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  1. Running: come preparare un programma d’allenamento

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    Pianificare un’intera stagione di allenamenti richiede 3 particolari attenzioni: la prima è quella di effettuare un programma teorico che permetta di incrementare gradualmente la condizione, la seconda di adattare il programma alle proprie caratteristiche e la terza di riuscire a gestire gli eventuali imprevisti.

    In questo post vi daremo le indicazioni per preparare al meglio il vostro piano d’allenamento step by step; potranno trovare informazioni utili sia runner esperti che podisti che da poco hanno iniziato a dedicarsi alle competizioni.

    Ci soffermeremo particolarmente sul periodo Generale, cioè la prima fase della preparazione, nella quale l’obiettivo è creare quei presupposti su cui costruire la performance specifica aderente al proprio obiettivo. Infatti, è facile trovare online tabelle d’allenamento per preparare competizioni di diversa durata; la maggior parte di queste però si focalizzano sulla parte specifica della preparazione, trascurando quelle che sono le qualità di base del runner, come le qualità neuromuscolari e la capacità di recupero.

    Semplificazione e schematizzazione della pianificazione della stagione atletica (clicca sull’immagine per ingrandire)

    Spesso capita di osservare dal vivo le prestazioni degli atleti d’elitè e chiedersi: “ma come fanno ad essere così veloci?”. È evidente che alla base delle loro prestazioni ci sono qualità individuali che non tutti hanno, ma per essere così veloci sono necessarie anche ottime doti neuromuscolari; quanti amatori curano con particolare attenzione le doti neuromuscolari al fine di riuscire ad essere più veloci?

    Altro fattore estremamente trascurato è il miglioramento delle doti di recupero; un recupero efficiente mi permette di tollerare carichi di lavoro elevati, minimizzando il rischio di infortuni; rappresenta le fondamenta della performance, ma ci vuole tempo e pazienza per costruirle.

    Nel post precedente abbiamo visto come il periodo di preparazione possa durare (se strutturato correttamente) fino a 4-5 mesi; in questo lasso di tempo è possibile lavorare su tutte le qualità necessarie al podista per ottenere il meglio da sé stessi. Quello che è importante, è organizzare bene i vari periodi della preparazione (vedremo in questo articolo come), ottimizzando il programma in base alle proprie caratteristiche. Non mi stancherò mai di dire che per pianificare al meglio il proprio allenamento è necessario studiare, approfondire e fare tesoro della propria esperienza…ed avere pazienza!

    Le conoscenze di base di una buona programmazione

    Risalgono alla fine degli anni 90’ i primi studi che cercarono di comprendere quali fossero le differenze nei programmi d’allenamento tra i migliori runner elitè con quelli di livello inferiore. I primi 2 studi di Hewson e Hopkins (del 1995 e 1996) videro come i runner che ottenevano i migliori risultati effettuavano un periodo di preparazione Generale più lungo; come vedremo successivamente, questo periodo è particolarmente dedicato al condizionamento aerobico (che determina il recupero) e alle qualità neuromuscolari. Non solo, i migliori risultati erano ottenuti dagli atleti che effettuavano un volume maggiore di corsa ad intensità moderata ed a velocità inferiore (si parla comunque di atleti con caratteristiche abbastanza omogenee).

    Nel 2010 Stephen Seiler cominciò poi a parlare di allenamento polarizzato, indicando come la programmazione degli atleti d’elitè fosse caratterizzata da un elevato volume di allenamenti aerobici ad intensità moderata (80% del totale circa), alternato a mezzi intervallati a velocità pari o superiore al ritmo gara; estremamente rari, erano in allenamento, i ritmi gara mantenuti per periodi prolungati (come possono essere le ripetute lunghe); questa è la condizione ideale per un professionista, cioè per chi ha tutto il giorno per allenarsi.

    Negli anni successivi, si capì come gli amatori potessero attingere a diverse tipologie di esercitazioni per incrementare la propria performance (non solo quelli tipici dell’allenamento polarizzato), sfruttando tutta l’ampia gamma possibile (Paquette et al 2017 e Jarstad et al 2019).

    Gli ultimi studi (il primo e il secondo di Casado et al, entrambi nel 2019) confermarono come gli atleti di altissimo livello (rispetto a quelli di livello leggermente inferiore) effettuavano un volume di Km superiore, più allenamenti a ritmi medi (Corsa Media e Corsa Veloce), e più allenamenti intervallati; il volume d’allenamento maggiore era ottenuto soprattutto grazie al lavoro continuo ad intensità moderata.

    Ultimo studio (una revisione degli studi precedenti) che citiamo è quello di Bulluosa et al 2020, che evidenzia come a livello amatoriale, più intensità allenanti (anche ad altissima intensità) possano essere efficaci, ma l’elevato volume ad intensità moderata (corsa lenta), rappresenta una variabile fondamentale anche per questa tipologia di runner.

    Bene, dopo aver visto questi aspetti non banali, passiamo ora al prossimo capitolo, in cui approfondiremo (step-by-step) la strutturazione di una stagione atletica. Ci focalizzeremo particolarmente sul periodo Generale, quello più trascurato dai runner, che però crea i presupposti per incrementare la velocità e la capacità di gara durante il periodo Specifico.

    Come organizzare la stagione atletica

    Preparare una gara, od un insieme di gare, è come costruire una casa; più alto sarà l’edificio e migliore sarà la performance. Al fine di raggiungere la massima altezza, sarà necessario avere una corretta proporzione tra fondamenta, muri e tetto! Ma prima di iniziare a costruire il nostro edificio, sarà necessario essere certi che il terreno sia stabile; ecco, partiamo proprio dalla stabilità del terreno.

    Compatibilmente con il tempo a disposizione, consiglio sempre di effettuare parallelamente all’allenamento di corsa, il protocollo di allenamento funzionale per il core: aiuta a prevenire l’affaticamento dei muscoli del tronco nei finali di gara e migliora la spinta orizzontale.

    Il periodo di rigenerazione

    Una buona preparazione parte da un ottimo periodo di rigenerazione

    Nel post dedicato ai 5 principi dell’allenamento (nel capitolo “Durata di una stagione”), abbiamo visto come sia necessario presentarsi all’inizio della fase preparatoria in condizioni di freschezza psicofisica, al fine di potersi adattare in maniera reattiva agli stimoli allenanti. Questa fase può durare dalle 3 alle 4 settimane, e dipende da quanto si è arrivati stanchi (sempre dal punto di vista psico-fisico) nella stagione precedente.

    L’imperativo, in questo periodo, è rigenerarsi, cercando di mantenere comunque un minimo livello d’allenamento. Ad esempio, è possibile effettuare un allenamento in meno alla settimana, limitando durata ed intensità degli stessi; altra alternativa può essere quella di dedicarsi ad altri sport (come il ciclismo) adatti alla stagione ed alle condizioni climatiche del periodo. Come le altre, questa fase è da individualizzare in base alle caratteristiche del soggetto, quindi alcuni potranno aver bisogno di un periodo più lungo e di una riduzione maggiore del carico rispetto ad altri.

    Ultimo aspetto da considerare è la vita extrasportiva; un periodo di 2 settimane di vacanza, è sicuramente più rigenerante di 2 settimane di pieno lavoro.

    Ricordatevi, una rigenerazione effettuata in maniera superficiale, non permetterà poi nel periodo successivo di poter esprimere al 100% il proprio potenziale; se la performance possiamo indicarla come l’altezza di una casa, il periodo di rigenerazione rappresenta la stabilità del terreno su cui poggia l’edificio.

    Il periodo generale

    Bene, ora che abbiamo trovato un terreno stabile, possiamo cominciare a costruire la nostra casa: da dove iniziamo? Ovviamente dalle fondamenta; questa è una parte essenziale di qualsiasi immobile, magari non visibile, ma imprescindibile.

    Avete mai chiesto ad un muratore il motivo per cui si formano le crepe nei muri? La maggior parte delle volte vi risponderà che la colpa è delle fondamenta non realizzate correttamente; quindi, se non volete “crepe” nel vostro programma d’allenamento che vadano a limitare le vostre performance, assicuratevi di lavorare in maniera adeguata sulla Resistenza Aerobica. Senza scendere eccessivamente in dettagli di fisiologia, la Resistenza Aerobica è la qualità che viene stimolata ed allenata con le corse continue ad intensità moderata, come la corsa lenta (i lunghi) e la corsa lunga svelta. Si, quella che nel capitolo precedente abbiamo sottolineato come così importante sia per i Top Runner che per i runner amatori.

    Abbiamo visto poi, nel concetto di Allenamento Polarizzato, come un giusto mix di stimoli allenanti di intensità e volume siano l’ideale per ottimizzate il potenziale dell’atleta, ma ad inizio preparazione gli allenamenti a moderata intensità sono quelli che devono avere la precedenza per 3 motivi:

    • Sono più facili da recuperare, per questo motivo si può incrementare il carico con gradualità, minimizzando il rischio di infortuni.
    • Permettono di raggiungere elevati volumi d’allenamento, migliorando quindi le qualità di recupero; questo permette nei periodi successivi di tollerare alti carichi di lavoro.
    • Possono essere fatti anche in moderato stato di affaticamento

    Questi sono i motivi per i quali questi allenamenti rappresentano le fondamenta del nostro edificio, cioè della nostra performance.

    Ma quanti Km fare a settimana?

    Ovviamente dipende dal tempo che si ha per allenarsi e dal proprio background (per un runner esperto è diverso da un principiante); l’insieme di queste 2 variabili permette di comprendere quale possa essere il giusto compromesso. Quello che è fondamentale per tutti invece è la gradualità dell’incremento del carico di lavoro; infatti, una della cause principali di infortunio non è tanto il volume d’allenamento, ma l’aumento eccessivo del chilometraggio settimana dopo settimana (Nielsen et al 2014 e van Poppel et al 2018). Ad inizio preparazione l’incremento del volume d’allenamento (cioè i Km totali) può essere anche del 5-10% a settimana, ma man mano che si avvicina (o si supera) il limite massimo delle stagioni precedenti l’incremento deve essere inferiore al 5%. Non solo, è consigliabile (nei mesi in cui il chilometraggio è elevato) inserire periodicamente 1 settimana di scarico. Come spesso ripetuto, in questo periodo è necessario avere pazienza.

    È poi ovvio considerare che un runner nei primi 5-8 anni di carriera podistica, è logico possa provare ad incrementare i chilometri rispetto agli anni precedenti, mentre un runner over 50 di lunga esperienza, farebbe bene invece a mantenersi o ridurre leggermente il volume, aumentando leggermente l’intensità; l’abbiamo visto nel capitolo dedicato a running ed età.

    Quanti Km deve essere l’allenamento più lungo?

    Se l’obiettivo (cioè quello dell’intera programmazione) è quello di preparare delle corse di 10-12 Km, è sufficiente che l’allenamento più lungo sia di 90’ (ripetuto più volte). Per chi ha come obiettivo una maratonina, l’ideale è riuscire a correre tra i 18-20 Km almeno un paio di volte (sempre nel periodo generale). Per chi prepara una maratona è leggermente diverso, in quanto molto dipende dall’esperienza del runner e dall’abitudine a correre allenamenti di durata.

    Gli allenamenti neuromuscolari

    Se la resistenza aerobica costituisce le fondamenta, i muri sono costituiti dalle qualità neuromuscolari; come abbiamo detto sopra, per essere veloci in gara è necessario avere doti neuromuscolari che permettano di correre a ritmi elevati. Per questo motivo, l’altezza del nostro edificio (cioè l’entità della performance) dipenderà in buona parte da queste qualità; nel nostro post dedicato alla forza e alla velocità del runner abbiamo visto come il lavoro di forza debba precedere quello di velocità ed allo stesso tempo come dipenda anche dalle caratteristiche dell’atleta.

    Nell’articolo dedicato all’individualizzazione dell’allenamento, abbiamo affrontato questo argomento; lo riassumiamo brevemente ed in maniera semplificata prendendo spunto dall’immagine sotto.

    Atleti resistenti soffrono parecchio gli allenamenti ad alta intensità, cioè hanno bisogno di tempo per recupere questo tipo di stimoli, soprattutto ad inizio preparazione. Per questo motivo, è bene che inizino lavorando su stimoli di forza specifica (cioè la resistenza muscolare locale) che vengono meglio tollerati; non solo, per atleti deboli muscolarmente, stimoli precoci di velocità possono incrementare il rischio di infortuni. Il lavoro di forza specifica invece, aiuta a colmare queste “debolezze”, fornendo i presupposti per riuscire a tollerare al meglio gli allenamenti di velocità quando verranno fatti successivamente (seppur a volumi non elevati). In questi casi, l’ideale è l’utilizzo di mezzi allenanti con salite ed effettuare lunghi collinari; trovate l’elenco dei mezzi allenanti nel nostro post dedicato a forza e velocità. Nel caso in cui non si abbia spesso la possibilità di utilizzare salite, consiglio di inserire (anche se non ha la stessa efficacia) negli allenamenti delle variazioni di velocità di 2-4’ di Corsa Media o dei Farltek con fase attiva di 40-60” ad intensità non superiore al RG10Km.

    Gli atleti veloci invece si trovano a proprio agio con gli allenamenti di velocità sin dall’inizio stagione; malgrado questo, è consigliabile anche per loro iniziare con mezzi allenanti che abbiano incidenza anche sulla forza, ma in maniera più esplosiva, come le salite brevi e le relative varianti e nella parte finale anche qualche allenamento intervallato come le ripetute brevi. Allenamenti di forza specifica (cioè le salite), potrebbero essere introdotti nella parte finale del periodo generale, nel caso in cui si preparino gare con salite/discese, competizioni di lunghezza superiore ai 14-15 Km o nel caso si percepisca la necessità di dover lavorare su questa qualità (ad esempio se si fa particolare fatica in salita).

    Esempi di alcuni mezzi allenanti costituiti da corse finalizzati all’incremento della forza (resistenza muscolare locale) e della velocità. Potete trovare l’elenco completo nell’articolo specifico.

    Spero ora sia più facile comprendere come la conoscenza delle proprie caratteristiche (dettata dall’esperienza) permetta al runner di individualizzare al meglio il proprio allenamento; sopra abbiamo semplificato le caratteristiche degli atleti veloci e resistenti, ma è ovvio immaginare come la maggior parte dei podisti abbia caratteristiche intermedie. Per questo motivo, conoscere i possibili mezzi allenanti, essere consapevoli delle proprie caratteristiche e l’esperienza, permettono di individuare e realizzare con maggior efficacia il proprio programma d’allenamento.

    Da considerare sono anche i mezzi “non costituiti da corsa” (come può essere il potenziamento muscolare, l’allenamento funzionale, ecc.); questi rappresentano stimoli allenanti molto utili, la cui varietà di utilizzo permette di andare incontro alle caratteristiche peculiari dell’atleta, soprattutto per la prevenzione infortuni; potete trovare approfondire l’argomento leggendo il paragrafo “L’allenamento con i pesi può migliorare la forza del runner?” nel post dedicato alla forza e velocità del runner.

    Quanto deve durare il periodo Generale?

    Lo possiamo misurare in % della durata totale della preparazione, e la sua lunghezza dipende da alcuni fattori: dovrebbe avere una durata maggiore (fino al 70-80% dell’intera preparazione) per chi corre da poco, per chi è ad elevato rischio infortuni e per chi vuole incrementare il volume d’allenamento rispetto agli anni precedenti.

    Dovrebbe comporre il 40-50% dell’intera preparazione per gli atleti che inseriscono anche il periodo speciale (vedremo successivamente cos’è); questi sono solitamente i runner più esperti e che non intendono incrementare il volume d’allenamento rispetto alle stagioni precedenti. Stessa cosa vale per i maratoneti, il cui volume d’allenamento è comunque incrementato anche nel periodo specifico.

    È consigliabile gareggiare nel periodo Generale?

    L’inserimento di 1-2 gare tirate (cioè al massimo dell’impegno) è consigliabile soprattutto se questa fase occupa il 70-80% dell’intero periodo; queste sono utili per testate il livello di forma, di conseguenza, è bene farle precedere da una settimana di scarico. Altre gare possono essere inserite, a patto che vengano corse all’85-90% dell’impegno massimo, e quindi non vadano a richiedere tempi di recupero lunghi. È da ricordare che più gare si fanno (anche non al massimo impegno) e minori saranno le risorse per incrementare il proprio potenziale atletico in allenamento.

    Bene, abbiamo visto l’importanza delle fondamenta e dei muri del nostro edificio; ora andiamo a posizionare il tetto.

    Periodo Specifico

    Da non confondere con quello Speciale, durante il periodo Specifico si indirizzano gli stimoli allenanti prevalentemente verso le qualità di gara, finalizzando il potenziale motorio costruito nel periodo precedente. Ovviamente la differenziazione con il periodo precedente non è netta, ma durata ed intensità di alcuni allenamenti verranno indirizzati gradualmente verso lo stimolo di gara. Da qui è estremamente chiaro come un periodo Generale troppo corto o nel quale si è gareggiato troppo, non permetta poi di ottenere il massimo nel momento che conta.

    In questa fase si aumenterà l’utilizzo dei mezzi allenanti che utilizzano ritmi simili a quelli di gara, ma senza esagerare o stravolgere il lavoro fatto nel periodo precedente; infatti, come abbiamo visto nel paragrafo Le conoscenze di base di una buona programmazione, gli allenamenti in cui i ritmi gara vengono tenuti per tempi prolungati (come le Ripetute lunghe) sono poco utilizzati da atleti di livello medio-alto. Ciò non significa che siano deleteri, ma rappresentano stimoli che richiedono tempi di recuperi lunghi, quindi da inserire con parsimonia.

    Quando si parla di allenamento specifico, è necessario parlare di velocità di gara e capacità di gara; se un atleta ha l’obiettivo di correre a gara di 10 Km in 45’ (a circa 4’30” al Km), la sua velocità di gara sarà appunto 4’30”/Km, mentre la sua capacità di gara sarà 45’. Di conseguenza i suoi allenamenti rivolti alla capacità di gara saranno quelli che vengono corsi ad un’intensità inferiore, ma per un periodo prolungato (medi, progressivi, volume totale di corsa lenta, ecc.); quelli rivolti all’incremento della velocità di gara saranno invece corsi a velocità superiore a tale velocità, ma in maniera intervallata.

    Durante questo periodo è importante il mantenimento della Resistenza Aerobica tramite un adeguato volume di allenamenti di Corsa lenta ed eventualmente lunghi adeguati al periodo preparatorio; stessa cosa vale per il mantenimento neuromuscolare, nel caso in cui si preparino gare che richiedano ritmi bassi.

    Semplificazione della pianificazione dell’allenamento di una competizione di 10 Km

    Gli allenamenti di ripetute lunghe e le altre gare saranno gli stimoli che raggiungeranno il massimo livello di specificità, ma dovranno essere fatti con parsimonia e succeduti da un periodo di recupero maggiore.

    Ovviamente ogni distanza di gara avrà una preparazione specifica leggermente diversa; potete trovare i programmi specifici delle competizioni nel nostro post dedicati ai 4 pilastri della corsa, nel paragrafo Preparazione per le gare specifiche. Ulteriore personalizzazione del programma dovranno essere fatte in base alle caratteristiche dell’atleta.

    Non solo, è da valutare anche il numero di gare da effettuare (e il grado di impegno corrispondente) e come gestire lo scarico pre-gara delle competizioni a cui si punta maggiormente; trovate questi dettagli nel post dedicato ai 5 principi dell’allenamento nel capitolo Carico, scarico e competizioni.

    Cliccando sull’immagine sotto puoi aprire la presentazione che ho realizzato qualche tempo fa, ma che riassume in maniera abbastanza chiara i concetti esposti sopra, grazie all’analogia della costruzione dell’edificio (fondamenta/muri/tetto); in particolar modo, evidenzia le possibili conseguenze di errori nella programmazione dell’allenamento.

    Inserimento del periodo speciale

    Per i runner più esperti, è possibile inserire tra il periodo Generale e Specifico, quello Speciale; ma come deve essere strutturato? Sostanzialmente è una via di mezzo tra gli altri 2, ma a volte viene anche inserito per colmare determinate lacune o per lavorare solamente verso una “direzione allenante”, come la velocità di gara.

    Ad esempio, molti maratoneti inframezzano tra la fase Generale e Specifica un periodo Speciale nel quale lavorano prevalentemente (pur mantenendo un volume elevato, necessario per preparare una 42.195 Km) sui ritmi che vanno dai 10 Km alla maratonina, correndo alcune gare di 10 km su strada. Questa strategia permette di iniziare la fase successiva della preparazione (quella specifica) con la possibilità di concentrare l’allenamento soprattutto sulla capacità di gara (perchè la velocità di gara è stata stimolata nel periodo precedente), limitandosi al mantenimento del Ritmo Maratona.

    Per chi prepara una mezza, sarà possibile concentrare il periodo speciale sulle velocità tipiche dei 5-10 Km, mentre per chi prepara competizioni di 10-12 Km sui ritmi dei 3000-5000m.

    Clicca sull’immagine per ingrandire

    È comunque importante comprendere che questo non è un periodo slegato dagli altri 2; in altre parole, dal punto di vista metodologico deve esserci un continuo. Come abbiamo indicato sopra, questa fase può essere inserita per quei podisti che hanno una certa esperienza e non intendono incrementare il volume rispetto alle stagioni precedenti.

    Non solo, si può anche inserire per coloro che hanno la necessità di lavorare su una determinata lacuna prima di iniziare il periodo Specifico. Può essere l’esempio del Trailer che fatica a correre in salita; dedicare il periodo Speciale a colmare questa lacuna, gli permetterà poi nella fase successiva di poter lavorare sulla capacità di gara e sui ritmi gara.

    Oppure un runner con determinate lacune neuromuscolari di velocità, può utilizzarlo per migliorare questa importante variabile della performance, magari dopo aver lavorato in maniera importante sul volume d’allenamento (per migliorare il recupero) e sulla forza (con le salite) nel periodo Generale (ricordatevi sempre che il lavoro di forza deve precedere quello di velocità).

    Quello che è importante comprendere, è che il periodo speciale abbia un senso se inserito tra gli altri 2 periodi.

    Conclusioni ed applicazioni pratiche

    Malgrado le indicazioni riportate in questo articolo vadano prese “cum grano salis” (cioè con del buon senso), rappresentano comunque quelle che sono attualmente le linee guida che raggiungono il migliore compromesso tra quello che emerge dalla bibliografia internazionale e dalla pratica dei tecnici nel settore. Ovviamente non esiste una sola via metodologica per ottenere un determinato risultato, anche perché, come abbiamo spesso ripetuto, non tutti i runners sono uguali.

    Quello che è importante, è che l’atleta conosca la teoria di quelle che sono le basi della preparazione atletica; vi applichereste mai su un aspetto così importante della vostra vita che coinvolge il benessere psico-fisico, il divertimento e la socialità, senza la piena consapevolezza di quello che state facendo?

    Allora è importante approfondire l’argomento (informarsi e studiare la metodologia d’allenamento), ordinare le idee per saperle applicare all’atto pratico e fare in modo che le esperienze fatte (che dipendono anche dall’individualità del soggetto) vadano a contribuire ulteriormente ad incrementare la conoscenza dell’argomento.

    “Education is not the learning of facts, but training the mind to think”

    (L’educazione non è l’apprendimento dei fatti, ma allenare la mente a pensare)
    Albert Einstein

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     Autore dell’articolo: Luca Melli (melsh76@libero.it), istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 e preparatore atletico AC Sorbolo.

  2. Come stabilire un’efficace programma di allenamento funzionale

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    (Aggiornato al 05/08/2022)

    Miglioramento della mobilità articolare, potenziamento muscolare, prevenzione infortuni, sono tutti obiettivi che è possibile raggiungere tramite un utilizzo corretto dell’allenamento funzionale. Nel post odierno cercheremo di far capire come costruire un “percorso” (cioè una progressione di movimenti e variabili) di allenamento funzionale in base al proprio target, definito dallo sport praticato (o dal tipo di riabilitazione desiderata), dalla caratteristica dei soggetti che si allenano e dal tempo a disposizione.

    Nella parte finale dell’articolo riporteremo poi l’esempio di alcuni protocolli con particolare riferimento al calcio e alla corsa, con obiettivi riguardanti la prevenzione infortuni, la mobilità dell’anca, la core stability, la forza del calciatore dilettante, ecc

    movimenti allenamento funzionale

    Nel precedente post abbiamo approfondito la teoria e le motivazioni che ci hanno portato a definire l’efficienza metodologica dell’allenamento funzionale. La naturalità dei movimenti proposti, la ricerca continua dell’equilibrio (statico, dinamico ed in volo), la multiplanarità e la progressione esecutiva sono alcuni dei presupposti teorici che potete approfondire leggendo il precedente articolo. Nell’immagine sopra, potete vedere la suddivisione degli 8 movimenti funzionali proposti dal libro di Alberto Andorlini (il più completo attualmente in circolazione).

    Per comodità metodologica ed in base alla mia esperienza, ritengo più semplice utilizzare la suddivisione proposta sotto, accorpando i 3 movimenti che determinano la forza orizzontale (tirare, spingere e ruotare), eliminando gli “spostamenti” (che dipendono prevalentemente dalla programmazione specifica della disciplina, e di conseguenza vanno inseriti nel lavoro specifico) ed inserendo il lavoro per la stiffness. Di conseguenza, i 6 movimenti principali saranno:

    allenamento funzionale

    • Core stability da decubito: rappresenta la prima fase, ma allo stesso tempo necessita di mantenimento per evitare che un indebolimento del core, durante la stagione, provochi degli squilibri.
    • Forza orizzontale: insieme dei movimenti di tirare, spingere e ruotare.
    • Squat: ricordiamo che la forza che l’organismo può immettere in questo movimento cala tanto più si è “piegati” e soprattutto se si utilizza l’appoggio monopodalico. Queste considerazioni (già fatte quando abbiamo parlato della corsa in discesa) sono fondamentali per evitare di utilizzare carichi con il bilancere che nel lungo termine possono portare a problemi alla colonna.
    • Stacco: le differenze con lo squat le abbiamo viste nel precedente post. Se, si considera la corsa come un insieme di continue accelerazioni (fase di spinta) e decelerazioni (fase di impatto), è evidente comprendere come lo stacco monopodalico possa essere, dal punto di vista biomeccanico, il movimento di elezione per lo sviluppo della fase di spinta (accelerazione); vedi figura sotto.

    spinta corsa

    • Affondo: altro movimento che bene si abbina con i movimenti rotatori (che non abbiamo considerato come una categoria di movimenti “unica”, ma inserita nella Forza orizzontale). Ha la peculiarità di trasmettere forze sia in maniera orizzontale che verticale.
    • Stiffness: non è da considerarsi come un movimento vero e proprio (infatti non rientra nella classificazione di Androlini), ma rappresenta (come i movimenti funzionali) un presupposto essenziale per molte discipline sportive. Senza addentrarci in concetti complessi di biomeccanica, basta considerare come una stiffness adeguata sia in grado permettere di utilizzare al meglio l’elasticità muscolare mentre si corre. Nella figura sotto è presentata un’immagine di 2 soggetti che corrono alla stessa velocità, ma con stiffness diverse (con conseguente diversa componente elastica). È ovvio che il soggetto numero 1 (a pari di altre condizioni) esaurirà precocemente (rispetto al secondo) le proprie riserve energetiche a causa un minor utilizzo delle componenti elastiche.

    stiffness

    Concludiamo il paragrafo chiarendo la differenza tra la stiffness e il movimento dello squat; lo squat prevede l’estensione di tutte e 3 le articolazioni (anca/ginocchio/caviglia), mentre nella stiffness è particolarmente accentuato il lavoro sulla caviglia e minimizzato il lavoro sul ginocchio ed anche. Ricordiamo che la stiffness è importante tanto più la velocità di corsa è elevata e rettilinea (velocisti/mezzofondisti veloci), ma un adeguato lavoro su questa capacità è in grado di far ottenere miglioramenti anche ai fondisti (corsa su strada) e negli sport di squadra (come vedremo nell’esempio sotto). Allenamenti di elezione per questa qualità sono il salto con la corda, il salto di ostacoli bassi e le esercitazioni di potenziamento funzionale per il tricipite surale.

    *ATTENZIONE: le informazioni contenute sul nostro blog sono esclusivamente a scopo informativo, e in nessun caso possono costituire o sostituire parere e prescrizione medica o di un professionista dell’attività sportiva.

    COME STABILIRE IL PROGRAMMA DI ALLENAMENTO FUNZIONALE

    infografica-percorso

    FASE N° 1: DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI

    Questi possono essere generali, come il miglioramento dell’atletismo generale dell’atleta; in alcuni casi invece si possono strutturare (all’interno dell’allenamento generale) “percorsi” più specifici; in questo post potete trovare un approfondimento di quelli che possono essere gli obiettivi perseguibili con l’allenamento funzionale.

    Ma vediamo alcuni esempi sotto:

    1. Migliorare la mobilità associata alla stabilità articolare per la prevenzione degli infortuni in una squadra di calcio dilettantistica.
    2. Incremento dell’accelerazione per giocatori di calcio.
    3. Lavoro personalizzato per il miglioramento dell’escursione articolare dell’anca, in relazione ai movimenti di estensione per runner e calciatori.
    4. Lavoro personalizzato per il miglioramento della stiffness per il calciatore.

    N.B.: in fondo all’articolo, vedrete alcuni esempi di protocolli, riguardanti proprio gli obiettivi indicati sopra.

    FASE N° 2: MOVIMENTI DA INGLOBARE

    Più generico è l’obiettivo (esempio mobilità articolare + prevenzione infortuni nel calcio) e più movimenti sono da inglobare nel proprio percorso. Allo stesso modo, più l’obiettivo è specifico e maggiori dovranno essere i gradi di difficoltà (ed approfondimento) associati ai (o al) movimenti scelti; ad esempio, un lavoro personalizzato per incrementare l’escursione dell’anca avrà come movimento principale l’affondo, e movimenti secondari la Corse Stability e la Forza orizzontale.

    FASE 3: DEFINIRE GRADO DI APPROFONDIMENTO/DIFFICOLTA’ DEI MOVIMENTI

    Come detto sopra, dipende dallo sport considerato (calcio, running, basket, ecc.), dal numero di atleti che si allenano (il programma per un singolo runner, può avere un livello di personalizzazione maggiore, rispetto ad una squadra di calcio), dal gruppo che si allena (adulti, giovani, master, ecc.) e dal tempo a disposizione. Quest’ultima, è una variante molto importante, perché definisce lo spazio che può avere l’allenamento funzionale all’interno del tempo di allenamento e di conseguenza il livello difficoltà che può raggiungere il programma.

    plank

    FASE N° 4: STABILIRE IL PERCORSO DELL’ALLENAMENTO

    Si divide il programma in più Step temporali di difficoltà progressiva, che si prefiggono di raggiungere il nostro obiettivo. Obiettivo che può essere anche di carattere generale (prevenzione infortuni, incremento della stiffness, ecc.), e di conseguenza una volta raggiunto, necessita di un regolare mantenimento per il resto della stagione agonistica.

    ESEMPI DI PROTOCOLLO

    Sotto riportiamo alcuni esempi di come può essere strutturato un programma di allenamento funzionale, basandoci sugli obiettivi elencati in FASE 1.

    ESEMPIO N°1: rinforzo del tono addominale in condizioni prima generali e poi specifiche

    I muscoli addominali vengono considerati da tantissimi autori (Kelly Starrett, Michael Boyle, Vincenzo Canali) come un “anello debole” delle catene cinetiche, e per questo devono essere rinforzati con anticipo rispetto agli altri gruppi muscolari ed in maniera inizialmente analitica.

    Divisi in 3 gruppi principali (retto dell’addome, trasverso ed obliqui) svolgono primariamente l’azione stabilizzatrice, cooperano alla respirazione e (in alcune discipline) permettono i movimenti del busto.

    Ma cosa significa azione stabilizzatrice?

    Michael Boyle, nel suo libro (attualmente considerato come punto di riferimento dell’allenamento funzionale negli sport) indica come dovrebbero avere funzioni anti-estensorie, anti-rotatorie e anti-flessorie. Mi spiego meglio: questi muscoli, se lavorano in isolamento, sono in grado di flettere (frontalmente e lateralmente) e ruotare il busto, in particolar modo a livello della parte lombare della colonna.

    Ma secondo lo stesso autore (e anche secondo Kelly Starrett) la parte lombare della colonna dovrebbe rimanere il più possibile stabile, e tutti i movimenti dovrebbero originare a livello delle anche, delle spalle o tuttalpiù a livello del torace.

    Questo perché la stabilità della colonna è un prerequisito essenziale per movimenti efficienti e per ridurre il rischio di infortuni; non ci credete? Provate a guardare la stabilità del tronco di Marcel Jacobs ed Eliud Kipchoge.

    quali sono i muscoli addominali
    Clicca sull’immagine per ingrandire

    Detto questo è evidente il motivo per il quale gli addominali vadano allenati come anti-estensori, anti-flessori (laterali) ed anti-rotatori, cioè come gruppi muscolari in grado opporsi a movimenti eccessivi del tronco (soprattutto dela parte lombare), conferendo quindi “stabilità”; attenzione…non significa “rigidità”, ma il minimizzare i movimenti della colonna al fine di ottenere un gesto motorio efficiente ed armonico grazie all’intervento di anche, spalle e degli arti. In questo modo saranno le articolazioni delle anche e della spalla a essere la “guida” dei movimenti, rispettando quello che è il loro ruolo funzionale.

    Gli esercizi da preferire nella prima fase dell’allenamento sono quindi posizioni statiche che mettono in tensione questi muscoli come anti-estensori, anti-rotatori ed anti-flessori (laterali).

    Ma attenzione, non trascuriamo il legame che hanno con la funzione respiratoria!

    Infatti, la funzione del trasverso dell’addome (cioè quello più “profondo”) è anche quella di assecondare la respirazione; di conseguenza, l’allenamento di questo muscolo deve considerare anche la respirazione. Questo aspetto è estremamente importante, perché se lavoro solo sul retto dell’addome, potrò anche avere la “tartaruga”, ma non riuscirò ad essere stabile durante i movimenti, soprattutto quando vado in affanno respiratorio.

    Ma come allenare il trasverso?

    In maniera analitica è molto semplice: effettuando un normale plank (durata 45”) si alternano 5” di inspirazioni con il naso a 10” di espirazione veloce e forzata con la bocca; negli ultimi secondi di espirazione forzata sarà evidente la contrazione del trasverso (stringendo “la pancia”) per “buttare fuori” tutta l’aria rimasta. Ovviamente a questo esercizio si deve arrivare gradualmente, imparando prima il plank (arrivando a 45” continui) e la contrazione analitica del trasverso (vedi questo video di Gaetano Rosace).

    esercizi per rinforzare muscoli addominali

    Bene, una volta fissati i punti fondamentali della prima fase dello sviluppo del tono addominale, possiamo ipotizzare 3 step per un percorso funzionale.

    1. STEP N° 1: utilizzo prevalentemente del plank respiratorio (se si ha già appreso la tecnica indicata sopra), plank laterale e il plank con 1 arto sollevato (alternanza di 1 mano o 1 piede); tutti in forma statica (vedi immagine sopra); chi non riesce, deve partire da una progressione con esercizi più leggeri. Questo primo step può essere considerato lo stesso per la maggior parte degli sport.
    2. STEP N° 2: abbinamento a potenziamento del core (addominali, bacino e torace) e degli arti in maniera funzionale agli sport praticati. Si tratta di utilizzare ed adattare i movimenti funzionali (vedi seconda immagine dell’articolo) in base alla disciplina considerata; un punto in comune tra tutte è l’importanza della capacità di contrazione addominale in concomitanza della capacità di estensione dell’anca (allungamento del retto femorale e dell’ileo-psoas) per evitare l’antiversione del bacino (Canali 2015); vedi immagine sotto.
    3. STEP N°3: correzione ed adattamento del programma in base alla biomeccanica del movimento sport-specifico e delle caratteristiche del soggetto. Senza scendere nei dettagli, è evidente come un runner debba lavorare diversamente rispetto a chi pratica il salto in alto (pensate all’arco dorsale durante il valicamento dell’asticella); quest’ultimo, per evitare di infortunarsi, non deve solamente avere un maggior tono muscolare dell’addome, ma anche un controllo motorio che permette di gestire i movimenti dinamici minimizzando il rischio di problematiche al rachide.

    antiversione bacino infortuni

    È quindi evidente come siano necessari 2 transfert (quello del passaggio allo STEP N° 2 e quello del passaggio allo STEP N° 3) al fine di migliorare la motricità e ridurre il rischio di infortuni.

    Il primo transfert avverrà grazie all’utilizzo di movimenti funzionali (quelli della seconda immagine di questo articolo), all’interno dei quali gli addominali non rappresenterebbero l’anello debole (perché potenziati nello STEP N° 1), mentre il secondo (il più importante) con i movimenti specifici della disciplina in condizioni ottimali grazie a quanto effettuato nello STEP N° 2.

    Ad esempio, un runner nello STEP N° 3, sarà in grado di facilitare il transfer con la corsa in salita, le andature di pre-atletica, ecc.

    Per chi volesse approfondire come affrontare lo STEP N° 1 (ed in parte il N° 2), consiglio il libro di Michael Boyle, oppure potete trovare nel nostro blog l’esempio dei primi 2 step dedicati alla core stability nella corsa.

    ESEMPIO N° 2: il paradosso dell’allenamento funzionale

    Più di un “esempio”, questo è un concetto a mio parere importante; come volte ribadito, l’allenamento funzionale prende in considerazione i movimenti e non i singoli muscoli. Possiamo quindi dire che considera le catene cinetiche, cioè l’insieme di muscoli embricati tra di loro, con il connettivo ed altri tessuti, al fine di applicare e direzionare la forza.

    Dall’immagine sotto possiamo vedere un esempio di suddivisione (possono esserci variazioni da autore ad autore).

    catene cinetiche
    Immagine tratta da: https://www.dottordavidemambrin.it/la-posturologia/

    All’interno di queste catene esistono comunque gruppi muscolari che vanno più facilmente “in difficoltà”, cioè possono rappresentare l’anello debole della catena.

    Ovviamente non in tutti i soggetti hanno dei deficit, ma leggendo testi di diversi autori autorevoli in materi, ho notato come alcuni sono particolarmente ricorrenti (vedi immagine sotto).

    Questo è uno dei motivi per il quale i muscoli addominali (vedi l’esempio del precedente capitolo) sono solitamente potenziati precocemente (all’interno della stagione) ed in maniera analitica.

    anelli deboli catene cinetiche

    Gli altri gruppi muscolari sono i fissatori della scapola, i glutei (soprattutto gli abduttori e rotatori esterni) ed i muscoli responsabili dell’avvolgimento dell’elica podalica.

    Secondo Vincenzo Canali anche i posteriori della coscia (quando lavorano da estensori dell’anca) rappresentano un “anello debole”; non a caso è il gruppo muscolare che più facilmente va incontro ad infortuni nel calcio.

    Ovviamente il fatto che tutti i muscoli citati sopra possano rappresentare dei punti deboli, non significa che sia così per tutti gli atleti; dipende da soggetto a soggetto.

    Di norma, con il passare dell’età, e degli infortuni, è più probabile che queste problematiche possano emergere; queste portano ad incrementare il rischio di infortuni ed a peggiorare quella che è l’efficienza motoria (e di conseguenza la performance). Non necessariamente saranno questi muscoli ad infortunarsi (raramente ci si lesiona ai glutei o agli addominali), ma la loro debolezza può causare infortuni ad altre strutture. Faccio sotto alcune considerazioni, senza la presunzione di essere esaustivo, ma solamente per fare alcuni esempi.

    Quando i fissatori della spalla sono deboli, si tende ad accentuare la cifosi dorsale (ad “ingobbirsi”); questo ha come possibile ripercussione la limitazione meccanica degli spazi respiratori. Non solo, nelle discipline in cui la corsa è predominante, l’atleta non riuscirà ad estendere indietro i gomiti, compensando con la rotazione del tronco con relativa perdita di efficienza meccanica; questo perché, come abbiamo visto sopra, il tronco dovrebbe rimanere il più possibile stabile durante la corsa. Questi muscoli tendono particolarmente ad indebolirsi per chi lavora tanto tempo seduto e con l’uso dei cellulari; in questi casi consiglio di effettuare spesso la sequenza di rinforzo della linea mediana.

    I glutei ed i rotatori esterni dell’anca sono muscoli fondamentali la cui corretta attivazione consente di evitare il collasso dell’asse trasverso del bacino, che può essere causa di infortuni e scarsa efficienza nella corsa (Michaud 2021); nell’immagine sotto vediamo una delle conseguenze di questa debolezza (Segno di Trendelenburg) ed alcune posizioni tratte dallo Yoga (solo a scopo illustrativo) che possono aiutare a ridurre la problematica.

    Segno di Trendelenburg

    Altri gruppi muscolari, spesso causa di infortuni e sottoprestazioni (soprattutto per i runner), sono quelli coinvolti nell’avvolgimento dell’elica podalica; la conseguenza più diretta è l’iperpronazione (aggravata anche dall’uso di scarpe eccessivamente protettive mentre si corre), che può dare origine ad infortuni al ginocchio, al tendine d’achille ed ai polpacci…oltre a perdita di elasticità. Per chi vuole approfondire, può leggere il nostro articolo sull’iperpronazione.

    Chiudo con i posteriori della coscia; questi sono gruppi muscolari che in discipline con tanti cambi di direzione tendono a diventare più deboli e rigidi rispetto agli anteriori della coscia. Non solo, a causa della dominanza tecnica (soprattutto nel calcio) un emilato tende a diventare più forte e rigido dell’altro, incrementando ulteriormente il rischio di problematiche. Un lavoro adeguato di potenziamento muscolare (un muscolo più “resistente” si lesiona più difficilmente) e di coordinazione, aiuta a ridurre il rischio di lesioni a questi gruppi muscolari (vedi il nostro articolo dedicato alla prevenzione degli infortuni nel calcio).

    Come potete notare, le problematiche associate a questi tipi di infortuni possono coinvolgere la forza (la maggior parte delle volte), la mobilità o la coordinazione (in particolar modo la sincronizzazione delle unità motorie).

    Per chi volesse approfondire consiglio i testi di Tom Michaud, Michael Boyle, Daniele Vecchioni (per gli appassionati di corsa) e di Luca Russo e coll (per la valutazione posturale).

    Per chi opera nell’ambito del calcio (o è appassionato di running) può scaricare gratuitamente le nostre risorse gratuite (dei mini-ebook) iscrivendovi gratuitamente ai nostri canali telegram; in più, riceverete i contenuti esclusivi per i soli iscritti al canale.

    EEMPIO N° 3: miglioramento dell’escursione articolare dell’anca, in relazione ai movimenti di estensione per runner e calciatori

    L’estensione dell’anca è un aspetto fondamentale, per i runner di alto livello; l’immagine sotto raffigura in allenamento Galen Rupp (3° alla maratona olimpica di Rio de Janeiro) e Mo Farah (Campione Olimpico 5000m e 10000m a Londra e Rio de Janeiro). Nel circolo giallo è evidenziata l’escursione a cui arriva l’anca durante la fase di volo.

    farah-rupp

    Un’adeguata escursione permette di avere una lunghezza del passo adeguata e di conseguenza un adeguato rapporto tra frequenza ed ampiezza del movimento. In un atleta di alto livello, un deficit a livello di questa articolazione non permetterebbe di sfruttare al massimo le proprie qualità neuromuscolari. In podisti amatori il discorso è diverso, perché le velocità relative alle quali vengono corse le gare permette di compensare (almeno in parte) una ridotta ampiezza del passo con un incremento della frequenza.

    messi

    Nel calcio, è possibile fare le stesse considerazioni (vedi immagine sopra), soprattutto in virtù del fatto che è più facile (anche a livello dilettantistico) raggiungere velocità elevate e movimenti in cui è richiesta un’elevata articolarità dell’anca (anche a intensità non elevate). Soggetti carenti in questo tipo di movimenti, dovrebbero fare un lavoro mirato per colmare queste lacune, anche perché potrebbero essere frutto di retroazioni che sono causa di infortuni. Un programma di allenamento funzionale specifico per questo obiettivo, dovrebbe includere sia il movimento di affondo (movimento primario) che movimenti in grado di incrementare la forza degli estensori (squat e stacco). Soprattutto il movimento dell’affondo consigliamo di eseguirlo nel primo step nella modalità Statico Dinamica. Questo perché permette di essere maggiormente sicuri (vista la lentezza del movimento, vedi video sotto) di effettuarlo nella maniera più corretta e di stimolare soprattutto le fibre lente.

    Negli step successivi, questo movimento potrà essere effettuato a velocità maggiore, ma sempre prestando attenzione alla distanza (massima, compatibilmente con il controllo dell’equilibrio) tra i piedi e al busto eretto. Non ci dileguiamo ulteriormente per non appesantire il post, se comunque avete quesiti potete scrivere un commento in fondo al post o mandarmi una mail.

    ESEMPIO N° 4: lavoro personalizzato per il miglioramento della stiffness per il calciatore

    Questo protocollo è stato utilizzato per un giocatore di Prima Categoria dotato di una forza muscolare elevata (rispetto alla media della categoria), ma stiffness ridotta. Il giocatore lamentava di percepire come in situazioni in cui veniva richiesta brillantezza muscolare (allunghi, cambi di direzione) si sentisse poco esplosivo lavorando eccessivamente con la parte posteriore delle cosce.

    È stato quindi programmato un protocollo personalizzato da effettuare prima del 2° allenamento settimanale (su 3 totali) della durata di 20-25’ circa. Questo prevedeva non solo esercizi per la stiffness, ma anche per la prevenzione degli infortuni al retto femorale, di cui il calciatore ha sofferto in passato.

    1. STEP N° 1: addominali a terra, plank (2 giri bipodalici), squat parallelo (2 serie di 15 ripetizioni non ad esaurimento), stacco ad una gamba (2 serie da 10 ripetizioni non ad esaurimento), sole taps coerver (5×20), multibalzi tra ostacoli bassi a piedi pari (10 ripetizioni di 5 miniostacoli), salti monopodalici destra/sinistra e avanti/indietro tra linea a terra (6×10 totale).
    2. STEP N° 2: come sopra, ma in aggiunta: lavoro statico dinamico per la publagia (2×20” prono e supino; vedi immagine sotto per la posizione prono), multibalzi monopodalici tra ostacoli bassi (6 ripetizioni di 5 miniostacoli).

    pubalgia prevenzione

    1. STEP N° 3: come sopra, ma in aggiunta 2-3 ripetizioni corsa balzata a navetta (20+20m) con riferimenti di 2-3 metri per balzo (cinesini a terra); vedi immagine sotto.

    N.B.: il terzo step veniva fatto solamente se non era in previsione esercizi di balzi nella seduta di squadra di giornata.

    balzata

    Il protocollo, secondo le sensazioni del giocatore, ha dato ottimi risultati; in partita si sentiva più brillante e meno affaticato anche nei finale. Unico leggero effetto collaterale è stato che nella parte finale dell’allenamento di squadra del giorno corrispondente al lavoro funzionale, si sentiva molto stanco. Nel periodo di allenamento non si sono riscontrati infortuni.

    Conclusioni: l’allenamento funzionale in questione si è rivelato proficuo ed efficace; è comunque un protocollo consigliabile (se somministrato nei settori dilettantistici) solamente per atleti fortemente motivati e dotati di buone capacità di recupero.

    ESEMPIO N° 5: core stability per il miglioramento della performance del runners

    È stato dimostrato come l’affaticamento a cui vanno incontro i muscoli del core nei finali di gara, porti ad un peggioramento della performance dovuto ad incremento della fatica, ad un peggioramento della tecnica di corsa e della funzione respiratoria. Un adeguato protocollo di allenamento funzionale per il core (e non solo di core stability) è ormai ritenuto efficace a tutti gli effetti per prevenire il calo prestativo dovuto a questi fattori. Di conseguenza, un programma dovrebbe tenere in considerazione non solo la stabilizzazione del core, ma anche l’incremento funzionale delle catene cinetiche responsabili della spinta orizzontale, quali quella posteriore e quella flessoria. Queste catene infatti non subiscono particolari microtraumi come quella estensoria (per semplificare, quella in cui lavorano prevalentemente anteriori della coscia e polpacci), di conseguenza, affaticheranno in maniera minima i muscoli che attutiscono l’impatto con il terreno.

    Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è catena-posteriore-running-1.png

    Riporto sotto i 3 step, che potete trovare in maniera estremamente dettagliata nel nostro post dedicato all’allenamento funzionale del core per i runner.

    • STEP N° 1: sensibilizzazione e potenziamento del retto dell’addome per evitare l’antiversione del bacino in condizioni di affaticamento. In più introduzione dello stacco con kettlebell per migliorare la forza orizzontale
    • STEP N° 2: agli esercizi sopra, vengono aggiunti mezzi allenanti finalizzati al miglioramento delle catene muscolari responsabili dei movimenti rotatori e oscillatori del tronco (plank modificati). In più, viene aggiunto l’Hip thrust monopodalico modificato per incrementare la resistenza muscolare della catena posteriore e di conseguenza la spinta orizzontale e la capacità di andare in salita.
    • STEP N° 3: a quanto fatto sopra, vengono aggiunti asana presi dallo yoga per favorire la mobilità e l’ulteriore stabilità delle catene cinetiche (soprattutto a livello distale), al fine di diminuire la viscosità delle catene cinetiche.

    ESEMPIO N° 6: potenziamento muscolare (pausa estiva) per il calciatore dilettante

    La pausa estiva è il momento ideale per il calciatore dilettante di dedicarsi al lavoro muscolare, visto che gli affaticamenti tipici di questa attività non si andrebbero a ripercuotere sulle partite settimanali. Un programma effettuato in maniera corretta (se abbinato anche ad un lavoro aerobico), permette di presentarsi ad inizio preparazione in condizioni ideali, riducendo drasticamente il rischio di infortuni ed effettuare questa fase con minore fatica. Durante l’anno sarà poi necessario limitarsi al mantenimento nelle esercitazioni svolte con la squadra o tramite un programma personalizzato.

    Ma che caratteristiche deve avere un programma di potenziamento estivo?

    La prima è quella di poter essere fatto a casa, con un numero particolarmente limitato di attrezzi e con dei movimenti semplici da effettuare (visto che non si può essere seguiti direttamente); la seconda quella che sia veramente funzionale a quella che è l’attività del calciatore (vedi immagine sotto).

    potenziamento dilettanti

    Nel nostro post dedicato all’argomento, potete trovare i 2 semplici step per effettuare una corretta preparazione muscolare estiva. Sottolineo la semplicità (dal punto di vista dei movimenti e dei mezzi necessari) del protocollo, affinchè possa essere svolto in completa autonomia da parte del giocatore. Per questo protocollo è sufficiente un kettlebell ed una corda per saltare.

    • STEP N° 1: apprendimento delle tecniche esecutive dei movimenti funzionali più semplici, comunque orientati al miglioramento della resistenza muscolare locale, oltre della mobilità e stabilità articolare.
    • STEP N° 2: incremento della difficoltà dei movimenti grazie alla riduzione del numero di appoggi ed in alcuni casi all’aumento del carico.

    ESEMPIO N° 7: iperpronazione e potenziamento elica podalica

    Un “cattivo” appoggio del piede è spesso associato a problemi di iperpronazione; questo è spesso causa di infortuni, e non permette all’atleta di esprimere il proprio potenziale.

    L’errore da evitare, è quello di concentrarsi solo sulla problematica associata al piede, quando invece è  da valutare l’intero insieme delle catene cinetiche per di capire quale possa essere il rimedio. Altro errore da evitare, è quello di illudersi che con una scarpa con supporti si possa evitare il problema degli infortuni. La necessità di “supporti” o “plantari ortopedici”, dovrebbe essere stabilita da personale medico (ortopedico o fisiatra) e solo in presenza di dismorfismi.

    infortuni corsa

    Nell’immagine sopra sono raffigurate le origini degli infortuni più comuni; è su queste variabili che un programma di intervento funzionale dovrebbe focalizzarsi, considerando non so lo il “piede” come causa. Nel nostro post dedicato a corsa e pronazione, troverete un programma di base proprio per prevenire gli infortuni associati all’iperpronazione ed alle cause più frequenti di infortuni.

    Non trascurare la meccanica della colonna

    Una colonna stabile che riesca a mantenere il più possibile la sua posizione naturale durante la pratica sportiva, è un presupposto fondamentale per la performance; per questo motivo, si effettuano gli esercizi funzionali per il core. Ma a volte può essere necessario ricorrere periodicamente alla sequenza di rinforzo ideata da Kelly Starret, proprio per evitare che anelli deboli della catena (addominali, fissatori della scapola, glutei, ecc.) perdano tono compromettendo l’efficienza fisica ed incrementando il rischio di infortuni.  Questo vale in particolar modo per chi ha uno stile di vita (al di fuori della pratica sportiva) sedentario (come un lavoro al PC), o chi passa genericamente tanto tempo seduto. In questi casi, l’utilizzo periodico della sequenza di rinforzo può aiutare notevolmente a mantenere una posizione corretta della colonna, anche durante la pratica sportiva.

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    Autore dell’articolo: Melli Luca, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960, preparatore atletico AC Sorbolo ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it

  3. Easy Sport Graphics: il più completo editor per allenatori di calcio e calcio a 5

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