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  1. Running: l’utilizzo del Ritmo Gara dei 5000m per migliorare sui 10Km

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    La stagnazione della perfomance sui 10 Km per un atleta esperto e ben allenato può essere dovuto a 2 fattori: il primo, relativo a carenze neuromuscolari, il secondo relativo al poco lavoro sulla velocità di gara. Ovviamente qualità neuromuscolari e velocità di gara sono intimamente legate, ma sono solitamente si allenano in momenti diversi della stagione. Ad esempio, nell’immagine sotto è possibile vedere una banale semplificazione della sequenzialità dei lavori di forza, velocità e ritmi gara all’interno di una stagione.

    Se alle componenti neuromuscolari abbiamo già dedicati diversi post, in questo articolo andremo a vedere come e perché l’utilizzo del Ritmo Gara 5000m (che abbrevieremo a RG5000m) può fornire degli stimoli biologici appropriati per migliorare sui 10 Km.

    PROTOCOLLO ORIGINALE

    Partiamo subito dal presupposto che un 5000m è un ottimo stimolo per sviluppare la velocità e la capacità di gara, senza provocare gli affaticamenti tipici delle gare di 10 Km. Infatti un 5000m si recupera abbastanza velocemente, e dopo pochi giorni è già possibile eseguire sforzi aerobici (cioè di intensità non elevata) anche abbastanza prolungati. Ma come fare a correre questo tipo di distanza, se non ci sono gare di 5000m in calendario?

    La ricerca di Babineau e Leger del 1997 fà proprio al caso nostro; lo scopo dei 2 ricercatori francesi fu quello di trovare un test che nel periodo preparatorio (cioè senza la necessità di fare lo scarico pre-gara) permettesse di predirre nel miglior modo possibile il tempo di un 5000m fatto in gara (dopo lo scarico pre-gara). Il protocollo valutativo, doveva quindi produrre uno stimolo paragonabile a quello della gara, ma con uno stress psico-fisico inferiore; suggerirono quindi di dividere il 5000m in più frazioni, ma con delle micropause, la cui durata era pari a 1/5 della fase attiva: per i loro atleti, proposero quindi i seguenti 3 protocolli:

    • 12 x 400m con 15” di riposo
    • 6 x 800m con 30” riposo
    • 3 x 1600m con 60” di riposo

    I ricercatori trovarono delle ottime analogie tra i ritmi medi ottenuti durante le fasi di corsa di questi protocolli (sopratutto il 6x800m) e il ritmo gara sui 5000m affrontato dopo un periodo di scarico. Ritengo che, per la maggior parte dei runners, questo protocollo possa essere utile non tanto per testare il proprio ritmo sui 5000m (che credo interessi relativamente), ma per allenarsi in maniera efficace per migliorare la propria velocità di gara sulle distanze superiori. Infatti se un 5000m è un ottimo stimolo allenante e se questo test riproduce abbastanza fedelmente (in condizioni di carico) lo sforzo di questa distanza, allora fa proprio al caso nostro!

    ORGANIZZAZIONE DEL PROTOCOLLO D’ALLENAMENTO

    È possibile usare tutte e 3 le varianti indicate sopra (magari preferendo le distanze sui 400 e 800m) organizzando:

    • La fase di corsa, circa 10-15”/Km più veloce del ritmo dell’ultima gara sui 10 Km.
    • Rimanendo fermi (o corricchiando) per le pause, per la durata di circa 1/5 della fase di corsa.

    Ma facciamo un esempio per chiarirci meglio: un podista che corre i 10 Km in 50’, ha un ritmo al Km di 5’/Km (cioè impiega 5’ a fare un Km in gara). Quindi la velocità di corsa nel nostro protocollo sarà indicativamente di 4’45” e 4’50”/Km; i 400m saranno quindi corsi in 1’54”-1”56” e il recupero sarà di circa 23”. Se invece vorrò fare il protocollo degli 800m, questi dovranno essere corsi in circa 3’50”, con pause di circa 46”.

    A questo link potete scaricare un foglio di calcolo (semplice, ma essenziale) in cui riportare esclusivamente il tempo (in minuti e secondi) sui 10 Km nelle caselle gialle; il programma poi calcolerà tutte le andature e le pause delle ipotetiche sedute. Ovviamente i tempi riportati sono indicativi e possono avere qualche secondo di margine/tolleranza durante la seduta.

    CONCLUSIONI E CONSIGLI FINALI

    Questo protocollo va effettuato in condizioni di riposo (cioè non affaticati da allenamenti precedenti), in una fase avanzata della preparazione e dopo che si ha già lavorato sulle componenti aerobiche (essere in grado di correre almeno 90’ di CL) e neuromuscolari (salite, allunghi, ecc)…e magari si ha già corso una gara di 10 Km per avere un’indicazione sui ritmi.

    Ma quale delle 3 sedute utilizzare? A mio parere è sempre meglio partire da quella più breve (come in tutte le progressioni metodologiche di ripetute) per poi passare 7-10 giorni dopo a quella sugli 800m e dopo ulteriori 7-10 giorni a quella sui 1600m. È sempre importante iniziare la seduta con un ottimo riscaldamento (con qualche allungo).

    Questa seduta richiede 36-48h per essere recuperata, ma è importante che l’allenamento impegnativo successivo sia dedicato esclusivamente a ritmi aerobici. Infatti, se questa seduta è un ottimo stilo per la velocità di gara, non bisogna dimenticare che per avere una buona tenuta in gara, è necessario lavorare anche sulla capacità di gara, allenabile preferibilmente con Medi, Lunghi variati e Progressivi.

    Ma è possibile utilizzare questo tipo di sedute per preparare gare su pista? Una preparazione meticolosa delle gare brevi, richiede ovviamente una programmazione altrettanto accurata, ma per il runner (abitualmente abituato a far gare su strada) che vuole provare a cimentarsi su distanze inferiori, può sicuramente trarre vantaggio nell’effettuare questo tipo di allenamento.

    Se avete domande sul protocollo, non esitate a chiedere. Se ti è piaciuto l’articolo, condividilo sul tuo social network preferito (basta utilizzare uno dei pulsanti sotto); a noi farà piacere e ci fornirà un’importante indicazione su quali sono gli argomenti più letti del nostro blog, per andare incontro alle esigenze dei nostri lettori. Puoi trovare l’indice di tutti i nostri post ed articoli sulla corsa nella nostra pagina dedicata al Running.

    Autore dell’articolo: Melli Luca (melsh76@libero.it), istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 e Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto.

  2. La preparazione atletica del difensore (seconda parte)

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    Riuscire ad automatizzare dei movimenti dal punto di vista tecnico/atletico/coordinativo, non è indice di averli completamente appresi; infatti è la corretta applicazione nel contesto di gioco ad indicarne la massima efficienza

    Nel precedente post, abbiamo analizzato i primi 2 Step della didattica della preparazione atletica del difensore, cioè quelli focalizzati sui presupposti atletici e coordinativi (primo step) e sull’apprendimento tecnico dei movimenti (secondo step). Nel post odierno, affronteremo il terzo step, cioè quello che permette di applicare i movimenti tecnici (passo postero/laterale accostato e passo incrociato) in contesti tattici, al fine di dare al difensore le migliori “armi” per gestire lo spazio e il tempo nella difesa della propria porta.

    step

    STEP N° 3 (applicazione specifica)

    Fornire al difensore le competenze per comprendere quando, come e dove muoversi, è lo scopo del post odierno! Precisiamo sempre che stiamo parlando di abilità individuali (situazioni in cui, molti allenatori lamentano lacune dei difensori moderni) e non di tattica di reparto, della quale troverete comunque diversi link utili alla fine di questo post.

    Ricordiamo che l’abilità del difensore nel rubare palla ed effettuare contrasti efficaci si sviluppa sin dalle categorie giovanili; infatti già in un precedente post abbiamo sottolineato l’importanza della didattica dell’1c1 non solo dal punto di vista offensivo, ma anche di quello difensivo. Senza queste abilità istintive, difficilmente si diventerà bravi difensori, perché non si riuscirà a difendere bene “a uomo nella zona”. Sotto proporremo una struttura nuova e altre 4 già approfondite che, con opportune modifiche, fanno al nostro caso.

    ESERCITAZIONI PER L’1vs1 DIFENSIVO

    (a “uomo” nella “zona”)

    protezione-areaL’obiettivo in fase difensiva (tattica individuale) è quella di indirizzare l’attaccante verso zone meno pericolose e/o rubare palla, a seconda del contesto di gioco; nella figura sopra (utilizzata anche per la didattica dell’1c1 negli esordienti) è raffigurata una struttura in cui lo scopo dell’attaccante è quella di entrare in un’area definita, mentre quella del difensore è quella di evitarlo (senza dover necessariamente rubare palla); ulteriori varianti si possono inserire in relazione alle dimensioni dell’area e l’eventuale presenza di porte nell’area. Questo tipo di esercitazioni è particolarmente allenante nei confronti della presa di posizione del difensore (postura) e dei movimenti di passo postero/laterale accostato; di conseguenza, è raccomandato soprattutto nelle categorie giovanili.

    1c1-velocitaL’immagine sopra invece è presa dall’1vs1 per lo sviluppo della rapidità; in questa struttura si effettua un 1c1 dopo una fase di rapidità per fare gol nella porta; è possibile introdurre la regola “il primo che tocca la palla è l’attaccante”! Di conseguenza l’attaccante (il primo che tocca la palla) dovrà fare gol nella porta entro 5-6”, mentre il difensore dovrà semplicemente cercare di “non prendere gol” impedendo all’attaccante di tirare o rubando palla. Il fatto di arrivare sul pallone in velocità e di non sapere in anticipo chi dei 2 sarà l’attaccante, rende l’esercitazione meno prevedibile della precedente oltre che veloce. Consiglio di eseguirla con 7-9 giocatori (reparto difensivo più qualche centrocampista) per ottimizzare la densità di gioco e renderla allenante anche dal punto di vista atletico (rapidità cognitiva). Variando le dimensioni della porta, si modula la difficoltà dell’esercitazione.

    oltranzaNell’immagine sopra è raffigurato un esempio di 1c1 ad oltranza (non spieghiamo la struttura, perché potete trovare in maniera estremamente dettagliata nel post specifico). La maggior difficoltà (rispetto alle strutture precedenti) consiste nel fatto che il difensore deve proteggere 2 porte, ed adeguare la propria postura e i propri movimenti in relazione alla porta maggiormente “in pericolo”; non solo, sarà maggiormente costretto ad intervenire sulla palla quando l’attaccante si avvicina alle porte. È sempre da limitare il tempo a disposizione all’attaccante per segnare.

    2c2 CON LE SPONDE

    2c2 spondeQuesta struttura può essere utilizzata sia per l’apprendimento del concetto “marco-copro” (come spiegato nel post corrispondete), sia per il concetto di “marcatura a uomo nella zona”. Infatti, lo scopo di ogni coppia di giocatori all’interno del quadrato è di far andare la palla da una sponda all’altra (ovviamente dello stesso colore dei giocatori all’interno).

    • Imponendo la marcatura a uomo, lo stimolo allenante della marcatura, del posizionamento (postura difensiva) e dei movimenti difensivi sarà maggiore.
    • Aumentando le dimensioni del quadrato (ideale 22x22m per l’ultima variante descritta) il compito difensivo diventa più difficile.
    • Ultima variante consigliata, è quella di poter rubare palla solo per “intercettamento di palla” e non su contrasto; in questo modo diventa più allenante per la “presa di posizione” e meno allenante per la capacità di contrastare l’avversario.

    Inoltre, consigliamo di invertire le sponde con i giocatori centrali abbastanza spesso (ogni 90/120”) perché l’intensità dell’esercitazione è particolarmente elevata.

    3c3 CON LE SPONDE

    preparazione-difensore-4In questa struttura, ci sono solo 2 sponde e fungono da Jolly; lo scopo (per fare il punto) è quello di far passare la palla da una sponda all’altra tramite almeno un passaggio dei giocatori in mezzo al campo. Se la palla esce lateralmente si esegue la rimessa con i piedi (mettere palloni a disposizione ai lati del campo). Le dimensioni del campo sono di 35x20m. Valgono le stesse raccomandazioni dell’esercitazione sopra relative al tempo di ogni serie, che non deve essere troppo lungo perché l’esercitazione è particolarmente intesa. In questo caso, non essendoci cambi tra sponde e giocatori centrali, è meglio organizzarsi in diverse microserie di 60” con 30-40” di recupero, durante il quale, l’allenatore può effettuare correzioni dettagliate dei movimenti dei difensori. Riportiamo sotto le varianti principali.

    • Aumentando le dimensioni del campo il compito difensivo diventa più impegnativo perché è più facile “attaccare lo spazio” da parte della squadra in possesso. È consigliabile incrementarne le dimensioni quando il livello tecnico dei giocatori non è elevato.
    • Possibilità di rubare palla solo per “intercettamento” e non su contrasto.
    • Imporre la marcatura ad uomo o a zona; nel caso della zona, è possibile aggiungere un Jolly all’interno del campo (vedi figura sotto) per facilitare la circolazione della palla. In quest’ultimo caso, è fondamentale non solo allargare il campo, ma che i giocatori abbiano già appreso i concetti di tattica di reparto (sotto potete trovare i link ai nostri articoli dedicati all’argomento).

    preparazione-difensore-5

    CONCLUSIONI ED ULTERIORI APPROFONDIMENTI

    Come testo di riferimento per questo tipo di didattica, consideriamo sempre quello di Claudio Donatelli, che consigliamo vivamente di leggere, anche per il CD allegato che permette di comprendere al meglio la caratteristica analitica dei movimenti oltre che le applicazioni pratiche.

    Sotto riportiamo i link di articoli dedicati alla tattica difensiva di reparto.

    Autore dell’articolo: Melli Luca, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 (melsh76@libero.it)

  3. La preparazione atletica del difensore (prima parte)

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    L’atteggiamento posturale del difensore (in fase di non possesso) e il modo di muoversi deve essere appreso in maniera analitica, pena la perdita di istanti fondamentali nell’azione di gioco!

    Questo è un presupposto fondamentale per la preparazione (atletica, tecnica e tattica) del difensore. In questo post approfondiremo i 3 step fondamentali per la formazione atletica specifica del difensore, per fornire tutti i mezzi necessari per svolgere al meglio questo ruolo. L’articolo è rivolto a tutti gli staff che lavorano con le categorie giovanili (in particolar modo Giovanissimi ed Esordienti) che per prime affrontano la didattica difensiva, e per tutti coloro che, nelle categorie successive, si occupano del reparto difensivo.

    difesa posizionePartiremo dal presupposto con il definire l’abilità tecnico/atletica difensore come un insieme di componenti neuromuscolari, posturali ed attitudinali specifiche di ruolo. In particolar modo al difensore viene richiesto:

    • In fase di non possesso deve avere una postura dinamica (antero/posteriore) che permetta rapidamente di correre in avanti, all’indietro, lateralmente e “scivolare” (vedi figura a fianco).
    • Non deve essere solamente rapido ed esplosivo, ma saper accompagnare (passo accostato o passo incrociato) l’azione del portatore di palla nella direzione voluta e in maniera tale da essere sempre pronto per accelerare.
    • Avere scelta di tempo e capacità di intervento.
    • Saper effettuare i movimenti di reparto.

    Analizzeremo i primi 3 punti (che sono quelli più connessi ad aspetti coordinativi e atletici), tramite Step didattici progressivi per ottimizzare l’allenamento di uno dei ruoli più importanti nel calcio.

    STEP N° 1: presupposti coordinativi e atletici

    Per “presupposti” si intendono tutte quelle qualità motorie che permettono di apprendere e sfruttare al meglio le abilità specifiche difensive; per facilitare la didattica, consideriamo i mezzi allenanti generali che utilizza tutta la squadra, perché sono importanti per tutti i ruoli (e di conseguenza vengono svolti insieme al resto dei compagni). La formazione del difensore inizia ovviamente (come tutti gli altri ruoli) sin dal settore giovanile (Piccoli Amici, Pulcini ed Esordienti) lavorando su presupposti fondamentali come l’1c1, il contrasto e la coordinazione. Dalla categoria Giovanissimi (e in parte dall’ultimo anno Esordienti), è poi necessario lavorare su:

    • Rapidità coordinativa: solitamente sono esercitazioni in circuito ripetute più volte con lo scopo principale di incrementare la coordinazione, la frequenza dei movimenti, l’attitudine ad una postura di attesa corretta e prevenire gli infortuni. È importante inserire i presupposti dell’esplosività, andature varie variando orientamento di corsa, piede di frenata e di partenza. Sono proposti solitamente nel secondo allenamento settimanale, ed eventualmente anche nel primo.
    • Lavoro per la resistenza muscolare locale: in questo caso risulta fondamentale l’allenamento funzionale, in particolare i percorsi finalizzati alla stabilità articolare, alla prevenzione infortuni e all’incremento dell’accelerazione; nel post dedicato alla programmazione dell’allenamento funzionale, potete vedere 2 protocolli (i primi 2 esempi) per questi obiettivi. Ricordiamo che l’allenamento funzionale non è utile solo per la prevenzione infortuni, ma anche per ridurre la spesa energetica dei movimenti meno consueti. Solitamente viene somministrato nella prima (ed eventualmente nella seconda, se si effettuano 3 allenamenti) seduta settimanale.

    preparazione atletica settimana

    • Lavoro per l’esplosività e rapidità: si intendono tutti quei lavori eseguiti insieme al resto della squadra; a questo link potete vedere il lavoro analitico per la rapidità, a questo link la raccolta di lavori globali (rapidità del Venerdì) e a questo il protocollo per l’esplosività. Solitamente la rapidità viene inserita nell’ultima seduta settimanale, mentre l’esplosività (quando somministrata) nella seduta centrale.

    STEP N° 2: lavoro analitico dei movimenti difensivi

    A differenza del primo step didattico (che è rappresentato da esercitazioni fatte con il resto della squadra), questa fase è spostamenti difesaspecifica per i difensori. Il nostro riferimento principale in questo step è il testo di Claudio Donatelli, attualmente il libro che affronta l’argomento in maniera più approfondita. Il termine di tecnica difensiva (malgrado non si utilizzi la palla) credo quello più corretto per identificare questo tipo di lavori, che nella fase iniziale deve comprendere esercitazioni analitiche per acquisire la giusta postura dinamica del difensore e la tecnica delle andature; nei dettagli:

    • La postura in fase di non possesso deve essere in posizione antero/posteriore con il baricentro abbassato (per facilitare l’accelerazione) e il busto eretto. Questa postura deve essere mantenuta anche in situazioni dinamiche (cioè in movimento) quando la palla non è nelle immediate vicinanze (per essere pronti a “scappare” o “accorciare”), ma comunque in possesso della squadra avversaria.
    • Spostamenti: ricordiamo che in caso di 1c1 il difensore deve facilitare la corsa dell’avversario verso l’esterno (o sul piede debole se ci si trova in zona centrale). Per mantenere la giusta reattività (quindi una postura dinamica il più possibile simile a quanto indicato sopra) può adottare 3 tipi di andature a seconda della velocità dell’avversario: la prima è il passo postero/laterale accostato (detto anche scivolamento laterale all’indietro), utilizzato solitamente quando si è “puntati” dall’attaccante e/o si indietreggia. Il secondo è il passo laterale incrociato: (vedi figura sotto) questo permette di spostarsi lateralmente abbastanza velocemente rimanendo frontali all’attaccante; solitamente è utilizzato nell’1c1 sulle fasce laterali. Ultimo tipo di movimento è la normale corsa rettilinea in accelerazione (massima intensità), solitamente utilizzata quando la velocità di spostamento della palla e dell’avversario è elevata.
    Immagine tratta da http://www.allfootball.it/blog/crescere-da-numero-uno/23-4-2015/impariamo-il-passo-incrociato
    Immagine tratta da http://www.allfootball.it/blog/crescere-da-numero-uno/23-4-2015/impariamo-il-passo-incrociato

    È ovvio che il primo di questi è il più lento (passo postero/laterale accostato), ma allo stesso tempo quello che permette di essere più reattivi di fronte alle intenzioni dell’attaccante. Il secondo (passo laterale incrociato) permette di spostarsi più velocemente, ma nel momento in cui si incrocia il passo, si è meno reattivi di fronte ad un eventuale cambio di direzione dell’attaccante. Incrementare l’efficienza e la velocità con la quale vengono affrontate queste 2 andature è lo scopo di questo step! In questo modo, sarà possibile utilizzare le andature più efficaci (cioè che permettono di mantenere una maggior livello di reattività) anche a velocità di spostamento elevate!

    N.B.: ricordiamo che per “reattività” intendiamo il grado di prontezza con la quale si può rispondere ad un cambio di direzione e velocità. La postura dinamica corretta, ovviamente è quella con il baricentro abbassato e base d’appoggio sufficientemente larga.

    infografica-dei-3-passi

    Struttura N° 1

    preparazione-difensore-1

    Rappresenta sicuramente il tipo di esercitazione più “didattica” tra quelle proposte. Si tratta di eseguire dei tratti di 10 metri nelle 2 andature indicate sopra con partenze ed arrivi in posizione antero-posteriore (destro o sinistro).

    preparazione-difensore-2

    Successivamente si possono combinare questi movimenti tra di loro e con andature rettilinee. Inizialmente vanno eseguite a secco focalizzandosi sulla precisione, secondariamente sulla velocità. Successivamente, sulla stessa struttura si utilizza come riferimento un compagno che guida la palla (vedi figura sopra).

    tabela-excel-con-varianti

    Struttura N° 2

    Questo tipo di esercitazioni può essere svolto fino a 4 giocatori contemporaneamente; si prepara una struttura come nella figura sotto (4 quadrati di 10x10m accostati) con un cono centrale ad ogni quadrato e 4 cinesini colorati ai lati. Precisiamo che questa è un’esercitazione di tecnica difensiva, e non di tattica di reparto, quindi ogni giocatore dovrà focalizzarsi solamente sul proprio compito. L’allenatore indicherà un colore e i giocatori dovranno arrivare il più velocemente possibile al colore del cinesino (o cono) indicato e posizionarsi nella postura dinamica corretta; successivamente indicherà un altro colore e i giocatori dovranno spostarsi di conseguenza. Lo spostamento potrà essere effettuato nelle 3 andature indicate sopra (passo accostato, incrociato o corsa rettilinea), sempre dopo specifica dell’allenatore.

    preparazione-difensore-3

    Affinchè la postura sia corretta, è necessario dare riferimenti ai giocatori; di conseguenza, la posizione della palla sarà l’allenatore, l’avversario sarà il cinesino colorato e come porta si potrà utilizzare quella del campo. Ulteriori varianti sono relative al segnale dell’allenatore (alzare un cinesino colorato piuttosto che dirne il colore) e la frequenza con la quale indica i colori.

    CONCLUSIONI

    allenamento difesa
    Nell’immmagine sopra, potete vedere uno schema riassuntivo dei 3 step che abbiamo proposto. Nel prossimo post andremo ad analizzare l’applicazione pratica della tecnica difensiva in situazione; questo per permettere al difensore di “trasformare” le abilità acquisite in contesto di gioco. Ricordiamo che un ottimo testo per approfondire l’argomento è quello di Claudio Donatelli, di cui potete trovare un’ampia recensione a questo link. Nella seconda parte, approfondiremo l’applicazione in situazione tattica di quanto sviluppato in questo post.

    Se ti è piaciuto il contenuto dell’articolo e vuoi approfondire la preparazione atletica per i dilettanti, scarica gratuitamente il nostro mini e-book accedendo al canale telegram Preparazione atletica dilettanti; in più, settimanalmente pubblicheremo contenuti esclusivi e tutti gli aggiornamenti del nostro sito.

    preparazione atletica dilettanti

    Autore dell’articolo: Melli Luca, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960, preparatore atletico AC Sorbolo ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it

  4. Recensioni libri: ALLENAMENTO DELLA FORZA A BASSA VELOCITA’

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    Inauguriamo oggi una nuova rubrica dedicata alla recensione di “utility” per chi si occupa delle materie trattate nel nostro blog, cioè calcio, corsa e alimentazione. Iniziamo con la recensione di un testo del 2012, cioè l’Allenamento della Forza a bassa velocità (di Giampietro Alberti, Maurizio Garufi e Nicola Silvaggi), i cui principi sono già stati già approfonditamente sviscerati nei post specifici (prima e seconda parte). In questi post abbiamo confrontato questo approccio con gli Esercizi Alberti_AllenamentoForza_copertina_4luglioStatico Dinamici, trovando parecchie analogie, malgrado l’origine dei 2 metodi fosse completamente diversa. Riportiamo sotto le conclusioni a cui eravamo giunti:

    Nello specifico è stata riscontrata la capacità di incrementare/mantenere i vari indici di forza (massa muscolare, forza massima, esplosività, ecc) di entrambe le fibre muscolari, accoppiate ad un basso rischio di infortuni (da sovraccarico ed acuto) e un rapido recupero funzionale.

    Il testo è rivolto prevalentemente a: preparatori atletici, studenti di Scienze Motorie, istruttori di palestre, appassionati di pesistica/body building e allenatori che curano (nella loro attività) anche l’aspetto atletico. Il capitolo più interessante è sicuramente l’ottavo, perché illustra la variante (del metodo) più semplice, riportando la contestualizzazione nell’allenamento di atleti (tra i quali Nicola Vizzoni) di livello mondiale.

    ORIGINALITA’ DEI CONTENUTI

    L’allenamento della forza a bassa velocità descrive un metodo che sfrutta prevalentemente un singolo tipo di adattamento (cioè quello miogeno), rispetto agli altri metodi che sfruttano anche quello neurogeno.

    GRADO DI APPROFONDIMENTO DEI CONTENUTI

    Il testo sviluppa in maniera estremamente dettagliata sia la teoria (cioè l’aspetto fisiologico) che la pratica (diversi riscontri da parte di atleti di livello mondiale) di questo metodo.

    FACILITA’ DI APPLICAZIONE DEI CONTENUTI

    Tra i 2 metodi descritti, cioè la Serie Lenta a Scalare e la Forza a Bassa velocità, il secondo è sicuramente quello più facile da applicare nell’allenamento quotidiano, perché non richiede assistenza nei sollevamenti.

    RAPPORTO QUALITA’/PREZZO

    Purtroppo non esiste la versione digitale del libro (probabilmente perché è di 4 anni fà), ma i 20 Euro del formato cartaceo sono più che spesi bene; inoltre, comprandolo su Amazon, si può avere un discreto sconto. Clicca sull’immagine qui sotto per acquistarlo su Amazon

    ALTRI PRODOTTI RECENSITI:

    Importante: i giudizi dei libri che recensiamo riflettono quello che è la nostra opinione. Di conseguenza recensiamo solamente testi che abbiamo letto, approfondito e soprattutto che ci sono piaciuti.

    • MFC (Movimento Specifico Funzionale): indispensabile per tutti gli staff delle categorie giovanili (in particolar modo Giovanissimi ed Esordienti) che per prime affrontano la didattica difensiva; non è comunque un libro di nicchia, ma veramente utile a tutti allenatori e preparatori che curano l’aspetto neuromuscolare del calciatore a secco e con palla.
    • Studiare gli avversari…e se stessi: un libro per dilettanti e professionisti del calcio.

     

  5. Il ruolo del preparatore atletico “moderno” nelle squadre dilettantistiche

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    (Aggiornato al 02/11/2019)

    Con l’avvento del concetto di Potenza Metabolica è migliorata la comprensione del modello funzionale del calcio e di conseguenza anche degli aspetti dell’allenamento atletico.

    In ambito dilettantistico, il tempo limitato a disposizione riveste una variabile fondamentale che condiziona l’allenamento atletico (contrariamente ai settori professionistici); per questo motivo, il preparatore atletico che lavora in questi contesti deve avere un gran senso critico nella scelta della qualità (specificità allenante) e quantità (tempo a disposizione) dei mezzi proposti. Deve avere una

    dettagliata conoscenza della tecnica e della tattica calcistica, al fine di sapere percepire-valutare (anche senza mezzi tecnologici) visivamente le componenti biomeccaniche (il cervello lo possiamo ancora considerare come il miglior analizzatore biomeccanico esistente), atletiche e cognitive del calcio, al fine di supportare al meglio l’attività dell’allenatore.

    Riportiamo sotto, quelle che sono, a mio parere, le competenze specifiche che deve avere un preparatore atletico che lavora in ambito dilettantistico.

    1) MINIMIZZARE IL TEMPO E MASSIMIZZARE L’EFFETTO DELL’ALLENAMENTO GENERALE A SECCO

    Anche con l’avvento di una maggior conoscenza del modello funzionale, l’allenamento generale mantiene una porzione importante dell’allenamento atletico, per un’adeguata prevenzione degli infortuni, per stimolare adeguatamente le massime potenze (metaboliche e neuromuscolari) ed a sostegno della coordinazione. Questi mezzi allenanti devono rispondere ai criteri di specificità della disciplina.

    Carichi applicabili in un contesto dilettantistico

    2) SAPER PROGRAMMARE E SOMMINISTRARE L’ALLENAMENTO ATLETICO SPECIFICO IN COLLABORAZIONE CON L’ALLENATORE

    Saper fondere tecnica-tattica e componenti atletiche nello stesso mezzo, permette di massimizzare lo stimolo allenante; unire le competenze dell’allenatore (variabili tattiche significative per il gruppo considerato) con quelle del preparatore (variabili che mantengono un’intensità specifica adeguata) è fondamentale nello stabilire i mezzi allenanti. Ovviamente ciò implica il dover abbattere la barriera concettuale che vede preparatore e allenatore lavorare e programmare l’attività separatamente. Questo non riguarda solamente la programmazione degli allenamenti che hanno finalità atletico-tattica, ma anche l’adeguamento dei carichi di lavoro a secco a quelli somministrati dall’allenatore, al fine di evitare sovraccarichi ed infortuni. Infatti, uno dei rischi maggiori, nei casi di scarsa comunicazione/interazione tra allenatore e preparatore, è quello di eseguire carichi settimanali eccessivi o insufficienti.

    Altro aspetto collaborativo che ritengo importante è quello con il fisioterapista/massaggiatore della squadra; la gestione degli atleti infortunati (o anche con fastidi che possono propendere ad un incremento del rischio) dovrebbe seguire una priorità che va verso la salute dell’atleta, e non la presenza nella partita più prossima; è un approccio che paga nel medio-lungo termine, cioè sull’andamento di tutto il campionato.

    3) SAPER LAVORARE ADEGUATAMENTE SULLA PREVENZIONE DEGLI INFORTUNI

    Mentre le squadre professionistiche hanno sufficiente tempo a disposizione per effettuare tutte le componenti dell’allenamento, nei dilettanti è fondamentale “minimizzare il tempo e massimizzare gli effetti” di tali interventi. Per questo motivo, il saper includere nell’allenamento generale stimoli che vanno in questa direzione (come la rapidità coordinativa, l’allenamento funzionale, un riscaldamento adeguato, ecc.) è fondamentale. È anche da ricordare che la fatica è una delle variabili che va ad incidere sul tasso di infortuni, quindi il carico dell’allenamento deve essere tale da preparare adeguatamente il giocatore al match. In Promozione, ad esempio, i carichi metabolici e neuromuscolari sono del 15-40% inferiori rispetto ai professionisti (Pasini 2015), ma la partita dura comunque 90’, ed il tempo per allenarsi è palesemente minore; da questo è possibile capire come sia fondamentale la ricerca del giusto compromesso tra volume ed intensità, finalizzato anche alla prevenzione infortuni.

    4) SAPER PROGRAMMARE RISCALDAMENTI TECNICI A DIFFICOLTA’ ED INTENSITA’ PROGRESSIVA

    Mentre la tecnica di base acquisita difficilmente viene “dimenticata”, la stabilità di questa in condizioni di fatica e rapidità deve essere costantemente allenata, affinchè il rendimento in campo sia adeguato. Il dedicare la prima parte d’allenamento a questo tipo di variabile (da parte del preparatore) a mio parere è fondamentale anche perché permette all’allenatore di potersi concentrare sulle altri parti dell’allenamento. A questo link potete vedere una trattazione più completa sull’argomento.

    5) SAPERSI DISTRICARE TRA CARENZA DI MEZZI E CONDIZIONI DEI CAMPI

    Condizione essenziale affinchè le carenze strutturali non diventino una “scusa”, ma uno “stimolo” a trovare soluzioni allenanti alternative che abbiano allo stesso tempo impronte significative. Tempo fa trovai in un video una frase interessante di Massimo de Paoli: “la differenza non la fanno i mezzi, ma le persone”.

    Ma quali sono gli aspetti più difficili?…ma anche quale deve essere il “punto di forza” di ogni preparatore

    Mi limito a riportare la mia esperienza, affinchè possa essere utile per gli altri. Il riuscire a somministrare carichi sufficientemente elevati, minimizzando il rischio di infortuni, è sicuramente la “sfida” principale del preparatore atletico; il tutto considerando sempre anche il carico effettuato dall’allenatore. Pensate a come velocemente oggi (anche solo rispetto a 15-20 anni fa) circolino i contenuti grazie al web ed ai social; l’accesso alla competenza non è più un limite come poteva esserlo una volta, quando vi erano pochi testi a disposizione su cui approfondire. Quindi è facile cercare e trovare mezzi allenanti da applicare ai propri giocatori, basta solo pensare alla mole di informazioni presente sul sito laltrametodologia.com. La difficoltà sta nel somministrare in maniera adeguata i mezzi, nel contesto di tempo e strutture a disposizione…in relazione al gruppo considerato. Infatti, aver la possibilità di lavorare più anni con la stessa società, permette sicuramente di conoscere meglio i singoli atleti e fare in modo che questi si abituino più velocemente ai carichi di lavoro. Competenza, esperienza, intuito e creatività sono sicuramente le doti maggiormente necessarie ad un preparatore.

    Ma quale deve essere il punto di forza di ogni preparatore che lavora a livello dilettantistico?

    A mio parere è “l’allenamento della coordinazione”; si perché in un contesto in cui il tempo a disposizione è sempre poco, lavorare su questa qualità ha ripercussioni positive su tanti aspetti della performance, come la gestualità tecnica, l’efficienza dei movimenti (e quindi la prevenzione infortuni e la potenza aerobica) e la rapidità. Non solo, molti aspetti coordinativi del movimento hanno un grado di stabilità maggiore nel tempo rispetto ad altre qualità come la potenza aerobica; per questo motivo, a mio parere, è possibile incrementare il carico di lavoro coordinativo (soprattutto tramite un aumento della difficoltà esecutiva e dell’intensità) durante la stagione, con miglioramenti evidentemente progressivi. Ma attenzione, affinchè ciò sia possibile, è da ricercare un continuo “innalzamento dell’asticella” dal punto di vista delle difficoltà richieste; questo richiede una continua ricerca ed approfondimento dei mezzi e varianti da utilizzare, che porta via diverso tempo in sede di programmazione. Per approfondire, potete leggere il nostro articolo sulla rapidità coordinativa.

    Se ti è piaciuto l’articolo, connettiti al mio profilo linkedin per rimanere informato sulla pubblicazione e aggiornamenti dei nostri contenuti.

    Autore dell’articolo: Melli Luca (melsh76@libero.it), istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960, preparatore atletico AC Sorbolo e Istruttore di Atletica Leggera GS Toccalmatto.

  6. Errori da evitare nella corsa: la sporca dozzina

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    (Aggiornato al 30/04/2023)

    Infortuni e sottoprestazioni sono prevalentemente dovuti ad errori nell’allenamento; spesso si è alla ricerca di scarpe, accessori, integratori o del metodo più innovativo per essere più veloci, trascurando invece come siano gli errori nell’allenamento a non permetterci di esprimere il nostro potenziale.

    Ad esempio, abbiamo visto come la caffeina in media possa incrementare la performance di corsa dell’1,1%, ma ha poco senso parlarne se si è sempre infortunati o ci si allena male.

    È quindi necessario un approccio che parta dai presupposti che hanno maggiore incidenza sul modo con cui viviamo la nostra passione per la corsa; in altre parole, un approccio top/down (dalle cose che contano di più…fino a quelle che contano meno) è sicuramente il più efficace, e la prima cosa è proprio quella di evitare gli errori più comuni!

    Per scrivere questo contenuto, ho preso spunto dall’articolo the dirty dozen (“Quella sporca dozzina”) di Pete Magill, il cui tutolo prende spunto proprio dal film del 1967. Ho comunque cercato di semplificare e raggruppare alcuni degli “errori” per rendere più agevole la lettura.

    Nell’immagine sotto sono rappresentati gli errori più comuni dei runner in maniera tale da farvi selezionare i capitoli che ritenete per voi più interessanti.

    Corsa errori da evitare

    Ricordatevi che per essere dei runner migliori non bisogna “soffrire di più”, è invece primario fare scelte intelligenti in sede di programmazione, allenamento e stile di vita.

    Errore N° 1: iniziare gli allenamenti con eccessiva intensità

    È l’errore tipico a cui si può andare incontro quando ci si allena in gruppo in sedute lunghe, oppure per chi si allena poche volte a settimana.

    Prendete ad esempio Eliud Kipchoge per il quale viene riportato come inizi alcuni allenamenti di “rigenerazione” (18-20 Km) correndo anche a 6’/Km!

    Le conseguenze deleterie di iniziare gli allenamenti troppo velocemente sono diverse: la prima è che comporta un più rapido dispendio di carboidrati (cioè i substrati energetici responsabili dei ritmi più elevati), che invece sarebbero risparmiati con un inizio più soft.

    Il secondo è che non asseconda l’esigenza dell’organismo di incrementare il lavoro fisico gradualmente; questo non solo farà percepire più fatica, ma porterà anche eventuali irrigidimenti muscolari che possono essere (nel lungo termine) cause di acciacchi ed infortuni.

    Per questo motivo il riscaldamento non dovrebbe essere solamente graduale, ma comprendere allungamenti funzionali che permettono di detendere e tonificare allo stesso tempo la muscolatura.

    Riscaldamento corsa

    L’immagine sopra è presa dal nostro post dedicato al nostro protocollo di riscaldamento per la corsa, che prevede 3 movimenti di allungamento funzionale ed uno di attivazione per preparare al meglio le catene muscolari all’allenamento.

    Errore N° 2: trasformare ogni allenamento in un medio

    Una corretta metodologia d’allenamento prevede l’alternanza di giornate di carico a una o più giornate di scarico; le prime, comprendono allenamenti che per intensità o durata vanno a stimolare reazioni biologiche in grado di “migliorare nel tempo” (se opportunamente dosate), mentre le seconde danno al corpo il tempo di attuare le risposte biologiche desiderate (tramite riposo o allenamenti molto leggeri).

    Di conseguenza è nelle giornate di scarico che la condizione incrementa.

    Recupero corsa

    L’errore comune di diversi podisti è quello invece di uniformare la velocità di tutti gli allenamenti ad intensità media; questo avviene per diversi motivi, come la paura di non allenarsi sufficientemente, il fatto di voler sfogare lo stress accumulato durante la giornata, ecc. Le conseguenze sono 2 (soprattutto se ci sia allena 4 volte o più alla settimana):

    • La prima, quella più ovvia, è quella di non dare al corpo il tempo di recuperare, in quanto un allenamento corso ad intensità media non permette all’organismo di assecondare le normali esigenze di ripristino della fatica.
    • La seconda è quella di dare all’organismo sempre gli stessi stimoli allenanti; come vedremo nei prossimi paragrafi, il runner deve inserire nel suo programma sia stimoli di intensità che di durata. Questo permette di ottenere miglioramenti da tutti i margini di guadagno prestativo.

    Nelle tabelle degli atleti che alleno, spesso scrivo la frase “a volte, per essere veloci in gara è necessario avere il coraggio di andare piano in allenamento”; questa frase è ovviamente riferita alle sedute di corsa lenta di rigenerazione, cioè quelle che aiutano a recuperare adeguatamente gli sforzi fatti nelle sedute impegnative.

    Ad esempio, per i top runner che effettuano più di 10 allenamenti settimanali, solo 3 sedute sono impegnative (per volume ed intensità). Quindi per chi si allena 3-5 volte a settimana, solo 2 sedute devono essere impegnative, considerando sempre l’incremento graduale del carico di lavoro durante la stagione. Consigliamo il nostro articolo sulla programmazione dell’allenamento per chi vuole approfondire l’argomento.

    Errore N° 3: evitare ritmi intensi

    La preferenza esclusiva ai ritmi lenti e medi non serve ad altro che abituarsi ad andare più piano.  È il rischio principale che si corre quando si preparano maratone o addirittura gare più lunghe esclusivamente tramite ritmi medi e lenti; questo porta ad una perdita di tono muscolare e di efficienza di corsa a tutte le velocità di corsa.

    Ma non solo: alcuni muscoli come il gastrocnemio (la parte alta della muscolatura del polpaccio) hanno caratteristiche tali (cioè molte fibre veloci), che vengono stimolate quasi esclusivamente con i ritmi veloci ed intensi.

    Allenamento polarizzato
    (Clicca sull’immagine per ingrandire)

    A fianco riportiamo un’immagine estremamente interessante (in rosso ho aggiunto le spiegazioni in Italiano): viene mostrato come sia gli allenamenti di alta intensità che di durata concorrono a migliorare il Potenziale aerobico del soggetto, cioè le qualità che permettono di correre veloce a lungo.

    Ovviamente è la corretta programmazione dei ritmi (lenti, veloci e di gara) che, unita al giusto recupero, permetterà di ottimizzare al meglio il potenziale del corridore.

    Nel nostro articolo dedicato alla programmazione abbiamo visto come nel periodo Generale sono da preferire i ritmi lenti/moderati alternati a stimoli di forza e di velocità; nel periodo Specifico invece, i ritmi di alcuni allenamenti si avvicineranno maggiormente a quelli di gara per indirizzare le proprie capacità verso il modello prestativo della competizione.

    Non solo, gli allenamenti di alta intensità dovrebbero essere inseriti anche assecondando le caratteristiche del runner; ad esempio, un atleta con caratteristiche prevalentemente resistenti dovrebbe preferire (nella prima parte della stagione) lavori di forza soprattutto con salite. Un runner con caratteristiche veloci invece, potrebbe esaltare le proprie caratteristiche neuromuscolari con un moderato allenamento di forza ed un lavoro più importante di velocità.

    Potete approfondire questa tematica nell’articolo dedicato all’individualizzazione dell’allenamento.

    Errore N° 4: non recuperare adeguatamente

    Come abbiamo visto nel secondo punto, è importante far passare un arco di tempo adeguato tra gli allenamenti più impegnativi.

    Carico scarico corsa

    Nella figura a fianco viene semplificato come un recupero insufficiente possa far calare la condizione anziché migliorarla; nel grafico in mezzo (quello rosso) gli stimoli allenanti significativi sono troppo ravvicinati (di conseguenza il tempo di recupero è troppo breve) e di conseguenza la condizione atletica cala invece di crescere…in altre parole “si fa tanta fatica per nulla”. Questo solitamente accade agli amatori che fanno troppi allenamenti impegnativi a settimana.

    Il grafico verde invece, prevede una giusta alternanza (ne abbiamo parlato anche sopra) tra carico e recupero.

    In quello in basso (nero) è rappresentata una condizione atletica stabile, caratteristica di chi si allena meno di 3 volte a settimana.

    Ma attenzione, non è solamente il tempo che intercorre tra uno stimolo impegnativo e l’altro a definire l’entità del recupero (come abbiamo visto sopra); anche gli allenamenti di rigenerazione/volume (se adeguatamente inseriti) facilitano questo processo, portando allo stesso tempo un contributo allenante (Resistenza aerobica).

    Questo è il motivo per cui i top runner effettuano settimanalmente non più di 3 allenamenti veramente impegnativi (di fronte ai 10-13 totali), ma tutto il resto è occupato da stimoli che vanno ad incrementare drasticamente il volume di Km, ma ad intensità lente/moderate e di rigenerazione.

    Ma esistono altre variabili che influenzano il recupero, e sono relative allo stile di vita; l’alimentazione, il sonno e la gestione dello stress quotidiano sono variabili significative per recuperare al meglio.

    È inutile allenarsi duramente se poi lo stile di vita non è in grado di assecondare il carico di lavoro; a volte è meglio tenere un carico di lavoro più basso (e ridimensionare gli obiettivi) e gestire con maggiore intelligenza la propria quotidianità. Per chi non è un Top runner, la corsa deve aiutare a vivere meglio, e non a rendere più “difficili” le giornate.

    Per chi vuole approfondire consiglio di leggere il nostro articolo sul recupero.

    Errore N° 7: non modificare l’allenamento in caso di carente (e inaspettata) condizione di forma

    Uno degli errori più gravi (soprattutto per chi si allena 5 o più volte a settimana) è quello di non voler aggiustare gli allenamenti durante l’esecuzione degli stessi. Alcune variabili inaspettate come modificazioni atmosferiche, affaticamenti a lungo termine e stress extrasportivi possono richiedere aggiustamenti “in corso d’opera”. Riportiamo sotto 2 esempi molto semplici:

    • Quando la temperatura è elevata (o tende ad essere superiore rispetto alle normali condizioni) è necessario rallentare l’andatura dei vari ritmi di allenamento, perché l’organismo tende a “limitare spontaneamente” le intensità per evitare di andare precocemente in crisi. Il non assecondare queste esigenze (senza rallentate opportunamente i ritmi di allenamento) comporta un esaurimento precoce delle energie.
    • Stessa cosa vale per l’esecuzione delle ripetute: se dopo un certo numero di esecuzioni non si riesce più a tenere il ritmo prestabilito (che deve ovviamente tenere in considerazione delle condizioni esterne) allora conviene fermarsi (o ridimensionare la seduta), senza intestardirsi nel voler finirle a tutti i costi; quest’ultimo atteggiamento infatti, porterebbe a prolungare oltremodo i tempi necessari per il recupero. Alcuni allenamenti come i fartlek basano invece le intensità allenanti sulla percezione dello sforzo, venendo incontro a quelle che sono le eventuali esigenze di modificare i ritmi in base alle sensazioni.

    Concludendo, è necessario comprendere che gli allenamenti sono il “mezzo” attraverso il quale si costruiscono i risultati della gara, e non il fine di ogni corridore. Affidandosi alla propria esperienza ed alla percezione dello sforzo è possibile ottimizzare il proprio allenamento in base alla propria situazione giornaliera.

    Errore 8 e 9: utilizzare sempre lo stesso mezzo di allenamento o provarne ogni giorno uno diverso

    Alcuni atleti si focalizzano sempre lo stesso metodo di allenamento, mentre altri ne provano sempre dei nuovi, senza rendersi conto degli effetti (stimoli allenanti) che ogni mezzo ha sul proprio corpo. Ma dove sta la giusta misura?

    Ovviamente sta nel compromesso, dato prima di tutto dalla propria esperienza, e successivamente dalle acquisizioni che si hanno provando anche nuove tipologie di training.

    Ogni atleta, con il passare della sua vita sportiva dovrebbe consolidare (tramite l’esperienza) e acquisire (tramite un’adeguata e controllata “sperimentazione”) la corretta metodologia di allenamento per il proprio organismo; il tutto tramite tanti piccoli step.

    Per la fase di acquisizione gioca un ruolo fondamentale lo studio e l’approfondimento della materia; permette di accelerare la competenza da mettere in pratica. L’esperienza è sicuramente quella che invece garantisce di evitare errori nel tempo.

    Ovviamente non è possibile migliorare all’infinito perché l’invecchiamento riduce il potenziale biologico dell’atleta, ma studiando e facendo tesoro della propria esperienza è possibile diventare runner sempre più consapevoli e togliersi diverse soddisfazioni.

    Corsa esperienza studio

    Per tutti i runner amatori che vogliono studiare contenuti facilmente comprensibili a tutti (anche per chi non ha competenze di biologia e fisiologia) consiglio il nostro canale telegram gratuito (mistermanager_running) nel quale troverete tutte le novità ed aggiornamenti del nostro sito, più articoli esclusivi per gli iscritti al canale.

    Errore 10: non attuare un piano di prevenzione per gli infortuni

    Diversi studi hanno accertato che tra il 50-80% dei corridori si infortunano almeno una volta l’anno. Diversi allenatori americani puntano sul fatto che l’esecuzione di determinati esercizi di riscaldamento/tonificazione (formati da esercizi di potenziamento a carico naturale e di allungamento muscolare) abbiano un ottimo effetto preventivo.

    Di questi, ne trovate diversi nel nostro sito; abbiamo quelli da fare nel riscaldamento, quelli dell’allenamento funzionale del core e quelli per prevenire i danni da iper-pronazione.

    Infortuni corsa

    Questi sono tutti approcci generali e non individuali; in altre parole aiutano a ridurre il rischio di infortuni ma non sono individualizzati.

    In alcuni casi (chi si infortuna con maggiore frequenza) è necessario individualizzare l’approccio preventivo; questo consiste nell’individuare i punti deboli del runner per poi andare ad agire con un allenamento mirato sulle specifiche carenze. In questo modo il programma preventivo diventa più efficace.

    Il primo passo è quello di un’attenta valutazione funzionale del runner (compresa di analisi di corsa), in grado di dare informazioni fondamentali a personale esperto che realizzerà un protocollo individualizzato.

    Errore N° 12: non considerare le gare all’interno del proprio piano di allenamento

    Alla partenza di una competizione i livelli motivazionali sono maggiori rispetto ad un allenamento: l’adrenalina ed altri neurotrasmettitori riducono la percezione della fatica e migliorano le performance dei vari tessuti più di quanto accade in allenamento.

    Questo porta a ad essere più performanti quando si indossa un pettorale!

    Ciò rappresenta anche un ottimo stimolo allenante per le gare successive, perché offre sollecitazioni estremamente specifiche al nostro organismo.

    Ma attenzione, gareggiare troppo spesso può comportare ad un precoce ristagno della prestazione; infatti, stimoli particolarmente elevati (come una gara) hanno bisogno di un maggior tempo di recupero rispetto ad un allenamento impegnativo.

    Non solo, tutti quegli stimoli neuro-ormonali che permettono di ottenere il massimo dal proprio fisico (ne abbiamo parlato ad inizio paragrafo), possono andare incontro ad una sorta di assuefazione.

    La conseguenza è che non si riesce più a dare il 100%.

    Questo accade ai runner che gareggiano spesso con il massimo impegno; dopo poche gare la condizione si stabilizza e non si hanno più miglioramenti; nel peggiore dei casi si può andare incontro a periodi di demotivazione o infortuni.

    Nel nostro articolo dedicato al numero di gare abbiamo visto come questa condizione si possa verificare in media dopo 4-5 competizioni fatte al 100%.

    Gareggiare troppo corsa

    Questo dovrebbe dare indicazioni importanti su come inserire le gare nel proprio piano d’allenamento. Ciò non significa che si debba gareggiare pochissimo, ma considerare alcune manifestazioni come “gare d’allenamento”, correndole all’85-90%.

    Lo so, non è facile andare con il limitatore quando si ha addosso un pettorale…ma torniamo alla frase scritta sopra “a volte per andare forte è necessario avere il coraggio di andare piano”.

    Per chi, ad esempio, corre le gare di campionato per la propria categoria, la consapevolezza di rischiare di andare incontro ad un ristagno/peggioramento rappresenta un dato fondamentale; aiuterà ad organizzare l’allenamento per dare il 100% solo in alcune manifestazioni, cercando di gestirsi (senza forzare) nelle altre.

    Se fatto con intelligenza, questo processo aiuterà ad avere un incremento progressivo della performance evitando ristagni della condizione o sottoprestazioni inaspettate.

    Conclusioni: esperienza ed apprendimento

    Partiamo da un presupposto: ottimizzare la propria corsa non significa necessariamente essere più veloci in gara. Significa essere dei runner migliori grazie ad una gestione più intelligente della propria vita e delle variabili che influiscono sulla corsa.

    Vuole dire correre con più piacere, senza stop dovuti ad infortuni e beneficiare dei vantaggi psicologici e sociali che la corsa offre…e si, anche migliorare le prestazioni, ma considerando sempre che queste sono definite anche dall’età e dalle caratteristiche intrinseche del podista (i top runner sono pochi).

    Se invece ci focalizziamo esclusivamente sulla performance o su battere il compagno d’allenamento, allora le scelte che faremo in sede di vita e di allenamento saranno dettate da una motivazione estrinseca che nel tempo non porterà a nulla di buono e duraturo.

    Se invece siamo mossi da una motivazione intrinseca, saremo in grado di migliorare le nostre competenze, di sperimentare e di approcciare intelligentemente alla corsa, indipendentemente dal vincolo di pressioni esterne. Questo avviene grazie alla presenza di valori e nel trovare piacere in quello che si fa, indipendentemente dal risultato.

    Ricordatevi sempre il motivo principale per il quale correte e per il quale volete correre per più anni possibile della vostra vita.

    All’interno di questo contesto gioca un ruolo importante l’esperienza, data principalmente dagli errori da evitare…quegli errori che impediscono ai runner di godersi appiano la propria corsa. In questo articolo nel abbiamo visti alcuni tra i più frequenti.

    Ma per chi vuole accelerare le proprie competenze è necessario studiare ed approfondire il mondo della corsa e tutto quello che gli ruota intorno (alimentazione, stile di vita, ecc.). Nel nostro canale telegram mistermanager_running trovate gratuitamente tutti gli aggiornamenti del nostro sito per quanto riguarda il running, compresi i nuovi articoli e la revisione di quelli già presenti. All’interno pubblicherò anche contenuti esclusivi per i soli iscritti al canale e potrete scaricare la nostra guida sulla scelta delle scarpe da running in base alle vostre caratteristiche.

    Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico ASD Monticelli Terme, istruttore Scuola Calcio MT1960 ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it

  7. Match analysis qualitativa: “caratteristiche atletiche” delle finalizzazioni in Bundesliga

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    La Match analysis moderna (per intendersi, quella che utilizza i criteri della potenza metabolica) ha permesso di approfondire molti più aspetti rispetto a quella tradizionale (che si limitava a riportare esclusivamente distanze e velocità); ciò ha consentito di comprendere al meglio il modello funzionale atletico del calciatore e di fornire informazioni fondamentali per l’allenamento. Questa Match Analysis può essere considerata “quantitativa”, cioè analizza la “quantità totale delle informazioni” (in termini di potenza, velocità, % dei metabolismi utilizzati, cambi di direzione, ecc.) ed estrapola un modello funzionale estremamente dettagliato di quelle che sono (in media) le attività del calciatore in partita.

    Tale approccio, non è ancora in grado di fornire dati su quelle che sono le attività “qualitative” della partita, cioè quelle che determinano le finalizzazioni (cioè le segnature). È facile comprendere che sia fondamentale e primario avere una visuale globale delle attività di un calciatore in partita (Match analysis quantitativa), ma una volta approfondito questo aspetto è anche utile avere informazioni sulle caratteristiche motorie/atletiche delle azioni che dal punto di vista delle segnature determinano le partite (Match analysis quantitativa).


    figura 1

    Ma facciamo un esempio paradossale: supponiamo che tramite la Match analysis quantitativa emerga che in partita la stragrande maggioranza delle azioni non superi i 50w di intensità (ricordiamo che alla massima intensità, cioè un’accelerazione massimale, un calciatore può superare tranquillamente gli 80w) e che siano solamente 3 o 4 le azioni ad intensità superiori. Ad un’analisi poco approfondita, si sarebbe propensi ad ipotizzare di non dedicare tanto tempo ai mezzi dedicati allo sviluppo specifico della massima potenza; ma se dalla Match analysis qualitativa emergesse che sono proprio quelle, le azioni che determinano le segnature quelle in cui i marcatori superano i 50w, allora i dati andrebbero visti sotto un’ottica diversa.

    Quello citato sopra è solamente uno scenario immaginario (e sicuramente imperfetto), ma spero dia un’idea di cosa sia la Match analysis qualitativa e di quali “informazioni” supplementari possa dare agli allenatori/preparatori. Ma passiamo ad analizzare un’interessante ricerca, per avere un po’ di “carne al fuoco”.

     

    RICERCA DI FAUDE E COLL. (2012)

    Ricordo che gli estremi della bibliografia li potete trovare in calce al post. In questa ricerca sono stati analizzati 409 gol della Bundesliga Tedesca nella seconda parte della stagione 2007/08, e scomposti dal punto di vista motorio delle gestualità (cambi di direzione, salti, rotazioni, ecc.) e delle intensità. I risultati che ritengo più significativo sono i seguenti:

    • L’83% dei gol è preceduta da un’azione rettilinea di intensità elevata da parte di chi segna (soprattutto se attaccante) o di chi fa l’assist.
    • La maggior parte (45%) delle azioni di chi segna sono caratterizzate da sprint rettilinei, il 16% da salti, 16% rotazioni e 6% Cambi di direzione.
    • La maggior parte degli sprint di chi segna (68%) viene effettuato senza avversario diretto a fianco e il 75% senza la palla (cioè lanciati a rete).
    • Il profilo dell’ultimo giocatore che passa la palla (colui che fa l’assist) è simile, ad eccezione che la maggior parte degli sprint viene effettuata con la palla.

    Appare evidente che le finalizzazioni sono caratterizzate prevalentemente da elevate intensità di corsa rettilinea, sia in fase di accelerazione che di gestione della palla (guida della palla o segnature). Sono presenti in maniera minore altre gestualità come salti (colpi di testa), rotazioni e cambi di direzione. Questi dati possono offrire interessanti spunti per l’allenamento in due direzioni.

    figura 2

    La prima è data dal punto di vista atletico, cioè che è fondamentale, per gli attaccanti (oltre a tutti i giocatori che vengono spesso a trovarsi in condizione di segnatura) riuscire ad accelerare in maniera rettilinea con elevati livelli di potenza e saper gestire (tirare ed eventualmente condurre) a tali intensità la palla; di conseguenza è anche necessario saper reiterare tali sforzi più volte nella partita.

    La seconda è relativa alle caratteristiche che deve avere un allenamento di natura tecnico-tattica per le finalizzazioni; conoscendo le caratteristiche di queste azioni può aiutare l’allenatore a stabilire quali siano i mezzi più idonei (tenendo in considerazione l’intera casistica con le giuste proporzioni) ad allenare la componente offensiva, oltre a capire quanto, in allenamento, un’azione è più o meno “aderente” al contesto di partita. Ciò non fornisce indicazioni utili esclusivamente per “gli attaccanti”, ma per tutti i reparti coinvolti nel gioco, compresa la difesa (che deve essere in grado di contrastare questa tipologia di azioni).

    figura 3

    CONCLUSIONI ED APPLICAZIONI PRATICHE

    Malgrado le interessanti conclusioni della ricerca, i dati sono da contestualizzare all’interno dell’intero modello funzionale del calciatore. Ad esempio, malgrado l’elevato numero di accelerazioni rettilinee che caratterizzano le finalizzazioni, non significa che non sia importante l’allenamento dei cambi di direzione nel calcio; questi determinano l’abilità dei giocatori non solo di essere “rapidi” nel breve, ma anche efficienti dal punto di vista metabolico (che abbiamo visto essere la qualità metabolica maggiore che distingue un professionista da un dilettante). Un altro aspetto che sarebbe interessante da analizzare, è la gestualità atletica/motoria che precede l’azione intensa delle segnature; in altre parole, chi è coinvolto nelle finalizzazioni, accelera da velocità molto basse? Accelera dopo cambi di direzione (ad esempio contromovimenti)? Un’altra considerazione importante da fare è la contestualizzazione della ricerca; i dati riportati sono del campionato 2007/2008 (anche se pubblicati nel 2012) e della Bundesliga….ciò non significa che siano specularmene validi per altri ambiti, come campionati dilettantistici o per la Champions League.

    Juventus' Pepe scores against Napoli during their Italian Serie A soccer match at San Paolo stadium in Naples

    Spero che la ricerca di Faude e colleghi possa contribuire a mettere un piccolo tassello nella conoscenza gestuale/motoria ed atletica delle finalizzazioni, senza comunque far perdere la visuale specifico/complessiva del modello funzionale del calcio (di cui abbiamo parlato più volte). Spero anche che sia di spunto per gli staff (sopratutto dei settori dilettantistici) per creare un database di questa tipologia di azioni (anche in relazione all’analisi della squadra avversaria da affrontare) per cominciare ad approfondire anche in maniera statistica “il come si prende gol” e “il come lo si fa” senza andare “ad occhio ed a memoria” come si è sempre fatto fino ad oggi.

    N.B.: per chi fosse interessato, ricordiamo anche i 2 post (prima parte, seconda parte) dedicati all’aspetto atletico/biomeccanico del tiro in porta.

    Riferimento bibliografico principale

    Faude O, Koch T, Meyer T. Straight sprinting is the most frequent action in goal situation in professional football. J Sports Sci. 2012;30(7):625-31

    Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico US Povigliese (melsh76@libero.it)

  8. “2vs2 con le sponde”: un mezzo universale per la tattica e la preparazione atletica (prima parte)

    1 Comment

    (Aggiornato al 22/02/2021)

    Abbiamo più volte ribadito l’importanza dell’allenamento atletico specifico con la palla, per rispondere alle esigenze di uno sport di situazione come il calcio. In altri post è stato accennato come il 2c2 fosse il mezzo di partenza per le collaborazioni difensive ed offensive. Oggi analizzeremo il “2c2 con le sponde” e l’inserimento di questo nella formazione tattica ed atletica nel calcio. Valuteremo il suo inserimento nella didattica del:

    • Gioco in ampiezza nella scuola calcio
    • Apro/chiudo e Giropalla
    • Movimenti difensivi copro/marco
    • Movimenti delle punte
    • Allenamento atletico specifico

    Com’è possibile vedere dalla figura sopra, la struttura di base è formata da un quadrato di dimensioni di 18x18m; all’interno si gioca un 2c2 (questi giocatori non possono uscire dal quadrato) e ad ogni lato si trova una “sponda” (deve rimanere all’esterno del quadrato lungo il suo lato). 2 sponde (situati sui lati opposti) giocano con una squadra e 2 sponde con gli altri. Tutti giocano a “3 tocchi-massimo”; una squadra ottiene un punto quando riesce a far arrivare la palla (non tramite passaggio diretto tra sponde) da una sponda all’altra senza che gli avversari la toccano. È ammesso il passaggio diretto tra le sponde, ma non permette di conseguire il “punto”.

    Ad una prima osservazione appare un’esercitazione a densità di gioco molto elevata (per i giocatori all’interno del quadrato) e viene spontaneo considerarlo un mezzo per la preparazione fisica specifica organizzandolo in serie (da 1’30” a 3’), scambiando i giocatori dentro (fase attiva) con le sponde (recupero) tra una serie e l’altra. Modificando dimensioni del campo e soprattutto la “verbalizzazione del compito” da parte dell’allenatore è possibile considerarlo anche un mezzo fondamentale per la didattica di diversi aspetti tecnico-tattici, mantenendo l’elevata densità di gioco; questo permetterebbe di allenare (stabilizzando) i fondamentali in regime di rapidità e fatica. Sotto sono riportate le varianti.

    Variante per il gioco in ampiezza nella scuola calcio

    Sin dalla categoria Pulcini si insegna il gioco in ampiezza per allargare le linee di passaggio e quindi le opportunità di gioco. In questa categoria è possibile paragonare la situazione di “palla alla sponda” come di “palla al portiere”: Cosa si fa in questo caso? Si ricerca la posizione (possibilmente lontano dagli avversari che spontaneamente si collocano davanti alla palla) che permette di vedere il portiere (cioè la sponda), gli avversari e la porta avversaria (rappresentata dall’altra sponda). Ovviamente è una condizione di gioco che deve essere stimolata dall’allenatore tramite un processo di “verbalizzazione” e non un “obbligo di giocata”, altrimenti i giocatori non farebbero proprio questo tipo di atteggiamento. Infatti, lo stimolo principale (a quell’età) sarebbe quello di andare incontro alla sponda per farsi dare la palla finendo per dare le spalle ai compagni/avversari con la conseguente limitazione della giocata. Ogni serie di gioco continuo può essere fatta durare circa 3’ (poi si cambiano i giocatori centrali con le sponde) senza interruzioni, ma verbalizzando gli elementi fondamentali tra una serie e l’altra. Sempre in questa categoria, viene stimolato il concetto di “smarcamento in zona luce” da parte delle sponde che devono cercare di spostarsi lungo il proprio lato per essere ben visibili da parte dei compagni.

    Variante per il concetto di apro/chiudo e giropalla

    L’elemento didattico successivo a quello dell’ampiezza è in concetto di “apro/chiudo” in base alla situazione contingente; in un recente post abbiamo anche indicato come una lacuna di molti giocatori dilettanti fosse quella di sbagliare piede e l’orientamento del corpo nello stop orientato. Nell’immagine sopra è raffigurata la situazione in cui il giocatore rosso di sinistra è obbligato a “chiudere” il passaggio della sponda per l’impossibilità di “aprire”.

    Sopra, invece è raffigurata la situazione in cui il giocatore rosso di sinistra ha la possibilità di “aprire”, ma senza il movimento di apertura con il piede sinistro, l’azione sarebbe eccessivamente rallentata e disturbata dall’avversario; da qui l’importanza di insegnare il giusto orientamento del corpo e relativo piede di utilizzo. Una volta appresi i concetti di “apro/chiudo” il passo successivo è quello di approfondire dal punto di vista tecnico/tattico il concetto di giropalla che può essere introdotto parallelamente al 3c1, come visto nel post dedicato.

    Com’è possibile vedere dalla figura sopra, a seguito di un passaggio di chiusura del giocatore rosso di sinistra, la sponda la passa al rosso di destra dall’altra parte del campo in una zona meno presidiata dagli avversari con la possibilità di aprire il passaggio verso l’altra sponda (concetto di Giropalla).

    Conclusioni e considerazioni metodologiche

    Il “2c2 con le sponde” può essere adattato a qualsiasi categoria di età per lo sviluppo contestuale delle abilità tattiche, tecniche (in regime di pressione temporale e in regime di fatica) ed atletiche. La verbalizzazione dell’allenatore dei movimenti adeguati alla situazione didattica è fondamentale per l’efficacia di questo mezzo. L’incremento del carico avviene prevalentemente tramite l’aumento delle dimensioni di gioco, l’incitamento esterno e la riduzione di tocchi. In caso di difficoltà tecniche (palla esce troppo spesso in maniera ingovernabile da parte delle sponde) invece si consiglia di aumentare le dimensioni del campo, aumentare il numero di tocchi possibili o l’introduzione di 1 jolly. Nella seconda parte approfondiremo le seguenti varianti:

    • Movimenti difensivi copro/marco
    • Movimenti delle punte
    • Allenamento atletico specifico

    Se invece vuoi approfondire ulteriormente l’utilità degli Small Side Games come parte integrante della preparazione atletica specifica del calciatore, consigliamo il webinar Small Sided Games: evidenze scientifiche ed esercitazioni pratiche di Andrea Licciardi. Puoi accedere a questo ed altri Webinar sottoscrivendo uno dei piani d’abbonamento mensili ed annuali a Performance Lab (garanzia 14 giorni). Applicando il Codice Promozionale MISTERMANAGER al momento dell’acquisto, avrai lo sconto del 10%.

    Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico AC Sorbolo, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it

  9. Esercitazioni di rapidità coordinativa

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    (Aggiornato al 29/11/2022)

    Lo studio e l’approfondimento delle neuroscienze applicate al calcio tende sempre più a confermare l’importanza di un corretto inserimento di esercizi a finalità coordinativa nel calcio. Questo non rappresenta una novità, in quanto già nel 2008 lo studio di Venturelli et al 2008 dedicato al legame tra coordinazione tecnica e rapidità permise di comprenderne i potenziali benefici.

    Quello che sappiamo oggi, è che non bastano semplici esercitazioni con la “scaletta” (Padròn-Cabo et al 2020), ma è necessario un organizzato approccio metodologico, che tenda in considerazione i mezzi finalizzati ad un’adeguata mobilità/estensibilità delle catene cinetiche, ad un’appropriata resistenza muscolare locale, ma soprattutto ad una capacità di controllo dei movimenti (coordinazione) che permetta al calciatore di essere efficiente (rapido, preciso e con basso rischio di infortunio) in tutte le situazioni che gli si vengono a proporre.

    Come evince spesso dai i post di Sergio Rossi su linkedin, il lavoro di prevenzione (mobilità/estensibilità e resistenza muscolare locale) non è sufficiente se non si mette in condizione il sistema motorio di controllare efficacemente i gesti.

    A sostegno di queste tesi, viene la pubblicazione di Cordo et al 2004, nella quale viene esposto come un livello di mobilità elevata, predispone all’effettuazione di gesti più efficienti; questo immagino sia scontato per tutti, ma è essenziale ricordare come un’ampia flessibilità predispone anche ad una maggiore instabilità. Allora è necessario che le catene muscolari siano anche forti e resistenti (resistenza muscolare locale) ad ampi range articolari proprio per garantire stabilità e tolleranza all’allungamento. Allo stesso tempo questo non è sufficiente, in quanto il sistema motorio deve anche essere in grado di contrarre e decontrarre la muscolatura con il giusto ritmo, accoppiando e combinando correttamente i movimenti; è qui che entra in gioco l’aspetto coordinativo.

    Ma facciamo un esempio per chiarire meglio; durante un contromovimento (o un cambio di direzione prossimo ai 180°) è fondamentale che il calciatore sia in grado di ampliare la sua base di appoggio (mobilità delle catene) al fine di orientarsi verso la direzione di corsa finale; allo stesso tempo, le catene muscolari devono essere in grado di tollerare il grado di allungamento (ad esempio gli adduttori) ed applicare un livello adeguato di forza (nel core) per inclinare il busto nella nuova direzione di corsa. Le condizioni elencate sopra, non saranno sufficienti se l’atleta non sarà anche in grado di controllare il movimento, reclutando la muscolatura con la giusta sequenzialità, intensità e precisione, sfruttando i feedback percettivi nel migliore dei modi.

    In questo post andremo ad analizzare una tipologia di esercitazioni (rapidità coordinativa) che, tra le altre, ritengo allenante per la coordinazione dei movimenti.

    Cosa si intende per rapidità coordinativa e per cos’è utile

    Personalmente utilizzo questo termine per tutte quelle esercitazioni specifiche a secco in cui la complessità (difficoltà motoria) dei movimenti richiesti è elevata, e vengono svolti a livello massimale o submassimale.

    Per fare un esempio, una navetta massimale 10+10m non lo inserisco in questa categoria, quanto invece la metto tra le esercitazioni di rapidità analitica. Una navetta 10+10m con un miniostacolo in prossimità del cambio di direzione (da affrontare sia all’andata che al ritorno), la considero invece un mezzo di rapidità coordinativa in quanto la presenza dell’attrezzo aumenta il tasso di difficoltà dei movimenti richiesti. È comunque una suddivisione mia personale, di natura metodologica, che chiunque può modificare; quello che è importante comprendere, sono gli effetti o i benefici. Ne elenco alcuni sotto:

    • Riscaldamento: se affrontati con difficoltà ed intensità progressiva durante l’allenamento, aiutano l’organismo a prepararsi per le fasi successive e a prevenire gli infortuni.
    • Tecnica e rapidità: qualsiasi preparatore atletico che ha conseguito la laurea in Scienze Motorie è a conoscenza del fatto che la coordinazione è la base della tecnica e della rapidità dei movimenti; questo vale dalla scuola calcio, fino alle prime squadre.
    • Recupero post-infortuni: se correttamente inseriti, permettono di riprogrammare la funzionalità dei movimenti dopo una lesione e/o un periodo di stop. Citando Sergio Rossi, il recupero della forza e delle mobilità non è sufficiente se anche il controllo del movimento non viene ripristinato con la piena efficienza.
    • Defaticamento: personalmente uso le varianti sottomassimali più semplici della pre-atletica (skip, calciata, aperture, ecc.), alla fine degli allenamenti più impegnativi, in fase di preparazione estiva e richiamo invernale. Se a fine seduta vengono utilizzate spesso posizioni per detendere le catene muscolari, a mio parere è utile abbinare anche le varianti coordinative indicate sopra.

    Preparare il giocatore a movimenti “inconsulti” in uno sport in cui la variabilità dei movimenti è particolarmente elevata, aiuta ad essere più efficienti (perché si ha un maggior controllo del corpo) e a prevenire gli infortuni. Quest’ultimo campo credo sia molto importante, in virtù del peso che questi possono avere sull’esito delle partite.

    Oggi grazie ad una più accurata comprensione del modello funzionale del calcio, si ha una maggiore conoscenza dell’efficacia dei vari stimoli allenanti per il calciatore; quello che invece è meno conosciuto, è il “come” prevenire gli infortuni. Questo perché l’individualità gioca un peso fondamentale nella predisposizione; di conseguenza un approccio di natura scientifico (o anche solo sperimentale), che tiene conto di un “livello medio”, non va completamente incontro alle esigenze dovute alle singolarità dei vari atleti.

    Un lavoro coordinativo impostato correttamente (vedremo sotto qualche esempio) aiuta il giocatore ad essere maggiormente “a proprio agio” nel contesto dell’ampia variabilità dei movimenti del calcio. Ma scendiamo maggiormente nel dettaglio.

    Aspetto metodologico

    Le variabili delle esercitazioni di rapidità coordinativa sono la difficoltà esecutiva (sempre comunque relazionata al gioco del calcio) che può essere più o meno elevata, e l’intensità, che può essere massimale o sottomassimale.  Nell’immagine sotto potete vedere una semplificazione dei possibili campi di applicazione ed obiettivi.

    rapidità coordinazione calcio

    Esercitazioni a bassa intensità ed elevata difficoltà esecutiva

    Utilizzo questo metodo principalmente il Mercoledì (dilettanti, 3 sedute totali). Preparo 5 minicircuiti della durata di 5-12” (a seconda dell’intensità); ogni circuito viene occupato da 4-5 giocatori che lo svolgono con continuità (ripetendolo anche 5-7 volte nell’arco dei 2’) con i giusti recuperi. Ogni 2 minuti i gruppi di giocatori cambiano il circuito.

    In questi inserisco:

    • Movimenti che stimolino la frequenza dei movimenti (esempio scaletta, cerchi, paletti, ecc.) in condizioni di difficoltà.
    • Movimenti che stimolano l’adduzione/abduzione dell’anca e l’allungamento della catena posteriore (classici esercitazioni di “risveglio muscolare” o scivolamenti laterali). Caratteristica di questa tipologia è lo svolgimento di movimenti ampi e lenti.
    • Andature atletiche con riferimenti (varie forme di skip tra ostacoli) o esercizi propedeutici a movimenti esplosivi.
    Clicca sull’immagine per ingrandire

    Ovviamente quella dei circuiti non è l’unica soluzione, ma ne esistono diverse; quello che è importante, è una corretta variabilità e progressività esecutiva durante l’anno per avere sempre uno stimolo allenate sufficientemente elevato. Il dosaggio delle ripetizioni è particolarmente importante: ogni circuito dovrà sempre essere eseguito senza che la fatica ne comprometta la corretta tecnica esecutiva, ma che allo stesso tempo lo stimolo coordinativo (difficoltà) sia sufficientemente profondo (anche per numero di ripetizioni ed intensità).

    Quello che è importante capire, che i miglioramenti saranno dipendenti dalla variabilità delle esercitazioni; Frans Bosch nel suo libro Allenamento della forza e coordinazione, indica come un’elevata variabilità degli stimoli motori sia necessaria affinche l’organismo riesca a percepire quali sono gli elementi stabili e quelli variabili del movimento, per sapersi adattare nel miglior modo possibile alla complessità della disciplina.

    Non solo, sarà necessario (per fare un buon lavoro) “alzare l’asticella delle difficoltà durante tutta la stagione” per mantenere livelli di difficoltà tali da essere allenanti. In questo contesto, una continua ricerca dei movimenti sempre più impegnativi può dare, a mio parere, molte soddisfazioni; questo perchè della coordinazione è possibile incrementare continuamente il carico allenante senza incrementare il rischio di affaticamenti ed infortuni come invece avviene per la qualità condizionali (forza, velocità e resistenza)

    Sotto trovate un ottimo video con tantissime esercitazioni con la scaletta (di difficoltà progressiva), ed a questo link un’alternativa con i coni (intensità leggermente superiore).

    Esercitazioni ad elevata intensità ed elevata difficoltà esecutiva

    Solitamente sono circuiti in cui viene gestita la coordinazione in condizioni di rapidità esecutiva, che richiedono un elevato turnover delle gambe (cioè una frequenza molto elevata dei movimenti), oltre ad una difficoltà superiore a quella che si incontra mediamente in partita. Questo perché la percezione di una difficoltà elevata, induce una maggior attivazione corticale del movimento (Verkhoshansky N. 2012, pag 42), fornendo uno stimolo allenante maggiore.

    Personalmente effettuo 2 serie/circuiti da 4 ripetizioni il Mercoledì (nella fase finale del riscaldamento) e sempre 2 serie/circuiti da 4 ripetizioni il Venerdì prima della rapidità “classica”. Potete trovare alcuni esempi sfruttando l’utilizzo di cerchi, cinesinitraiettorie curvilinee o le Wicket runs.

    Altri spunti molto interessanti è possibile trovarli nel libro La corsa del calciatore, Didattica, tecnica, esercitazioni per giovani e adulti di Toffolutti e Di Luca. In questo testo è approfondita la teoria alla base della tecnica di corsa del calciatore, ma soprattutto è possibile vedere diversi esempi per modificare ed ottimizzare le andature, per fornire al giocatore la capacità di adattare lo schema motorio della corsa alla variabilità delle richieste che si presentano in partita; tutto ciò permette al calciatore di adattarsi nel modo migliore ai gesti ad alta intensità, le cui caratteristiche sono quelle che caratterizzano le segnature. Questo è possibile modificando la difficoltà e l’intensità delle esercitazioni; nel testo sono riportate le immagini delle esercitazioni, ma è anche possibile vedere tutti i video grazie ai QR code presenti.

    Esercitazioni ad elevata intensità e bassa difficoltà esecutiva

    Rappresentano un gruppo di mezzi allenanti più ristretto, ma che a livello di prevenzione infortuni sta raccogliendo sempre più consensi. Faccio l’esempio di molti studi usciti in questi ultimi anni (Malone et al 2018 ed altri citati di seguito) che mettono in evidenza come i metri percorsi in allenamento a velocità medio-alta (rettilinei), se progressivamente dosati, sono correlati con un numero inferiore di infortuni ai posteriori della coscia. Questa è in parte una novità in quanto fino a poco tempo fa si era convinti che gli “allunghi” fossero la causa principale delle lesioni a questo gruppo muscolare. Oggi invece si tende ad affermare come siano allo stesso tempo “la causa e la soluzione” (Edouard et al 2019, Hegyi et al 2019, McCall et al 2020); questo perché è stata vista un’elevata eterogenicità del reclutamento dei singoli muscoli che compongono questo comparto dell’arto inferiore tra soggetto e soggetto (Higashihara et al 2017). Di conseguenza gli sprint rappresentano le forme allenanti principali per reclutare in maniera specifica questi gruppi muscolari, più di quanto facciano movimenti funzionali come il single leg deadlift, l’hip trust, il nordic hamstring, ecc.

    Personalmente propongo gli sprint (tra i 30-40m) in maniera estremamente graduale il Mercoledì (dilettanti). Affinchè abbiano un buon impatto coordinativo, chiedo che vengano svolti ad intensità quasi massimale (ma non al 100%), con particolare attenzione alla fase lanciata, durante la quale il piede “deve” impattare il più possibile sotto il baricentro.

    Infatti, i movimenti del calciatore (fatta di accelerazioni/decelerazioni e cambi di direzione) tendono nel tempo a sviluppare in maniera preponderante i muscoli della coscia, facendo assumere a questi un “peso” eccessivo nel gesto della corsa. In questo modo, il calciatore tende a perdere efficienza in altri gruppi muscolari come i glutei e quelli del polpaccio.

    Stimolando invece una corsa ad alta intensità, focalizzandosi con l’appoggio del piede il più possibile sotto al baricentro, si riescono a reclutare anche i gruppi muscolari che meno sono utilizzati nella frequente gestualità del calciatore, limitando parte degli squilibri che possono generarsi (Sannicandro et al 2020); non solo, in questo modo si tende ad anticipare l’attivazione degli estensori dell’anca nel momento che precede l’impatto del piede al suolo, garantendo una maggior spinta orizzontale (Morin et al 2015).

    Potete approfondire la metodologia e l’importanza degli sprint in allenamento nel nostro post dedicato alla corsa del calciatore.

    Altri movimenti che hanno un’ottima efficacia allenante, sono tutte le andature di pre-atletica ad alta intensità come gli skip (basso/alto, avanti/indietro) nelle varie forme, la corsa calciata, la corsa balzata (alle varie distanze), ecc…purchè introdotte in maniera graduale nel processo d’allenamento.

    Esercitazioni a bassa intensità e bassa difficoltà esecutiva

    Sono le stesse andature atletiche citate sopra, ma ad intensità più basse; a mio parere hanno un ottimo impatto defaticante a fine seduta, soprattutto se precedute da allungamenti posturali. Per queste “andature” ho preso spunto dal “giro di skip” del metodo Rosser.

    La bassa intensità con la quale sono svolte, non comporta nessun affaticamento aggiuntivo, ma aiuta (a mio parere) a terminare l’allenamento con uno stimolo coordinativo che può lasciare le catene muscolari meno “contratte”. Solitamente li propongo durante i periodi in cui si incrementa il carico di lavoro (pre-campionato o richiamo invernale) e in tutte le condizioni in cui c’è la necessità di fare un defaticamento particolarmente efficace, come negli allenamenti inframezzati tra le partite infrasettimanali.

    le ritengo utili anche nel riscaldamento/attivazione, quando le condizioni del campo non consentono altri tipi di lavori coordinativi.

    Riassunto conclusivo ed applicazioni pratiche

    Nei settori dilettantistici, quello che differenzia la coordinazione da altre capacità generali, è la possibilità di migliorarla durante tutta la stagione; mi spiego meglio. Se, ad esempio, per le qualità aerobiche il lavoro è orientato ad un aumento progressivo del carico nella preparazione e nella fase iniziale della stagione (perché migliora la qualità di recupero); nelle fasi successive si tende generalmente a mantenere la condizione con una stabilità del carico allenante o ad un lieve aumento dovuto ad una maggior conoscenza del contesto.

    Per quanto riguarda la coordinazione invece, a mio parere è possibile (a pari tempo dedicato) aumentare continuamente il carico, tramite un incremento della difficoltà delle esercitazioni; infatti, i miglioramenti a cui va incontro la coordinazione sono piuttosto stabili, e necessitano molto meno “mantenimento” rispetto alle qualità condizionali (potenza aerobica e qualità neuromuscolari).

    Considerando poi che le capacità coordinative sono legate anche alle qualità condizionali (potenza aerobica e rapidità) e tecniche, i potenziali progressi del calciatore durante l’anno diventano possibili, in particolar modo nei settori dilettantistici dove i margini di miglioramento sono maggiori.

    Cliccando sull’immagine sotto potrai accedere al Canale telegram dedicato alla Preparazione atletica nei dilettanti nel quale potrai scaricare gratuitamente il nostro “eserciziario” per i lavori atletici e coordinativi nei settori dilettantistici.

    Settimanalmente, pubblicheremo contenuti esclusivi solamente per gli iscritti al canale, oltre a mantenervi informati su tutti gli aggiornamenti e nuove pubblicazioni del nostro sito

    preparazione atletica dilettanti

    Se invece sei interessato alla preparazione atletica e coordinativa nei settori giovanili, puoi accedere (sempre gratuitamente) al Canale dedicato all’allenamento motorio ed atletico nel settore giovanile.

    Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico ASD Monticelli Terme, istruttore Scuola Calcio MT1960 ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it

  10. Programmazione efficace: aspetti e argomenti da valutare

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    Autore Angelo Iervolino

    All. di Base UEFA-B

    Premessa

    Come in tutte le discipline, anche nel calcio la programmazione di ogni singolo aspetto è fondamentale.

    Programmare nel minimo dettaglio ogni piccolo aspetto, può rendere il nostro lavoro più redditizio e ricco di soddisfazioni. Andare al campo senza una minima idea di come gestire la seduta d’allenamento , o improntare una preparazione precampionato senza aver ben pianificato come lavorare, a mio parere può essere solo un punto a nostro sfavore.

    Concetti generali

    Innanzitutto nella programmazione del lavoro bisogna prefissarsi un obbiettivo, una volta fatto questo si andranno a scegliere i metodi e mezzi di lavoro con i quali cercheremo di raggiungere tale obbiettivo. I mezzi di lavoro per il nostro obbiettivo non sono altro che le esercitazioni, i test, che andremo a svolgere durante gli allenamenti per meglio arrivare allo scopo prefissato, i metodi invece sono le metodologie con le quali utilizziamo i mezzi per arrivare al nostro obbiettivo.

    La programmazione degli allenamenti può essere strutturata in :

    • seduta d’allenamento
    • microciclo
    • mesociclo
    • macrociclo
    • organizzazione annuale

    Seduta d’allenamento e microciclo fanno parte di una programmazione a breve termine, mesociclo, macrociclo e organizzazione annuale compongono una programmazione a medio termine.

    I passi principali della programmazione di un buon piano d’allenamento sono:

    1. Formulazione del programma d’allenamento
    2. Messa in pratica del programma
    3. Studio e correzione di eventuali errori notati durante la messa in pratica

    La seduta d’allenamento è il momento singolo all’interno della settimana d’allenamento che allena una o più aspetti d’allenamento (tecnico-tattici-fisici).

    Il microciclo è il termine con cui si indica l’intera settimana di allenamenti . All’interno dei microcicli le sedute di allenamento devono essere organizzate in modo tale da avere una programmazione logica.

    Il mesociclo genericamente è organizzato in quattro microcicli ossia le quattro settimane del mese d’allenamento. Ogni settimana all’interno del mesociclo prevede l’allenamento di specifici aspetti, concatenando le diverse settimane tra loro.

    Il macrociclo comprende solitamente dai 3 ai 5 mesocicli.

    L’organizzazione annuale è ovviamente la concatenazione di tutti i macrocicli che quindi organizza tutta la stagione.

    “Un insieme di tappe che portano al raggiungimento di di una meta prefissata”

    Una programmazione efficace è un insieme di tappe che portano al raggiungimento di di una meta prefissata. Per raggiungere l’obbiettivo prefissato bisogna articolare il proprio cammino in base alle esigenze e agli obbiettivi prefissati.

    Dicendo queste semplici parole sembra che programmare la propria strada in funzione della meta sia una cosa semplice da realizzare, forse a parole ma non certo in campo pratico: possono accadere situazioni impreviste che possono portare alla modifica degli obbiettivi prefissati o almeno al cambiamento della strategia pianificata.

    Sicuramente le cause di una mancata realizzazione del progetto prefissato possono essere molteplici:

    • Analisi non completa della situazione
    • Accelerare i tempi di raggiungimento
    • Poca chiarezza e precisione sulla meta
    • Valutazione superficiale delle strutture e materiali a disposizione

    Quali aspetti dobbiamo considerare per primi nella programmazione?

    Focalizzato l’obbiettivo, la prima cosa da fare è quantificare il tempo di raggiungimento e analizzare il materiale a disposizione. Analizzando con precisione tali aspetti potremo riuscire a capire se l’obbiettivo prefissato è raggiungibile e se la strada scelta può essere quella giusta.

    L’allenatore, capiti anche gli obbiettivi chiesti dalla società,valutato la rosa a disposizione,il tempo e i materiali, non deve dimenticarsi di analizzare anche se stesso, in termini prettamente calcistici. Attraverso la messa in chiaro anche dei propri obbiettivi, i proprio credi calcistici, i propri modi di rapportarsi (tutto questo sempre in funzione degli obbiettivi chiesti dalla società, la rosa a disposizione,il tempo e i materiali), potrà fissare e consolidare la propria consapevolezza nelle proprie capacità.

    Per fare questo l’allenatore deve porsi delle domande che siano in relazione alle analisi e obbiettivi chiariti in precedenza:

    • Credo in questo obbiettivo?
    • Ha un senso inseguire quell’obbiettivo?
    • Come posso fare a tenere alte le motivazioni per il suo raggiungimento?
    • Quanto impegno sono capace di dedicare a tale obbiettivo?

    Come in tutti i campi lavorativi anche nel calcio bisogna avere prima di tutto ben chiare le proprie aspettative e le proprie aspirazioni in modo da accrescere sempre più la propria determinazione, aspetto fondamentale per aumentare le probabilità di riuscita di quanto ci aspettiamo.

    “Il tempo è ristretto, cerchiamo di ottimizzare le nostre azioni” .

    La prima cosa da fare, come già abbiamo detto , è analizzare e capire i propri obbiettivi e le proprie aspirazioni. Analizzare prima se stessi e capire dove si vuol arrivare e se stiamo scegliendo la via giusta. Mettere in conto che potrebbero esserci dei fattori esterni contrari alla nostra strada e quindi essere consapevoli delle difficoltà, qualunque essa sia. Uno dei metodi per ovviare a questo è la costanza, la voglia di riuscire , la determinazione.

    Fatto questo possiamo arrivare a programmare e analizzare quello che è il cammino richiesto dalla società:

    – Essere chiari e precisi sull’obbiettivo

    – Cercare la strada più idonea verso la meta

    – Valutato nei minimi dettegli il materiale a disposizione

    – Dare delle vie alternative in caso di ostacoli sul cammino

    “Agire in modo pratico, spedito, efficace e ottimizzato”

    Cercare di essere produttiva prima su se stessi e poi sulla squadra è uno dei fattori principali per raggiungere la meta. Per fare questo è essenziale ottimizzare le proprie azioni, i propri pensieri e il proprio tempo a disposizione.

    Ad esempio: molte volte organizziamo la seduta di allenamento in modo meticoloso, ma comunque spesso ci capita di non riuscire ad effettuare tutto quello che ci eravamo prefissati, dando così incompletezza alla seduta. Per ovviare a questo poniamoci 2-3 obbiettivi dai quali non possiamo prescindere nella seduta (quindi dare delle priorità ad alcuni aspetti rispetto ad altri): prima questi 2-3 e poi tutto il resto, così la seduta sarà stata efficace e allenante per tutto quello che ritenevamo più importante.

    Tutto questo ovviamente è rapportabile anche nella vita quotidiana,cercando di ottimizzare il tempo e riuscire a fare le 2-3 cose più importanti che abbiamo prefissato.

    Molte volte si perde tempo prima dell’allenamento. Cerchiamo di organizzare il campo prima dell’arrivo dei ragazzi in modo da avere tutto pronto. Se non è possibile nella fase i riscaldamento , dove già poniamo un obbiettivo prioritario, organizziamo il campo.

    Anche pianificare da casa, nei tempi liberi (mezz’ora la mattina prima del lavoro o prima di andare a dormire la sera), è importante. Cercare i 2-3 obbiettivi principali e pianificarli , richiede attenzione , non possiamo inventare come allenarli.

    Fatto questo la nostra seduta sarà sicuramente efficace in termini di obbiettivi da perseguire. Purtroppo sappiamo che le componenti da allenare sono molteplici e dare più importanza ad una rispetto ad un’altra non è semplice, ma tramite un’attenta analisi della squadra e del singolo possiamo cercare di essere il più efficaci possibili.

    “Dare forma e funzione ai nostri obiettivi”

    La definizione degli obiettivi è il primo passo da compiere e la prima azione ricca di difficoltà. Per definire un obiettivo dobbiamo avvalerci di molti fattori di analisi, in primis capire la nostra meta e valutarla. Sapere che sia:

    – Condivisa

    – Quantificabile

    – Chiara

    – Raggiungibile

    Sono i principali fattori da tenere presente.

    Delineata la meta da inseguire è necessario stabilire il percorso da seguire per raggiungerla, e per far ciò non bisogna prescindere da una pianificazione mirata e oculata.

    Il metodo migliore è sicuramente quello di dividere il nostro cammino verso la meta in tappe più piccole che pian piano portino alla meta posta alla lunga distanza.

    Pur essendo dei bravissimi allenatori , bravi nell’analisi minuziosa del nostro cammino e della meta, a volte questo può non bastare. Dividere il cammino in tappe può richiedere l’aiuto di collaboratori che ci aiutino nella strada.

    Questi saranno sicuramente persone di nostra fiducia , o di fiducia della società. Loro avranno dei compiti ben precisi, senza che intacchino il nostro lavoro. Ai collaboratori possono essere assegnati dei lavori o esserne delegati altri, in entrambi c’è una differenza. Se assegniamo dei compiti, il nostro collaboratore eseguirà dei lavori sotto la nostra supervisione, se invece viene delegato questo lavorerà in completa autonomia, avendo piena responsabilità e autorità. Quindi attenzione ad assegnare o delegare.

    “ Riuscire a modificare la strada durante il cammino”

    Modificare la strada intrapresa perché ci accorgiamo che quella precedente non sta dando i frutti sperati può capitare molto spesso.

    Cambiare strada a volte è considerata da molti sintomo di incapacità. A mio avviso invece è tutto il contrario. Certo cambiare strada ci porta al riconoscimento di errori fatti in precedenza, ma se riusciamo a sterzare in tempo e porre tutto in carreggiata e inseguire i nostri obiettivi , è sintomo di grande intelligenza, flessibilità, adattabilità e di grandi doti di analisi, oltre ad essere sinonimo di umiltà.

    www.alleniamoilcalcio.net

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