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  1. Fonti proteiche: quali preferire e quando assumerle?

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    (Aggiornato al 24/07/2020)

    Le proteine non sono tutte uguali! Ed immagino sarà capitato a tutti di chiedersi quale possa essere la migliore fonte proteica in relazione al proprio fabbisogno ed alla tempistica di assunzione; in altre parole, dopo l’allenamento quante proteine dovrei ingerire? Quale tipo di questi macronutrienti è da preferire a pasto, prima di andare a letto, o dopo l’allenamento? In questo post cercheremo di rispondere a tutte queste domande, avvalendoci sempre della letteratura scientifica internazionale per supportare i nostri consigli.

    Nel precedente post abbiamo visto come alcune tipologie di alimenti (comprese alcune fonti proteiche) andrebbero limitati, sempre in un contesto di dieta variata ed equilibrata; non solo, abbiamo anche approfondito come si misura la qualità di una proteina, in base alla presenza o meno di aminoacidi limitanti. Questo aspetto è molto importante, perché definisce se una singola fonte proteica è possibile assumerla singolarmente o insieme ad altre. Oggi invece approfondiremo (tramite 3 semplici regole base) quando e quali fonti proteiche sono da preferire nei vari momenti della giornata, in relazione anche allo sforzo fisico.

    *ATTENZIONE: le informazioni contenute sul nostro blog sono esclusivamente a scopo informativo, e in nessun caso possono costituire o sostituire parere e prescrizione medica e specialistica. Si raccomanda di chiedere sempre il parere del proprio medico curante e/o di specialisti prima di modificare il proprio regime alimentare e di integrazione!

    Elemento essenziale, quando si parla di proteine, è la distribuzione di queste nell’arco della giornata. Rispetto ai Carboidrati e ai Lipidi, questi macronutrienti non possono essere immagazzinati nell’organismo, quindi, per soddisfarne il fabbisogno costante, è da ripartirne l’assunzione in diversi momenti della giornata, in particolar modo per chi fa sport. È da prestare attenzione anche ad altri fattori importanti come:

    • La velocità di assorbimento media degli Amminoacidi è di circa 5-10 grammi/ora, con differenze dovute ai tipi di proteine e agli altri macronutrienti ingeriti contemporaneamente.
    • Una porzione consistente delle proteine ingerite (fino al 50%) è trattenuta dall’intestino e tessuti annessi.
    • L’organismo è comunque in grado di modulare la digestione delle proteine e l’assorbimento degli aminoacidi, al fine di soddisfare la necessità o meno di questi.

    Per questi motivi, non è da considerare solo la qualità delle proteine, ma anche il tempo di digestione ed assorbimento; ad esempio, durante i pasti sono da preferire fonti miste, o comunque in grado di avere tempi di digestione/assorbimento diversi, in modo da garantire un apporto costante di aminoacidi nell’intervallo tra i pasti. Per chi fa sport, in particolar modo dopo la pratica sportiva, è bene preferire proteine in grado di essere digerite/assorbite velocemente, per facilitare l’anabolismo, cioè il recupero. Partendo dal proprio fabbisogno giornaliero, è consigliabile suddividerlo tenendo in considerazione alcune semplici regole.

    Se nell’immediato post-esercizio è bene preferire proteine a rapida assimilazione (come quelle del Siero, dette Whey Protein), nelle ore successive è da considerare un apporto misto, o comunque in grado di diluire nel tempo l’assorbimento e mantenere costante la disponibilità di aminoacidi. Ovviamente tutto questo non deve portare ad una maniacalità dell’integrazione proteica e della dieta, infatti è sufficiente seguire alcune regole base per ottimizzare l’assunzione; le potete trovare qui sotto.

    1. Quota massima da ingerire ad ogni pasto
    2. Tempistica e somministrazione post-sforzo
    3. Quota e tipologia ideale di proteine prima di andare a letto

    1) QUOTA MASSIMA A PASTO

    È bene introdurre non più di 30g di proteine per pasto (oppure 0.4 grammi/Kg di peso), preferendo sempre fonti miste per soddisfare una dieta variata, uno spettro aminoacidico ampio e diluire l’assorbimento nel tempo, garantendo un apporto costante di aminoacidi per la sintesi proteica.

    Ricordiamo che, quando possibile, è bene suddividere l’assunzione proteica in più pasti, in maniera tale da distribuire l’intero fabbisogno equamente durante la giornata, prestando attenzione a situazioni particolari come l’assunzione post-sforzo, a quella prima di andare a letto e alla digeribilità prima di iniziare sforzi fisici.

    2) TEMPISTICA E SOMMINISTRAZIONE POST-SFORZO

    Per chi fa sport e ha bisogno di recuperare velocemente, è importante distribuirne una quota sufficiente nelle finestre temporali in cui la sintesi proteica è maggiore, cioè dopo lo sforzo e durante la notte (vedi punto successivo). In questi casi, la porzione ideale è di 20-25 grammi di proteine (Doering e coll 2016) dopo il termine dell’esercizio fisico. A livello sperimentale è stato visto che l’ideale sarebbe consumare in questo momento proteine a rapido assorbimento, ad alto valore biologico ed ad alto contenuto (ideale 3 grammi) di Leucina.

    Impact Whey Protein

    Le proteine del siero del latte (dette anche Whey protein) sono le migliori in questa situazione (Stark e coll 2006); risultati interessanti (servono ancora approfondimenti scientifici) sono stati ottenuti anche con il latte scremato al cacao (Amiri e coll 2018).

    Immediatamente dopo lo sforzo, non è da trascurare anche l’apporto di carboidrati, sia per la massima sensibilità di accumulo in questa fase, sia per il fatto che questi macronutrienti sono in grado di favorire la sintesi proteica. Nelle fasi successive, il consumo di circa 20 grammi di proteine ogni 3 ore dopo lo sforzo, contribuisce a mantenere costante la disponibilità di aminoacidi all’organismo (Areta e coll 2013); è da ricordare che la sintesi proteica è massima appena finito l’esercizio e tende a calare progressivamente nelle 24 ore successive. Queste regole, valgono sia per l’incremento della massa muscolare, sia per gli sport di forza che di endurance e per atleti adulti di tutte le età (Doering e coll 2016).

    3) PRIMA DI ADDORMENTARSI

    Diversi studi hanno dimostrato come l’ingestione di proteine prima di andare a letto, stimoli il recupero muscolare e la sintesi proteica; questo è probabilmente dovuto al fatto che il GH (ormone della crescita) abbia il suo picco di secrezione proprio nelle ore notturne. Il GH infatti, è un potente ormone anabolico, in grado di stimolare la sintesi proteica; fornire all’organismo, in questa fase, una quantità adeguata di aminoacidi tramite l’ingestione di proteine permette di massimizzare la sintesi proteica e di conseguenza il recupero. Dal punto di vista sperimentale, è stato visto come una quota compresa tra 27.5 g (Snjders e coll 2015) e 40 g (Trommelen e coll 2016, Abbott et al 2019) possa considerarsi ideale. Le fonti da preferire, sono quelle miste (in grado di diluire nel tempo la disponibilità di aminoacidi) o, ancor meglio, a lenta assimilazione (come le proteine della caseina).

    Per conoscere tutti gli altri aspetti che favoriscono il recupero durante il sonno, ti invito a leggere in nostro articolo dedicato a dormire adeguatamente per essere un miglior atleta.

    È importante ricordare come la sintesi proteica sia prevalentemente stimolata dal lavoro muscolare, ma solo in presenza di un giusto avvicendamento tra attività fisica e riposo, è possibile massimizzarla. La giusta alternanza tra un allenamento intelligente ed un adeguato riposo, rimangono gli stimoli principali per massimizzare la performance fisica e lo stato di salute. Non solo, l’assunzione di Proteine ha effetti maggiori tanto più l’organismo è in grado di recuperare, cioè tanto più è allenato (Phillips 2014). Per questo motivo è inutile assumerne una quota superiore a quella individualmente raccomandata, in particolar modo per evitare gli effetti aversi di una dieta iperproteica.

    È NECESSARIO UTILIZZARE GLI INTEGRATORI PER SODDISFARE L’APPORTO PROTEICO?

    La risposta è “dipende”; gli integratori possono tornare utili in particolar modo per semplificare l’assunzione e completare il fabbisogno. Le domande da farsi prima di integrare con proteine sono le seguenti:

    • Riesco, dal punto di vista logistico, ad accedere a cibi proteici nel momento del bisogno (ad esempio dopo sforzo)? Se non è possibile, allora conviene ricorrere alle forme di integratori che più facilmente mi consentono di assumere proteine. A tal proposito, ricordo che un intero filone sperimentale sta approfondendo gli effetti benefici dell’assunzione di latte scremato al cacao come integratore post-sforzo (Amiri e coll 2018).
    • Riesco a coprire l’intero fabbisogno proteico giornaliero con l’alimentazione? In altre parole, riesco con l’alimentazione a coprire la necessità di proteine? Se non riesco, allora può essere utile ricorrere all’integrazione.
    • Riesco a digerire con facilità tutti i cibi che mi permettono di ottenere un apporto corretto di proteine? Non sempre è agevole digerire cibi proteici (carni, formaggi, ecc.), per questo motivo, l’integrazione è in grado di semplificare questo processo. Ciò dipende prevalentemente da quanti allenamenti si fanno a settimana e dall’orario dei pasti e dell’allenamento. Se riesco a soddisfare tutti i punti sopra con la normale alimentazione (dieta corretta e bilanciata), non è necessario ricorrere all’integrazione.

    QUALE INTEGRATORE PROTEICO FA AL CASO MIO?

    Per rispondere alla domanda, devo prima sapere se ho veramente bisogno di un supplemento proteico e da cosa dipende la mia necessità: ne ho bisogno dopo lo sforzo per comodità di assunzione? Non riesco a soddisfare il fabbisogno proteico? ecc. In ogni modo, consigliamo sempre di rivolgersi parere di personale preparato sull’argomento (medico, nutrizionista o dietologo) prima di ricorrere all’integrazione proteica!

    NEL CASO IN CUI L’INTEGRAZIONE CON PROTEINE IN POLVERE CAUSI EFFETTI AVVERSI, ESISTONO DELLE ALTERNATIVE?

    Anche in quantità e dosi regolarmente prescritte da personale qualificato (nutrizionista, dietologo, dietista o medico specialista), alcuni integratori proteici in polvere possono dare effetti avversi come disturbi gastrointestinali ed acne, dovuti alle caratteristiche del prodotto. In questi casi (dopo consulto con chi ha prescritto le proteine) è possibile sostituire questo tipo di prodotti con un integratore a base di aminoacidi essenziali.

    Ora sappiamo come abbinare le varie fonti proteiche in base alle varie esigenze che si presentano nella giornata. Non perdetevi il post in cui vengono analizzati i migliori integratori proteici presenti sul mercato.

    Andando alla pagina principale dedicata alla nutrizione, potrai trovare l’indice delle nostre risorse su alimentazione ed integrazione.

    Autore dell’articolo: Melli Luca (melsh76@libero.it), istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960, preparatore atletico AS Sorbolo e Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto.

  2. Proteine: quali sono le migliori fonti?

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    Coprire il fabbisogno proteico giornaliero con fonti alimentari adeguate è importante per il mantenimento del peso corporeo, per lo stato di salute e per la performance sportiva. Ma quali sono le migliori fonti alimentari per soddisfare la necessità giornaliera di proteine? In che modo vanno distribuiti i vari alimenti al fine di garantire, oltre ad un fabbisogno adeguato, anche una ripartizione ideale durante al giorno?

    In questo post risponderemo a questi importanti quesiti, in maniera tale da fornire linee guida semplici e basate su riscontri scientifici.

    *ATTENZIONE: le informazioni contenute sul nostro blog sono esclusivamente a scopo informativo, e in nessun caso possono costituire o sostituire parere e prescrizione medica e specialistica. Si raccomanda di chiedere sempre il parere del proprio medico curante e/o di specialisti prima di modificare il proprio regime alimentare e di integrazione!

    DI QUANTE PROTEINE HO BISOGNO GIORNALMENTE?

    Prima di approfondire l’argomento, è importante conoscere il proprio fabbisogno proteico, cioè quante proteine ingerire giornalmente, al fine di soddisfare la necessità di questo macronutriente; nell’immagine sotto è possibile vedere uno schema riassuntivo di quello che è il fabbisogno proteico. Come potete vedere, per chi fa sport (condizione necessaria per il proprio stato di salute) non esiste una quantità precisa, ma un range di riferimento che dipende dall’intensità e dal volume dell’attività fisica praticata. Solo personale qualificato è in grado di stabilire con estrema precisione il fabbisogno proteico di un atleta.

    Una volta stabilito questo importante prerequisito, è fondamentale fissare i 3 punti sui quali scegliere le fonti proteiche alimentari più opportune:

    1. Partendo dal presupposto che per una dieta variata ottimale, è importante conoscere quali sono i cibi da limitare per ridurre i fattori di rischio di eventuali patologie.
    2. Essere a conoscenza che alcune tipologie di alimenti offrono fonti proteiche di migliore qualità rispetto ad altre.
    3. Comprendere la distribuzione di questo macronutriente durante la giornata, anche in base al momento in cui si pratica sport.

    Nei prossimi paragrafi, approfondiremo questi 3 importanti punti.

    FONTI PROTEICHE DA LIMITARE

    Nel nostro post dedicato allo stile alimentare ideale, abbiamo indicato come sia importante una dieta variata per assicurare all’organismo tutti i nutrienti necessari per le funzioni metaboliche. Esistono però classi di alimenti (di cui alcune fonti proteiche) che andrebbero limitati; già nell’articolo dedicato alla diatriba tra carnivori e vegani abbiamo citato come un consumo eccessivo di carni rosse lavorate (cioè che hanno subito processo di salatura, polimerizzazione, fermentazione, affumicatura, oppure altri trattamenti per aumentare il sapore e migliorare la conservazione) sia riconosciuto ufficialmente dall’OMS come causa di tumori.

    Per quanto riguarda le carni rosse non lavorate invece, i maggiori organi mondiali che studiano la materia (come l’International Agency for Research on Cancer e World Cancer Research Fund International), hanno evidenziato come un consumo inferiore ai 500g alla settimana non incrementi il rischio di tumori all’apparato digerente. Possiamo quindi concludere (vedi anche l’infografica sotto) che un consumo di carni rosse inferiore a 500g a settimana non incrementa il rischio di tumori, a patto che venga data preferenza a carni fresche (non lavorate), che non abbiano subito il processo di affumicatura, grigliatura o una cottura eccessiva. In particolar modo la presenza di “residui bruciacchiati” può portare alla formazione di derivati potenzialmente cancerogeni; di conseguenza, queste parti andrebbero asportate dalla carne prima di essere mangiate.

    Un’altra categoria di alimenti altamente proteici è quella dei formaggi. Questa classe di prodotti, non ha le problematiche legate alla carne rossa, ma è da prestare attenzione a 2 additivi che andrebbero evitati (è sufficiente leggere l’etichetta) come la natamicina (sigla E235) e la Tetrammina (sigla E239). Inoltre, in ottica mantenimento del peso corporeo, è da prestare attenzione al rapporto tra proteine e grassi presenti nell’alimento per evitare di ingerire una quantità di calorie eccessive.

    Altro alimento estremamente interessante, come fonte proteica, è il pesce; in particolar modo sono consigliate almeno 2-3 porzioni di pesce a settimana per fornire una dose adeguata di omega 3 al nostro organismo. Altre fonti proteiche sono le uova, i latticini, la soia, i legumi, la frutta secca, i cereali, ecc.

    Riassumiamo questo paragrafo, ribadendo l’importanza di una dieta varia, composta da fonti proteiche sia di natura animale che vegetale, al fine di garantire tutti i nutrienti necessari all’organismo; particolare attenzione va fatta per le carni rosse, alcuni additivi per i formaggi, ed eventuali contaminanti ed additivi sospetti. Per chi volesse approfondire i contenuti riguardanti la qualità degli alimenti, per saperne di più di cosa si mangia e sulla sicurezza alimentare, consiglio il secondo manuale di Roberto Albanesi sull’alimentazione.

    LA QUALITA’ DELLE PROTEINE

    Nel post dedicato al fabbisogno proteico, abbiano specificato come le proteine siano formate da amminoacidi, di cui 9 “essenziali” (cioè devono essere introdotti necessariamente con la dieta) e 11 “non essenziali” (che il nostro corpo è in grado di sintetizzare partendo da altri amminoacidi). È quindi fondamentale assumere non solo una quantità di proteine adeguate, ma anche una tipologia tale da assicurare tutti gli amminoacidi essenziali necessari all’organismo. In generale, si tende a considerare le proteine animali (carne, uova, latte e derivati) come ricche di tutti gli amminoacidi necessari, mentre le proteine vegetali come una fonte più povera in quanto a completezza di amminoacidi essenziali. In generale possiamo considerare queste credenze corrette, ma in questo paragrafo vi spiegheremo come mai è comunque sempre bene utilizzare diverse fonti proteiche senza demonizzare alcuni tipi ed esaltarne troppo altre.

    Negli anni, le conoscenze scientifiche si sono evolute creando indici che evidenziano numericamente la completezza delle varie tipologie di proteine in termini di aminoacidi (in particolar modo quelli essenziali). Il primo utilizzato, ed ancora quello più famoso, è il valore biologico; fondamentalmente indica il rapporto tra la quantità di azoto (elemento fondamentale degli amminoacidi, e di conseguenza delle proteine) utilizzato per la sintesi proteica e la quantità di azoto assorbita dall’organismo nel sangue.

    Successivamente furono introdotti altri indici che tenevano in considerazione del fatto che una parte delle proteine ingerite non viene assorbita nel sangue, ma viene metabolizzata nell’ileo o finisce direttamente nelle feci. Non solo, è importante considerare che una fonte alimentare può essere carente di uno o più aminoacidi essenziali limitanti, cioè “presenti in quantità non ottimale” per garantire uno stimolo massimale alla sintesi proteica. Così nel 1989 la FAO/WHO iniziò ad utilizzare il PDCAAS (Protein Digestibility Corrected Amino Acid Score), un indice che meglio di altri riassume la qualità di una proteina alimentare in termini di assorbimento e la presenza (o meno) dell’aminoacido limitante. Nella tabella sotto potete vedere una tabella tratta dalla ricerca di Hoffman e coll 2004, in cui vengono indicati gli indici più comuni utilizzati per qualificare la qualità di una proteina; il PDCAAS è l’ultimo sulla destra.

    Come potete vedere, le proteine da fonti animali, hanno tutti un indice pari o prossimo a 1, fattore che identifica un ottimo profilo amminoacidico mentre, tra quelle vegetali, solo la Soia ha un indice elevato. Attenzione, perché possono esserci anche altri elementi in grado di variare la biodisponibilità delle proteine ingerite, come i fattori antinutrizionali; per quest’ultimi, si intendono quelle sostanze naturalmente presenti nei cibi, che interferiscono con l’assorbimento e l’utilizzazione di altri elementi come le proteine; tra questi ricordiamo gli inibitori della tripsina, lecitina e tannini. Questi sono presenti in particolar modo in alcune leguminose (soia, pisello, fava, lupino, ecc.), in alcuni cereali, in alcuni semi, ecc; questo ovviamente non deve spaventare, ma incoraggiare a strutturare una dieta il più possibile variata (anche in fonti proteiche), sia per assicurare all’organismo tutti i nutrienti necessari, sia per minimizzare gli effetti antinutrizionali degli alimenti.

    Ma chi si nutre solo di proteine vegetali, può andare incontro a carenze di alcuni amminoacidi anche se assume una quantità di proteine adeguata?

    La domanda è lecita, soprattutto in virtù del fatto che ogni proteina vegetale (soia a parte) ha uno o più amminoacidi limitanti. Per fortuna, non tutte le fonti vegetali hanno lo stesso amminoacido limitante, per cui abbinando in maniera intelligente le varie fonti (all’interno dello stesso pasto), si riesce ad ottenere un profilo amminoacidico abbastanza completo; ad esempio, il frumento è povero in Lisina e Treonina, per questo abbinandolo ai legumi (scarsi invece in Metionina) è possibile comunque avere un pasto sufficiente completo dal punto di vista amminoacidico. Andando a cercare sui motori di ricerca le parole “abbinamento proteine vegetali”, è possibile trovare un’infinità di articoli che consigliano i vari abbinamenti tra fonti proteiche vegetali, al fine di ottenere un pasto completo dal punto di vista amminoacidico. Nella tabella sotto sono riportati alcuni esempi tratti dal seguente link.

    Concludiamo questo secondo paragrafo affermando che le fonti proteiche animali sono sicuramente quelle che garantiscono una maggior completezza amminoacidica rispetto alla singole proteine vegetali. Un accurato abbinamento tra fonti vegetali, è comunque in grado di consentire una qualità delle proteine paragonabile a quella delle fonti animali.

    Ultimo fattore da considerare quando si parla di fonti alimentari è la distribuzione e la tempistica di assunzione; in altre parole, quali sono le fonti migliori in base ai fabbisogni che si vengono a presentare durante la giornata (durante i pasti, dopo sforzo, prima di andare letto, ecc.)? A questa domanda risponderemo nel prossimo post; nell’immagine sotto trovate un’anteprima di quello che potrete leggere. Tramite 3 semplici regole sarà possibile capire quali alimenti (ed eventualmente quali integratori) utilizzare nei vari momenti della giornata al fine di coprire il fabbisogno proteico, in base al proprio stile di vita.

    Andando alla pagina principale dedicata alla nutrizione, potrai trovare l’indice delle nostre risorse su alimentazione ed integrazione.

    Autore dell’articolo: Melli Luca (melsh76@libero.it), istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960, preparatore atletico AS Sorbolo e Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto.

  3. Quando le proteine sono troppe

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    Un apporto di proteine giornaliero superiore alle dosi raccomandate fa parte delle linee guida diversi tipi di diete famose (Duca, Atkins, Paleo, ecc.) ed è un’abitudine in alcuni ambiti del bodybuilding. Ma ciò è veramente dannoso per la salute? Oltre quale soglia di apporto proteico giornaliero si verificano gli effetti collaterali?

    Come prima cosa, è importante definire cosa si intende per regime iperproteico; infatti purtroppo non esiste in letteratura scientifica un indice che specifichi quali sono le condizioni per poterlo definire tale. A mio parere, quando il modello alimentare considerato, raccomanda una dose proteica giornaliera superiore a quella raccomandata, allora può essere considerato iperproteico! Sotto riportiamo le dosi raccomandate, estrapolate dal nostro articolo sul fabbisogno proteico.

    Facciamo un semplice esempio; se per un atleta che pratica sport di endurance sono consigliati 1.2-2 g/Kg di proteine al giorno, un apporto superiore a 2 g/Kg è da considerare come regime iperproteico. Cerchiamo ora di comprendere la diatriba tra chi sostiene che un regime iperproteico è dannoso per la salute e chi invece dice che non lo è; specifico che non considereremo il regime alimentare in toto (dieta Ducan, Atkins, Paleo, ecc.), ma solo l’aspetto riferito all’apporto di proteine. Per leggere quali sono le condizioni di una dieta ideale, potete leggere il nostro post dedicato.

    DIETE IPERPROTEICHE E CONSEGUENZE PER LA SALUTE

    Malgrado sia un argomento molto importante e di attualità, sono veramente pochi gli studi sperimentali che possono dare risposte definitive. I detrattori del regime iperproteico indicano come tanti studi abbiano dimostrato correlazione tra questo tipo di regime alimentare e diversi rischi per la salute; in particolar modo la review di Delimaris 2013 fornisce un elenco molto dettagliato sull’argomento.

    Nella figura a sopra, sono rappresentati gli effetti sulla salute che emergono dalla review (che è una revisione dei dati presenti in letteratura scientifica) dell’autore. In particolar modo, sono i primi 2 punti ad essere quelli con il maggior numero di ricerche scientifiche a supporto. Per quanto riguarda gli altri 3, la correlazione tra queste problematiche e l’apporto proteico è presente quando è largamente predominante l’utilizzo di carne rossa, in particolar modo lavorata.

    Chi invece “difende” i regimi iperproteici, sottolinea come l’insieme delle ricerche considerate, siano prevalentemente Studi osservazionali e non Sperimentali. In parole più semplici, sono studi in cui le variabili che possono incidere sul risultato finale della ricerca sono diverse; ad esempio, spesso una dieta ipeproteica è accompagnata anche ad un regime alimentare ipercalorico, e di conseguenza alcuni ipotizzano come i problemi di natura cardiovascolare siano dovuti alle calorie eccessive (che inducono sovrappeso ed obesità) e non alle proteine. Allo stesso modo, diversi regimi iperproteici in alcune parti del mondo (soprattutto begli USA) sono supportati da un consumo di carni rosse lavorate, che abbiamo già visto essere considerato cancerogene. Le stesse complicazioni a fegato e reni, sono state riscontrate in soggetti che avevano già problematiche di questo tipo. A conclusione di tutto questo, nella guida dell’EFSA del 2015 (Autorità Europea Sicurezza dei Cibi) a pagina 31 è riportato come introiti fino a 3-4 volte la dose raccomandata per i sedentari (0.83 g/Kg al giorno) non hanno riscontrato apparenti effetti avversi o benefici.

    A questo punto, a chi dare effettivamente ragione? Chi mette in guardia dai rischi di diete iperproteiche o a chi minimizza i danni di questi regimi alimentari? Prima di pronunciarci, cerchiamo di approfondire in maniera semplice e comprensibile a tutti, i motivi che stanno alla base dei rischi di una dieta troppo ricca di proteine.

    La maggior parte degli aminoacidi ingeriti con la dieta hanno come destino la sintesi proteica o la sintesi di altri composti come neurotrasmettitori, ormoni, ecc (vedi immagine sopra). Una parte minore (intorno al 15%), diventa fonte energetica (analogamente a grassi e carboidrati) “ricaricando” l’ATP. Affinchè gli amminoacidi possano essere utilizzati a scopo energetico, è fondamentale che venga utilizzato solo lo scheletro carbonioso, cioè venga “staccato” il gruppo amminico (vedi riquadro rosso nell’immagine sopra). A seconda della caratteristica dell’amminoacido, lo scheletro carbonioso (detto alfa-chetoacido) può avere 2 destini cioè quello glucogenetico (diventando glucosio o entrando nel metabolismo dei carboidrati, fornendo energia) o quello chetogenetico (cioè formare corpi chetonici, che sono di derivati dei lipidi).

    Semplificando, le condizioni fisiologiche principali nelle quali gli aminoacidi sono portati a diventare alfa-chetoacidi (cioè a seguire le vie glucogenetiche o chetogenetiche), sono 2: carenza di glucosio o eccesso di aminoacidi nell’organismo (dieta iperproteica). La prima condizione si verifica prevalentemente in caso di digiuno protratto per lungo periodo o di attività fisica particolarmente prolungata. Sono fondamentalmente casi in cui la carenza di glucosio induce l’organismo ad utilizzare anche gli alfa-chetoacidi come fonte energetica (ottenuti dalla dieta o dal catabolismo delle proteine corporee), condizioni che rappresentano l’eccezione e non la regola. Per chi fa sport, l’utilizzo degli aminoacidi a scopo glucogenetico durante la pratica di gare di endurance molto lunghe è più frequente, come avviene per maratoneti e ciclisti; proprio per evitare di andare incontro ad un catabolismo proteico eccessivo in gara, si ricorre all’integrazione di carboidrati durante le competizioni della durata superiore all’ora. Questa è comunque una condizione transitoria, che termina con lo sforzo e non apporta danni alla salute.

    La via chetogenetica invece viene particolarmente attivata quando c’è un eccesso di aminoacidi nell’organismo (dieta iperproteica); infatti gli aminoacidi (contrariamente a carboidrati e lipidi) non possono essere immagazzinati, e di conseguenza vengono trasformati in alfa-chetoacidi per entrare nel metabolismo del glucosio o dei corpi chetonici. Gli aminoacidi chetogenici vengono trasformati in corpi chetonici; non a caso le diete iperproteiche, vengono anche definite chetogeniche. L’accumulo eccessivo di corpi chetonici e le conseguenti problematiche che possono insorgere, sono la conseguenza di 2 fenomeni biochimici: l’accumulo di corpi chetonici e la necessità di smaltimento ammoniaca (dovuta alla deaminazione degli aminoacidi). Ovviamente l’organismo è in grado di tollerare e metabolizzare questi intermedi metabolici, ma fino ad una certa soglia. Ma vediamo sotto nel dettaglio queste 2 condizioni.

    • Chetosi ed acidosi metabolica: la produzione di una quantità elevata di corpi chetonici, porta ad un accumulo (perché solo una parte viene utilizzata a scopo energetico) con un conseguente abbassamento del ph fino a condizioni (in casi estremi) di acidosi metabolica. Inoltre, la necessità di smaltimento attraverso i reni e l’urina di questi intermedi metabolici, può portare anche a disidratazione.
    • Deaminazione degli aminoacidi ed eliminazione ammoniaca: come abbiamo visto sopra, l’eliminazione del gruppo amminico (ammoniaca) è un fattore fondamentale per entrare nella via chetogenetica o glucogenetica; siccome l’ammoniaca in forma libera è tossica, viene legata con altre molecole (per evitarne la tossicità) che successivamente vengono rilasciate nel sangue. Se lo ione ammonio non è necessario per altre vie metaboliche, le molecole che lo trasportano (come glutammina ed alanina) vengono captate dal fegato. Nel fegato, entrano nel ciclo dell’urea per produrre urea che, una volta uscita dal fegato, verrà caprata dai reni per essere eliminata nell’urina.

    Questi processi metabolici di eliminazione dell’ammoniaca sono fondamentali per evitare che questa permanga nell’organismo, in quanto potrebbe alterare il ph cellulare o modificare l’equilibrio di alcune vie metaboliche. È corretto ipotizzare che tutti questi passaggi necessari per l’eliminazione dell’ammoniaca, se sollecitati in maniera massiva a lungo termine (vedi dieta iperproteica protratta per molto tempo), possono portare a sofferenza degli organi maggiormente coinvolti in questo processo, cioè fegato e reni.

    CONCLUSIONI

    Attualmente non si conosce a livello sperimentale quali possano essere le dirette conseguenze di una dieta troppo ricca di proteine, visto che la “moda” di questa tipologia di diete è particolarmente recente, e servono diversi anni per avere una robusta evidenza scientifica sull’argomento. Il buon senso implica comunque, che quando si parla della propria salute, deve valere il principio di precauzione; cioè, se le linee guida indicano di non andare al di là una certa soglia di introito proteico, perché andare oltre? La chetosi (acidosi metabolica), il sovraccarico delle vie metaboliche sottese all’eliminazione dell’ammoniaca e anche una ripartizione dei macronutrienti anomala (che può incidere sulla funzionalità del microbiota), sono tutti elementi che contribuiscono a rinforzare il concetto che una quantità proteica giornaliera che va oltre le linee guida universalmente riconosciute è con tutta probabilità dannosa per la salute!

    A questo, va aggiunta la quasi certezza scientifica (vedi review di Delimaris citata sopra) che un eccesso di proteine può portare ad una demineralizzazione ossea e incremento di rischi di calcoli renali. Inoltre molte diete che si discostano particolarmente da quello che è il regime alimentare ottimale, non solo presentano un sovradosaggio proteico, ma hanno un approccio estremo da vari punti di vista (limitato apporto di carboidrati, demonizzazione di alcuni cibi, non considerazione dell’attività fisica, ecc.) che possono indurre carenze nutrizionali, condizioni fisiologiche negative (come l’acidosi metabolica) o sofferenza di organi che con il tempo non possono altro che peggiorare lo stato di salute. In particolar modo, chi soffre di problemi epatici, renali, o altre condizioni fisiologiche correlate al bilancio proteico (anche solo l’assunzione di farmaci), è giusto che si informi dal proprio medico o specialista, quale sia il proprio fabbisogno giornaliero raccomandato di proteine. Stessa cosa vale per tutti coloro che hanno dubbi o necessitano di chiarimenti.

    Un’ultima considerazione: è giusto non considerare solo la “quantità”, ma anche la qualità delle proteine! Nel nostro approfondimento, potete trovare quali sono le migliori fonti proteiche.

    Andando alla pagina principale dedicata alla nutrizione, potrai trovare l’indice delle nostre risorse su alimentazione ed integrazione.

    Autore dell’articolo: Melli Luca (melsh76@libero.it), istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960, preparatore AS Sorbolo e Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto.

  4. Fabbisogno proteico e sintesi proteica

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    (Aggiornato al 02/03/2022)

    • Che funzioni hanno le proteine?
    • Che differenza c’è tra anabolismo e catabolismo?
    • Quanti grammi di proteine andrebbero assunti ogni giorno?
    • Qual è il fabbisogno proteico di uno sportivo?
    • Quando è necessario introdurre proteine?
    • Quando le proteine sono troppe?

    Sono solo alcune delle domande (per niente banali) che sportivi o persone attente all’alimentazione possono farsi riguardo al fabbisogno di proteine durante la giornata. In questo post cercheremo di rispondere a questi quesiti, partendo dai presupposti fisiologici che stanno alla base della sintesi proteica e riferendoci sempre alla letteratura scientifica internazionale; come sempre, cercheremo di avere un linguaggio il più facile comprensibili a tutti; buona lettura!

    COSA SONO LE PROTEINE

    Immagine tratta da http://www.chimica-online.it/organica/struttura-delle-proteine.htm

    Già nel nostro post dedicato all’alimentazione abbiamo visto come le proteine siano formate da diversi aminoacidi (che sono i “mattoni” che le compongono) uniti da legami detti peptidici; la sequenza di aminoacidi delle proteine presenti nel nostro corpo, è determinata dal codice genetico ed è definita come struttura primaria. Com’è possibile vedere dall’immagine a fianco, ogni proteina poi assume nello spazio caratteristiche geometriche date dalle interazioni degli stessi aminoacidi a formare la struttura secondaria e terziaria che le permette di avere la funzione (strutturale, enzimatica, regolatoria, ecc) biochimica per la quale è stata sintetizzata. Le proteine possono poi unirsi tra di loro (sempre per assolvere funzioni di tipo biochimico) a formare le strutture quaternaria, come ad esempio l’emoglobina. Nella slide sotto, tratta da una presentazione di Vittoria Patti, è possibile vedere le varie funzioni delle proteine.

    Tratto da https://www.slideshare.net/Pokankuni/macromolecole-biologiche-4-proteine

    Esistono 20 tipi di aminoacidi diversi che compongono le proteine, alcuni dei quali possono essere sintetizzati dal nostro corpo, mentre altri no; quest’ultimi sono 9, e sono detti essenziali, proprio perché devono essere “essenzialmente” introdotti con la dieta. Più avanti, vedremo l’importanza di questi nel considerare il fabbisogno proteico e il valore biologico. Alcuni degli altri 11 aminoacidi (quelli non essenziali) possono diventare “essenziali” in alcune condizioni patologiche o fisiologiche. È importante comprendere come le proteine ingerite con l’alimentazione vengano scomposte nell’apparato digerente in aminoacidi (o piccoli gruppi di essi); gli aminoacidi saranno poi assorbiti nell’intestino, fungendo da “mattoni” delle proteine sintetizzate “ex-novo” all’interno del nostro corpo. Esiste un continuo consumo e risintesi delle strutture proteiche del nostro organismo, che è definito turnover proteico; come vedremo di seguito, questo determina il catabolismo e l’anabolismo.

    ANABOLISMO E CATABOLISMO

    Prima di parlare di sintesi proteica, è necessario approfondire la differenza tra catabolismo ed anabolismo.

    In parole più semplici, non è altro che il processo attraverso il quale i macronutrienti (carboidrati, grassi e proteine) permettono di ripristinare l’ATP (energia), cioè la molecola che consente la contrazione muscolare, la vita e la funzionalità delle cellule. Questo processo provoca una scissione/consumo dei macronutrienti.

    Non è altro che il processo inverso del catabolismo, in grado di “ri-costruire” le sostanze disgregate durante il catabolismo.

    Basandosi sulle definizioni di sopra, il catabolismo scinde i macronutrienti per ottenere energia (ad esempio per una corsa o per una partita di calcio), fungendo da stimolo all’anabolismo che, una volta finita l’attività fisica, permette di ripristinare le scorte energetiche. Attenzione, perché la semplificazione di sopra, ha bisogno di almeno 2 importanti precisazioni:

    • La prima che nell’ambito dello sport, accanto al catabolismo è anche importante introdurre il concetto di “danno muscolare”. Se prendiamo ad esempio un calciatore o un maratoneta, dopo la partita o dopo una gara impegnativa, i loro muscoli degli arti inferiori avranno subito delle microlesioni dovute agli impatti ripetuti con il terreno e alla fatica; questi fenomeni non fanno parte del catabolismo (cioè non sono fenomeni associati al consumo energetico dei macronutrienti), ma sono importanti stimoli per l’anabolismo, cioè per “riparare” i danni creati.
    • Il secondo aspetto importante è che l’anabolismo permette di “portare” l’organismo e le sue strutture (energetiche e muscolari) ad un livello superiore di quello di partenza (supercompensazione), a patto che l’alternanza tra carico (catabolismo+danno muscolare) e il recupero (anabolismo) siano corretti. È l’esempio tipico del carico di glicogeno o della teoria dell’allenamento in toto che permette all’organismo di migliorare le proprie prestazioni a seguito di un corretto regime allenante.

    Spero che la semplificazione dell’immagine sopra permetta di comprendere al meglio la differenza tra anabolismo e catabolismo, soprattutto in relazione alla corretta metodologia d’allenamento; infatti, se l’alternanza tra carico (allenamento) e recupero non è ottimale, l’organismo non riuscirà a migliorare la propria funzionalità. Nell’immagine sotto riportiamo una semplificazione estremamente chiara (di Stelvio Beraldo tratta da bersport.org) di 3 esempi di perfetta o mancata relazione tra carico e recupero.

    Immagine tratta da http://besport.org/sportmedicina/esercizi_carico_allenamento.htm

    Concludiamo questo paragrafo con l’ultima importante annotazione; l’anabolismo indotto dall’allenamento può essere modulato anche da altri stimoli come l’alimentazione, l’ambiente (l’alta quota, l’ipertermia, la disidratazione, ecc.) ed altri fattori di natura psicologica o legati allo stato di salute.

    PROTEINE E SINTESI PROTEICA

    La sintesi proteica, si colloca all’interno del processo dell’anabolismo, in relazione alla costruzione/ricostruzione delle proteine. Andando a rivedere la seconda immagine di questo post (quella sulle funzioni delle proteine) sono ovviamente i primi 2 punti a cogliere la nostra attenzione cioè la funzione strutturale (muscoli, legamenti, ecc.) e quella enzimatica (metabolismi).

    Appare quindi chiaro come le proteine abbiano un ruolo fondamentale nell’attività fisica, sia legato alle componenti neuromuscolari che a quelle metaboliche. Di conseguenza, l’attività sportiva genera quegli stimoli catabolici in grado di indurre successivamente l’anabolismo e migliorare la struttura e la funzionalità dello sportivo.

    Ma come avviene la sintesi proteica? Senza addentrarci in approfondimenti che riguardano la biochimica, è sufficiente comprendere come i vari segnali corporei indotti dalla pratica sportiva inducono nel successivo recupero l’attivazione della sintesi proteica; questa, in vari step (in sinergia con altri sistemi come quello nervoso ed ormonale) e in presenza di un pool di aminoacidi sufficiente (ottenuti dalle proteine ingerite con l’alimentazione), indurrà la “ricostruzione” delle proteine consumate o danneggiate. Nell’immagine a fianco (tratta Proud 2008) è possibile vedere uno schema estremamente semplificato dell’interazione dei segnali che stanno alla base della sintesi proteica

    Ma facciamo un esempio legato alla sintesi di proteine contrattili muscolari; per indurre ipertrofia muscolare, è necessario sollevare pesi con una o più metodiche che abbiamo queste caratteristiche:

    • Elevata tensione MM per tempi sufficientemente prolungati, comunque tali da non esaurire precocemente le riserve di natura nervosa; in questo caso l’elevata tensione muscolare prolungata è un importante segnale per incrementare la massa muscolare.
    • Micro-danno muscolare adeguato: tensioni elevate soprattutto in regime eccentrico (mentre il muscolo si allunga) provocano delle microlesioni che fungono anch’esse da segnale per la sintesi proteica.
    • Stress metabolico: la concentrazione di diverse molecole (come l’acido lattico) ottenute dall’attivazione dei metabolismi (in particolar modo quello anaerobico) per produrre il lavoro muscolare necessario per lo spostamento dei pesi, rappresenta un ulteriore stimolo per la sintesi proteica.

    Ricordiamo che quella delle proteine contrattili (cioè quelle che determinano l’ipertrofia di un muscolo) è solo una parte della sintesi delle proteine muscolari; altre proteine infatti sono responsabili delle vie metaboliche (enzimi) e delle strutture che permettono alla cellula di organizzarsi dal punto di vista compartimentale e funzionale.

    COME SI MISURA LA SINTESI PROTEICA?

    È un aspetto estremamente importante dal punto di vista scientifico, perché permette di comprendere e confrontare in ambito sperimentale, quali sono i migliori stimoli allenamenti e i migliori regimi alimentari (e di integrazione) che favoriscano la sintesi proteica. Ovviamente la maggior parte delle ricerche tende ad approfondire gli effetti sulle proteine contrattili (quelle che determinano l’ipertrofia), perché sono quelle più facilmente misurabili. La valutazione può avvenire a diversi stadi, ma quella più importante di tutte è la misurazione della massa muscolare e del diametro dei muscoli; è ovvio che questo tipo di rilevamento è in grado di percepire cambiamenti a lungo termine della composizione corporea e muscolare, quindi ha bisogno di protocolli sperimentali piuttosto lunghi.

    Altri tipi di misurazione coinvolgono il bilancio dell’azoto (che vedremo successivamente), la concentrazione di alcuni ormoni (come testosterone o GH) e/o la concentrazione di altre molecole coinvolte nelle catene metaboliche della sintesi proteica; quest’ultime tecniche, sono comunque misurazioni indirette, in quanto non vanno verificare quella che è la crescita effettiva, ma rappresentano solamente un solo dato delle molteplici vie metaboliche che la influenzano; di conseguenza, questo tipo di misurazioni è incompleta, e di conseguenza non sufficiente ad indicare la reale sintesi proteica in atto.

    IL FABBISOGNO PROTEICO

    Arriviamo finalmente al punto di definire “quante proteine” servono per la sintesi proteica giornaliera* in base alle diverse variabili che possono influenzare questo dato (età, sesso, attività lavorativa, attività sportiva, ecc.). Il primo aspetto importante da definire, è che il fabbisogno proteico si misura in grammi di proteine su Kg di peso corporeo [g proteine / Kg di peso] necessarie al giorno.

    *ATTENZIONE: le informazioni contenute sul nostro blog hanno esclusivamente scopo informativo, e in nessun caso possono costituire o sostituire parere e prescrizione medica e specialistica. Si raccomanda di chiedere sempre il parere del proprio medico curante e/o di specialisti prima di modificare il proprio regime alimentare e di integrazione!

    Mensilmente vengono pubblicate ricerche in cui viene misurato in maniera diretta o indiretta il fabbisogno proteico in base ad un determinato stile di vita; in particolar modo è l’attività fisica nelle sue sfaccettature ad attirare l’interesse dei ricercatori, anche in virtù delle diverse tipologie di proteine che possono essere ingerite con la dieta e con l’integrazione.

    • In ogni modo, è ormai universalmente riconosciuto (EFSA 2015) che per un adulto, sano e sedentario, il fabbisogno proteico (da fonti miste animali e vegetali) è di 0.83 grammi su Kg di peso corporeo. In ogni modo, studi recenti hanno confermato come il fabbisogno potrebbe essere leggermente superiore (1-1.2 grammi su Kg) di peso corporeo.  Visto che il fabbisogno è determinato principalmente dalla massa corporea, ad eccezione di quella grassa, per soggetti obesi è possibile utilizzare come peso di riferimento (per calcolare fabbisogno) quello relativo al peso ideale (normopeso) secondo sesso ed altezza.

    Ma la sedentarietà non è la condizione ideale per il proprio stato di salute, in quanto è stato ampiamente dimostrato che tramite la pratica sportiva si migliora lo stile e l’aspettativa di vita. Proprio per questo, è necessario sapere quale debba essere il fabbisogno proteico per chi fa sport. Per quanto riguarda il fabbisogno degli atleti, i maggiori organi mondiali di medicina sportiva e nutrizione, periodicamente pubblicano le linee guida aggiornate in base alle ricerche più recenti. Ad esempio, l’International Society of Sports Nutrition nel 2017 ha stabilito una quota di fabbisogno proteico per atleti di 1.4-2 grammi/Kg di peso al giorno; l’ACSM (American College of Sports Medicine) ha stabilito 1.2-2 g/Kg, come l’ Academy of Nutrition and Dietetics e Dietitians of Canada sempre nel 2017.

    • Si può quindi considerare che per gli atleti, il fabbisogno proteico giornaliero si assesti tra un valore di 1.2 e 2 g/Kg, a seconda dell’impegno energetico e anabolico della pratica sportiva. È ovvio che per atleti di un certo livello, è assolutamente necessaria la consulenza di personale qualificato in grado di personalizzare l’intero apporto dietetico in base alle caratteristiche del soggetto e dello sport effettuato.

    Queste indicazioni ovviamente vanno prese “cum grano salis”, in quanto solo personale qualificato ( dietologo, dietista o nutrizionista) è in grado, con competenze e strumentazioni adeguate, di stabilire il preciso fabbisogno alimentare di un soggetto. Ricordo che la necessità di proteine può variare in base a situazioni fisiologiche (varie fasi della crescita o dell’anzianità) o patologiche particolari; in questi casi, deve essere il medico curante o lo specialista dal quale si è in cura a fornire le linee guida essenziali.

    fabbisogno proteico sportivo

    ALTRI FATTORI CHE CARATTERIZZANO L’ASSUNZIONE

    Esistono variabili di cui ogni soggetto (soprattutto se pratica sport) deve tenere in considerazione quando si parla di apporto proteico, cioè la distribuzione della quota proteica per pasto, la qualità delle proteine e la tempistica di assunzione.

    • Qualità delle proteine: nel secondo paragrafo abbiamo visto come sia importante accertarsi di assumere tutti gli amminoacidi essenziali in una sufficiente quantità per garantire una sintesi proteica adeguata. Nel prossimo post approfondiremo proprio questo argomento.
    • Porzione di proteine realmente disponibile: nell’intestino tenue, in condizioni standard, viene assorbito circa il 95% degli aminoacidi digeriti all’interno dell’intestino, ad una velocità media di 5-10 grammi/ora, a seconda della fonte alimentare. Questi dati sono solamente indicativi, visto che l’intestino e tessuti annessi sono in grado di trattenere il 50% degli aminoacidi presenti nelle proteine ingerite; non solo, nel nostro organismo è presente anche un meccanismo di regolazione che facilita la digestione/assorbimento nel caso in cui il corpo abbia più bisogno di aminoacidi (e viceversa). In linea di massima, comunque è consigliato assumere 20-30 grammi di proteine a pasto e a porzione (quando necessarie; vedi punto successivo).
    • Tempistica assunzione e dosaggi “fuori-pasto”: soprattutto per gli sportivi, è importante la distribuzione delle proteine anche nelle finestre temporali in cui la sintesi proteica è maggiore, come dopo lo sforzo e prima di andare a letto. Nel nostro post dedicato alla tempistica di assunzione, potete trovare tutti gli approfondimenti e i consigli necessari.

    QUANDO LE PROTEINE SONO TROPPE

    Il fatto che il fabbisogno proteico comprenda un limite minimo, è giustificato dal fatto che con quote inferiori a quelle raccomandate, non si riuscirebbe a soddisfare la necessità dell’organismo per il normale equilibrio fisiologico, per il recupero (nel caso si tratti di uno sportivo), per il mantenimento della massa magra e per la crescita. La definizione del limite massimo invece, è fondamentale per evitare che nel breve/medio/lungo termine un apporto eccessivo abbia conseguenze deleterie nei confronti dell’organismo. Essendo una materia molto discussa, abbiamo dedicato all’argomento un post intero, proprio per approfondire le argomentazioni dei detrattori delle diete iperproteiche e di chi invece le sostiene, per poi trarre le conclusioni con i dati provenienti dalla bibliografia scientifica.

    FABBISOGNO PROTEICO E PERDITA DI PESO

    I regimi dietetici finalizzati alla perdita di peso, implicano un apporto calorico giornaliero leggermente inferiore al proprio fabbisogno energetico, al fine di creare un piccolo gap calorico che nel tempo induca una perdita di peso prevalentemente a carico della massa grassa. Affinchè questo approccio sia efficace, è fondamentale che la dieta sia comunque equilibrata; in particolar modo l’apporto proteico, deve rimanere quello raccomandato in termini di “grammi/Kg di peso”, e non essere ridotto come avviene per le calorie totali. Non solo, una vasta mole di ricerche scientifiche ha dimostrato come incrementando l’apporto proteico in un regime ipocalorico, abbinato ad un lavoro con i pesi, è possibile di migliorare sensibilmente la composizione corporea (rispetto a chi assumeva meno proteine), cioè dimagrire migliorando il rapporto “massa magra/massa grassa”. La maggior parte di queste ricerche (vedi interessante review nel documento dell’Journal of the International Society of Sports Nutrition del 2017) ha utilizzato apporti proteici 2-3 volte superiori a quelli raccomandati per i sedentari, da considerare iperproteici; ricordo che preservare la massa magra in caso di dimagrimento non è solo importante ai fini estetici, ma anche per mantenere la funzionalità muscolare. Inoltre, la massa muscolare è la parte metabolicamente attiva dell’organismo, cioè quella che determina il metabolismo basale, e di conseguenza una parte significativa del consumo calorico giornaliero. Questi apporti proteici particolarmente elevati (superiori alle dosi raccomandate), se possono essere efficaci in termini di miglioramento della composizione corporea a breve termine, è possibile che possano avere effetti collaterali a medio-lungo termine, o addirittura a breve termine se esistono condizioni fisiologiche predisponenti (vedi paragrafo QUANDO LE PROTEINE SONO TROPPE). Lo stesso sito Examine.com, indica come sia fondamentale, nei regimi ipocalorici, preservare la massa magra, ma con un apporto di proteine pari a 2 g/Kg di peso (comunque inferiore ai regimi iperproteici), dando la preferenza a quelle ad alto valore biologico. A mio parere, se si vuole incrementare l’apporto proteico rispetto al proprio fabbisogno (vedi paragrafo specifico), è importante prima chiedere il parere a personale medico o specialistico (dietologo), e considerare l’attività fisica come un elemento fondamentale per il dimagrimento e per il benessere.

    Immagine tratta da http://nutrizionistamarcobagnolo.com/web/2017/03/09/non-solo-carne-per-farsi-i-muscoli-anche-le-proteine-vegetali-potenziano-la-massa-magra/

    È NECESSARIO ASSUMERE INTEGRATORI A BASE DI PROTEINE PER SODDISFARE IL PROPRIO FABBISOGNO?

    In base a quanto scritto nel nostro post dedicato all’integrazione, possiamo rispondere “dipende”! Partendo dal presupposto che prima di assumere integratori è sempre meglio sentire il parere di personale qualificato (come un dietologo o personale medico competente sull’argomento), possiamo affermare che se con l’alimentazione non si riesce a coprire il fabbisogno proteico, allora è possibile ricorrere all’integrazione. Prima di fare questo però, è necessario conoscere il proprio fabbisogno (magari chiedendo il parere di un dietologo) e cercare di coprirlo con l’alimentazione, per 2 motivi: il primo, perché in questo modo si instaurano buone abitudini (che partono dalla consapevolezza di quello che si mangia), e il secondo perché in questo modo è più facile coinvolgere e trasmettere queste competenze a chi ci sta vicino. A questo punto è facile intuire che il ricorso all’integrazione proteica diventa utile per motivi relativi alla logistica e alla digestione; in altre parole:

    • L’integrazione può tornare utile quando non si riesce a coprire, con la dieta, il fabbisogno proteico giornaliero e/o la distribuzione di esso durante la giornata.
    • Oppure quando per motivi legati alla digestione, non si riesce a mangiare una quantità sufficiente di proteine con la sola alimentazione, pur avendo la possibilità di distribuire correttamente i pasti.

    Oggi le case produttrici di integratori mettono a disposizione dell’utente anche alimenti (barrette, snack, ecc.) arricchiti di proteine, in maniera tale da non dover usare solamente le polveri. Ma quali sono i prodotti migliori? Quali tipi di proteine è meglio utilizzare nei vari momenti della giornata? Nel post dedicato agli integratori di proteine, potete trovare tutte le risposte.

    Andando alla pagina principale dedicata alla nutrizione, potrai trovare l’indice delle nostre risorse su alimentazione ed integrazione.

    Autore dell’articolo: Luca Melli (melsh76@libero.it) preparatore atletico AC Sorbolo, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto.

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