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  1. Errori da evitare nella corsa: la sporca dozzina

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    (Aggiornato al 30/04/2023)

    Infortuni e sottoprestazioni sono prevalentemente dovuti ad errori nell’allenamento; spesso si è alla ricerca di scarpe, accessori, integratori o del metodo più innovativo per essere più veloci, trascurando invece come siano gli errori nell’allenamento a non permetterci di esprimere il nostro potenziale.

    Ad esempio, abbiamo visto come la caffeina in media possa incrementare la performance di corsa dell’1,1%, ma ha poco senso parlarne se si è sempre infortunati o ci si allena male.

    È quindi necessario un approccio che parta dai presupposti che hanno maggiore incidenza sul modo con cui viviamo la nostra passione per la corsa; in altre parole, un approccio top/down (dalle cose che contano di più…fino a quelle che contano meno) è sicuramente il più efficace, e la prima cosa è proprio quella di evitare gli errori più comuni!

    Per scrivere questo contenuto, ho preso spunto dall’articolo the dirty dozen (“Quella sporca dozzina”) di Pete Magill, il cui tutolo prende spunto proprio dal film del 1967. Ho comunque cercato di semplificare e raggruppare alcuni degli “errori” per rendere più agevole la lettura.

    Nell’immagine sotto sono rappresentati gli errori più comuni dei runner in maniera tale da farvi selezionare i capitoli che ritenete per voi più interessanti.

    Corsa errori da evitare

    Ricordatevi che per essere dei runner migliori non bisogna “soffrire di più”, è invece primario fare scelte intelligenti in sede di programmazione, allenamento e stile di vita.

    Errore N° 1: iniziare gli allenamenti con eccessiva intensità

    È l’errore tipico a cui si può andare incontro quando ci si allena in gruppo in sedute lunghe, oppure per chi si allena poche volte a settimana.

    Prendete ad esempio Eliud Kipchoge per il quale viene riportato come inizi alcuni allenamenti di “rigenerazione” (18-20 Km) correndo anche a 6’/Km!

    Le conseguenze deleterie di iniziare gli allenamenti troppo velocemente sono diverse: la prima è che comporta un più rapido dispendio di carboidrati (cioè i substrati energetici responsabili dei ritmi più elevati), che invece sarebbero risparmiati con un inizio più soft.

    Il secondo è che non asseconda l’esigenza dell’organismo di incrementare il lavoro fisico gradualmente; questo non solo farà percepire più fatica, ma porterà anche eventuali irrigidimenti muscolari che possono essere (nel lungo termine) cause di acciacchi ed infortuni.

    Per questo motivo il riscaldamento non dovrebbe essere solamente graduale, ma comprendere allungamenti funzionali che permettono di detendere e tonificare allo stesso tempo la muscolatura.

    Riscaldamento corsa

    L’immagine sopra è presa dal nostro post dedicato al nostro protocollo di riscaldamento per la corsa, che prevede 3 movimenti di allungamento funzionale ed uno di attivazione per preparare al meglio le catene muscolari all’allenamento.

    Errore N° 2: trasformare ogni allenamento in un medio

    Una corretta metodologia d’allenamento prevede l’alternanza di giornate di carico a una o più giornate di scarico; le prime, comprendono allenamenti che per intensità o durata vanno a stimolare reazioni biologiche in grado di “migliorare nel tempo” (se opportunamente dosate), mentre le seconde danno al corpo il tempo di attuare le risposte biologiche desiderate (tramite riposo o allenamenti molto leggeri).

    Di conseguenza è nelle giornate di scarico che la condizione incrementa.

    Recupero corsa

    L’errore comune di diversi podisti è quello invece di uniformare la velocità di tutti gli allenamenti ad intensità media; questo avviene per diversi motivi, come la paura di non allenarsi sufficientemente, il fatto di voler sfogare lo stress accumulato durante la giornata, ecc. Le conseguenze sono 2 (soprattutto se ci sia allena 4 volte o più alla settimana):

    • La prima, quella più ovvia, è quella di non dare al corpo il tempo di recuperare, in quanto un allenamento corso ad intensità media non permette all’organismo di assecondare le normali esigenze di ripristino della fatica.
    • La seconda è quella di dare all’organismo sempre gli stessi stimoli allenanti; come vedremo nei prossimi paragrafi, il runner deve inserire nel suo programma sia stimoli di intensità che di durata. Questo permette di ottenere miglioramenti da tutti i margini di guadagno prestativo.

    Nelle tabelle degli atleti che alleno, spesso scrivo la frase “a volte, per essere veloci in gara è necessario avere il coraggio di andare piano in allenamento”; questa frase è ovviamente riferita alle sedute di corsa lenta di rigenerazione, cioè quelle che aiutano a recuperare adeguatamente gli sforzi fatti nelle sedute impegnative.

    Ad esempio, per i top runner che effettuano più di 10 allenamenti settimanali, solo 3 sedute sono impegnative (per volume ed intensità). Quindi per chi si allena 3-5 volte a settimana, solo 2 sedute devono essere impegnative, considerando sempre l’incremento graduale del carico di lavoro durante la stagione. Consigliamo il nostro articolo sulla programmazione dell’allenamento per chi vuole approfondire l’argomento.

    Errore N° 3: evitare ritmi intensi

    La preferenza esclusiva ai ritmi lenti e medi non serve ad altro che abituarsi ad andare più piano.  È il rischio principale che si corre quando si preparano maratone o addirittura gare più lunghe esclusivamente tramite ritmi medi e lenti; questo porta ad una perdita di tono muscolare e di efficienza di corsa a tutte le velocità di corsa.

    Ma non solo: alcuni muscoli come il gastrocnemio (la parte alta della muscolatura del polpaccio) hanno caratteristiche tali (cioè molte fibre veloci), che vengono stimolate quasi esclusivamente con i ritmi veloci ed intensi.

    Allenamento polarizzato
    (Clicca sull’immagine per ingrandire)

    A fianco riportiamo un’immagine estremamente interessante (in rosso ho aggiunto le spiegazioni in Italiano): viene mostrato come sia gli allenamenti di alta intensità che di durata concorrono a migliorare il Potenziale aerobico del soggetto, cioè le qualità che permettono di correre veloce a lungo.

    Ovviamente è la corretta programmazione dei ritmi (lenti, veloci e di gara) che, unita al giusto recupero, permetterà di ottimizzare al meglio il potenziale del corridore.

    Nel nostro articolo dedicato alla programmazione abbiamo visto come nel periodo Generale sono da preferire i ritmi lenti/moderati alternati a stimoli di forza e di velocità; nel periodo Specifico invece, i ritmi di alcuni allenamenti si avvicineranno maggiormente a quelli di gara per indirizzare le proprie capacità verso il modello prestativo della competizione.

    Non solo, gli allenamenti di alta intensità dovrebbero essere inseriti anche assecondando le caratteristiche del runner; ad esempio, un atleta con caratteristiche prevalentemente resistenti dovrebbe preferire (nella prima parte della stagione) lavori di forza soprattutto con salite. Un runner con caratteristiche veloci invece, potrebbe esaltare le proprie caratteristiche neuromuscolari con un moderato allenamento di forza ed un lavoro più importante di velocità.

    Potete approfondire questa tematica nell’articolo dedicato all’individualizzazione dell’allenamento.

    Errore N° 4: non recuperare adeguatamente

    Come abbiamo visto nel secondo punto, è importante far passare un arco di tempo adeguato tra gli allenamenti più impegnativi.

    Carico scarico corsa

    Nella figura a fianco viene semplificato come un recupero insufficiente possa far calare la condizione anziché migliorarla; nel grafico in mezzo (quello rosso) gli stimoli allenanti significativi sono troppo ravvicinati (di conseguenza il tempo di recupero è troppo breve) e di conseguenza la condizione atletica cala invece di crescere…in altre parole “si fa tanta fatica per nulla”. Questo solitamente accade agli amatori che fanno troppi allenamenti impegnativi a settimana.

    Il grafico verde invece, prevede una giusta alternanza (ne abbiamo parlato anche sopra) tra carico e recupero.

    In quello in basso (nero) è rappresentata una condizione atletica stabile, caratteristica di chi si allena meno di 3 volte a settimana.

    Ma attenzione, non è solamente il tempo che intercorre tra uno stimolo impegnativo e l’altro a definire l’entità del recupero (come abbiamo visto sopra); anche gli allenamenti di rigenerazione/volume (se adeguatamente inseriti) facilitano questo processo, portando allo stesso tempo un contributo allenante (Resistenza aerobica).

    Questo è il motivo per cui i top runner effettuano settimanalmente non più di 3 allenamenti veramente impegnativi (di fronte ai 10-13 totali), ma tutto il resto è occupato da stimoli che vanno ad incrementare drasticamente il volume di Km, ma ad intensità lente/moderate e di rigenerazione.

    Ma esistono altre variabili che influenzano il recupero, e sono relative allo stile di vita; l’alimentazione, il sonno e la gestione dello stress quotidiano sono variabili significative per recuperare al meglio.

    È inutile allenarsi duramente se poi lo stile di vita non è in grado di assecondare il carico di lavoro; a volte è meglio tenere un carico di lavoro più basso (e ridimensionare gli obiettivi) e gestire con maggiore intelligenza la propria quotidianità. Per chi non è un Top runner, la corsa deve aiutare a vivere meglio, e non a rendere più “difficili” le giornate.

    Per chi vuole approfondire consiglio di leggere il nostro articolo sul recupero.

    Errore N° 7: non modificare l’allenamento in caso di carente (e inaspettata) condizione di forma

    Uno degli errori più gravi (soprattutto per chi si allena 5 o più volte a settimana) è quello di non voler aggiustare gli allenamenti durante l’esecuzione degli stessi. Alcune variabili inaspettate come modificazioni atmosferiche, affaticamenti a lungo termine e stress extrasportivi possono richiedere aggiustamenti “in corso d’opera”. Riportiamo sotto 2 esempi molto semplici:

    • Quando la temperatura è elevata (o tende ad essere superiore rispetto alle normali condizioni) è necessario rallentare l’andatura dei vari ritmi di allenamento, perché l’organismo tende a “limitare spontaneamente” le intensità per evitare di andare precocemente in crisi. Il non assecondare queste esigenze (senza rallentate opportunamente i ritmi di allenamento) comporta un esaurimento precoce delle energie.
    • Stessa cosa vale per l’esecuzione delle ripetute: se dopo un certo numero di esecuzioni non si riesce più a tenere il ritmo prestabilito (che deve ovviamente tenere in considerazione delle condizioni esterne) allora conviene fermarsi (o ridimensionare la seduta), senza intestardirsi nel voler finirle a tutti i costi; quest’ultimo atteggiamento infatti, porterebbe a prolungare oltremodo i tempi necessari per il recupero. Alcuni allenamenti come i fartlek basano invece le intensità allenanti sulla percezione dello sforzo, venendo incontro a quelle che sono le eventuali esigenze di modificare i ritmi in base alle sensazioni.

    Concludendo, è necessario comprendere che gli allenamenti sono il “mezzo” attraverso il quale si costruiscono i risultati della gara, e non il fine di ogni corridore. Affidandosi alla propria esperienza ed alla percezione dello sforzo è possibile ottimizzare il proprio allenamento in base alla propria situazione giornaliera.

    Errore 8 e 9: utilizzare sempre lo stesso mezzo di allenamento o provarne ogni giorno uno diverso

    Alcuni atleti si focalizzano sempre lo stesso metodo di allenamento, mentre altri ne provano sempre dei nuovi, senza rendersi conto degli effetti (stimoli allenanti) che ogni mezzo ha sul proprio corpo. Ma dove sta la giusta misura?

    Ovviamente sta nel compromesso, dato prima di tutto dalla propria esperienza, e successivamente dalle acquisizioni che si hanno provando anche nuove tipologie di training.

    Ogni atleta, con il passare della sua vita sportiva dovrebbe consolidare (tramite l’esperienza) e acquisire (tramite un’adeguata e controllata “sperimentazione”) la corretta metodologia di allenamento per il proprio organismo; il tutto tramite tanti piccoli step.

    Per la fase di acquisizione gioca un ruolo fondamentale lo studio e l’approfondimento della materia; permette di accelerare la competenza da mettere in pratica. L’esperienza è sicuramente quella che invece garantisce di evitare errori nel tempo.

    Ovviamente non è possibile migliorare all’infinito perché l’invecchiamento riduce il potenziale biologico dell’atleta, ma studiando e facendo tesoro della propria esperienza è possibile diventare runner sempre più consapevoli e togliersi diverse soddisfazioni.

    Corsa esperienza studio

    Per tutti i runner amatori che vogliono studiare contenuti facilmente comprensibili a tutti (anche per chi non ha competenze di biologia e fisiologia) consiglio il nostro canale telegram gratuito (mistermanager_running) nel quale troverete tutte le novità ed aggiornamenti del nostro sito, più articoli esclusivi per gli iscritti al canale.

    Errore 10: non attuare un piano di prevenzione per gli infortuni

    Diversi studi hanno accertato che tra il 50-80% dei corridori si infortunano almeno una volta l’anno. Diversi allenatori americani puntano sul fatto che l’esecuzione di determinati esercizi di riscaldamento/tonificazione (formati da esercizi di potenziamento a carico naturale e di allungamento muscolare) abbiano un ottimo effetto preventivo.

    Di questi, ne trovate diversi nel nostro sito; abbiamo quelli da fare nel riscaldamento, quelli dell’allenamento funzionale del core e quelli per prevenire i danni da iper-pronazione.

    Infortuni corsa

    Questi sono tutti approcci generali e non individuali; in altre parole aiutano a ridurre il rischio di infortuni ma non sono individualizzati.

    In alcuni casi (chi si infortuna con maggiore frequenza) è necessario individualizzare l’approccio preventivo; questo consiste nell’individuare i punti deboli del runner per poi andare ad agire con un allenamento mirato sulle specifiche carenze. In questo modo il programma preventivo diventa più efficace.

    Il primo passo è quello di un’attenta valutazione funzionale del runner (compresa di analisi di corsa), in grado di dare informazioni fondamentali a personale esperto che realizzerà un protocollo individualizzato.

    Errore N° 12: non considerare le gare all’interno del proprio piano di allenamento

    Alla partenza di una competizione i livelli motivazionali sono maggiori rispetto ad un allenamento: l’adrenalina ed altri neurotrasmettitori riducono la percezione della fatica e migliorano le performance dei vari tessuti più di quanto accade in allenamento.

    Questo porta a ad essere più performanti quando si indossa un pettorale!

    Ciò rappresenta anche un ottimo stimolo allenante per le gare successive, perché offre sollecitazioni estremamente specifiche al nostro organismo.

    Ma attenzione, gareggiare troppo spesso può comportare ad un precoce ristagno della prestazione; infatti, stimoli particolarmente elevati (come una gara) hanno bisogno di un maggior tempo di recupero rispetto ad un allenamento impegnativo.

    Non solo, tutti quegli stimoli neuro-ormonali che permettono di ottenere il massimo dal proprio fisico (ne abbiamo parlato ad inizio paragrafo), possono andare incontro ad una sorta di assuefazione.

    La conseguenza è che non si riesce più a dare il 100%.

    Questo accade ai runner che gareggiano spesso con il massimo impegno; dopo poche gare la condizione si stabilizza e non si hanno più miglioramenti; nel peggiore dei casi si può andare incontro a periodi di demotivazione o infortuni.

    Nel nostro articolo dedicato al numero di gare abbiamo visto come questa condizione si possa verificare in media dopo 4-5 competizioni fatte al 100%.

    Gareggiare troppo corsa

    Questo dovrebbe dare indicazioni importanti su come inserire le gare nel proprio piano d’allenamento. Ciò non significa che si debba gareggiare pochissimo, ma considerare alcune manifestazioni come “gare d’allenamento”, correndole all’85-90%.

    Lo so, non è facile andare con il limitatore quando si ha addosso un pettorale…ma torniamo alla frase scritta sopra “a volte per andare forte è necessario avere il coraggio di andare piano”.

    Per chi, ad esempio, corre le gare di campionato per la propria categoria, la consapevolezza di rischiare di andare incontro ad un ristagno/peggioramento rappresenta un dato fondamentale; aiuterà ad organizzare l’allenamento per dare il 100% solo in alcune manifestazioni, cercando di gestirsi (senza forzare) nelle altre.

    Se fatto con intelligenza, questo processo aiuterà ad avere un incremento progressivo della performance evitando ristagni della condizione o sottoprestazioni inaspettate.

    Conclusioni: esperienza ed apprendimento

    Partiamo da un presupposto: ottimizzare la propria corsa non significa necessariamente essere più veloci in gara. Significa essere dei runner migliori grazie ad una gestione più intelligente della propria vita e delle variabili che influiscono sulla corsa.

    Vuole dire correre con più piacere, senza stop dovuti ad infortuni e beneficiare dei vantaggi psicologici e sociali che la corsa offre…e si, anche migliorare le prestazioni, ma considerando sempre che queste sono definite anche dall’età e dalle caratteristiche intrinseche del podista (i top runner sono pochi).

    Se invece ci focalizziamo esclusivamente sulla performance o su battere il compagno d’allenamento, allora le scelte che faremo in sede di vita e di allenamento saranno dettate da una motivazione estrinseca che nel tempo non porterà a nulla di buono e duraturo.

    Se invece siamo mossi da una motivazione intrinseca, saremo in grado di migliorare le nostre competenze, di sperimentare e di approcciare intelligentemente alla corsa, indipendentemente dal vincolo di pressioni esterne. Questo avviene grazie alla presenza di valori e nel trovare piacere in quello che si fa, indipendentemente dal risultato.

    Ricordatevi sempre il motivo principale per il quale correte e per il quale volete correre per più anni possibile della vostra vita.

    All’interno di questo contesto gioca un ruolo importante l’esperienza, data principalmente dagli errori da evitare…quegli errori che impediscono ai runner di godersi appiano la propria corsa. In questo articolo nel abbiamo visti alcuni tra i più frequenti.

    Ma per chi vuole accelerare le proprie competenze è necessario studiare ed approfondire il mondo della corsa e tutto quello che gli ruota intorno (alimentazione, stile di vita, ecc.). Nel nostro canale telegram mistermanager_running trovate gratuitamente tutti gli aggiornamenti del nostro sito per quanto riguarda il running, compresi i nuovi articoli e la revisione di quelli già presenti. All’interno pubblicherò anche contenuti esclusivi per i soli iscritti al canale e potrete scaricare la nostra guida sulla scelta delle scarpe da running in base alle vostre caratteristiche.

    Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico ASD Monticelli Terme, istruttore Scuola Calcio MT1960 ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it

  2. Running: alleniamo velocità e forza con i “circuiti”

    2 Comments

    (Aggiornato al 17/08/2020)

    I “circuiti” sono forme d’allenamento abbastanza avanzate, che con le giuste modifiche possono essere effettuate da tutti i runner che abbiano anche solo un minimo di abitudine a correre in salita ed in discesa.

    L’utilità principale di questi mezzi allenanti è quello di migliorare l’efficienza delle qualità neuromuscolari, in particolar modo per quegli atleti esperti (soprattutto amatori) che da un po’ di tempo hanno raggiunto un periodo di stagnazione dei risultati; infatti, più gruppi di ricerca (Paradisis et al 2006, Paradisis et al 2009, Cetin et al 2018 e Bissas et al 2020) hanno dimostrato come l’utilizzo combinato di salita+discesa, fosse più efficace (per il miglioramento della massima velocità) rispetto all’utilizzo di singole pendenze (solo salita, discesa o pianura).

    Gli ulteriori benefici che si possono ottenere grazie a queste forme d’allenamento, sono relativi ad una minor monotonia degli allenamenti, un perfezionamento della tecnica di corsa ed un miglioramento dell’attitudine di correre in discesa e di gestire i cambiamenti di pendenza in gara.

    In questo articolo approfondiremo più varianti, adattabili in base al grado di esperienza ed alle caratteristiche della maggior parte dei runner.

    Razionale e benefici

    Il gruppo di ricerca di Paradisis e colleghi (Paradisis et al 2006, Paradisis et al 2009) fu il primo a comparare l’effetto dell’allenamento su diverse pendenze (salita, pianura, discesa, salita+discesa) nei confronti della velocità, giungendo alla conclusione che l’utilizzo combinato di salita+discesa fosse più efficace degli altri metodi, in particolar modo quando la salita era quasi immediatamente seguita dalla discesa all’interno della stessa ripetizione. La superiorità dell’allenamento combinato (salita+discesa) risetto ai lavori in piano, fu successivamente confermato da Cetin et al 2018 e Bissas et al 2020. Ulteriore conferma è data dal fatto che questo tipo di stimoli è in grado di aumentare il rapporto tra la fase eccentrica e concentrica della contrazione muscolare, il cui dato è correlato con un miglioramento dell’economia di corsa (Moore 2016).

    Ok, questo tipo di ricerche ha evidenziato la superiorità dei mezzi combinati in ambito della velocità; ma le ricedute applicative sono valide anche per i runner?

    Ovviamente si, perché come abbiamo visto nel post dedicato alle salite brevi, azioni di corsa muscolari intense sono in grado di migliorare l’efficienza di corsa tramite una sincronizzazione delle fibre muscolari ed una riduzione dei meccanismi inibitori. Tale effetto (come abbiamo visto negli studi citati) è probabilmente maggiore se l’allenamento utilizza pendenze combinate rispetto ad un solo tipo.

    Una volta giunti a queste importanti conclusioni, è fondamentale ipotizzare e comprendere come possano essere strutturate questo tipo di sedute per un runner, come inserirle nel periodo preparatorio e valutare l’adeguatezza o meno ad effettuare questo tipo di allenamenti.

    Circuiti: ad ognuno il suo

    Come vedremo sotto, il protocollo ideale per il miglioramento della velocità del runner prevede azioni intense combinate e successive di salita/discesa (circuiti brevi); effettuare questa tipologia d’allenamento per chi non è abituato a questo tipo di lavori, lo espone fortemente ad un incremento di infortuni. Per questo motivo, in questo post troverete anche una variante più “soft” (circuiti lunghi) adatta a chi è meno avvezzo a questo tipo di stimoli, in maniera tale da potersi abituare gradualmente.

    Clicca sull’immagine per ingrandire

    Come vedremo di seguito, i circuiti brevi utilizzano intensità di corsa elevate, per questo motivo sono da inserire in una parte centrale della stagione, nel momento in cui si inizia a lavorare sulla velocità (vedi immagine a fianco). I prerequisiti fondamentali per l’utilizzo di questo mezzo allenante sono 2: il primo è quello di aver lavorato sulla forza (ad esempio con Ripetute in salita) nelle settimane precedenti, ed il secondo di essere già stato abituato ad eseguire azioni ad alta intensità (come le Hill sprint) nelle stagioni precedenti. In assenza di questi prerequisiti, è preferibile utilizzare i circuiti lunghi.

    Le difficoltà dei circuiti brevi infatti, sono relative principalmente nell’eseguire la discesa velocemente e con la giusta tecnica esecutiva, senza che l’azione in sé generi un affaticamento eccessivo per le catene muscolari; infatti, in discesa lo sforzo muscolare è prevalentemente eccentrico (contrariamente in salita in cui è particolarmente concentrico); in queste situazioni il Sistema nervoso tende a reclutare un numero inferiore di fibre muscolari, che saranno quindi sottoposte a maggiore sollecitazione (Enoka 1996). Se da un lato questo rappresenta un grande stimolo allenante, dall’altro può indurre affaticamenti particolarmente marcati (con incremento del rischio di infortuni) per quei runner con inadeguata forza muscolare.

    Circuiti brevi

    Sopra abbiamo visto quali sono i requisiti per poter eseguire i Circuiti brevi (aver precedentemente lavorato sulla forza ed essere abituati ad effettuare azioni intense); andiamo ora a vedere le caratteristiche.

    Il circuito consiste in una parte iniziale in salita ed una seconda in discesa; queste possono essere inframezzate da un breve tratto pianeggiante. Come abbiamo visto nelle ricerche citare nella parte iniziale di questo articolo, un profilo del genere permette miglioramenti più evidenti (in termini di velocità) rispetto a pendenze singole. Ovviamente si può solamente ipotizzare il razionale di questi benefici; probabilmente (ma non vi è certezza) l’aumento del reclutamento delle fibre muscolari in salita (come abbiamo visto nelle Hill sprint) viene in parte mantenuto nel tratto in discesa che invece, se affrontato singolarmente, tenderebbe a ridurre il numero delle fibre utilizzate (come abbiamo visto sopra).

    Ma andiamo ora a vedere quale possa essere la miglior condizione affinchè questo mezzo allenante possa essere efficace anche per un runner.

    La parte iniziale in salita dovrebbe essere non più lungo di 50m, per poi essere seguito da un tratto in pianura-discesa di altri 100-150m. La pendenza della salita è di relativa importanza, in quanto è stato visto che fino al 26% di pendenza, il muscolo riesce a produrre elevate potenze (testimonia di un alto reclutamento muscolare); per quanto riguarda invece la discesa, questa dovrebbe avere una pendenza moderata (dal 3-6% circa), in quanto è stato visto che queste condizioni sono quelle in cui si riesce ad esprimere la maggiore velocità (Ebben 2008).

    Ma com’è necessario distribuire lo sforzo?

    La parte in salita deve essere fatta ad intensità quasi massimale; non è necessario partire con un’accelerazione particolarmente violenta, ma arrivare in cima alla salita con un impegno importante (senza comunque scomporsi). Nell’immediato tratto successivo sarà fondamentale prendere inizialmente una buona velocità e poi mantenere il ritmo ottenuto per tutto il resto della discesa; è fondamentale prendere una velocità che sia elevata, ma che permetta di mantenere sempre la stessa frequenza dei passi, senza scomporsi a causa della fatica. Nel caso in cui ci si renda conto di perdere ritmo, è possibile accorciare leggermente la lunghezza del tratto in discesa o diminuire l’intensità.

    Ricordo che la frequenza dei passi deve essere mantenuta anche in funzione di una corretta postura (parte superiore del corpo sufficientemente rilassata), senza muovere troppo il tronco ed appoggiando il piede in maniera neutra (non sul tallone) sotto il corpo. Si deve quindi avere la sensazione di una continua ricerca della velocità e di non “frenare”. Per questo motivo non esiste un’intensità che sia la stessa per tutti, in quanto questa deve essere subordinata ad una corretta tecnica esecutiva. Altro requisito fondamentale è la ricerca e percezione di una corsa simmetrica, in cui entrambi gli arti inferiori effettuino gli stessi movimenti ed imprimano la stessa spinta.

    Il numero di ripetizioni, soprattutto le prime volte, deve essere molto basso; si può iniziare con 3-4 per arrivare fino ad un massimo di 6-8, incrementandone una a seduta. Il recupero tra ogni ripetizione deve essere di circa 3’ di corsa lenta/blanda. È consigliabile eseguire questo tipo di seduta ogni 7-14 giorni, in periodi in cui non vengono comunque inseriti allenamenti impegnativi per la velocità o per la velocità di gara. Ultima raccomandazione è per il riscaldamento: deve essere sufficientemente lungo da implementare sia gli allungamenti funzionali che un paio di sprint in salita (non massimali), che 2-3 allunghi di 70-80m abbastanza intensi, il tutto con le giuste pause.

    Concludo con la reperibilità del tracciato; infatti, non è sempre possibile trovare percorsi che combacino perfettamente con la descrizione fatta. Per questo motivo a volte è necessario modificare le intensità (soprattutto nella parte in discesa) al fine di essere sicuri di mantenere una corretta tecnica esecutiva. Di norma, un cavalcavia può rappresentare un giusto compromesso, affrontandolo in maniera tale da fare in salita il lato più ripido.

    Circuiti lunghi

    Se i circuiti brevi sono mezzi allenante rivolti alla velocità, quelli lunghi possiamo definirli come mezzi a caratteristiche miste, cioè che allenano sia la forza che la velocità; per questo motivo, non presentano contrazioni muscolari particolarmente intense, e di conseguenza si adattano a tutte le tipologie di runner, in particolar modo quelli con un livello non elevato di forza muscolare. In ogni modo, questa forma d’allenamento è da inserire dopo un periodo in cui si ha lavorato sulla forza, analogamente a quanto indicato per i circuiti brevi. Come vedremo di seguito, si possono effettuare diverse varianti, adattabili alla conformazione dei tracciati che si hanno a disposizione.

    La struttura di base prevede 3 tratti/segmenti, ognuno lungo tra 200-350m circa, in circuito come nella figura sotto; per gli stessi motivi relativi ai circuiti brevi, sarebbe bene che la discesa non sia troppo ripida.

    L’esecuzione è molto semplice, si esegue il circuito di continuo senza mai fermarsi, alternando un lato veloce ad un lato lento; di conseguenza nel primo giro (partendo dal punto “A”, come nella figura sotto) i tratti veloci saranno quello in salita e quello in pianura, mentre nel secondo giro il tratto intenso sarà quello in discesa.

    In questo modo, ogni 2 giri tutti e 3 i tratti verranno fatti ad andatura intensa, fornendo uno stimolo allenante completo per le qualità neuromuscolari (forza e velocità). Ovviamente è possibile utilizzare anche percorsi con diverse caratteristiche, che comunque vedremo dopo.

    Ora però analizziamo quelle che devono essere le intensità di corsa che determinano i carichi di lavoro:

    • I tratti intensi devono essere corsi ad un’intensità compresa tra quelle percepite in gare di 5-10 Km. Da qui è possibile comprendere come non sia elevata come nei Circuiti brevi.
    • I tratti lenti invece possono essere effettuati di corsa lenta o leggermente meno intensi.

    Quello che è importante capire, è che la modulazione delle 2 intensità (intensa e lenta) deve essere tale da consentire di svolgere la seduta senza che la fatica comprometta in misura evidente la giusta esecuzione dell’allenamento e la tecnica di corsa adeguata. L’intensità media dei circuiti (cioè quella percepita durante l’esecuzione) dovrebbe essere paragonabile a quella della corsa media, con le dovute oscillazioni dovute ai cambi di velocità e pendenza. Ne consegue che oltre ad essere un mezzo allenante per le qualità neuromuscolari, è un’esercitazione con un modesto stimolo allenante anche per la capacità di gara.

    L’esecuzione dei tratti intensi dovrebbe avvenire con una tecnica di corsa adeguata alla pendenza sulla quale si sta correndo; in generale (ciò vale per tutti i tipi di pendenza), è importante che il piede prenda contatto con il terreno sotto il corpo, che il busto rimanga eretto o con una minima inclinazione in avanti e che la frequenza ed ampiezza del passo siano tali da non scomporre eccessivamente la postura.

    Vediamo ora quale debba essere il volume allenante: in generale, è meglio quantificarlo in Km, suddividendo l’allenamento in serie (alternate da pause di 3-5’) di 2-3 Km. Il chilometraggio totale dei circuiti è dipendente dallo stato di forma e dalla caratura dell’atleta; è possibile iniziare con 4-5 Km totali, per poi incrementare di 1 Km a seduta fino ad un massimo di 8-10 Km per i runner più allenati; come già indicato, sono mezzi allenanti da inserire nel periodo di preparazione generale, ma successivamente ad un periodo dedicato alla forza (ad esempio tramite Ripetute in salita).

    Su che terreno va effettuato l’allenamento?

    Di norma, è preferibile effettuarlo sullo stesso terreno delle competizioni a cui si prende parte; la pendenza della salita può anche essere elevata, ma è meglio che la discesa non sia eccessiva. Chi prepara trail, può inserire dei segmenti anche particolarmente tecnici (salite ripide o discese impegnative) in maniera tale da poter lavorare anche sulle peculiarità della disciplina.

    Tracciati: varianti

    Ovviamente non tutti hanno a disposizione un circuito a “triangolo” come quello evidenziato ad inizio paragrafo. Per questo motivo, mantenendo costante l’alternanza delle intensità, è possibile utilizzare circuiti alternativi, o percorsi di andata e ritorno; prendendo spunto dalla seconda parte della presentazione di P. Endrizzi, l’elemento principale del tracciato deve essere quello di avere un numero di tratti dispari (3, 5 o 7); in questo modo si ha la certezza che ogni segmento viene corso alternativamente (giro dopo giro) ad andatura intensa e lenta.

    Nell’immagine sopra sono proposte alcune varianti, di 3 e 5 lati; com’è possibile notare, è possibile sfruttare il tracciato in forma di andata/ritorno (vedi circuiti rosso, verde e viola), ampliando la probabilità di trovare percorsi adeguati (anche dei cavalcavia); l’importante che i vari lati siano di una lunghezza d compresa tra circa 200-350.

    Riassunto conclusivo ed applicazioni pratiche

    I circuiti con salite sfruttano il beneficio che deriva dall’utilizzo di pendenze diverse; a seconda dell’intensità con la quale vengono affrontati, possono avere effetto allenante selettivo nei confronti della velocità (circuiti brevi) o misto forza-velocità (circuiti lunghi).

    Chi è allenatore di sé stesso, è anche importante comprenda il momento giusto della stagione in cui inserire questi mezzi allenanti; di norma, andrebbero collocati dopo la fase iniziale in cui si lavora prevalentemente sulla forza e prima del periodo specifico, in cui si comincia a lavorare particolarmente sulla velocità di gara. Nel nostro post dedicato alla pianificazione dell’allenamento, potete trovare tutte le indicazioni necessarie per organizzare al meglio una stagione atletica.

    Altro aspetto importante è seguire con continuità la giusta progressione di difficoltà, che solitamente si ottiene con un incremento delle ripetizioni (o dei Km) seduta dopo seduta. Studiando ed effettuando una corretta progressione esecutiva del mezzo scelto, sarà più facile comprendere l’effetto allenante, non solo dal punto di vista teorico, ma anche pratico; questo permetterà di intuire le potenzialità che può avere nell’aiutare a migliorarsi, e quanto sia adeguato alla soggettività di ogni runner (cioè quanto può contribuire a colmare le lacune o a potenziare i pregi).

    Se sei alla ricerca di altri mezzi allenanti dedicati alla forza o alla velocità, puoi trovarli nel nostro post dedicato alle qualità neuromuscolari del runner; se invece vuoi rimanere informato sulle nostre pubblicazioni (aggiornamenti o nuovi articoli) collegati al nostro Canale Telegram, in più potrai scaricare gratuitamente la guida per scegliere e trovare la scarpa da running più adeguata alle tue esigenze.

    Autore dell’articolo: Luca Melli (melsh76@libero.it), Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 e preparatore atletico AC Sorbolo.

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