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  1. Salite brevi: alternative alle hill sprint

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    (Aggiornato al 30/11/2022)

    Il miglioramento delle qualità neuromuscolari (Forza e Velocità) è un passo fondamentale per creare quei presupposti che permettono al runner di esprimere il proprio potenziale; nel post dedicato alle Hill sprint abbiamo visto come questi mezzi allenanti siano in grado di migliorare la sincronizzazione delle fibre muscolare e ridurre l’effetto dei meccanismi inibitori, con il risultato di avere una corsa più efficiente (cioè spendere meno energia a pari velocità). Probabilmente, la maggior parte dei runner amatori non lavora adeguatamente sulle componenti neuromuscolari, prediligendo andature continue, competizioni e le ripetute.

    Se si osserva la tecnica di corsa dei corridori africani, è subito palese comprendere come il loro stile sia molto più rilassato, grazie a tempi di appoggio veramente bassi che limitano il disagio della fatica. Questo è ottenuto grazie a diversi fattori, uno dei quali sono le elevate qualità neuromuscolari.  Vi rimandiamo al nostro articolo dedicato alla Forza e Velocità del runner per comprendere meglio l’importanza di questo aspetto, oltre al paradigma secondo il quale, i lavori di forza devono precedere quelli di velocità.

    Quello su cui vorrei invece soffermarmi in questo post invece, sono le alternative alle Hill Sprint per quei runner che faticano a tollerare questo tipo di allenamenti rivolti alla velocità.

    Semplificazione della consequenzialità dei lavori con effetto neuromuscolare nell’arco di una stagione atletica di 2 atleti con diverse caratteristiche

    Dall’immagine sopra potete vedere le variabili che possono far prediligere o meno le Hill Sprint; per chi non è portato per questi mezzi allenanti è consigliabile utilizzare mezzi a caratteristiche miste, cioè che sviluppano sia la forza che la velocità

    L’utilizzo di salite brevi, con opportuni accorgimenti, permette di raggiungere questi scopi anche per atleti poco esplosivi e che non tollerano le Hill sprint. Prima di andare a veder nel dettaglio questi mezzi allenanti, ribadisco ancora una volta lo scopo di questa tipologia di sedute, cioè quella di colmare le lacune che molti runner amatori hanno e che non permettono loro di sfruttare appieno il loro potenziale neuromuscolare. Avere livelli di Forza e Velocità adeguati, permette di avere quelle possibilità funzionali che permettono di ottimizzare la spesa energetica, cioè ottenere il meglio che il proprio organismo può offrire a pari energia spesa.

    Questo è possibile solamente grazie ad una consequenzialità adeguata dell’allenamento neuromuscolare oltre ad un’accurata individualizzazione dell’allenamento.

    Salite di 100m: istruzioni per l’uso

    Rispetto alle Hill sprint (di 8-12”) hanno una durata di 20-25”, cioè il tempo necessario per compiere ad una velocità elevata 100m di salita. Di conseguenza devono essere fatte ad intensità inferiori, andando incontro a quei podisti che non riescono ad esprimere elevati livelli di velocità in tempi brevi o che risentono di affaticamenti marcati quando effettuano violente contrazioni muscolari. Ma vediamo ora i dettagli.

    • L’intensità allenante non deve essere massimale, ma comunque intensa, arrivando in cima senza elevati livelli di fatica ed in controllo di falcata.
    • Pendenza della salita: l’ideale è dal 6-10%. Maggiore è la pendenza e maggiore è lo stimolo sulla Forza; viceversa per la Velocità. Nel caso in cui la salita fosse più corta, è possibile aggiungere un tratto in pianura (possibilmente dopo la salita) per raggiungere i 100m di lunghezza totale.
    • Tecnica di corsa: la postura dovrebbe essere la stessa che si tiene in competizioni di 5-10 Km, cioè busto eretto, parte superiore del corpo rilassata e spinta efficace di piedi, con lo scopo di tenere un tempo di volo ed un’ampiezza dei passi paragonabile (o leggermente superiore) a quella di una gara di 5-10 Km. Quest’ultimo dettaglio è importante, perché in salita viene invece spontaneo aumentare solamente la frequenza.
    • Numero di ripetizioni: da 6-8 (le prime volte, soprattutto se non si è abituati) incrementando di 2 salite a seduta, fino ad arrivare ad un massimo di 20 (per runner evoluti). Oltre le 10 ripetizioni, suddividerle in serie di 5-6 salite, inframezzate da 3-5’ di Corsa Lenta.
    • Recupero tra le ripetizioni: tra una salita e l’altra si scende di corsa blanda e si recupera (solitamente fino a 1’30”-2’) fino alla capacità di effettuare la successiva ad un’intensità soddisfacente.
    • Quante volte a settimana: solitamente 1 volta ogni 7-10 giorni quando il numero di ripetizioni rimane al di sotto delle 10. Oltre questa quantità le sedute possono essere diluite anche ogni 12-18 giorni. È importante che vengano fatte in condizioni di elevata freschezza (cioè non affaticati da sedute impegnative precedenti) e considerare il tempo (soggettivo) necessario per smaltire i livelli di fatica indotti.
    • Riscaldamento: deve essere di durata adeguata (anche di 25’-30’, soprattutto se è freddo) e con all’interno esercizi di allungamento funzionale, un paio di allunghi non massimali ed un paio di salite ad intensità inferiore.

    Vediamo di seguito una serie di varianti, efficaci solamente per atleti evoluti (soprattutto giovani), dotati di buona esplosività, ottima simmetria di corsa e prevalentemente dediti alle gare di mezzofondo (3-10 Km).

    Variante 1: le wicket runs adattate

    Le wicket runs sono delle forme d’allenamento utilizzate prevalentemente negli sport di squadra (effettuate quindi su campi di gioco) per ridurre l’overstriding, cioè l’impatto del piede troppo avanti rispetto alla proiezione del baricentro. Questo causa eccessive frenate ad ogni appoggio, disperdendo molta energia ed incrementado il rischio di infortuni.

    Essendo l’overstriding una problematica relativa anche a molti runners amatori, questa forma d’allenamento può tornare particolarmente utile anche per loro. Sostanzialmente consiste nel correre tra ostacoli bassi (distanziati di 1.5-2 m) a velocità elevata; l’effetto è quello di stimolare un atteggiamento che riduce l’overstriding, proprio per la presenza degli ostacolini.

    Ovviamente molti podisti non hanno a disposizione l’attrezzatura ed il contesto necessario, così ho ideato questa variante che è possibile effettuare senza attrezzatura; è sufficiente una breve salita. Nel video sotto potete vedere l’intera spiegazione dell’approccio metodologico.

    Variante 2: le salite di Verkhoshansky

    Queste rappresentano l’optimum per lo sviluppo delle qualità neuromuscolari (sia la Forza che la Velocità) ma, come indicato sopra, possono essere prerogativa di una tipologia di atleti limitata. Ho deciso comunque di inserirla nell’articolo affinchè si possa comprendere l’importanza di determinate qualità per il runner.

    Si tratta infatti di eseguire tratti di corsa balzata, il cui effetto, secondo l’autore (pubblicazione su Atletica-Studi 1/2003) sarebbe quello di ridurre l’affaticamento grazie al minor tempo di contatto, permettendo di eseguire un numero maggiore di ripetizioni rispetto alle Hill sprint. Riporto sotto alcune caratteristiche a titolo informativo, con la raccomandazione di effettuare questo tipo di esercitazioni sotto la guida di un tecnico (o di un istruttore), e solamente dopo un periodo di accurato lavoro di forza.

    • Tecnica esecutiva: passi lunghi e potenti focalizzandosi sul tempo di volo, e su una tecnica corretta e simmetrica. In tutto solo 6-8 passi totali massimali, al limite preceduti da una breve accelerazione in pianura di 10-12 passi per prendere velocità.
    • L’intensità allenante deve essere praticamente massimale, nel rispetto dei requisiti tecnici della corsa balzata e di un gesto ben equilibrato tra la parte destra e sinistra del corpo.
    • Pendenza della salita: più è ripida e maggiore sarà l’effetto allenante, compatibilmente con una tecnica esecutiva corretta.
    • Numero di ripetizioni: dipende dall’esperienza e dalle caratteristiche dell’atleta.
    • Inserimento nel periodo preparatorio: nella seconda parte del periodo di preparazione Generale o in quello Speciale, ma solo dopo aver lavorato adeguatamente sulla forza ed aver appreso la tecnica della corsa balzata.

    Allunghi in salita (variante): è possibile anche cercare un compromesso tra questa tipologia di salite (cioè di corsa balzata) e gli allunghi. Si tratta di effettuare degli allunghi di 60-100m in leggera salita con uno stile di corsa leggermente balzato, ma non troppo, ad una velocità simile a quella che si tiene in una competizione di 5-10 Km; questa variante è apparentemente più semplice (perché l’intensità è inferiore), ma è da effettuare particolare attenzione in quanto il rischio di infortuni è maggiore. Di norma come volume massimo non si dovrebbero superare (Verckhoshansky 2007) i 600-900m totali per i Top Runner.

    Variante 3: le salite “resistenti”

    Illustro brevemente questa variante, in quanto rappresenta (da punto di vista delle difficoltà) un compromesso tra le Salite brevi di 100m e la Variante 2. Anche questa è l’ideale per atleti dotati di ottimi livelli di forza, ma anche amatori. Quello che è da comprendere, è che lo stimolo allenante debba essere dato dall’intensità dell’azione di corsa, non dal volume delle ripetizioni; un volume eccessivo di questi mezzi allenanti, può portare ad affaticamenti muscolari che perdurano e che possono dare origine ad infortuni.

    Più precisamente il razionale (semplificato) della sollecitazione fisiologica, è dato dall’affaticare le fibre meno responsabili della corsa di durata durante la fase iniziale della ripetizione, e di sviluppare la forza di quelle specifiche (perché le altre sono “fuori uso”) durante la fase successiva. Ciò si ottiene effettuando un breve tratto di corsa balzata in pianura, immediatamente dopo uno sprint intenso in salita; ma vediamo meglio sotto i dettagli:

    • Caratteristiche della salita: 40m di salita abbastanza ripida, seguita da un tratto pianeggiante di 60m; è possibile (anzi, consigliabile) effettuarlo su terreni erbosi, ma senza buche ed avvallamenti.
    • Intensità: i primi 40m in salita devono essere effettuati alla massima velocità, immediatamente seguiti da 60m in pianura cercando di accelerare velocemente ed allungando il passo (riducendo anche la frequenza dei passi) negli ultimi metri. L’intensità del secondo tratto deve essere tale da permettere di correre con una tecnica esecutiva corretta. Non bisogna commettere l’errore di arrivare “esausti” alla fine di ogni ripetizione.
    • Tecnica esecutiva: nella prima parte è fondamentale ricercare la massima velocità senza però compromettere uno stile di corsa fluido. Nel secondo tratto (quello pianeggiante), dopo l’accelerazione iniziale, si dovrà cercare di ampliare gradualmente la lunghezza del passo pur mantenendo una tecnica di corsa corretta, cioè: decontrazione in fase aerea (anche minima), piede che prende contatto sotto il corpo (non davanti), ricerca immediata della spinta nella giusta direzione e simmetria delle spinte (tra gamba destra e sinistra). Per chi riesce a padroneggiare bene la tecnica, gli ultimi 20-30m si possono fare anche in corsa balzata.
    • Numero di ripetizioni: 8 ripetizioni (con almeno 3’ di corsa blanda di recupero) sono il volume massimo a cui arrivare iniziando le prime volte con soli 4-5. È basilare un ottimo riscaldamento!
    • Inserimento nel periodo preparatorio: come per gli altri mezzi presentati sopra, possono essere inseriti nella seconda parte del periodo di preparazione Generale o in quello Speciale, ma solo dopo aver lavorato adeguatamente sulla forza ed aver appreso la tecnica della corsa balzata.

    Conclusioni e consigli finali

    Le Salite di 100m (escluse le varianti) sono mezzi a caratteristiche miste in grado di stimolare forza e velocità con un rischio di affaticamenti ed infortuni inferiore rispetto alle hill sprint ed altri metodi massimali.

    Clicca sull’immagine per ingrandire

    Considerando l’intera preparazione di una stagione atletica (vedi immagine a fianco) possono essere introdotti nella seconda parte del Periodo generale; per atleti particolarmente dotati di forza, è possibile inserirli anche nella prima parte.

    Quello che è importante comprendere, è che questi mezzi allenanti (se adeguatamente dosati) lasciano un’impronta nel sistema neuromuscolare che permetterà nei periodi successivi di effettuare i lavori per la Velocità di gara (Ripetute brevi/medie, fartlek, velocizzazioni, ecc.) con maggior efficienza e disinvoltura, limitando il rischio di infortuni.

    Individualizzando correttamente l’allenamento, si riusciranno a trovare le soluzioni migliori per ognuno; non esiste una ricetta che vale per tutti, ma delle linee guida in cui l’allenamento generale (progressivo incremento del volume ad intensità bassa e moderata, più quello neuromuscolare) deve avere la priorità, affinchè il runner possa incrementare le qualità di base, per poi indirizzarle verso quelle di gara nel momento in cui effettuerà i lavori più specifici.

    Consiglio a tutti i runner che sono “allenatori di sé stessi” di studiare ed approfondire questi argomenti e di percepire quelle che sono le proprie risposte individuali al training; in questo modo le conoscenze acquisite permetteranno nel tempo di sfruttare l’esperienza e le competenze accumulate. La logica conseguenza, è che si sarà in grado di allenarsi meglio e godersi appieno i benefici della corsa.

    Puoi trovare ulteriori articoli ordinati per argomento nella nostra Home page dedicata al running; se invece vuoi rimanere sempre aggiornato sulle nostre pubblicazioni e vuoi scaricare gratuitamente la nostra guida su come trovare e scegliere le scarpe da running, collegati al nostro Canale Telegram.

    Autore dell’articolo: Luca Melli (melsh76@libero.it), Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 e preparatore atletico AC Sorbolo.

  2. Running: alleniamo le componenti neuromuscolari con i ”saliscendi”

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    Come approfondito nella variante Rollercoster dei Lunghi (Lunghi con saliscendi finali), l’alternare salite e discese a ritmi medi è un forte stimolo allenante per tutte le componenti neuromuscolari del podista (Forza e Velocità), unitamente alle componenti metaboliche. Se nel mezzo sopra citato, i saliscendi a ritmi medi venivano affrontati nel finale di corsa, oggi approfondiamo un mezzo che sfrutta questo stimolo per tutto l’allenamento.

    Senza nome

    Scarica il Documento sui SALISCENDI

    Puoi trovare l’indice di tutti i nostri post ed articoli sulla corsa nella nostra pagina dedicata al Running.

    Autore: Melli Luca, istruttore atletica leggera GS Toccalmatto (melsh76@libero.it)

  3. Running e Potenziamento Muscolare: le Salite Estensive

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    (Aggiornato al 14/06/2022)

    Il potenziamento muscolare (l’allenamento di forza e velocità) rappresenta il presupposto principale per avere un ritmo gara elevato. Spesso si pensa che la forza si possa allenare solo con i pesi, ma di fatto non è così; correndo in salita infatti, il sistema muscolare effettua uno sforzo maggiore (rispetto alla pianura), perché, oltre a spostare orizzontalmente il corpo, deve anche farlo salire. Questo comporta un superiore impegno della forza muscolare, che ha un effetto allenante proprio nei confronti di questa caratteristica muscolare.

    Di contro, correre in discesa (o effettuare degli allunghi) stimola il sistema neuromuscolare ad imprimere un certo livello di forza in poco tempo, favorendo lo sviluppo della velocità.

    Le salite estensive (che sarebbe più corretto chiamare “circuiti estensivi”) grazie a questo tipo di stimoli permettono di lavorare su tutto lo spettro delle qualità neuromuscolari necessarie al runner, per creare i presupposti di un ritmo gara elevato.

    In questo articolo vedremo come organizzare al meglio questo tipo di sedute, adattandole in base al momento della stagione ed al grado di allenamento del runner; si perché è un’esercitazione che si adatta a tutti i podisti agonisti, purchè abbiano un minimo di abitudine a correre in salita ed in discesa.

    Per strutturare questo allenamento ho preso spunto dai circuiti di Lydiard, ma adattandoli alle esigenze di tutti i runner.

    Esecuzione dell’allenamento

    Nell’immagine sotto potete vedere la struttura originale ideata da Arthur Lydiard, allenatore di diversi atleti a partire dal 1960; fu proprio in quegli anni che il suo metodo ebbe maggiore successo, portando alcuni suoi allievi al podio olimpico. I suoi sistemi sono attuali tutt’oggi, grazie alla sua fondazione ed ai libri recentemente pubblicati sulla sua metodologia.

    All’interno del suo metodo, troviamo appunto i “circuiti”, che però negli anni furono abbandonati a causa dell’elevato numero di infortuni che generavano; per questo ho preferito modificarli, proprio affinchè mantenessero l’effetto allenante, ma sostituendo la parte che causava maggiori problemi.

    Prima di andare a vedere nel dettaglio le semplici modalità esecutive, ci tengo a far comprendere la parte che ho modificato ed il perché; nell’immagine sopra, nella parte cerchiata in rosso, trovate il punto critico dell’esecuzione originale. Si trattava di correre in forma di skip una salita di durata fino a 5’ (vedi questo video); il fatto è che non tutti gli atleti avevano le proprietà muscolari e la tecnica sufficienti per effettuarle in maniera corretta. Di conseguenza, il risultato è quello di dare origine a tecniche esecutive errate (vedi questo video come esempio) che incrementavano il rischio di infortuni.

    Come potete vedere nell’immagine sotto, questa parte è stata sostituita da un tratto di 5’ di Corsa Media; attenzione, questo non significa che la struttura diventa meno allenante, ma più semplice da eseguire.

    circuiti lydiard modificati

    Ma vediamo ora come si esegue il circuito:

    • 5’ di Corsa media in salita: (si intende “corsa media percepita”) è importante che l’intensità non sia troppo elevata, ma tale da mantenere una corretta tecnica di corsa, senza che l’affanno respiratorio o la fatica muscolare compromettano lo stile di corsa; è importante cercare di evitare di “piegarsi” in avanti, tenendo lo sguardo verso la strada di fronte (e non sui piedi).
    • 2-3’ di corsa blanda in cima alla salita per recuperare; può essere fatta avanti/indietro il proseguo della salita nel caso in cui non ci fosse un tratto pianeggiante.
    • Scendere per la salita precedentemente fatta ad intensità abbastanza elevata (come se si stesse affrontando una gara di 10 Km)
    • Correre 2-3’ di corsa blanda per recuperare, con all’interno un allungo di 100-200m.

    Una volta ritornati al punto di partenza, si riprendere il circuito.

    N.B.: le pause (il secondo ed il quarto punto) possono essere leggermente allungate nel caso in cui si percepisca di non recuperare adeguatamente. Anche l’allungo di 100-200m può essere evitato per i runner meno esperti.

    Come correre in salita ed in discesa?

    Nelle immagini sotto potete vedere le corrette tecniche di corsa in salita e discesa.

    come si corre in salita

    L’importanza del mantenimento di una corretta tecnica di corsa in salita (cioè il più possibile simile a quella che si utilizza in pianura) permette di allenare la forza delle gambe, proprio perché, oltre allo sforzo fatto per spostarsi in avanti, è richiesto anche uno sforzo supplementare per innalzare il baricentro. Per questo motivo non viene richiesta un’intensità particolarmente elevata; attenzione, non si deve correre alla “velocità della corsa media”, ma ad una “percezione dello sforzo di corsa media”.

    come si corre in discesa

    La discesa invece andrà affrontata come se si stesse facendo una gara di 10 Km; anche in questo caso, il riferimento non è la “velocità” ma la “percezione dello sforzo”. In altre parole, bisogna immedesimarsi di essere in una gara di 10 Km e di correre in discesa alla velocità più appropriata.

    L’effetto allenante sarà quello di stimolare l’apparato neuromuscolare di applicare la forza nel minor tempo possibile, migliorando la velocità.

    Per correre in discesa, è necessario prima di tutto cercare di non impattare bruscamente con il piede in appoggio, ma di avere una corsa “rotonda”, limitando il tempo di appoggio (vedi immagine sopra).

    Concludiamo le raccomandazioni con “l’allungo”; questo viene fatto alla velocità che si ritiene ottimale per lo stato di fatica di quel momento. Non è necessario forzare per fare uno sprint, ma accelerare e mantenere una velocità elevata, possibilmente superiore a quella che si tiene in una gara di 5-10 Km. Lo scopo infatti è semplicemente di “trasformare” in pianura quello precedentemente fatto in salita ed in discesa.

    Non è “obbligatorio” fare 100m precisi (se non si hanno riferimenti o il GPS), ma è sufficiente correre per 18-20”.

    È importante ricordarsi che all’inizio di ogni tratto intenso (CM, discesa, allungo) si deve aver recuperato abbastanza bene lo sforzo precedente; di conseguenza, i minuti di recupero indicati (quelli di corsa blanda) possono essere leggermente aumentati.

    Come incrementare il carico

    È evidente che non basta fare una volta questo tipo di sedute per avere effetti positivi che durino tutta la stagione, ma è necessario inserirle con gradualità all’interno della preparazione e riproporle nei momenti adeguati (lo vedremo dopo) con una progressione esecutiva che sia in grado di assecondare la condizione di forma del soggetto. Ad esempio, la prima volta, posso fare solamente 2 ripetizioni dell’intero circuito, e se vedo che i giorni successivi non ho particolari problemi di affaticamento, la volta successiva (10-15 giorni dopo) posso proporre 3 ripetizioni, e così via.

    Riporto sotto le variabili che possono essere incrementate per aumentare il carico, seduta dopo seduta:

    • Aumento numero di ripetizioni (partendo da 2, arrivando ad un massimo di 5)
    • Incremento distanza degli allunghi (da 100 a 200m)
    • Incremento velocità salita (dalla CM al RG10Km)

    Attenzione, è da aumentare solo una delle varianti alla volta; inoltre, è anche possibile agire sull’elemento più aderente alla distanza praticata. Ad esempio, se si stanno preparando dei trail lunghi o una maratona (eventualmente anche una mezza) è preferibile lavorare sulla prima variabile (aumento numero di ripetizioni), mentre se si vuole finalizzare la propria condizione in funzione di gare più veloci (10 Km o meno), è plausibile agire su tutte e 3 le varianti alternativamente.

    Quando inserirlo all’interno della stagione?

    tabella allenamento corsa
    Clicca sull’immagine per ingrandire

    Nell’immagine a fianco potete vedere una semplificazione di quella che potrebbe essere una programmazione di una stagione atletica, finalizzata al raggiungimento di uno o più obiettivi nella parte finale (indicativamente per gare fino a 21 Km); per approfondire potete leggere l’articolo specifico.

    La fase più lunga (quella Generale), durante la quale si lavora sulle qualità atletiche che sono alla base della performance, è quella in cui è ideale inserire questo tipo di allenamenti; questo perché stimolano forza e velocità, che rappresentano i prerequisiti essenziali per “costruire” un ritmo gara elevato.

    Riassunto conclusivo e punti essenziali

    Le salite estensive rappresentano forme allenanti efficaci per lavorare su forza e velocità nel periodo Generale; l’incremento del potenziale atletico del runner avviene grazie ad un aumento del carico, che si può ottenere incrementando le ripetizioni (elemento da preferire), la lunghezza degli allunghi o la velocità del tratto in salita (più difficile da attuare).

    È comunque importante ricordare che l’efficacia del protocollo dipende anche dalla correttezza tecnica con la quale vengono affrontati tecnicamente i tratti in salita ed in discesa.

    Malgrado sia un mezzo allenante che è alla portata della maggior parte dei runner agonisti, lo sconsiglio a chi non è abituato a correre in discesa ed in salita. Questo perché il rischio di affaticamenti (e di conseguenza infortuni) tenderebbe ad aumentare; piuttosto, per abituarsi a correre su salite/discese, consiglio il lungo collinare.

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    Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico Monticelli Terme, istruttore Scuola Calcio MT1960 ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it

  4. Running: versione americana delle “salite brevi” (Istruzioni per l’uso)

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    (Aggiornato al 04/08/2020)

    La scelta di allenamenti basati sulle salite brevi per runner che partecipano alle corse su strada, si basa sul fatto che questo tipo di lavoro possa garantire un incremento delle qualità neuromuscolari e quindi costruire uno dei presupposti fondamentali per il miglioramento della prestazione.

    Senza addentrarci eccessivamente all’interno del razionale fisiologico, possiamo affermare che gesti esplosivi svolti al massimo impegno sono in grado di ottimizzare il reclutamento delle fibre muscolari (Van Cutsem et al 1998, Del Vecchio et al 2019). Infatti, la contrazione muscolare nel contesto di un gesto come la corsa è gestita a più livelli del sistema nervoso, e tramite meccanismi di feedback che in parte facilitano ed in parte inibiscono l’attività muscolare; gesti esplosivi e massimali, permettono di ottimizzare il gesto motorio, garantendo una sincronizzazione maggiore delle fibre motorie e una minor effetto dei processi inibitori. Ma facciamo una semplificazione dell’importanza della sincronizzazione delle fibre muscolari con un esempio.

    Supponiamo che 5 uomini muscolosi debbano abbattere una porta di legno chiusa a chiave; se cercheranno di farla cadere dando una spallata uno alla volta, è improbabile che riescano ad abbatterla. Ma se si “sincronizzano” e cercano di dare la spallata tutti contemporaneamente, allora sarà più probabile che riescano nel loro intento (vedi immagine sotto).

    Questo aiuta a spiegare come mai un gesto motorio (come la corsa) nel quale le catene muscolari siano maggiormente sincronizzate, possa diventare più efficiente, cioè spendere meno energia a pari intensità; il mezzo allenante d’eccellenza per raggiungere questo scopo sono le salite brevi, svolte nella versione “Americana”, detta hill sprint.

    Perché la versione “Americana” garantisce una maggior efficacia

    Vediamo ora le caratteristiche peculiari di questi mezzi allenanti:

    • Ripetizioni ad intensità massimali per un periodo molto breve (pochi secondi): questo perché dopo un certo numero di secondi di uno sforzo massimale, l’intensità tende a calare per effetto della fatica.
    • Utilizzo della corsa in salita: rispetto alla corsa in piano (come possono essere gli allunghi), gli sprint massimali in salita permettono di sviluppare una potenza maggiore (perché oltre allo spostamento, c’è da vincere anche la forza di gravità), che è proprio lo scopo di queste esercitazioni. Non solo, in salita il rischio di infortuni è inferiore, e questo permette di svolgere un volume allenante maggiore. Per ultimo è che in salita c’è più tempo (perché il tempo di appoggio è più lungo) per contrarre le catene muscolari alla massima intensità, cosa che avvantaggia un runner che non ha la velocità di contrazione di uno sprinter.
    • Lunghe pause tra ogni ripetizione: questo per permettere all’organismo di recuperare ampiamente tra uno sforzo e l’altro e di riuscire a svolgere ad ogni ripetizione alla massima intensità.

    Ma perché la versione “Americana” (detta “hill sprint”) è la migliore?

    Perché imposta la durata dello sforzo sul tempo e non sulla distanza. Mi spiego meglio: un runner evoluto può impiegare 8” per effettuare 50m in salita massimali. Un runner meno efficiente dal punto di vista muscolare può impiegare anche più di 10-12”, effettuando uno sforzo anche del 50% più lungo. Visto che 8” (per lo meno nelle prime sedute) sono considerati dalle evidenze la durata ottimale, il tempo delle ripetizioni è un parametro migliore a cui affidarsi rispetto alla distanza.

    Hill sprint: per molti, ma non per tutti

    Come spesso ripetiamo, l’individualizzazione dell’allenamento è fondamentale per ottenere il massimo dalle proprie capacità e ridurre il rischio di infortuni; per questo motivo esistono tipologie di allenamenti che possono esaltare alcuni tipi di runner, mentre possono mettere in difficoltà altri che hanno diverse caratteristiche.

    Le hill sprint sono l’ideale per i runner veloci (cioè che sono maggiormente portati le distanze più brevi), ma possono essere utilizzate anche dai runner con caratteristiche intermedie, magari non proprio all’inizio della stagione. Sono sconsigliate ai runner resistenti (cioè che sono maggiormente portati le distanze più lunghe), che in linea generale dovrebbero preferire allenamenti per la forza o al limite (nella parte centrale della preparazione) metodi misti. Nel nostro post dedicato all’individualizzazione dell’allenamento, potete trovare una descrizione più dettagliata.

    Altro parametro che può influire sull’efficacia di questi mezzi allenanti è l’età; di norma atleti più giovani (soprattutto sotto i 30-35 anni) possono trovarsi maggiormente a proprio agio ad utilizzare le hill sprint.

    Nell’ultimo capitolo illustreremo come poter inserire questi mezzi allenanti all’interno del periodo preparatorio, ma andiamone ora a vedere le caratteristiche nel dettaglio.

    Istruzioni per l’uso

    Nei siti Statunitensi esiste una bibliografia veramente ampia sull’argomento, ma i contenuti offerti da Steve Magness (leggi prima e seconda parte) sono quelli che illustrano meglio l’approccio. Le caratteristiche di base sono le seguenti:

    • Pendenza salita: da 8 al 12% (le prime volte è meglio attestarsi sulle pendenze inferiori).
    • Lunghezza delle salite: tale da percorrerle nel tempo di 8-12”
    • Numero di ripetizioni: da 6 a 12.
    • Pause: poco meno di 2’ tra ogni ripetizione, di corsa blanda defaticante. Ad esempio, se la ripetizione è di 8”, il recupero più essere di 1’52”.
    • Modalità di esecuzione: sprint alla massima intensità!
    • Altre caratteristiche della seduta: il riscaldamento è fondamentale. Oltre ad essere di una lunghezza adeguata (si può arrivare anche a 25’-30’) e contenere gli esercizi di allungamento funzionale, è bene inserire anche un paio di allunghi in pianura e un paio di sprint in salita non massimali.

    Sotto riportiamo un protocollo di 12 sedute:

    1. 6x8sec HS (Hill Sprint)
    2. 8x8sec HS
    3. 10x8sec HS
    4. 8x10sec HS
    5. 4x10sec HS + 5x80m SP (Sprint Pianura)
    6. 10x10sec HS
    7. 10x12sec HS
    8. 5x10sec HS + (2x60m, 2x80m, 2x100m) SP
    9. 12x12sec HS
    10. 6x10sec HS + (4x60m, 1x150m) SP
    11. 8x10sec HS +2x150m SP
    12. 4x10sec HS + (2×60, 2x80m,100m, 150m, 200m) SP

    Com’è possibile vedere dalla progressione delle esercitazioni, nelle prime sedute viene posta l’enfasi sulle Hill Sprint, per poi incrementarne di numero e lunghezza. Dalla 5° seduta si introducono gli Sprint in Pianura (SP), che non servono altro che a trasformare la potenza muscolare in velocità in pianura; con il passare delle sedute, gli sprint in pianura aumentano progressivamente di lunghezza. Come indicazione, possiamo dare che fino agli 80m di SP possono essere corsi al 100% dell’intensità, mentre le distanze superiori ad intensità del 95% del massimale. Le pause (sempre di corsa blanda) tra gli SP vanno da poco meno di 2’ (per quelli di 60m) fino ai 3’ per quelli di 150-200m.

    Ma su che terreno è preferibile effettuare le HS e gli SP? Di norma è bene effettuarle su terreni “non irregolari” e in cui non si scivola; per questo motivo, l’asfalto, il tartan od il cemento sono le soluzioni migliori.

    Altro aspetto importante è l’atteggiamento posturale; chi non è abituato ad effettuare azioni massimali, non è raro che le prime volte contragga particolarmente la parte superiore del corpo, proprio per la ricerca della massima intensità. Questo è comunque un atteggiamento sbagliato, perché incrementa il costo energetico a causa di contrazioni eccessive di muscoli che non hanno forza propulsiva; l’ideale, sarebbe quella di focalizzarsi nel fare in modo che l’azione sia prevalentemente data dalla parte inferiore del corpo, con la parte superiore che serva per bilanciare i movimenti, cercando di rimanere comunque sufficientemente rilassati.

    Come inserirle nel piano d’allenamento?

    Credo sia importante, prima di inserirle nel piano d’allenamento, comprendere il rapporto tra la forza e la velocità del runner; senza dilungarsi eccessivamente (potete trovare un’ampia disamina nel post dedicato) è possibile affermare che per la maggior parte dei runner, il lavoro di forza debba precedere quello di velocità, in particolar modo nel periodo Generale (vedi immagine a fianco).

    Clicca sull’immagine per ingrandire

    Considerando le hill sprint dei lavori di velocità, è opportuno inserirle nella seconda parte del periodo Generale. Questo vale ovviamente per la maggior parte dei runner, cioè quelli che hanno caratteristiche veloci (cioè sono più portati per le gare brevi) ed intermedie. Questo perché è necessaria una certa forza muscolare per effettuare le azioni massimali. Atleti carenti di forza invece, rischierebbero affaticamenti eccessivi dopo questa tipologia di sedute, necessitando di un tempo di recupero troppo lungo e di conseguenza aumentando il rischio di infortuni; questa tipologia di atleti (come possono essere quelli con caratteristiche resistenti), dovrebbero dare la precedenza al lavoro di forza ed introdurre in un secondo momento i mezzi  a carattere misti, cioè che stimolano in parte la forza ed in parte la velocità.

    Le indicazioni sopra van prese comunque “cum grano salis” in quanto esistono altre variabili che possono influire sulla scelta o meno dell’utilizzo di questi mezzi allenanti; una di queste è l’età. Tutti sappiamo che dopo i 30-35 anni si diventa meno esplosivi, per questo i più giovani riescono ad effettuare con più disinvoltura azioni massimali; per fare un esempio anche un giovane con caratteristiche resistenti può aggiungere nel suo programma le hill sprint, a patto di inserirle dopo aver lavorato sulla forza.

    Altra variabile importante è il sesso; le donne tendono a tollerare meno questa tipologia di lavori rispetto agli uomini.

    Ulteriore dettaglio è l’abitudine ad effettuare questa tipologia di esercitazioni; chi ha smesso da poco di giocare a calcio (o ancor meglio a basket o pallavolo) probabilmente si troverà meglio, nel fare queste esercitazioni rispetto ad un ex nuotatore.

    Altri runner che dovrebbero stare attenti nell’eseguire gli sprint in salita dovrebbero essere quelli da poco tornati a correre dopo infortuni muscolari (lesioni e contratture); in questi casi, è più importante lavorare sulla forza e sull’allungamento funzionale.

    Potete trovare i mezzi allenanti per la forza, velocità e misti a questo link

    Quante volte a settimana?

    Ovvimente non esiste una “ricetta perfetta” per il dosaggio delle hill sprint; quello che è importante comprendere, è che quando si effettuano questa tipologia di sedute, è meglio evitare ulteriori mezzi allenanti per la velocità o la forza. In questi casi, una seduta ogni 7-10 giorni potrebbe essere la condizione ideale, dipendente sempre dalle variabili indicate sopra; questo vale per lo meno fino alla 7° seduta (di quelle indicate sopra). Dall’8° in poi, possono essere diluite in 12-16 giorni, inserendo nel frattempo sedute non impegnative per la Capacità di gara.

    Quello che è fondamentale comprendere, è che l’esecuzione di uno stimolo intenso come i lavori di velocità (hill sprint, allunghi. ecc.) e di velocità di gara (ripetute brevi, medie, fartlek, ecc.) dovrebbero essere eseguiti in condizioni di freschezza, cioè dopo aver totalmente recuperato le fatiche degli allenamenti di carico precedenti.

    Conclusioni

    L’introduzione delle hill sprint nel proprio piano d’allenamento permette agli atleti dotati di una forza adeguata, di ottenere una maggior sincronizzazione delle fibre motorie ed un minor effetto dei processi inibitori. Grazie a questo la tecnica di corsa tende a diventare più efficiente (a seconda dei margini di incremento), in particolar modo grazie al miglioramento della stiffness.

    Infatti, ricordatevi sempre che un’intensità massimale è in grado di lasciare un’impronta allenante maggiore rispetto ad una “non massimale”

    Le hill sprint non sono comunque gli unici mezzi allenanti per la velocità; nel nostro post dedicato alla forza ed alla velocità del runner, potete trovare una serie di mezzi alternativi alle hill sprint, compresi anche mezzi allenanti a caratteristiche miste (che allenano in parte la forza ed in parte la velocità), maggiormente adeguati ai runner che non tollerano gli sprint in salita, ricordando sempre che i lavori di forza devono precedere quelli di velocità.

    Se ti è piaciuto l’articolo e sei alla ricerca di altri contenuti utili per il mondo del podismo, vai alla nostra home page dedicata al running; potrai trovare l’indice di tutti gli articoli, ordinati per argomento. In più, collegandoti al nostro Canale Telegram, potrai scaricare gratuitamente la guida per trovare e scegliere la scarpa ideale per il running, oltre ad essere informato ogni volta che uscirà un articolo nuovo od un aggiornamento.

    Autore dell’articolo: Luca Melli (melsh76@libero.it), istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 e preparatore atletico AC Sorbolo.

  5. L’utilizzo delle salite per il miglioramento delle qualità neuromuscolari nel calcio (fondamenti teorici)

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    La metodologia d’allenamento del calcio ha sempre riconosciuto l’utilizzo di questi mezzi per il miglioramento delle componenti neuromuscolari; le salite garantiscono un maggior reclutamento delle fibre muscolari e di conseguenza uno stimolo allenante superiore per le qualità accelerative dell’atleta.

    Ma l’utilizzo di questo tipo di esercitazioni non deve solamente tenere in considerazione degli effetti allenanti, ma anche di quello che “non allenano”…questo in particolar modo a livello dilettantistico.

    Mi spiego meglio: per utilizzare delle salite, a volte occorre spostarsi in zone in cui queste sono presenti. È quindi da considerare il tempo che questa struttura allenante porta via all’interno della programmazione dell’allenamento.

    Bisogna quindi chiedersi: vale la pena utilizzare le salite in base al tempo a disposizione, agli stimoli allenanti che offrono, ed in base a quello che “non allenano”?

    Ovviamente ogni casistica è diversa dall’altra, e di conseguenza non tutti si daranno la stessa risposta.

    Quello che è importante, è capire cosa allenano in base alle modalità esecutive.

    Lo vedremo bene in questo articolo, cercando di trovare anche quelle varianti che permettano di sfruttare le pendenze in maniera tale da fornire stimoli maggiormente diversificati. In questo modo andremo incontro alle esigenze del modello funzionale del calciatore che prevede un’estrema variabilità dei gesti motori.

    Ma partiamo con quello che emerge dalla bibliografia internazionale.

    Sprint in salita: studi e ricerche

    Attualmente l’unica pubblicazione apparsa su riviste indicizzate è quella di Kavaliauskas et al 2017; i ricercatori indagarono l’effetto di 2 sedute settimanali di 10 sprint massimali di 10” con 60” di recupero, su una salita del 7%. In 6 settimane il gruppo che effettuò questo programma (calciatori semiprofessionisti) migliorò diversi parametri della prestazione, ed in maniera più significativa (di oltre il 10%) la forza dei muscoli di schiena e gambe e la prestazione dello YoYo Intermittent recovery test, cioè un protocollo incrementale che misura l’abilità di effettuare navette con brevi intervalli di recupero.

    Questi miglioramenti sono stati ottenuti durante la stagione (non in preparazione).

    Si può quindi concludere come questo tipo di lavori abbia un impatto sulla resistenza specifica del calciatore e sulle qualità neuromuscolari maggiormente legate alla forza (accelerazione).

    I risultati di questa ricerca sono molto interessanti, perché lasciano intuire che le salite svolte nella modalità indicata sono in grado di incidere sia sulle qualità neuromuscolari che metaboliche!

    Altre indicazioni giungono da altri studi e ricerche non indicizzate o effettuare su altri tipi di atleti. Ad esempio, Okudaira et al 2021 video come al 16% di pendenza venissero stimolate le qualità necessarie alla primissima fase di un’accelerazione, mentre con pendenze inferiori al 10% la fase più “avanzata” dell’accelerazione di uno sprint sui 100m.

    Ibba et al 2014 videro invece come utilizzando la stessa salita 20-22m ma modulando intensità e pause, fosse possibile agire su componenti leggermente diverse della performance.

    Altro aspetto da considerare è la pratica e l’esperienza di tanti anni, che ha portato preparatori e membri degli staff ad affinare questa metodica. Riporto le considerazioni di Fabio Cavargini su un suo interessante post di linkedin; Fabio indica come nel calcio siano solitamente utilizzate distanze che vanno dai 10 ai 30m (massimo 7” di durata). Pendenze elevate (oltre il 20%) agiscono particolarmente sulla forza massima dinamica, cioè quel tipo di forza responsabile dei primissimi passi di un’accelerazione; pendenza intorno al 14% invece influiscono prevalentemente sulla forza esplosiva reattiva, responsabile prevalentemente della fase più “avanzata” dell’accelerazione.

    Quali i parametri considerare?

    Nel prossimo post vedremo alcuni esempi di programmazione di lavori con salite, ma prima credo sia giusto capire come le varianti possano influire sugli stimoli allenanti, in maniera tale da poter strutturare autonomamente un programma.

    • Lunghezza della salita: per la maggior parte si utilizzano distanze che vanno dai 20m ai 30m; nel caso di salite molto ripide (oltre il 20%) ci si limita anche a 10-15m.
    • Pendenza: come abbiamo visto sopra, pendenze elevate stimolano principalmente i primi sitanti delle fasi accelerative, mentre gradienti più leggeri i momenti “successivi”. Maggiore è la pendenza e minore deve essere la lunghezza del tratto in salita.
    • Intensità e recupero: come abbiamo visto nel nostro post sulla speed endurance, variando questi parametri è possibile modulare le qualità che si vogliono allenare. Ad esempio, se voglio incidere anche sulla componente aerobica, sceglierò salite non molto ripide e fatte ad un’intensità non elevatissima; il recupero non sarà fatto da fermo, ma tornando alla base della salita in corsetta; di conseguenza si potrebbe utilizzare un rapporto 1:4-1:5, cioè per ogni secondo di allungo in salita ne farò 4-5 di recupero; ad esempio 5” in allungo e 20-25” di recupero. Se invece voglio lavorare solo sulle componenti neuromuscolari, i recuperi dovranno essere di almeno 60” e le intensità massimali.
    • Movimenti: molti approcci danno per scontato di sfruttare le salite solo correndo linearmente. Con un po’ di creatività ed intuito, è possibile inserire altri movimenti come navette, wicket runs, andature, ecc. Le vedremo nel dettaglio nel secondo articolo. Questo permette di sfruttare al meglio la “salita” e fornire stimoli allenanti più completi, invece che solamente “accelerazioni”.

    La prestazione atletico/motoria nel calcio è multifattoriale, per questo motivo è importante comprendere anche cosa non allenano le salite; lo vedremo nel prossimo capitolo.

    Cosa non allenano le salite?

    Ovviamente mi riferisco alla versione classica, cioè quando queste vengono affrontare in forma lineare.

    Abbiamo detto che allenano prevalentemente le capacità accelerative (potenza muscolare) e possono stimolare le qualità aerobiche (con recuperi più brevi ed intensità inferiori). È evidente che l’aspetto su cui non incidono sono le abilità di cambiare direzione, qualità fondamentali per il calciatore. Questo aspetto è quindi da tenere in considerazione.

    Sicuramente l’impatto su tendini ed articolazioni è inferiore rispetto ai cambi di direzione, per questo le salite possono tornare particolarmente utili in preparazione (quando i giocatori non sono al massimo della condizione) o in quei momenti in cui si vuole lavorare sulla potenza muscolare (e metabolica) minimizzando i danni dati dalle contrazioni eccentriche ed avere un recupero più veloce.

    Possono essere utilizzate anche per effettuare un lavoro di carico per incrementare la condizione durante la stagione; è quello che era stato fatto nella pubblicazione che abbiam recensito sopra.

    Per chi ha un facile accesso alle salite (cioè quando sono adiacenti al campo d’allenamento), è possibile sfruttarle in maniera estremamente versatile all’interno dell’allenamento, magari spesso e con volumi non elevati. Poche ripetizioni di distanze brevi possono avere anche un effetto “facilitativo” che si recupera molto velocemente, a tal punto da poter essere effettuati anche nell’allenamento di rifinitura.

    Per chi invece deve effettuare degli spostamenti per effettuarle, allora è meglio organizzarsi in sedute in cui vengono fatte con un volume maggiore (meglio se in maniera multilaterale), ma tenendo conto di cosa “allenano” e di cosa “non allenano” per stabilire il resto del programma settimanale. In questi casi è da considerare anche il tempo necessario per il recupero.

    Conclusioni prima della parte pratica

    Se si vogliono utilizzare le salite, è importante sfruttarle in maniera tale che lascino stimoli allenanti che su un campo da calcio non è possibile dare!

    Prima di passare alla parte pratica, ritengo importante sottolineare anche l’importanza di “come” vengono fatte da parte dei giocatori, soprattutto quando si sfruttano pendenze medio-alte.

    Mi è capitato in passato di farle fare a degli Juniores regionali in fase di preparazione, più precisamente il giorno dopo la prima squadra (Promozione); questo mi ha permesso di fare un confronto sull’esecuzione tra i vari gruppi.

    Quello che è emerso, è che in caso di pendenze medio-alte, non tutti gli juniores erano in grado di estendere la gamba dietro correttamente nella fase di spinta; questo probabilmente per l’immaturità atletica ed il fatto di essere agli inizi della stagione.

    Quello che mi sono chiesto è: “in questi casi vanno fatte comunque, oppure è meglio scegliere altri mezzi allenanti?

    La risposta che mi sono dato (anche se non ho la certezza che sia quella corretta), è che se non vengono fatte correttamente, allora è meglio destrutturare lo stimolo allenante, cioè effettuare un protocollo più semplice in maniera tale da colmare il tipo di lacuna riscontrata.

    Con il senno di poi, al posto delle salite avrei fatto l’insieme dei mezzi che riporto sotto:

    • Movimenti funzionali in cui viene enfatizzato il movimento della catena estensoria da posizioni di allungamento (vedi affondo a passo breve e derivati) per incentivare il reclutamento delle fibre muscolari da posizioni sfavorevoli.
    • Lavori coordinativi per migliorare la frequenza dei movimenti; questi in particolar modo nel riscaldamento
    • Brevi sprint ed accelerazioni (anche solo 7-10m, a forma di gara) con partenza da posizioni diverse (seduti su un pallone, pancia a terra, ecc.).

    Prima di concludere faccio una considerazione, magari banale, ma importante se si somministrano le salite durante la stagione; non tutti rispondono allo stesso modo a questi mezzi allenanti se si fanno dei volumi elevati. Alcuni possono necessitare di maggior tempo di recupero; ripeto, questo vale se si fanno dei volumi elevati (più di 10-12 ripetizioni). Con volumi ridotti ed in buone condizioni di forma, raramente si percepisce di essere affaticati dopo 36-48 ore.

    Prima di passare alla seconda parte dell’argomento, ricordo che è possibile scaricare la guida sulla preparazione atletica nei dilettanti nel nostro canale Telegram. L’accesso al canale è gratuito e vi permetterà anche di essere aggiornati sulle nuove pubblicazioni, sulla revisione di quelle già presenti e di leggere i contenuti esclusivi per i soli iscritti al canale.

    Autore dell’articolo: Melli Luca, istruttore Scuola Calcio MT1960 ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it

  6. Running: salite brevi e varianti

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    L’utilizzo delle salite è da sempre stato uno dei mezzi principali di potenziamento a carico naturale per i podisti. Nei mesi passati abbiamo analizzato le diverse varianti (prima e seconda parte) optando comunque per quelle di Lydiard modificate come le esercitazioni ideali per gli amatori. Non tutti però hanno a disposizione salite di una certa lunghezza e devono adattarsi all’utilizzo di brevi “rampe” come dei cavalcavia o ascese di ponti/argini. Nell’articolo originario (sulle Salite Brevi), abbiamo lasciato comunque una certa variabilità nella strutturazione di questa tipologia di seduta (lunghezza, intensità, tecnica di corsa, ecc.) che può rivelarsi poco chiara a chi è poco abituato con questa tipologia di allenamenti.

    figura 1ù

    Nel documento odierno, vogliamo invece fare maggiore chiarezza, adattando anche le diverse tipologie di salite brevi alla tipologia di podista.

    Scarica il documento

    Puoi trovare l’indice di tutti i nostri post ed articoli sulla corsa nella nostra pagina dedicata al Running.

    Autore: Melli Luca, istruttore atletica leggera GS Toccalmatto (melsh76@libero.it)

  7. La preparazione per le gare di 10 Km

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    (Aggiornato al 09/12/2022)

    Nel post odierno vedremo le indicazioni per organizzare un allenamento per i 10 Km in modo dettagliato in base al proprio livello di esperienza e alle proprie caratteristiche. È ovviamente un articolo dedicato a runner amatori con una certa esperienza nella gestione degli allenamenti; per chi invece è alle prime armi, troverà sicuramente utile il nostro post dedicato alla preparazione di una 10 Km per principianti.

    Più precisamente, in questo post vedremo il modello di preparazione a forma di piramide a 2 ed a 3 scalini; tranquilli non è nulla di complesso, ma solo una semplificazione per approfondire gli argomenti in maniera top-down, cioè dagli elementi che sono maggiormente influenti sulla performance, a quelli che lo sono meno.

    I 2 periodi d’allenamento (piramide a 2 scalini)

    Nell’immagine sotto è raffigurata una semplificazione del modello d’allenamento che è possibile utilizzare per preparare una gara di 10 Km.

    allenamento running 10 Km
    Clicca sull’immagine per ingrandire

    Come potete vedere, l’intero periodo preparatorio è diviso in 2 parti, cioè il periodo Generale e quello Specifico. Nella parte Generale l’obiettivo è quello di lavorare sia sulla Resistenza aerobica (lato sinistro della piramide) che sulle qualità neuromuscolari (lato destro).

    La Resistenza aerobica è estremamente importante perché permette al runner di incrementare il recupero, che sarà necessaria nel periodo successivo (Specifico) per smaltire i carichi di lavoro. In una recente pubblicazione di Boullosa et al 2020, venne visto come anche a livello amatoriale (per i professionisti si sapeva già da tempo) l’elevato chilometraggio sia la variabile fondamentale che influenza la performance. È quindi ovvio che maggiore è il chilometraggio, e maggiore sarà la percentuale di questo corso ad intensità lenta/moderata.

    Se la parte Generale dell’allenamento sarà svolta correttamente, allora nel periodo Specifico si potrà incrementare il carico dei ritmi più vicini a quelli di gara (per la “Capacità di gara” e “Velocità” di gara) in maniera estremamente proficua.

    Molti amatori trascurano questo importante concetto, iniziando precocemente tutti quegli allenamenti specifici, comprese le gare corse al massimo impegno; questo riduce i margini di miglioramento ed incrementa il rischio di infortuni.

    Vi rimando al nostro articolo sulla pianificazione dell’allenamento della corsa per ulteriori dettagli; ma analizziamo maggiormente nel dettaglio come debbano essere affrontati questi 2 periodi (Generale e Specifico). Vedremo anche come individualizzare al meglio l’allenamento in base alle proprie caratteristiche, oltre a rispondere alle domande più frequenti.

    Periodo di preparazione generale

    È la base della piramide, la parte più consistente del periodo d’allenamento che permette al runner di incrementare il proprio potenziale per essere poi “realizzato” nel periodo successivo.

    Come abbiamo visto nella prima immagine di questo articolo si organizza in 2 versanti, quello relativo alla resistenza aerobica e quello neuromuscolare.

    Per gli atleti che alleno dura indicativamente dal 65 al 75% dell’intero periodo intero della preparazione.

    Allenamento componenti metaboliche (resistenza aerobica)

    Lo stimolo biologico principale si ottiene con un incremento graduale del chilometraggio settimanale, grazie anche all’utilizzo dei lunghi (meglio se fatti in forma collinare). Si organizza il volume settimanale considerando il chilometraggio maggiore e quello minore (punto di partenza). Ad esempio, nell’immagine sotto potete vedere il programma del solo periodo Generale (4 allenamenti a settimana) per un runner in passato abituato a correre non più 46 Km a settimana (incremento del 10% del chilometraggio massimo; vedi sotto). Come chilometraggio minore, si è considerato quello in grado di correre nel momento in cui è iniziata la preparazione.

    Preparazione gara 10 Km 4 allenamenti settimana

    Per quanto riguarda le settimane di scarico, vedremo successivamente come organizzarle. Il chilometraggio iniziale (minimo) si fissa in base alla propria esperienza; è sufficiente chiedersi in maniera estremamente realistica e onesta: “quanti chilometri riesco a fare settimanalmente in questo momento con la certezza di non affaticarmi?”.

    Si stabilisce poi un chilometraggio massimo in base alla propria esperienza; al massimo, si può incrementare del 10% in base alla stagione precedente. Di conseguenza, si assegnano i chilometri delle settimane con un incremento simile a quanto visto nell’immagine sopra.

    Riporto sotto altre indicazioni fondamentali:

    • La maggior parte delle andature di questo periodo deve essere di corsa lenta e moderata (ad esclusione delle sedute di forza e velocità).
    • Alla fine di questo periodo si deve essere in grado di correre diverse volte (magari nei fine settimana) almeno 90’ di corsa; chi è abituato, può arrivare tranquillamente a 20 Km.
    • Per chi ha poco tempo per allenarsi e non riesce ad incrementare il chilometraggio più di tanto, una volta raggiunto il volume maggiore, può iniziare ad inserire gradualmente e progressivamente andature di corsa media.

    Quello che è importante capire, è che gli adattamenti a questo tipo di stimoli si concretizzano lentamente, perché coinvolgono non solo la fisiologia del muscolo, ma anche altri apparati come quello cardiocircolatorio, osteoarticolare ed il sistema nervoso centrale. Per questo, il periodo generale deve essere il più lungo.

    Ovviamente si possono inserire saltuariamente competizioni corse non al massimo delle proprie possibilità oltre alla partecipazione a manifestazioni “non competitive”, corse magari come Progressivi non impegnativi.

    Allenamento componenti neuromuscolari (forza e velocità)

    Il lavoro di forza deve precedere quello di velocità!

    Ricordatevi la frase sopra, perché è fondamentale per creare quegli adattamenti neuromuscolari che saranno la base della Velocità di gara; infatti, senza una buona velocità assoluta, non riuscirò mai ad esserlo in gara.

    Non mi dilungo ulteriormente su questo argomento, perché potete trovare un approfondimento estremamente dettagliato nel nostro post dedicato alla forza ed alla velocità del runner.

    esercizi di forza corsa

    Nell’immagine sopra sono raffigurati solo alcuni mezzi allenanti costituiti da corse che sviluppano queste 2 qualità. Nulla vieta di utilizzare anche l’allenamento funzionale (cioè mezzi allenanti non costituiti da corse come il potenziamento muscolare) per lo sviluppo della forza.

    Con le dovute semplificazioni, i mezzi allenanti finalizzati all’incremento della forza sfruttano salite corse non al massimo delle proprie possibilità; quelli orientati alla velocità utilizzano corse in cui la potenza muscolare richiesta è molto elevata.

    Ovviamente un ruolo importante lo giocherà l’esperienza nell’utilizzo di questi mezzi oltre alle caratteristiche individuali (vedremo meglio più avanti questo aspetto).

    Consiglio sempre di iniziare con la massima gradualità e con il numero di ripetizioni minime, perché alcuni runner (soprattutto quelli con caratteristiche “resistenti”) tollerano difficilmente i lavori di velocità; di conseguenza dovranno preferire quelli dedicati alla forza inizialmente e quelli “misti” successivamente.

    Consiglio di scegliere un mezzo allenante che riguarda la forza, uno successivo riguardante la velocità (o misto) e utilizzare sempre gli stessi come progressione all’interno del periodo generale; semplificherà la progressione del carico.

    Mi raccomando anche di non trascurare l’allenamento specifico del core e gli allungamenti funzionali nel riscaldamento.

    Periodo di preparazione specifico

    In questa fase lo scopo è quello di realizzare il potenziale costruito nel periodo precedente; utilizzando una metafora a me cara, nel periodo generale lavorerò principalmente sulle fondamenta ed i muri della mia abitazione, mentre nel periodo specifico monterò il tetto.

    Solamente con fondamenta solide e mura alte riuscirò a raggiungere un’altezza elevata con il tetto, che rappresenta l’entità della mia performance.

    fondamenta performance corsa

    Considerate sempre la prima immagine di questo articolo; gli stimoli per la Resistenza aerobica diventeranno poi stimoli per la Capacità di gara (cioè riuscire a correre la velocità di gara per tutta la durata della competizione), mentre gli stimoli neuromuscolari diventeranno stimoli per la Velocità di gara.

    Non è da escludere che per certe qualità (come la forza muscolare) alcuni atleti richiedano una sorta di “richiamo”, con allenamenti a carico ridotto anche nel periodo Specifico.

    Allenamenti per la capacità di gara

    Saranno tutti quegli stimoli in cui i ritmi saranno di poco inferiori a quella di gara per periodi abbastanza prolungati, come la corsa media, la corsa veloce, il progressivo ecc. Non è da dimenticare che anche il volume totale dell’allenamento (considerando anche le corse lente ed i lunghi) contribuisce ad allenare questa qualità.

    A mio parere, sono ottimi stimoli allenanti le manifestazioni “non competitive” corsa ad intensità progressiva o le gare fatte all’85-90% delle proprie possibilità.

    L’importanza di questa qualità si nota dal fatto che molti runner amatori tendono ad avere cali significativi dopo 7-8 Km di gara; se riesco a correre alla velocità di gara per 7-8 Km e poi ho un calo, significa che ho bisogno di lavorare sulla “Capacità di gara”. In questi casi, non è anche da escludere che sia necessario partire più lenti per gestire al meglio le energie.

    Allenamenti per la velocità di gara

    Sono tutti quei mezzi in cui si alternano tratti ad una velocità leggermente superiore a quella della competizione, a tratti più lenti. Solo per citare quelli che preferisco, si possono utilizzare i fartlek, gli intermittenti, alcune forme di ripetute, ecc. Nel nostro post introduttivo dedicato alla corsa potete trovare l’elenco completo. Ottimi stimoli sono le gare più brevi (ad esempio i 5000m o 3000m su pista).

    Allenamenti 10 Km
    Clicca sull’immagine per ingrandire

    Allenamenti per la velocità e la capacità di gara

    È ovvio che le gare stesse rappresentano lo stimolo più specifico che ci sia; è però da prestare attenzione al fatto che “gli allenamenti soffrono le gare”!

    Cosa significa quest’ultima frase?

    Vuol dire che una competizione corsa al massimo delle proprie possibilità rappresenta uno stimolo estremamente elevato, anche dal punto di vista ormonale e nervoso; richiede quindi più tempo per essere recuperato rispetto ad un allenamento impegnativo. Di conseguenza, necessiterà di più giorni di riposo o allenamenti “leggeri”, che andranno ad “occupare” sedute che si sarebbero potute dedicare alla Velocità o alla Capacità di gara.

    Non solo, gare affrontate al massimo delle proprie possibilità inducono una stimolazione massiccia di ormoni e neurotrasmettitori come l’adrenalina e la noradrenalina, che consentono di esaltare il “rendimento” di tessuti (come quello muscolare) ed apparati (come quello cardiocircolatorio). È ragionevole ipotizzare però, che possa avvenire con il tempo una sorta di “assuefazione” a tali stimoli, che riduce l’effetto delle sostanze sopra citate.

    Di conseguenza, solitamente consiglio non più di 4-5 gare “tirate” a stagione, meglio se distribuite uniformemente (un paio anche nel periodo generale), utilizzate anche come “test” di verifica della propria condizione. Soprattutto prima della competizione a cui si punta particolarmente, sarebbe bene non gareggiare per almeno 2-3 settimane.

    Si possono però fare le competizioni anche solo come forma di allenamento (all’85-90% del proprio massimo); sono stimoli abbastanza specifici che si recuperano più agevolmente rispetto ad una gara corsa al 100%…ma è bisogna essere “onesti con sé stessi”, e correrle veramente come se fossero degli “allenamenti”; non è facile!

    Ma esistono protocolli che allenano contemporaneamente la Velocità ed alla Capacità di gara?

    Bella domanda: la risposta è “si”, ma ci tengo a precisare che non sono allenamenti “necessari”. Molti utilizzano le ripetute lunghe per fornire questo stimolo allenante, ma rappresenta un potenziale errore; infatti, le ripetute lunghe (solitamente 2-3 Km corsi a ritmo gara intervallate da pause) hanno al loro interno delle pause di recupero.

    Come può essere uno stimolo “specifico”, se all’interno sono presenti delle “pause” (spesso corse di cosa blanda”)? Avete mai visto una gara in cui gli atleti, ad un certo punto, fanno una “pausa”?

    Non solo, sono allenamenti estremamente impegnativi dal punto di vista mentale, che male si adattano alle necessità degli amatori.

    Volendo fornire uno stimolo specifico (cioè per Velocità e Capacità di gara nella stessa seduta), allora preferisco il nuovo interval training od il Lactate dynamic training.

    Ma cosa fare per chi corre per vincere il “circuito provinciale”?

    In diverse zone, le gare locali sono organizzate in maniera tale da dare dei punteggi ad ogni competizione con relativa classifica a fine stagione. Fermo restando che focalizzarsi eccessivamente su questo tipo di “obiettivo” non rappresenta (a mio parere) il modo più sano per relazionarsi alla corsa, è comunque da considerare che tanti amatori corrono con questo scopo; allora come organizzare l’allenamento in questi casi?

    Partiamo subito da un dato di fatto: correre 15-20 gare all’anno (soprattutto se diverse sono concentrate in alcuni periodi) al massimo della propria possibilità predispone facilmente ad infortuni, sottoprestazioni e cali di motivazioni. È quindi evidente che bisogna programmare l’allenamento con alcune accortezze. Ne riporto alcune sotto “a ruota libera”, sperando possano essere spunti utili:

    • Non correre tutte le gare al 100% delle proprie possibilità, meglio se non più di 1 al mese.
    • Rallentare nei finali di gara quando si è “certi” della propria posizione di categoria.
    • Orientare comunque la pianificazione in periodi generali/specifici, preferendo (infrasettimanalmente) corse ad intensità moderata.
    • Preferire, quando non si è affaticati, allenamenti per la forza e misti, trascurando quelli per la velocità di gara e per la capacità di gara.

    L’individualizzazione dell’allenamento

    Ogni atleta è diverso dall’altro, e di questo è importante tenerne in considerazione quando si programmano gli allenamenti.

    Senza entrare troppo nel dettaglio, è comunque possibile individuare ogni atleta in uno dei 3 gruppi principali.

    Runner veloci resistenti

    Pur rappresentando una semplificazione, l’immagine sopra permette di intuire quali possano essere le qualità principali di un runner.

    Ad esempio, un atleta “resistente” probabilmente riuscirà ad incrementare il chilometraggio settimanale (e quello dei lunghi) con maggiore disinvoltura, ma si troverà maggiormente in difficoltà nel tollerare (cioè necessiterà di maggiori giorni di recupero) stimoli orientati alla velocità (ripetute brevi, sprint in salita, allunghi, ecc.). Di conseguenza, gran parte del suo lavoro neuromuscolare sarà orientato prevalentemente alla forza (soprattutto nel periodo Generale), perché (come abbiamo visto sopra) la forza è la base della velocità.

    Un atleta “veloce” invece, farà probabilmente più fatica a smaltire gli stimoli più “prolungati”, e di conseguenza l’incremento del chilometraggio (settimana dopo settimana) dovrà avvenire con maggiore gradualità. Potrà invece affrontare con più disinvoltura gli stimoli neuromuscolari, sempre a patto che siano inseriti con una certa gradualità.

    Non vado oltre nella spiegazione perché potete approfondire l’argomento nel dettaglio nel nostro articolo dedicato agli atleti veloci e resistenti.

    La piramide a 3 gradoni (il periodo “Speciale”)

    Fino ad ora abbiamo analizzato una periodizzazione classica, “a 2 gradoni”; nell’immagine sotto invece, potete vederne una a 3 fasi (o “a 3 gradoni”), con un periodo Speciale inframezzato tra quello generale e quello specifico; vedi immagine a sotto.

    allenamento 10 Km periodo speciale
    Clicca sull’immagine per ingrandire

    Consiglio un approccio del genere ad atleti esperti (anche amatori) e che hanno più di 12-14 settimane per preparare la gara a cui si tiene particolarmente, o hanno più gare come obiettivo (ma non più di 4-5).

    In sostanza, gli altri 2 periodi hanno le stesse caratteristiche della “Piramide” precedente (quello Generale deve occupare almeno il 50-60% dell’intera stagione), ma in quello Speciale si lavora principalmente sulla Velocità di gara, o sulle lacune del runner. Vediamo ora 3 esempi:

    • Un runner da caratteristiche resistenti potrà lavorare maggiormente sulla Velocità e sulla Velocità di gara, alternando questi stimoli ad allenamenti di Corsa lenta; in questo modo avrà la possibilità di recuperare adeguatamente da stimoli che solitamente ha difficoltà a tollerare. Ovviamente dovrà aver lavorato molto sulla Forza nel periodo Generale.
    • Un runner da caratteristiche veloci invece, potrà preferire un ulteriore incremento del chilometraggio o un inserimento di ritmi medi (Corsa media) e progressivi, stimolando così la Capacità di gara (di cui sarebbe presumibilmente lacunoso).
    • Un runner da caratteristiche intermedie invece potrà lavorare in maniera specifica sulla Velocità di gara (come se dovesse preparare una gara di 50000m), senza trascurare il chilometraggio totale (resistenza aerobica).

    Come gestire i periodi di carico e di scarico

    Com’è facilmente intuibile, con l’avanzar della stagione la capacità di tollerare i carichi di allenamento migliora, ma non bisogna dimenticare di inserire periodicamente settimane di allenamento meno impegnative, per permettere all’organismo di adattarsi agli stimoli allenanti.

    corsa scarico
    Esempio di criteri per gestire una settimana di scarico

    Per questo motivo, le settimane di allenamento impegnative solitamente vengono dette settimane di Carico, mentre quelle più semplici settimane di Scarico.

    Non tutti gli allenatori di runner amatori utilizzano questo principio (alcuni preferiscono un incremento del carico graduale per tutta la stagione), ma personalmente sono dell’idea che inserire delle settimane con carico leggermente più ridotto (cioè di “scarico”), possa aiutare il runner ad evitare infortuni, mantenere la motivazione ed evitare di “fare tanta fatica per nulla”. Questo vale in particolar modo per chi gareggia molto.

    Nei miei programmi solitamente inserisco 1 settimana di scarico ogni 2 settimane di carico, ma è un’indicazione di base. È importante che prima delle 10 Km che si ritengono importanti, venga sempre affrontata una settimana di scarico, e per alcuni anche 10 giorni (anziché 7).

    Solitamente viene proposta una riduzione del chilometraggio che va dal 10 al 20% e una riduzione dei volumi degli allenamenti ad intensità superiore alla Corsa lenta; personalmente, se capisco che l’atleta è affaticato, inserisco solo corsa lenta nella prima parte della settimana e qualche allungo (sottoforma di fartlek di 30” per 6-9’ totali) o qualche allungo in salita.

    Domande di più frequenti

    Di seguito riporto le domande (e relative risposte) che spesso mi vengono fatte dagli atleti che alleno o che ho allenato.

    Gara 10 km domande più frequenti

    Quanto tempo occorre per preparare una gara di 10 Km nel migliore dei modi?

    10 Km sono una distanza che quasi tutti i runner riescono a correre agevolmente, per questo motivo (contrariamente alla maratona) non esiste un numero di settimane “minime” per preparare questo tipo di gare.

    Ovviamente, se si vuole ottenere il meglio dal proprio potenziale, un minimo di 8 settimane è necessario, ma 12-16 settimane possono rappresentare la durata massima per avere la certezza di ottenere il meglio. Ma attenzione a non esagerare con il numero di gare effettuate con il massimo impegno; oltre un certo numero (4-5) il rischio evidente è quello di andare incontro ad una stagnazione dei risultati. Altro aspetto essenziale, è l’adeguatezza del periodo di rigenerazione.

    Cos’è il periodo di rigenerazione?

    Il primo passo per una stagione proficua è un ottimo periodo di rigenerazione”; è una frase che spesso ripeto agli atleti che alleno, per indicare come sia assolutamente necessario iniziare a preparare una gara freschi, con le risorse psico-fisiche intatte e rigenerate dal periodo di gare precedenti. Se ciò non accade, vi assicuro che “farete tanta fatica per nulla”, perché il corpo faticherà ad adattarsi agli stimoli allenanti. Credo che tutti i runner, nella propria carriera, abbiano sperimentato situazioni in cui, malgrado gli stimoli allenanti, non ottenessero i miglioramenti desiderati. Per approfondire e capire il fenomeno, vi consiglio di leggere il concetto di “energia adattativa” (c’è un grafico molto interessante) in questo post.

    Ma come rigenerarsi nel migliore dei modi?

    Solitamente ai miei atleti impongo 2-3 settimane (a seconda della lunghezza del periodo recedente) in cui si allenano in libertà, con il vincolo di fare un allenamento in meno rispetto al solito, e scegliendo tra allenamenti abbastanza brevi e di medio-bassa difficoltà. In alcuni casi, faccio fare anche 4 o 5 settimane di rigenerazione.

    Altro aspetto che aiuta molto a facilitare il concetto di “rigenerazione” è quello di fare pochissime gare nel periodo Generale.

    Periodo di rigenerazione corsa

    Esistono test in grado di predire la performance finale?

    Diciamo che una competizione di 10 Km si può correre più volte durante una stagione, di conseguenza ogni gara è un test per quella successiva. Qualsiasi altro test può essere soggetto ad errori, quindi a mio parere ha poco senso; per atleti con un po’ di esperienza, sono forse più indicative le sensazioni in allenamento piuttosto che in qualsiasi altro test. Per un principiante invece, vi rimando all’articolo specifico. Se proprio si vuole effettuare una sorta di valutazione, consiglio una valutazione funzionale per la tecnica di corsa; è il miglior investimento che si possa fare per la propria carriera podistica.

    Cosa bisogna bere o integrare in gara?

    L’acqua è necessaria per soddisfare lo stimolo della sete ed eventualmente raffreddarsi in climi particolarmente caldi bagnandosi il volto o il corpo. Il “quanto” bere dipende dal grado di acclimatazione, dalla temperatura della gara e dalle caratteristiche individuali; sicuramente l’esperienza aiuta a capire il giusto approccio. Per quanto riguarda l’eventuale integrazione con zuccheri (carboidrati), è stato visto a livello sperimentale che oltre i 45’ una piccola quota può essere utile (Jeukendrup 2014); anche in questo caso dipende molto dalla soggettività. Per chi vuole approfondire, consiglio il nostro post su idratazione ed integrazione negli sport di resistenza.

    Come ci si deve scaldare prima della gara?

    Il riscaldamento pre-gara non dovrebbe essere diverso da un riscaldamento per un normale allenamento che preveda dei tratti ad intensità medio alta (ripetute, intermittente, fartlek, ecc.).

    Riscaldamento corsa

    In più, per alcuni atleti è da fare i conti con l’eccessiva attivazione (che potrebbe portare a partire troppo forte) o l’ansia pre-gara. In entrambi i casi esistono delle strategie per ridurre o eliminarne le conseguenze. Potete trovare tutte le indicazioni nel nostro post dedicato al riscaldamento del runner.

    Come impostare il ritmo-gara?

    La maggior parte dei runner subisce un calo di velocità dal 7°-8° Km in poi; questo può essere dovuto ad una carenza di Capacità di gara o al fatto di partire troppo forte. In entrambi i casi, distribuire meglio lo sforzo non può che aiutare ad effettuare una prestazione migliore ed a divertirsi di più.

    Anche in maratona, abbiamo visto come l’approccio in “negative split” (cioè cercare di correre la prima parte leggermente più lentamente della seconda) sia quello migliore, in quanto permette di gestire le riserve energetiche al fine di ottimizzare la spesa del glicogeno quando il metabolismo ossidativo è al massimo funzionamento.

    Ovviamente è da considerare anche l’aspetto climatico, l’esperienza (fondamentale!), il correre in gruppo e l’aspetto mentale; potete approfondire tutti questi aspetti nel nostro post dedicato all’impostazione del ritmo gara.

    Conclusioni ed applicazioni pratiche

    L’errore che molti fanno nella preparazione di queste competizioni è quella di passare immediatamente agli stimoli più specifici come le ripetute ed altri allenamenti simili. Quello che invece è importante comprendere, è che solo costruendo una solida e grande base della piramide (parte Generale) è possibile incrementare il proprio potenziale per poi realizzarlo tramite l’allenamento Specifico.

    Infatti, se non creerò un’ottima base per recuperare velocemente dagli stimoli (Resistenza aerobica) e un’elevata velocità di base (qualità neuromuscolari), non riuscirò a creare un potenziale su cui sfruttare le mie qualità.

    L’eventualità dell’utilizzo della Piramide a 3 gradoni (cioè l’introduzione di un periodo Speciale) contribuisce ad ottimizzare ulteriormente la disponibilità di diverse settimane a disposizione per ottimizzare la performance.

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    Autore dell’articolo: Melli Luca, Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 e preparatore atletico AC Sorbolo. Email: melsh76@libero.it

  8. Running: alleniamo velocità e forza con i “circuiti”

    2 Comments

    (Aggiornato al 17/08/2020)

    I “circuiti” sono forme d’allenamento abbastanza avanzate, che con le giuste modifiche possono essere effettuate da tutti i runner che abbiano anche solo un minimo di abitudine a correre in salita ed in discesa.

    L’utilità principale di questi mezzi allenanti è quello di migliorare l’efficienza delle qualità neuromuscolari, in particolar modo per quegli atleti esperti (soprattutto amatori) che da un po’ di tempo hanno raggiunto un periodo di stagnazione dei risultati; infatti, più gruppi di ricerca (Paradisis et al 2006, Paradisis et al 2009, Cetin et al 2018 e Bissas et al 2020) hanno dimostrato come l’utilizzo combinato di salita+discesa, fosse più efficace (per il miglioramento della massima velocità) rispetto all’utilizzo di singole pendenze (solo salita, discesa o pianura).

    Gli ulteriori benefici che si possono ottenere grazie a queste forme d’allenamento, sono relativi ad una minor monotonia degli allenamenti, un perfezionamento della tecnica di corsa ed un miglioramento dell’attitudine di correre in discesa e di gestire i cambiamenti di pendenza in gara.

    In questo articolo approfondiremo più varianti, adattabili in base al grado di esperienza ed alle caratteristiche della maggior parte dei runner.

    Razionale e benefici

    Il gruppo di ricerca di Paradisis e colleghi (Paradisis et al 2006, Paradisis et al 2009) fu il primo a comparare l’effetto dell’allenamento su diverse pendenze (salita, pianura, discesa, salita+discesa) nei confronti della velocità, giungendo alla conclusione che l’utilizzo combinato di salita+discesa fosse più efficace degli altri metodi, in particolar modo quando la salita era quasi immediatamente seguita dalla discesa all’interno della stessa ripetizione. La superiorità dell’allenamento combinato (salita+discesa) risetto ai lavori in piano, fu successivamente confermato da Cetin et al 2018 e Bissas et al 2020. Ulteriore conferma è data dal fatto che questo tipo di stimoli è in grado di aumentare il rapporto tra la fase eccentrica e concentrica della contrazione muscolare, il cui dato è correlato con un miglioramento dell’economia di corsa (Moore 2016).

    Ok, questo tipo di ricerche ha evidenziato la superiorità dei mezzi combinati in ambito della velocità; ma le ricedute applicative sono valide anche per i runner?

    Ovviamente si, perché come abbiamo visto nel post dedicato alle salite brevi, azioni di corsa muscolari intense sono in grado di migliorare l’efficienza di corsa tramite una sincronizzazione delle fibre muscolari ed una riduzione dei meccanismi inibitori. Tale effetto (come abbiamo visto negli studi citati) è probabilmente maggiore se l’allenamento utilizza pendenze combinate rispetto ad un solo tipo.

    Una volta giunti a queste importanti conclusioni, è fondamentale ipotizzare e comprendere come possano essere strutturate questo tipo di sedute per un runner, come inserirle nel periodo preparatorio e valutare l’adeguatezza o meno ad effettuare questo tipo di allenamenti.

    Circuiti: ad ognuno il suo

    Come vedremo sotto, il protocollo ideale per il miglioramento della velocità del runner prevede azioni intense combinate e successive di salita/discesa (circuiti brevi); effettuare questa tipologia d’allenamento per chi non è abituato a questo tipo di lavori, lo espone fortemente ad un incremento di infortuni. Per questo motivo, in questo post troverete anche una variante più “soft” (circuiti lunghi) adatta a chi è meno avvezzo a questo tipo di stimoli, in maniera tale da potersi abituare gradualmente.

    Clicca sull’immagine per ingrandire

    Come vedremo di seguito, i circuiti brevi utilizzano intensità di corsa elevate, per questo motivo sono da inserire in una parte centrale della stagione, nel momento in cui si inizia a lavorare sulla velocità (vedi immagine a fianco). I prerequisiti fondamentali per l’utilizzo di questo mezzo allenante sono 2: il primo è quello di aver lavorato sulla forza (ad esempio con Ripetute in salita) nelle settimane precedenti, ed il secondo di essere già stato abituato ad eseguire azioni ad alta intensità (come le Hill sprint) nelle stagioni precedenti. In assenza di questi prerequisiti, è preferibile utilizzare i circuiti lunghi.

    Le difficoltà dei circuiti brevi infatti, sono relative principalmente nell’eseguire la discesa velocemente e con la giusta tecnica esecutiva, senza che l’azione in sé generi un affaticamento eccessivo per le catene muscolari; infatti, in discesa lo sforzo muscolare è prevalentemente eccentrico (contrariamente in salita in cui è particolarmente concentrico); in queste situazioni il Sistema nervoso tende a reclutare un numero inferiore di fibre muscolari, che saranno quindi sottoposte a maggiore sollecitazione (Enoka 1996). Se da un lato questo rappresenta un grande stimolo allenante, dall’altro può indurre affaticamenti particolarmente marcati (con incremento del rischio di infortuni) per quei runner con inadeguata forza muscolare.

    Circuiti brevi

    Sopra abbiamo visto quali sono i requisiti per poter eseguire i Circuiti brevi (aver precedentemente lavorato sulla forza ed essere abituati ad effettuare azioni intense); andiamo ora a vedere le caratteristiche.

    Il circuito consiste in una parte iniziale in salita ed una seconda in discesa; queste possono essere inframezzate da un breve tratto pianeggiante. Come abbiamo visto nelle ricerche citare nella parte iniziale di questo articolo, un profilo del genere permette miglioramenti più evidenti (in termini di velocità) rispetto a pendenze singole. Ovviamente si può solamente ipotizzare il razionale di questi benefici; probabilmente (ma non vi è certezza) l’aumento del reclutamento delle fibre muscolari in salita (come abbiamo visto nelle Hill sprint) viene in parte mantenuto nel tratto in discesa che invece, se affrontato singolarmente, tenderebbe a ridurre il numero delle fibre utilizzate (come abbiamo visto sopra).

    Ma andiamo ora a vedere quale possa essere la miglior condizione affinchè questo mezzo allenante possa essere efficace anche per un runner.

    La parte iniziale in salita dovrebbe essere non più lungo di 50m, per poi essere seguito da un tratto in pianura-discesa di altri 100-150m. La pendenza della salita è di relativa importanza, in quanto è stato visto che fino al 26% di pendenza, il muscolo riesce a produrre elevate potenze (testimonia di un alto reclutamento muscolare); per quanto riguarda invece la discesa, questa dovrebbe avere una pendenza moderata (dal 3-6% circa), in quanto è stato visto che queste condizioni sono quelle in cui si riesce ad esprimere la maggiore velocità (Ebben 2008).

    Ma com’è necessario distribuire lo sforzo?

    La parte in salita deve essere fatta ad intensità quasi massimale; non è necessario partire con un’accelerazione particolarmente violenta, ma arrivare in cima alla salita con un impegno importante (senza comunque scomporsi). Nell’immediato tratto successivo sarà fondamentale prendere inizialmente una buona velocità e poi mantenere il ritmo ottenuto per tutto il resto della discesa; è fondamentale prendere una velocità che sia elevata, ma che permetta di mantenere sempre la stessa frequenza dei passi, senza scomporsi a causa della fatica. Nel caso in cui ci si renda conto di perdere ritmo, è possibile accorciare leggermente la lunghezza del tratto in discesa o diminuire l’intensità.

    Ricordo che la frequenza dei passi deve essere mantenuta anche in funzione di una corretta postura (parte superiore del corpo sufficientemente rilassata), senza muovere troppo il tronco ed appoggiando il piede in maniera neutra (non sul tallone) sotto il corpo. Si deve quindi avere la sensazione di una continua ricerca della velocità e di non “frenare”. Per questo motivo non esiste un’intensità che sia la stessa per tutti, in quanto questa deve essere subordinata ad una corretta tecnica esecutiva. Altro requisito fondamentale è la ricerca e percezione di una corsa simmetrica, in cui entrambi gli arti inferiori effettuino gli stessi movimenti ed imprimano la stessa spinta.

    Il numero di ripetizioni, soprattutto le prime volte, deve essere molto basso; si può iniziare con 3-4 per arrivare fino ad un massimo di 6-8, incrementandone una a seduta. Il recupero tra ogni ripetizione deve essere di circa 3’ di corsa lenta/blanda. È consigliabile eseguire questo tipo di seduta ogni 7-14 giorni, in periodi in cui non vengono comunque inseriti allenamenti impegnativi per la velocità o per la velocità di gara. Ultima raccomandazione è per il riscaldamento: deve essere sufficientemente lungo da implementare sia gli allungamenti funzionali che un paio di sprint in salita (non massimali), che 2-3 allunghi di 70-80m abbastanza intensi, il tutto con le giuste pause.

    Concludo con la reperibilità del tracciato; infatti, non è sempre possibile trovare percorsi che combacino perfettamente con la descrizione fatta. Per questo motivo a volte è necessario modificare le intensità (soprattutto nella parte in discesa) al fine di essere sicuri di mantenere una corretta tecnica esecutiva. Di norma, un cavalcavia può rappresentare un giusto compromesso, affrontandolo in maniera tale da fare in salita il lato più ripido.

    Circuiti lunghi

    Se i circuiti brevi sono mezzi allenante rivolti alla velocità, quelli lunghi possiamo definirli come mezzi a caratteristiche miste, cioè che allenano sia la forza che la velocità; per questo motivo, non presentano contrazioni muscolari particolarmente intense, e di conseguenza si adattano a tutte le tipologie di runner, in particolar modo quelli con un livello non elevato di forza muscolare. In ogni modo, questa forma d’allenamento è da inserire dopo un periodo in cui si ha lavorato sulla forza, analogamente a quanto indicato per i circuiti brevi. Come vedremo di seguito, si possono effettuare diverse varianti, adattabili alla conformazione dei tracciati che si hanno a disposizione.

    La struttura di base prevede 3 tratti/segmenti, ognuno lungo tra 200-350m circa, in circuito come nella figura sotto; per gli stessi motivi relativi ai circuiti brevi, sarebbe bene che la discesa non sia troppo ripida.

    L’esecuzione è molto semplice, si esegue il circuito di continuo senza mai fermarsi, alternando un lato veloce ad un lato lento; di conseguenza nel primo giro (partendo dal punto “A”, come nella figura sotto) i tratti veloci saranno quello in salita e quello in pianura, mentre nel secondo giro il tratto intenso sarà quello in discesa.

    In questo modo, ogni 2 giri tutti e 3 i tratti verranno fatti ad andatura intensa, fornendo uno stimolo allenante completo per le qualità neuromuscolari (forza e velocità). Ovviamente è possibile utilizzare anche percorsi con diverse caratteristiche, che comunque vedremo dopo.

    Ora però analizziamo quelle che devono essere le intensità di corsa che determinano i carichi di lavoro:

    • I tratti intensi devono essere corsi ad un’intensità compresa tra quelle percepite in gare di 5-10 Km. Da qui è possibile comprendere come non sia elevata come nei Circuiti brevi.
    • I tratti lenti invece possono essere effettuati di corsa lenta o leggermente meno intensi.

    Quello che è importante capire, è che la modulazione delle 2 intensità (intensa e lenta) deve essere tale da consentire di svolgere la seduta senza che la fatica comprometta in misura evidente la giusta esecuzione dell’allenamento e la tecnica di corsa adeguata. L’intensità media dei circuiti (cioè quella percepita durante l’esecuzione) dovrebbe essere paragonabile a quella della corsa media, con le dovute oscillazioni dovute ai cambi di velocità e pendenza. Ne consegue che oltre ad essere un mezzo allenante per le qualità neuromuscolari, è un’esercitazione con un modesto stimolo allenante anche per la capacità di gara.

    L’esecuzione dei tratti intensi dovrebbe avvenire con una tecnica di corsa adeguata alla pendenza sulla quale si sta correndo; in generale (ciò vale per tutti i tipi di pendenza), è importante che il piede prenda contatto con il terreno sotto il corpo, che il busto rimanga eretto o con una minima inclinazione in avanti e che la frequenza ed ampiezza del passo siano tali da non scomporre eccessivamente la postura.

    Vediamo ora quale debba essere il volume allenante: in generale, è meglio quantificarlo in Km, suddividendo l’allenamento in serie (alternate da pause di 3-5’) di 2-3 Km. Il chilometraggio totale dei circuiti è dipendente dallo stato di forma e dalla caratura dell’atleta; è possibile iniziare con 4-5 Km totali, per poi incrementare di 1 Km a seduta fino ad un massimo di 8-10 Km per i runner più allenati; come già indicato, sono mezzi allenanti da inserire nel periodo di preparazione generale, ma successivamente ad un periodo dedicato alla forza (ad esempio tramite Ripetute in salita).

    Su che terreno va effettuato l’allenamento?

    Di norma, è preferibile effettuarlo sullo stesso terreno delle competizioni a cui si prende parte; la pendenza della salita può anche essere elevata, ma è meglio che la discesa non sia eccessiva. Chi prepara trail, può inserire dei segmenti anche particolarmente tecnici (salite ripide o discese impegnative) in maniera tale da poter lavorare anche sulle peculiarità della disciplina.

    Tracciati: varianti

    Ovviamente non tutti hanno a disposizione un circuito a “triangolo” come quello evidenziato ad inizio paragrafo. Per questo motivo, mantenendo costante l’alternanza delle intensità, è possibile utilizzare circuiti alternativi, o percorsi di andata e ritorno; prendendo spunto dalla seconda parte della presentazione di P. Endrizzi, l’elemento principale del tracciato deve essere quello di avere un numero di tratti dispari (3, 5 o 7); in questo modo si ha la certezza che ogni segmento viene corso alternativamente (giro dopo giro) ad andatura intensa e lenta.

    Nell’immagine sopra sono proposte alcune varianti, di 3 e 5 lati; com’è possibile notare, è possibile sfruttare il tracciato in forma di andata/ritorno (vedi circuiti rosso, verde e viola), ampliando la probabilità di trovare percorsi adeguati (anche dei cavalcavia); l’importante che i vari lati siano di una lunghezza d compresa tra circa 200-350.

    Riassunto conclusivo ed applicazioni pratiche

    I circuiti con salite sfruttano il beneficio che deriva dall’utilizzo di pendenze diverse; a seconda dell’intensità con la quale vengono affrontati, possono avere effetto allenante selettivo nei confronti della velocità (circuiti brevi) o misto forza-velocità (circuiti lunghi).

    Chi è allenatore di sé stesso, è anche importante comprenda il momento giusto della stagione in cui inserire questi mezzi allenanti; di norma, andrebbero collocati dopo la fase iniziale in cui si lavora prevalentemente sulla forza e prima del periodo specifico, in cui si comincia a lavorare particolarmente sulla velocità di gara. Nel nostro post dedicato alla pianificazione dell’allenamento, potete trovare tutte le indicazioni necessarie per organizzare al meglio una stagione atletica.

    Altro aspetto importante è seguire con continuità la giusta progressione di difficoltà, che solitamente si ottiene con un incremento delle ripetizioni (o dei Km) seduta dopo seduta. Studiando ed effettuando una corretta progressione esecutiva del mezzo scelto, sarà più facile comprendere l’effetto allenante, non solo dal punto di vista teorico, ma anche pratico; questo permetterà di intuire le potenzialità che può avere nell’aiutare a migliorarsi, e quanto sia adeguato alla soggettività di ogni runner (cioè quanto può contribuire a colmare le lacune o a potenziare i pregi).

    Se sei alla ricerca di altri mezzi allenanti dedicati alla forza o alla velocità, puoi trovarli nel nostro post dedicato alle qualità neuromuscolari del runner; se invece vuoi rimanere informato sulle nostre pubblicazioni (aggiornamenti o nuovi articoli) collegati al nostro Canale Telegram, in più potrai scaricare gratuitamente la guida per scegliere e trovare la scarpa da running più adeguata alle tue esigenze.

    Autore dell’articolo: Luca Melli (melsh76@libero.it), Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 e preparatore atletico AC Sorbolo.

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