trail mi è capitato di guardare l’orologio dopo ben 1 ora dalla partenza…mentre nelle gare su strada capita praticamente ogni Km.

    Inoltre, di trail ne esistono veramente di tutti i tipi e di tutte le distanze; sarà quindi facile trovare quello più adeguato alle proprie caratteristiche.

    Principianti e non solo: da zero a maratona

    Sopra abbiamo visto come il tempo teorico della maratonina fornisce un indizio valido per capire se posso essere pronto o meno per affrontare la preparazione di una maratona. Ma come faccio a capire se sono pronto a partecipare ad una maratonina?

    Allora, fermiamoci un attimo e proviamo ad ipotizzare tutti gli step teorici che un principiante (che non ha mai corso) dovrebbe affrontare prima di preparare i fatidici 42.195 Km.

    Non solo i principianti, ma tutti i runner aspiranti maratoneti potranno inserirsi in questa serie di step, ed affrontare con estrema gradualità tutti i passi che possono portare tramite a traguardi intermedi al proprio obiettivo.

    requisiti per correre maratona

    L’immagine sopra è molto semplice; per chi, ad esempio, non ha mai corso, o corre da poco tempo, lo step N° 1 è quello di riuscire a correre 1 ora di continuo senza fermarsi. Nel nostro post dedicato ai principianti trovate una tabella adatta a tutti; è sufficiente avere l’idoneità medica per poter iniziare il programma.

    Lo step N° 2 è quello di riuscire a correre 10 Km in meno di 1 ora per poter partecipare alla prima gara di 10 Km senza il “timore” di arrivare ultimi; in questo caso potete leggere il nostro post dedicato proprio alla prima gara sui 10 Km.

    Con lo step N° 3 cominciano le prime difficoltà; l’obiettivo infatti è quello di riuscire a correre una gara di 10 Km in meno di 51-54’; questa è una condizione necessaria (a mio parere) per poter preparare la vostra prima maratonina e riuscire a concluderla in un tempo inferiore alle 2 ore. Per i dettagli, potete leggere il nostro post dedicato alla preparazione della maratonina per principianti.

    Bene, come abbiamo visto sopra, un tempo tra 1h47’ e 1h51’ sulla mezza può indicare (riuscirci, rappresenta lo step N° 4) la probabilità di essere pronti ad affrontare la preparazione di una maratona…sempre se si è disposti a sobbarcarsi il carico di lavoro allenante.

    Con questo metodo dei 4 step si riusciranno ad avere degli obiettivi intermedi che ci faranno capire passo dopo passo come sta evolvendo il nostro percorso verso la maratona, e se ci sono i presupposti per poterla preparare.

    Ma una volta raggiunto l’obiettivo di aver corso la mezza in 1h47’-1h51’, quanto tempo sarà necessario per preparare una maratona? Come dovrà essere strutturato l’allenamento?   Lo vedremo nel prossimo capitolo.

    I fattori cardine nella preparazione della maratona

    Prima di approfondire il discorso sull’allenamento, cerchiamo di chiarire quante settimane sono necessarie per preparare una maratona. Di norma sono consigliate da 10 a 16 settimane, a seconda del grado di esperienza del runner; ad un maratoneta esperto che desidera concludere la gara partendo già da una buona condizione di forma, probabilmente 10 settimane sono sufficienti per prepararla in maniera dignitosa; per un principiante, o per chi desidera preparala con la massima meticolosità, 14-16 settimane possono considerarsi necessarie.

    Ma passiamo ora agli elementi essenziali dell’allenamento che influiscono sul tempo finale della maratona; dal 2012 ad oggi in bibliografia internazionale sono stati effettuati alcuni studi su larga scala per identificare quali caratteristiche del maratoneta e dell’allenamento fossero maggiormente correlate con la performance finale (Tanda et al 2013, Barandun et al 2012, Schmid et al 2012, Salinero et al 2017, Gordon et al 2017).

    Non tutti gli studi hanno indagato le stesse variabili, ma dai risultati è possibile riassumere che la prestazione finale dipenda principalmente dai Km effettuati, dalla velocità media degli allenamenti e della percentuale di grasso corporeo; possono sembrare risultati banali, ma son quei “parametri” che devo primariamente considerare quando effettuo una tabella di preparazione per una maratona.

    allenamento maratona

    Questo semplifica notevolmente il lavoro per chi è soprattutto alla prima maratona o per chi vuole migliorarsi agendo su un singolo parametro fondamentale minimizzando il rischio di sovraccarico. È però da precisare che queste variabili possono avere un’influenza sulla performance che va dal 44 al 60%; cosa significa?

    Vuol dire che ognuno di questi singoli parametri (velocità media degli allenamenti, Km totali o percentuale di grasso corporeo) influiscono per circa la metà della prestazione; l’altra metà dipende da altri fattori che possono essere relativi alle caratteristiche del soggetto, dallo stile di vita, dalla tipologia di allenamenti affrontati, ecc.

    Ma lo studio più interessante attualmente è quello di Tanda et al 2013, in cui venne estrapolata (dai dati ottenuti) una formula che in base a queste 3 variabili (velocità, Km e grasso corporeo) è in grado di predire il tempo finale della maratona (ovviamente con una certa approssimazione).

    tempo teorico maratona

    Usando tutte le variabili nella stessa formula, si arriva ad una “accuratezza” (coefficiente di determinazione) di circa il 66%.

    Da questi studi possiamo trarre parecchie indicazioni per l’allenamento; vediamole nel prossimo capitolo.

    Come agire sui parametri chiave dell’allenamento per migliorare in maratona

    I risultati ottenuti sopra, tramite l’analisi statistica, permettono di fare importanti considerazioni ai fini dell’allenamento, a patto che siano contestualizzati in base alla fisiologia. Infatti, osservando in maniera superficiale i risultati, si potrebbe incorrere nell’errore di incrementare entrambe le 2 variabili che influiscono sul tempo finale (”Km settimanali” e “velocità media degli allenamenti”); ciò non è possibile visto che è palesemente ovvio che, aumentando il Km settimanali, si è portati a correrli più lentamente (riducendo quindi la velocità media).

    Non a caso, in un programma di allenamento standard, i ”Km settimanali” e la “velocità media degli allenamenti” sono inversamente proporzionali, cioè incrementando l’una, si rischia di ridurre l’altra variabile (Emig et al 2020).

    Lo studio approfondito della formula proposta però ci può aiutare a lavorare sugli accorgimenti che ci possono permettere di migliorare il proprio personale.

    • Km settimanali: l’andamento di questa variabile è esponenziale. Per spiegare meglio facciamo un esempio. Passando da 50 a 60 Km a settimana c’è un miglioramento teorico sul tempo della maratona di 4’; passando invece da 80 a 90 Km a settimana c’è un miglioramento inferiore, cioè di 2’30”. Questo significa che se percorro abitualmente pochi km settimanali, avrò grandi margini di miglioramento incrementando il Km settimanale, mentre se percorro già molti km, avrò meno margini di miglioramento a pari incremento dei Km (ad esempio 10 Km).
    • Velocità media: questa variabile invece è direttamente proporzionale al tempo finale. In tutti i casi incrementando di 10”/Km la velocità media, si avrà un miglioramento di 4’ sul tempo finale della maratona.

    In base alle considerazioni fatte sopra, è quindi necessario individuare ed agire sui punti deboli e sui margini di miglioramento al fine di ottimizzare l’allenamento. Vediamo sotto i casi più frequenti.

    Atleta in sovrappeso o con massa corporea non ottimizzata

    In questi casi, rivolgersi a personale qualificato (nutrizionista o dietologo) permette assolutamente di migliorare un parametro (cioè la massa grassa) che in un maratoneta può incidere fino al 36% sulla performance finale. Infatti, circa 1 Kg di grasso in più può rallentare in media 2-3”/Km, ma è plausibile ipotizzare che questo valore sia più grande quando si tratta di gare lunghe. Non solo, con una percentuale inferiore di massa grassa, anche gli allenamenti saranno più veloci e si potranno correre più Km senza il rischio di infortunarsi; in questo modo si inciderà anche sulle altre 2 variabili che influenzano il tempo finale (Km totali e velocità in allenamento). Per chi volesse approfondire l’argomento, vi rimando al nostro articolo sull’alimentazione. Ma oggi sappiamo qualcosa in più sul legame tra performance ed alimentazione, che non riguarda solamente il grasso corporeo, ma anche la salute del nostro intestino; potete approfondire l’argomento leggendo il nostro post su microbiota e sport.

    Atleti che corrono pochi Km a settimana

    (e che hanno margine per incrementare il volume d’allenamento)

    Per chi si allena 3 volte a settimana, nelle ultime 9-10 settimane (ad esclusione delle ultime 2) potrebbe arrivare a correre (nelle settimane di carico) almeno 50-60 Km a settimana, con punte di 60-70Km nella/e settimana in cui si effettua/no i/il lunghi più significativi. Per chi corre 4 volte a settimana, può aggiungere fino a 5-10 Km. Attenzione però, perché l’incremento (rispetto al proprio standard) non dovrebbe essere superiore al 10-30% dell’abituale. In altre parole, se preparando altre gare come mezze e competizioni di 10 Km sono abituato correre 48 Km (si intende in media), nella preparazione di una maratona non dovrò comunque andare oltre ai 53-62 Km. In questi casi è importante considerare l’incremento dei Km ad andatura lenta, in quanto rappresenta il margine di miglioramento maggiore (l’abbiamo visto dalle considerazioni fatte sopra); soprattutto all’inizio, sarà normale che la velocità media (soprattutto dei ritmi lenti) diventi più bassa, ma ciò non rappresenta un problema; infatti, lo stesso Eliud Kipchoge inizia alcuni allenamenti di corsa lenta di rigenerazione a 6’/Km, e Kenenisa Bekele corre la cora lenta di rigenerazione più di 1’/Km più lenta del Ritmo maratona. Quindi, quando si incrementa il chilometraggio non bisogna avere paura di correre lentamente gli allenamenti di “corsa lenta”.

    Maratoneti che non hanno la possibilità di incrementare il chilometraggio

    Secondo le considerazioni fatte sopra, l’impossibilità di incrementare il chilometraggio totale (che ripetiamo, rappresenta il modo più “sicuro” per migliorarsi in maratona) può far optare per un incremento della velocità media degli allenamenti. Questo vale per atleti esperti, che da anni sono abituati a correre gli stessi Km. Ma attenzione, l’incremento della velocità deve essere riferito ad un aumento medio, per chi ha già effettuato maratone ed è in grado di correre un chilometraggio sufficiente (60 Km). Faccio un esempio per spiegarmi meglio: se corro una seduta di ripetute brevi o intermittente, effettuerò un allenamento impegnativo, ma la velocità media dell’allenamento non sarà molto diversa da una seduta di corsa lenta. Ancor più lento, sarà se effettuo una seduta di salite brevi o medie. Questo, perché in questa tipologia di sedute i recuperi vengono corsi molto lentamente, con la conseguenza di rallentare il ritmo medio; ciò non rappresenta un problema se si preparano gare più brevi della maratona, perché in questi contesti la qualità dell’allenamento riveste un ruolo importante. Ma cosa significa questo a livello metodologico? Vuol dire che chi non può incrementare il chilometraggio delle sedute, nelle 5-6 settimane che precedono la maratona, dovrebbe lavorare principalmente su ritmi medi, o con ripetute con pause più veloci, utilizzando molto le velocità più prossime al Ritmo Maratona (RMAR). In questo modo, la velocità media degli allenamenti sarà superiore. I ritmi più veloci, i lavori di forza e velocità, dovrebbero invece essere preferiti nelle prime settimane di preparazione, e svolti con basso volume (per il mantenimento) nelle ultimissime settimane che precedono la gara.

    Bene, spero che con quest’ultimo capitolo sia un po’ più chiaro quello che è possibile fare per migliorarsi in maratona; ricordate sempre che questi fattori possono incidere (nella migliore delle ipotesi) per poco più della metà sul tempo finale; altre variabili relative all’allenamento, allo stile di vita e alle caratteristiche intrinseche dell’atleta hanno influenza sul risultato finale, compresa l’incidenza del rischio di infortuni.

    A partire dal prossimo articolo analizzeremo gli altri fattori; ma continuiamo il nostro viaggio nella preparazione della maratona con il calcolo del tempo teorico.

    Se invece non hai voglia o tempo di approfondire la preparazione, e vuoi adattare il tuo allenamento ad una tabella professionale, ti consiglio il libro di Fulvio MassiniTipi che corrono”.

    Come calcolare il Ritmo Maratona (RMAR)

    Estrapolare il RMAR non è solo un calcolo matematico, ma una proiezione di un ritmo che ha larghi margini di errori, soprattutto in maratona. Un errato calcolo teorico potrebbe portare ad una partenza troppo “allegra”, con conseguente calo vistoso nel finale di gara.

    Per questo motivo, è essenziale non solamente estrapolare un dato abbastanza realistico, ma affrontare la competizione con la giusta distribuzione dello sforzo; in questo capitolo vedremo proprio come effettuare un calcolo del RMAR il più possibile aderente, ed allo stesso tempo alcuni consigli per gestire la gara nel migliore dei modi.

    Ma partiamo prima da alcune considerazioni che emergono dalla bibliografia internazionale; nei capitoli precedenti abbiamo visto quali variabili relative all’allenamento possono influenzare la performance finale.

    Sono stati fatti anche studi che hanno indagato come la distribuzione dello sforzo influenzi il tempo finale; sostanzialmente un approccio alla gara “pragmatico (vedremo poi cosa significa) permette di ottenere un tempo migliore (Keogh et al 2020), per questo motivo gioca un ruolo molto importante l’esperienza nella gestione del ritmo gara (Swain et al 2020).

    È anche da fare una distinzione tra quello che è il calcolo del RMAR e l’impostazione di gara; vediamo ora questa importante distinzione.

    Il calcolo del RMAR non è altro che un’estrapolazione matematica da un foglio di calcolo (vedremo a breve quale) in base all’ultimo primato sulla distanza di riferimento, idealmente una maratonina. Si deve scegliere ovviamente una maratonina corsa nel periodo precedente alla preparazione della maratona, ovviamente in ottime condizioni di forma; ad esempio, se voglio partecipare ad una maratona primaverile, l’ideale è riferirsi ad una mezza corsa nell’autunno precedente. Per una maratona autunnale, l’ideale è invece calcolare il RMAR da una maratonina fatta nel periodo primaverile.

    Il RMAR teorico si otterrà quindi dal tempo della mezza grazie al foglio di calcolo di Ranucci-Miserocchi; nel nostro post dedicato al calcolo dei ritmi gara (per tutte le distanze) potete trovalo in formato excel. Dopo aver ottenuto questo dato, si dovranno ovviamente fare delle correzioni in base al proprio primato sui 10 Km ed al fatto di essere atleti veloci e resistenti; non preoccupatevi, nel capitolo dedicato a questi calcoli trovate tutte le indicazioni necessarie. Non mi dilungo ulteriormente, visto che nel link fornito trovate tutte le info.

    calcolo passo maratona
    Per approfondire, vai a questa pagina https://www.mistermanager.it/running-come-calcolare-ed-impostare-il-ritmo-gara/

    Cosa significa “impostare” il ritmo gara

    Una volta trovato il RMAR, questo sarà di utilità per affrontare gli allenamenti del periodo preparatorio in cui verrà inserita questa andatura (li vedremo nel prossimo articolo), ma rappresenta un dato puramente teorico; non è detto che si riuscirà a correre la maratona a questa andatura. La prestazione finale dipenderà dal periodo preparatorio (ne abbiamo parlato sopra) e da come sarà impostata la gara.

    Ad esempio, partire troppo veloce avrà come conseguenza un calo drastico nel finale che comporterà un peggioramento notevole della performance attesa; anche la temperatura può influenzare la prestazione finale, come il fatto di correre in prossimità di altri atleti.

    Ma andiamo con ordine e vediamo quali sono le variabili da considerare:

    • Esperienza: abbiamo visto sopra come sia fondamentale. Un approccio pragmatico solitamente emerge da parte degli atleti più esperti che tendono ad interpretare al meglio anche le sensazioni di inizio, metà e fine gara. L’esperienza insegna anche correre una prima parte leggermente più lenta del RMAR possa (a pari altre condizioni) aiutare ad ottimizzare la performance; è il concetto di “negative split”.
    • Condizioni ambientali: esistono calcolatori (vedremo di seguito) che in base a temperatura ed umidità lasciano intuire come e quando queste variabili possano limitare la performance.
    • Correre in prossimità di altri atleti: aiuta a “estraniarsi” parzialmente dall’impegno mentale del tenere il ritmo prestabilito (è il classico caso dei “pacemaker”) riducendo leggermente la spesa energetica. Ovviamente questo vantaggio è efficace se si corre a RMAR o a velocità leggermente inferiori.
    • Aspetto mentale: l’ansia, la direzione dell’attenzione e l’attitudine mentale alla fatica (si acquisisce con l’allenamento) sono fattori che possono agire sulla spesa energetica e sulla percezione della fatica.
    gara maratona
    Clicca sull’immagine per ingrandire

    Potete approfondire questi importanti aspetti che riguardano la gestione dello sforzo nel nostro articolo dedicato all’impostazione dei ritmi gara. Vi consiglio di leggere con estrema attenzione il paragrafo dedicato al Negative split, in quanto è un aspetto fondamentale per l’ottimizzazione del tempo finale. Infatti, possiamo semplificare come un eccessivo dispendio energetico nella prima metà di gara (cioè partire più velocemente del RMAR) provocherà un calo sproporzionato nella seconda parte. Un approccio più pragmatico invece (partire a RMAR o meglio, leggermente più lenti), permette di risparmiare risorse i cui effetti alla fine potranno anche essere enfatizzati. Questo è il motivo per il quale i record del mondo sono stati corsi quasi tutti a ritmo costante o in leggero negative split (seconda parte della gara più veloce della prima).

    Questi aspetti ovviamente non riguarderanno solamente il tempo finale, ma anche i ricordi ed il piacere della gara.

    Conclusioni

    Siamo giunti alle fine di questo primo articolo, in cui abbiamo visto i criteri di base per la preparazione di una maratona; proviamo a riassumerli brevemente:

    • Prima di correre una maratona è necessario essere in grado di affrontare la preparazione; tramite il nostro approccio step-by-step sarà possibile capire quando si è in grado di sostenerne l’allenamento. Non necessariamente si deve preparare e correre una maratona!
    • Esistono dei requisiti minimi da considerare quando si prepara una gara di 42.195 Km, soprattutto relativi al chilometraggio settimanale; se non si riesce a rispettarli, è consigliabile desistere. Il volume d’allenamento, la velocità media degli allenamenti e la composizione corporea sono le 3 variabili principali che incidono sul tempo finale.
    • Calcolare ed impostare il RMAR correttamente consente di ottimizzare ed enfatizzare il giusto approccio ai ritmi d’allenamento e di gara. Trascurare questi aspetti vuol dire non realizzare il potenziale costruito in allenamento ed avere un’esperienza di gara peggiore di quella che si potrebbe avere.

    Nel prossimo post vedremo alcuni dettagli che riguardano l’allenamento, ed in quelli successivi i marginal gains del maratoneta.

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    Autore dell’articolo: Melli Luca, Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 e preparatore atletico AC Sorbolo. Email: melsh76@libero.it

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