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  1. Il fartlek come mezzo allenante per il calcio (seconda parte)

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    Nella primo post dedicato al Fartlek abbiamo approfondito i mezzi dedicati alla Potenza Aerobica a carattere prevalentemente estensivo, utili per le categorie giovanili, per le categorie inferiori e durante i primissimi giorni di pre-campionato. Oggi andremo ad analizzare altri mezzi con maggiore componente Intensiva, cioè nei quali lo stimolo allenante avviene principalmente tramite l’intensità (in termini di consumi di ossigeno) dell’esercitazione piuttosto che per la durata della stessa. Ovviamente non includiamo in questi mezzi le varie forme di esercizio intermittente o l’RSA come mezzo allenante perché gia approfondite precedentemente.

    FARTLEK VARIANTE 40”/80”

    Gia citato nel post dell’allenamento Generale, consiste nell’alternare 40” particolarmente intensi (scala 17-18 punti della scala RPE) a 1’20” di corsa blanda. Malgrado sia un mezzo allenante puramente empirico (non si trovano riscontri in bibliografia internazionale), è possibile intuire come 40” corsi ad andatura particolarmente elevata (di poco superiore alla Massima Potenza Aerobica) possano essere uno stimolo sufficiente per stimolare in calciatori lo sviluppo della Potenza Aerobica senza che l’accumulo della fatica indotto dalla glicolisi ne limiti lo stimolo biologico. Inoltre, i seguenti 80” si presume possano essere sufficienti sia per pagare il debito di ossigeno alattacido (ripristino Ossimioglobina e Fosfocreatina) che quello lattacido (smaltimento lattato). Malgrado la descrizione di questo mezzo possa apparire complessa, i giocatori si adeguano in maniera estremamente veloce (ed istintiva) e lo tollerano bene, se viene seguita una corretta propedeutica nel suo utilizzo. Ovviamente è un mezzo che richiede buona disponibilità mentale e freschezza fisica per essere effettuato correttamente, quindi non è consigliabile introdurlo il giorno successivo a partite o ad allenamenti particolarmente intensi. Anche per i giovani può essere introdotto solo dopo di che sono stati abituati all’utilizzo di mezzi a finalità estensive. Dopo poche sedute i giocatori saranno gia in grado di dosare correttamente lo sforzo; è possibile iniziare con una serie singola di 8-10’ per poi proseguire fino ad una monoserie di 16’ o 2 serie di 10’. Ovviamente, quando saranno in grado di gestire adeguatamente lo sforzo sarà possibile farli correre in percorsi con diversi cambi di direzione (per alcuni esempi, vedi primo post sul fartlek) per avere uno stimolo biomeccanico più specifico.

    Possiamo concludere la descrizione di questo mezzo ribadendo il vantaggio principale nel suo utilizzo, che risiede nella facilità con il quale viene appreso e tollerato rispetto ad altri mezzi a caratteristiche intensive. Non c’è da “spaventarsi” di quanto tempo viene corso lentamente (80” alla volta) perché lo stimolo allenante risiede principalmente nell’intensità. Lo svantaggio principale risiede invece nel fatto che è difficile da parte dell’allenatore/preparatore oggettivare il carico allenante (sopratutto rispetto a mezzi che utilizzano il criterio della potenza metabolica o la MPA come riferimento); pertanto se ne consiglia l’uso nei settori giovanili e per le squadre di categoria medio-bassa.

    FARTLEK IHT

    Questo tipo di Fartlek non è altro che un Test utilizzato negli anni 90 dal Dipartimento dell’Università Norvegese per la Ricerca e Tecnologia per valutare le qualità Aerobiche dei calciatori. Ovviamente il nostro scopo è quello di utilizzarlo come mezzo allenante a caratteristiche intensive per la potenza Aerobica.

    Svolgimento del circuito: com’è possibile vedere dalla figura sopra, il tracciato prevede l’utilizzo di 2 coppie di ostacoli (di circa 60 cm) uno posto a 14m e l’altro dopo altri 6 metri dalla partenza; successivamente si trovano (ognuno dopo 10 metri) 2 coni. Dopo essere partito, il giocatore dovrà arrivare all’ultimo cono (dopo aver passato 2 ostacoli), fare la curva, tornare al primo cono, fare la curva, ritornare all’ultimo cono e dopo aver fatto la curva ritornare alla partenza passando altri 2 ostacoli. Il percorso totale è di 100m con 3 cambi di senso (cambi di direzione di 180°) e 4 ostacoli da passare. In ogni percorso si possono esercitare non più di 10 giocatori (quindi è opportuno farne 2).

    Protocollo di lavoro: prevede la durata di circa 10’, con partenza ogni 40” (15 ripetizioni in tutto), anche se le prime volte è opportuno effettuarle ogni 45”. Il primo giocatore parte al segnale dell’allenatore, mentre quelli successivi quando l’atleta che lo precede ha passato il primo ostacolo. Il tempo di percorrenza medio per un giocatore dilettante solitamente è intorno ai 25” (per il tempo restante il giocatore può recuperare da fermo aspettando di nuovo il suo turno); ovviamente minore è il tempo di percorrenza e maggiore è la fatica. In questo modo è possibile da parte di ogni giocatore individualizzare in maniera consapevole la propria andatura. È importante far abituare i giocatori a passare gli ostacoli utilizzando alternativamente la gamba destra e quella sinistra; utilizzarne solo una potrebbe portare ad uno squilibrio (anche se minimo) in termini di forza reattiva e resistenza muscolare locale tra i 2 arti inferiori.

    Vantaggi e svantaggi: l’utilità del mezzo sta nel fatto di lavorare sulla Potenza Aerobica con buona specificità (in quanto sono presenti salti e cambi di senso), individualizzando lo sforzo (seppur in maniera autonoma da parte dei giocatori). Lo svantaggio, come per tutte le altre tipologie di Fartlek è quello di non poter avere una quantificazione precisa (in termini di Potenza metabolica) del lavoro svolto, a meno che si utilizzi il GPS.

    Varianti: il circuito di questo ideato dal Dipartimento dell’Università Norvegese per la Ricerca e Tecnologia può essere modificato al fine di renderlo, nel tempo, meno monotono. Gli elementi fondamentali da tenere in considerazione sono: la lunghezza totale di 100m e l’utilizzo di cambi di direzione per un totale di 540°; infatti nella versione standard sono proposti 3 cambi di senso (cioè di 180°: 3 x 180° = 540°), di conseguenza è possibile utilizzare cambi di direzione di 180° e 90° fino ad arrivare al “volume voluto” di cambi di direzione. Ovviamente è da ricordarsi anche i 4 ostacoli da passare. Nella figura sopra è rappresentato un esempio con 2 cambi di direzione di 180° e 2 cambi di 90° per una lunghezza di sempre 100m.

    FARTLEK SECONDO I PARAMETRI DELLA POTENZA METABOLICA

    È l’unica tipologia di fartlek che permette di poter dosare l’intensità (in termini di potenza) e il volume (in termini di lavoro) in maniera precisa. Rimandiamo alle pubblicazioni specifiche presenti nel Blog dell’autore (Roberto Colli) che lo ha ideato. La differenza principale con tutte le altre forme di Fartlek prima presentate è che questa variante il lavoro è basato sul carico esterno (un parametro più oggettivo) e non sul carico interno (soggettivo). Di conseguenza permette di programmare le sedute in maniera più precisa, individualizzata e finalizzata; ciò lo rende un mezzo utile in molteplici situazioni, in particolar modo per gruppi di giocatori per i quali è possibile stimare il carico di lavoro ottimale.

    N.B.: un’ultima considerazione che riguarda sempre l’utilizzo della Potenza Metabolica. Anche per le altre variabili del Fartlek è possibile verificare il Lavoro e la Potenza effettuati, ma a posteriori (cioè solo alla fine della seduta) e solo se in possesso di un GPS con software adeguato. In questi casi sarebbe interessante verificare la corrispondenza tra il carico interno (cioè quello soggettivo, autoimposto dall’atleta) e quello esterno (dati oggettivi forniti dl software del GPS).

    CONCLUSIONI

    Nella tabella sopra sono riassunte alcune considerazioni fatte per le tipologie di Fartlek affrontate. Ribadiamo che malgrado sia un mezzo Generale (finalizzato allo sviluppo mantenimento della Potenza Aerobica), deve rispettare criteri di Specificità per essere inglobato nella metodologia d’allenamento per il calcio. Dalla tabella è sempre evidente come siano quasi tutti mezzi nei quali la comprensione e la stima della percezione dello sforzo siano elementi fondamentali. L’unico che si basa su parametri oggettivi (ciò rappresenta un pregio non indifferente, soprattutto per le categorie Medio-Alte) è il “Fartlek metabolico” che rispetto agli altri metodi limita l’utilizzo dei cambi di direzione ad angoli elevati.

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    Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico AC Sorbolo, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it

  2. L’RSA (Repeated Sprint Ability) come mezzo allenante

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    L’abilità di sprintare (anche senza palla) è una qualità fondamentale che determina le segnature in una partita (Faude et al 2012, Haugen et al 2014); è anche evidente che questa deve potersi ripetere più volte nel contesto di un match.

    L’RSA (semplificando, la capacità di effettuare sprint ripetuti) è da diversi anni ipotizzata l’abilità che maggiormente “incarna” questa capacità; sono stati effettuati tantissimi studi e ricerche sull’argomento…ma quello che interessa gli addetti ai lavori è:

    come allenare i calciatori affinchè siano più veloci nel contesto di una partita?

    In questo post, andremo a vedere quello che emerge dalla bibliografia internazionale sull’argomento, per poi analizzare quelle che possono essere le linee guida di base per ottimizzare la velocità nel contesto di partita.

    Bibliografia internazionale ed esperienza da campo

    L’RSA è il classico esempio di come quello che emerge a livello di pubblicazioni (studi e ricerche) non sempre va incontro a quella che è l’esigenza dei preparatori atletici. Ma come si valuta l’RSA?

    Solitamente viene misurata tramite tratti massimali (con cambi di direzione o a navetta) di pochi secondi, intervallati da pause di 20-30”; il tutto per 6-10 ripetizioni.

    In bibliografia internazionale sono veramente tanti gli studi che hanno approfondito e cercato correlazioni tra questa qualità e l’attività di gara (o il livello degli atleti); alcuni di questi (tra le tante pubblicazioni) sono riusciti a trovare correlazioni tra il livello degli atleti o i metri percorsi ad alta intensità in partita. Ma in diversi casi non sono state trovare correlazioni.

    Indipendentemente dai singoli studi, credo che per chi opera nel calcio sia importante capire come incrementare la velocità del calciatore nel contesto di allenamento e di gioco.

    Mi spiego meglio: se in un determinato studio vengono dedicati 30’ alla settimana (in sostituzione all’allenamento classico) allo sviluppo a secco della velocità con il metodo X, e dopo 2 mesi si verifica un miglioramento significativo di 0.05 secondi sulla capacità di sprintare sui 20m, allora le conclusioni dello studio saranno quelle che il metodo X è in grado di migliorare la velocità del calciatore. Ma attenzione, chi è disposto a rinunciare a 30’ di allenamento settimanale (per 2 mesi) per migliorare lo sprint sui 20m di 0.05”?

    Non a caso, la revisione di Haugen et al 2014, indica come

    “diversi studi e ricerche hanno trovato come tanti tipi di allenamento possano essere efficaci, ma la maggior parte di questi sono difficili da implementare (soprattutto nei dilettanti); di conseguenza, sarebbe più efficace ascoltare tecnici esperti in materia piuttosto che le linee guida presenti in letteratura”

    Di conseguenza, la capacità di sprintare nel calcio è ben lontana dall’essere compresa dal punto di vista metodologico.

    rsa calcio

    Allenare è un’arte che non si basa solo sulla scienza, ma anche sull’intuito e sull’osservazione non codificabile

    Roberto Colli

     Scienza e buon senso

    Allora come fare?

    Dal mio punto di vista, la ricetta è semplice: si parte dalle proprie certezze, si cerca di aggiornarsi, e si implementa il tutto gradualmente.

    Spiego meglio cosa intendo dire: se ho la certezza (dopo diversi anni di esperienza) che un determinato approccio metodologico sia efficace, allora credo sia giusto metterlo alla base del mio metodo d’allenamento.

    Ciò non significa che sia il migliore in assoluto ma, in quel momento, il migliore che io possa somministrare ai miei giocatori in base alle esperienze che ho.

    Questo ovviamente non è sufficiente per fare un ottimo lavoro, in quanto sono convinto che un preparatore atletico debba continuamente studiare ed aggiornarsi se vuole diventare un professionista migliore.

    Visto che la metodologia d’allenamento del calcio è particolarmente complessa (e va contestualizzata) ogni nozione appresa non deve assolutamente portare rivoluzioni nel proprio modo di allenare, ma deve stimolare dubbi e proporre soluzioni che poi devono essere contestualizzate ed evidentemente implementate nella propria metodologia; tutto ciò deve avvenire con la massima gradualità, cercando di non stravolgere tutto in una volta.

    L’errore da non fare è quello di copiare mode o metodi che emergono dalla bibliografia internazionale senza prima fare un esame critico dell’utilità che questi possono avere nel proprio contesto; in altre parole, è fondamentale avere flessibilità mentale e senso critico nel recepire idee e metodi.

    Il concetto espresso sopra ovviamente non vale solo per la capacità di sprintare, ma per tutte le dimensioni prestative del calciatore.

    Allora come lavorare sulla capacità di sprintare?

    Di seguito presento la sintesi di quello che è il mio approccio (a livello dilettantistico), sperando che possa essere da spunto per altri.

    Per comodità preferisco parlare di “rapidità” nel calcio piuttosto che di “velocità”, in quanto il primo termine racchiude una gestualità motoria più ampia, tipica di una disciplina complessa. Racchiudo le variabili che influenzano questa qualità in qualità generali (forza massima e postura dinamica) e specifiche (rapidità coordinativa, globale e cognitiva). Vado a riassumerle brevemente sotto, indicando alcuni spunti per approfondire

    Forza massima

    Malgrado la capacità di forza massima non sia correlata con la velocità del movimento, ne rappresenta un importante presupposto. Infatti, oggi sappiamo che un adeguato livello di forza del muscolo è necessario per fare in modo che in alcune catene muscolari (soprattutto quella estensoria) il ventre muscolare subisca una minima perturbazione della propria lunghezza durante il ciclo stiramento-accorciamento per permettere un maggiore accumulo di energia elastica nei tendini. Questo permette di ridurre l’incidenza di infortuni ed una più rapida sequenza delle fasi del movimento; per approfondire leggi il nostro articolo specifico.

    Questi benefici sono stati riscontrati in diversi studi (Hoff et al 2014Ronnestad et al 2011Wisloff et al 2004) con l’incremento dei livelli di accelerazione in calciatori a seguito di periodi in cui sono stati eseguiti esercitazioni con i pesi rivolte all’incremento della forza massima. Ad arricchire questo legame causa-effetto c’è anche la revisione di Weldon et al 2021, in cui per la prima volta sono stati raccolti i risultati della loro indagine fatta con preparatori atletici professionisti.

    Com’è lecito attendersi, lo sviluppo della forza massima nel calcio è strettamente legata al contesto (mezzi, tempi a disposizione, ma anche metodologia d’allenamento) e non necessariamente deve utilizzare pesi estremamente elevati. Coma abbiamo visto in precedenza, è necessaria una contrazione di intensità massimale della durata di almeno 0.7-0.8” per attivare questo tipo di adattamenti (Colli 2012).

    Considerando la complessità motoria del calcio, è evidente che sfruttando i movimenti funzionali ed attrezzature di vario tipo sia possibile ricercare questi parametri sia dal punto di vista motorio che sensomotorio, cioè con spiccata specificità nei contesti dei movimenti dei calciatori. Per approfondire, consiglio i webinar del Canale Strength and Conditioning di PerformanceLab (puoi trovare il codice sconto nel nostro post specifico).

    A mio parere questa rappresenta una delle sfide metodologiche più interessanti nell’ambito della preparazione atletica calcistica, in particolar modo per chi lavora a livello professionistico e semi-professionistico. A livello dilettantistico è un discorso più complesso (per mancanza di tempo, personale e mezzi), ma non è da escludere che con grande spirito di adattamento ed intuito non si possa comunque riuscire a fare un buon lavoro anche su questa qualità.

    Lavoro posturale

    Questo tipo di lavoro nel calcio è prevalentemente finalizzato a ridurre il rischio di infortuni, e rappresenta sicuramente uno degli aspetti metodologici fondamentali a tutti i livelli; è sufficiente notare come la casistica di infortuni anche a livello professionistico sia particolarmente elevata, sintomo che è un approccio estremamente complesso e difficile.

    Solitamente, questo prevede lavori che tendono ad elongare in diversi modi le catene miofasciali ed allo stesso tempo rinforzarne la capacità di contrarsi e di resistere alle sollecitazioni agli angoli articolari più critici. Questi protocolli prevedono l’utilizzo prevalente di movimenti funzionali, ma anche analitici nel caso in cui vengano individuate aree critiche dal punto di vista individuale.

    A differenza dei lavori di forza massima, vengono effettuati con regimi di contrazione più lenti (anche statici) e con carichi ridotti. Ma facciamo alcuni esempi per chiarire meglio.

    • Molti calciatori hanno una ridotta flessibilità dell’articolazione tibio-tarsica (si evince perché facendo uno squat tendono a sollevare i talloni); questo impedisce al corpo di inclinarsi sufficientemente durante le accelerazioni (potrebbe arrivare anche a 40-45°) perdendo efficienza anche in presenza di qualità muscolari adeguate.
    • La stessa cosa si potrebbe dire della capacità di estendere l’anca; i calciatori tendono ad avere il muscolo psoas molto rigido, di conseguenza fanno fatica ad estendere l’anca durante le fasi di accelerazione. Anche in questo caso, si perderebbe efficienza del gesto anche in presenza di qualità neuromuscolari adeguate.
    • Ultimo esempio è in riferimento alla capacità di una catena a resistere alle sollecitazioni eccentriche; l’esempio più lampante sono i flessori della coscia, tra i muscoli più soggetti ad infortuni. Incrementarne la resistenza muscolare locale in maniera funzionale aiuta a ridurre il rischio di lesioni.

    Anche tra i dilettanti è possibile fare un ottimo lavoro, in quanto la richiesta di mezzi necessari è molto inferiore, e gran parte dei lavori possono essere fatti anche a carico naturale. La difficoltà maggiore a cui si può andare incontro (soprattutto per gruppi nuovi) è la non desuetudine ad effettuare determinati movimenti, che d’altronde determina la maggior parte delle rigidità. In questi casi è da ricercare una certa progressività esecutiva (dai movimenti più semplici a quelli più complessi) ed utilizzare le prime volte tempistiche abbastanza dilatate come quella che io chiamo 532; in altre parole, per apprendere al meglio il movimento, si effettua la fase eccentrica in 5”, si mantiene la posizione per 3” (isometria) e si esegue la fase concentrica ritornando alla posizione iniziale in 2”.

    Per chi volesse approfondire l’allenamento miofasciale a 360°, consiglio il libro di Ester Albini; per chi invece vuole un approccio più specifico al calcio, consiglio il Webinar di Marco Giovannelli (trovare lo sconto del 10% sempre nella nostra pagina dedicata ai codici sconto).

    Rapidità

    Forza massima e postura sono prerequisiti della rapidità; a sua volta, preferisco dividere i mezzi per la rapidità in 3 categorie per ripartire il lavoro settimanale: Rapidità analitica, rapidità globale e rapidità cognitiva. Riassumo brevemente sotto con i riferimenti per gli approfondimenti.

    • Rapidità analitica: sono mezzi in cui viene posta l’enfasi sulla precisione dei movimenti (posizione del piede, frequenza dei passi, modulazione del baricentro, ecc.) affinchè sviluppi una giusta lateralità in contesti rapidi. A questi, si aggiunge anche il lavoro di rapidità coordinativa in virtù del legame tra rapidità e coordinazione.
    • Rapidità globale: sono tutte quelle esercitazioni a secco (con cambi di direzione o altro tipo di impegno motorio) in cui viene richiesta la massima velocità esecutiva. Tra tutti, sono quelli che permettono di trasformare il rendimento del giocatore a secco, in base a tutti i prerequisiti (forza massima e postura) su cui ci si prepara.
    • Rapidità cognitiva: si potrebbe chiamare anche rapidità situazionale in quanto viene effettuata con la palla. Il razionale di questo metodo sta nel fatto che il giocatore di calcio non deve essere solo più “veloce” del proprio avversario, ma deve anche saper “leggere” la situazione tattica per poter iniziare il movimento prima del suo avversario. Di conseguenza l’uso della palla in situazione è fondamentale. Non mi dilungo ulteriormente perché la proposta di questi mezzi deve essere fatta in accordo con l’allenatore; in ogni modo, è da ricordare che l’utilizzo di campi di ridotte dimensioni (ad esempio 70-100 m² per giocatore) allena prevalentemente le accelerazioni/decelerazioni, mentre con dimensioni maggiori (140-160 m² per giocatore) la corsa in velocità per le finalizzazioni. Ovviamente sono da valutare attentamente anche la durata delle serie e delle pause, in quanto con il passare della “serie” l’intensità tende a calare. In fondo al nostro terzo post dedicato alla rapidità, potete trovare anche mezzi molto semplici (non di situazione) per lo sviluppo della rapidità cognitiva.
    Clicca sull’immagine per ingrandire

    Conclusioni ed ulteriori approfondimenti

    Spesso sento preparatori giudicare altri preparatori basandosi solo su pochi elementi di giudizio, solo perché vedono somministrare mezzi allenanti teoricamente “obsoleti”; credo che invece sia importante non solo la tipologia di esercitazioni utilizzate, ma anche il “come” vengono utilizzate. In altre parole, ritengo sia meglio somministrare stimoli allenanti che si conoscono e di cui si ha esperienza, piuttosto che seguire le “mode” senza esserne a conoscenza della reale efficace nel proprio contesto.

    Questo non significa che si debba rimanere ancorati nelle proprie abitudini, ma che si debbano affrontare le novità con spirito critico, e l’introduzione di nuovi stimoli allenati debba essere fatta con estrema gradualità ed attenzione.

    Detto questo, studiare ed aggiornarsi diventano 2 tasselli fondamentali per diventare professionisti migliori!

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    Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico AC Sorbolo, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it

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