Tag Archive: mezzofondo

  1. Allenamento Running: la Velocizzazione dei Ritmi

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    La volontà di incrementare i propri ritmi di gara con l’inserimento in allenamento di prove ripetute non sempre sortisce effetti positivi (si può andare incontro ad affaticamenti o infortuni), soprattutto se queste vengono protratte nel tempo senza un adeguato criterio di prerequisiti e progressività. Infatti le prove ripetute (soprattutto quelle superiori al Km) sono allenamenti che sollecitano in maniera importante tutte le componenti della performance (metabolica, neuromuscolare e soprattutto ormonale), necessitando diversi giorni di recupero tra una seduta (di questo tipo) e l’altra. Ancor più delicato è il discorso quando si gareggia; le gare comportano per l’organismo un impegno ancor maggiore di quello delle ripetute. Allora quali sono le leggi dell’allenamento e i mezzi che permettono di lavorare al meglio sulla velocità di gara, minimizzando il rischio di infortuni e di affaticamenti che non sortirebbero gli effetti allenanti voluti?

    Senza nome

    Nel documento odierno cercheremo di analizzare alcuni mezzi che possono fare al nostro caso che abbiamo già approfondito in passato come:

    • Fartlek
    • Ripetute Brevi e medie

    aggiungendo altri 2 protocolli come:

    • Le Ripetute Brevi di Salazar
    • Il test di Yasso per la maratona

    Scarica il documento sulla Velocizzazione dei ritmi

    Puoi trovare l’indice di tutti i nostri post ed articoli sulla corsa nella nostra pagina dedicata al Running.

    Autore: Melli Luca, istruttore atletica leggera GS Toccalmatto (melsh76@libero.it)

  2. L’ultima “genialata” di Bangsbo: il 10-20-30 Training Concept

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    Il titolo del post, in parte serio ed in parte ironico, è riferito ad una pubblicazione del professor Bangsbo (conosciuto nell’ambito del calcio perché in passato è stato vice-allenatore della Juve, anche se svolgeva primariamente il ruolo di preparatore atletico) di quest’estate in cui trovò un miglioramento della performance in mezzofondisti amatori introducendo allenamenti ad alta intensità, ma con una riduzione del volume del 54% (14 contro 30 Km) dei chilometri settimanali. Com’è possibile vedere dalla Bibliografia sotto, la pubblicazione riporta il nome di Bangsbo e di un suo collega del Dipartimento di Scienze Motorie dell’Università di Copenhagen (Gunnarsson); l’articolo in questione, quest’estate ha riscosso un grande successo (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22556401) nei blog che parlano di preparazione atletica, ma una contestualizzazione dei risultati è doverosa, per far capire che non è stata scoperto niente di più di quanto si sapeva gia. In questo post andremo quindi ad analizzare la ricerca in questione cercando di contestualizzarla nell’ambito della Fisiologia sportiva e della metodologia dell’allenamento.

    PROTOCOLLO E RISULTATI

    Il periodo di allenamento è stato di 7 settimane. 18 podisti di basso livello (in termini di primati personali sulle distanze del mezzofondo; 22’23’ sui 5000m) sono stati divisi in 2 gruppi di lavoro. Un gruppo ha continuato a seguire la solita metodologia d’allenamento, mentre l’altro gruppo ha eseguito, 3 volte a settimana l’allenamento sperimentale che consisteva in:

    • 1 Km di riscaldamento.
    • 3-4 serie di 5’ di allenamento 10-20-30 con recupero di 2’ tra le serie (in media 30’ a seduta).
    • In ogni serie si susseguivano 10” ad un ritmo superiore del 90% della massima velocità + 20” ad un ritmo inferiore al 60% della massima velocità + 30” ad un ritmo inferiore al 30% della massima velocità.

    In poche parole, ogni minuto veniva ripetuto il ciclo delle 3 velocità, in cui i 10” ad intensità elevata rappresentavano la fonte allenante principale.

    Risultati: dopo 7 settimane per il gruppo sperimentale ci fù un miglioramento del 4% (48”) del primato sui 5000m e del 6% sui 1500m, malgrado la riduzione del 54% del volume di allenamento settimanale.

    CONTESTUALIZZAZIONE DEI RISULTATI

    Ovviamente è opportuno fare una revisione attenta della ricerca per non creare “falsi miti” sui miglioramenti indotti da metodologia d’allenamento.

    • Il primo punto fondamentale per interpretare correttamente i risultati sta nel fatto che gli atleti utilizzati correvano i 5000m in 22-23’: tali primati sono circa 10’ superiori al record del mondo sulla distanza (cioè 2’ in più ogni chilometro!!!!). Si trattava quindi di podisti di basso livello (ovviamente ci limitiamo a considerare i “primati” e non gli individui in toto!), quindi abituati ad una metodologia di allenamento che nella ricerca sono considerate “tradizionali”, ma che in realtà sarebbero da definire come “grossolane”. È quindi ovvio che introdurre un approccio metodologico con maggiore base scientifica (come quella di Bangsbo) non può fare altro che migliorare i risultati!!
    • La ricerca non apporta nessuna novità dal punto di vista metodologico, perché gia altre ricerche dello stesso autore (per di più su atleti di livello superiore) avevano prodotto risultati paragonabili utilizzando elevate intensità accompagnate ad una riduzione del chilometraggio; altre ricerche (come quella di Tabata), avevano trovato che intensità prossime a quelle massimali erano in grado di stimolare il potenziale aerobico.
    • La riduzione del chilometraggio settimanale è stato gran parte dovuto alla riduzione del riscaldamento. Nel protocollo sperimentale il riscaldamento è stato di 1 Km; è ovvio immaginare che il passare da 4 a 1Km di riscaldamento in 3 sedute, risulta nell’effettiva riduzione di 9 Km del totale settimanale, che per gli atleti considerati (30 km a settimana) è un valore notevole.

    CONCLUSIONI e APPLICAZIONI PRATICHE

    Gia in un nostro post abbiamo introdotto il concetto di alta intensità (più precisamente di speed-endurance) nel mondo del running con conseguenti ricadute applicative; vi rimandiamo all’articolo per le conclusioni. Il metodo 10-20-30 si può quindi considerare come mezzo di allenamento in grado di:

    • Mantenere il potenziale aerobico (Vo2max) e le qualità neuromuscolari per atleti di medio e alto livello a patto che venga effettuato un volume superiore (almeno 5-7 serie) rispetto a quello del protocollo di Bangsbo. Non consente quindi di sviluppare tali parametri, perché per runner con primati migliori sono probabilmente necessari stimoli superiori, ma solo di mantenerli.
    • Sviluppare e mantenere il potenziale aerobico (Vo2max) e le qualità neuromuscolari per atleti di medio-basso livello non trascurando altri fattori che influenzano la performance come la Velocità di gara e la Capacità di gara.

    A mio parere, il pregio principale (rispetto ad altre simili) di questa metodologia sta nel fatto che può essere effettuata ovunque; infatti, nelle altre ricerche in cui sono stati studiati allenamenti di speed-endurance, venivano utilizzate intensità fisse (come il 95% del proprio primato sui 200m). Di conseguenza, gli allenamenti andavano effettuati su tratti opportunamente misurati con particolari vincoli riguardanti la velocità. Il metodo 10-20-30 invece utilizza “intervalli di intensità”: i 10” devono essere corsi ad un’intensità superiore al 90% del massimale, i 20” ad un’intensità inferiore al 60% del massimale e i 30” ad un’intensità inferiore al 30% del massimale. La conseguenza è che un mezzo d’allenamento del genere può essere svolto ovunque, purchè in piano e con un cronometro.

    Ma passiamo ora ad un interessante esempio pratico: prendiamo un podista di medio livello che corre i 10 Km in 38’ (media di 3’48”/Km) ed ha un primato sui 100m (per valutare la velocità massima) di 14” (25.7 Km/h). A che velocità dovrà correre le varie frazioni?

    • I 10” verranno corsi ad una velocità superiore ai 23.1 Km/h (circa 71m) con uno sforzo estremamente impegnato.
    • I 20” ad un ritmo inferiore a 3’54”/Km, cioè una velocità leggermente inferiore a quella dei 10Km.
    • I 30” più lenti di 7’47”/km, cioè di corsa estremamente blanda.

    Speriamo che la nostra revisione abbia aiutato ad interpretare al meglio questa ricerca e che abbia dato (che non guasta mai) qualche spunto interessante per l’allenamento.

    Puoi trovare l’indice di tutti i nostri post ed articoli sulla corsa nella nostra pagina dedicata al Running.

    Bibliografia

    Gunnarsson TP, Bangsbo J. The 10-20-30 training concept improves performance and health profile in moderately trained runners. J Appl Physiol. 2012 Jul;113(1):16-24.

    Autore: Melli Luca, istruttore atletica leggera GS Toccalmatto (melsh76@libero.it)

  3. AUDIO/VIDEO: La strutturazione della stagione agonistica per un podista amatore

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    L’audio-video di oggi è dedicato alla corsa, e più precisamente ai concetti affrontati nel post dedicato alla Strutturazione dell’allenamento. In maniera estremamente semplice e chiara verranno affrontati i concetti di Allenamento Generale e Allenamento Specifico esemplificando quelli che possono essere gli errori più frequenti che può effettuare un amatore quando organizza il proprio allenamento.

    Verrà inoltre introdotto il concetto del “Tetto delle 5 gare” come elemento limitante dell’Allenamento Specifico e di pianificazione dei ritmi da affrontare in gara.

    Guarda il video a dimensioni originali su Vimeo: http://vimeo.com/44522764

    È possibile scaricare anche la presentazione in formato PDF: Scarica la presentazione

    Se ti è piaciuto il video e vuoi approfondire l’argomento, ti consiglio di leggere il libro di Orlando Pizzolato.

    Autore dell’articolo: Melli Luca istruttore Atletica Leggera GS Toccalmatto (melsh76@libero.it)

  4. Running: alleniamo velocità e forza con i “circuiti”

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    (Aggiornato al 17/08/2020)

    I “circuiti” sono forme d’allenamento abbastanza avanzate, che con le giuste modifiche possono essere effettuate da tutti i runner che abbiano anche solo un minimo di abitudine a correre in salita ed in discesa.

    L’utilità principale di questi mezzi allenanti è quello di migliorare l’efficienza delle qualità neuromuscolari, in particolar modo per quegli atleti esperti (soprattutto amatori) che da un po’ di tempo hanno raggiunto un periodo di stagnazione dei risultati; infatti, più gruppi di ricerca (Paradisis et al 2006, Paradisis et al 2009, Cetin et al 2018 e Bissas et al 2020) hanno dimostrato come l’utilizzo combinato di salita+discesa, fosse più efficace (per il miglioramento della massima velocità) rispetto all’utilizzo di singole pendenze (solo salita, discesa o pianura).

    Gli ulteriori benefici che si possono ottenere grazie a queste forme d’allenamento, sono relativi ad una minor monotonia degli allenamenti, un perfezionamento della tecnica di corsa ed un miglioramento dell’attitudine di correre in discesa e di gestire i cambiamenti di pendenza in gara.

    In questo articolo approfondiremo più varianti, adattabili in base al grado di esperienza ed alle caratteristiche della maggior parte dei runner.

    Razionale e benefici

    Il gruppo di ricerca di Paradisis e colleghi (Paradisis et al 2006, Paradisis et al 2009) fu il primo a comparare l’effetto dell’allenamento su diverse pendenze (salita, pianura, discesa, salita+discesa) nei confronti della velocità, giungendo alla conclusione che l’utilizzo combinato di salita+discesa fosse più efficace degli altri metodi, in particolar modo quando la salita era quasi immediatamente seguita dalla discesa all’interno della stessa ripetizione. La superiorità dell’allenamento combinato (salita+discesa) risetto ai lavori in piano, fu successivamente confermato da Cetin et al 2018 e Bissas et al 2020. Ulteriore conferma è data dal fatto che questo tipo di stimoli è in grado di aumentare il rapporto tra la fase eccentrica e concentrica della contrazione muscolare, il cui dato è correlato con un miglioramento dell’economia di corsa (Moore 2016).

    Ok, questo tipo di ricerche ha evidenziato la superiorità dei mezzi combinati in ambito della velocità; ma le ricedute applicative sono valide anche per i runner?

    Ovviamente si, perché come abbiamo visto nel post dedicato alle salite brevi, azioni di corsa muscolari intense sono in grado di migliorare l’efficienza di corsa tramite una sincronizzazione delle fibre muscolari ed una riduzione dei meccanismi inibitori. Tale effetto (come abbiamo visto negli studi citati) è probabilmente maggiore se l’allenamento utilizza pendenze combinate rispetto ad un solo tipo.

    Una volta giunti a queste importanti conclusioni, è fondamentale ipotizzare e comprendere come possano essere strutturate questo tipo di sedute per un runner, come inserirle nel periodo preparatorio e valutare l’adeguatezza o meno ad effettuare questo tipo di allenamenti.

    Circuiti: ad ognuno il suo

    Come vedremo sotto, il protocollo ideale per il miglioramento della velocità del runner prevede azioni intense combinate e successive di salita/discesa (circuiti brevi); effettuare questa tipologia d’allenamento per chi non è abituato a questo tipo di lavori, lo espone fortemente ad un incremento di infortuni. Per questo motivo, in questo post troverete anche una variante più “soft” (circuiti lunghi) adatta a chi è meno avvezzo a questo tipo di stimoli, in maniera tale da potersi abituare gradualmente.

    Clicca sull’immagine per ingrandire

    Come vedremo di seguito, i circuiti brevi utilizzano intensità di corsa elevate, per questo motivo sono da inserire in una parte centrale della stagione, nel momento in cui si inizia a lavorare sulla velocità (vedi immagine a fianco). I prerequisiti fondamentali per l’utilizzo di questo mezzo allenante sono 2: il primo è quello di aver lavorato sulla forza (ad esempio con Ripetute in salita) nelle settimane precedenti, ed il secondo di essere già stato abituato ad eseguire azioni ad alta intensità (come le Hill sprint) nelle stagioni precedenti. In assenza di questi prerequisiti, è preferibile utilizzare i circuiti lunghi.

    Le difficoltà dei circuiti brevi infatti, sono relative principalmente nell’eseguire la discesa velocemente e con la giusta tecnica esecutiva, senza che l’azione in sé generi un affaticamento eccessivo per le catene muscolari; infatti, in discesa lo sforzo muscolare è prevalentemente eccentrico (contrariamente in salita in cui è particolarmente concentrico); in queste situazioni il Sistema nervoso tende a reclutare un numero inferiore di fibre muscolari, che saranno quindi sottoposte a maggiore sollecitazione (Enoka 1996). Se da un lato questo rappresenta un grande stimolo allenante, dall’altro può indurre affaticamenti particolarmente marcati (con incremento del rischio di infortuni) per quei runner con inadeguata forza muscolare.

    Circuiti brevi

    Sopra abbiamo visto quali sono i requisiti per poter eseguire i Circuiti brevi (aver precedentemente lavorato sulla forza ed essere abituati ad effettuare azioni intense); andiamo ora a vedere le caratteristiche.

    Il circuito consiste in una parte iniziale in salita ed una seconda in discesa; queste possono essere inframezzate da un breve tratto pianeggiante. Come abbiamo visto nelle ricerche citare nella parte iniziale di questo articolo, un profilo del genere permette miglioramenti più evidenti (in termini di velocità) rispetto a pendenze singole. Ovviamente si può solamente ipotizzare il razionale di questi benefici; probabilmente (ma non vi è certezza) l’aumento del reclutamento delle fibre muscolari in salita (come abbiamo visto nelle Hill sprint) viene in parte mantenuto nel tratto in discesa che invece, se affrontato singolarmente, tenderebbe a ridurre il numero delle fibre utilizzate (come abbiamo visto sopra).

    Ma andiamo ora a vedere quale possa essere la miglior condizione affinchè questo mezzo allenante possa essere efficace anche per un runner.

    La parte iniziale in salita dovrebbe essere non più lungo di 50m, per poi essere seguito da un tratto in pianura-discesa di altri 100-150m. La pendenza della salita è di relativa importanza, in quanto è stato visto che fino al 26% di pendenza, il muscolo riesce a produrre elevate potenze (testimonia di un alto reclutamento muscolare); per quanto riguarda invece la discesa, questa dovrebbe avere una pendenza moderata (dal 3-6% circa), in quanto è stato visto che queste condizioni sono quelle in cui si riesce ad esprimere la maggiore velocità (Ebben 2008).

    Ma com’è necessario distribuire lo sforzo?

    La parte in salita deve essere fatta ad intensità quasi massimale; non è necessario partire con un’accelerazione particolarmente violenta, ma arrivare in cima alla salita con un impegno importante (senza comunque scomporsi). Nell’immediato tratto successivo sarà fondamentale prendere inizialmente una buona velocità e poi mantenere il ritmo ottenuto per tutto il resto della discesa; è fondamentale prendere una velocità che sia elevata, ma che permetta di mantenere sempre la stessa frequenza dei passi, senza scomporsi a causa della fatica. Nel caso in cui ci si renda conto di perdere ritmo, è possibile accorciare leggermente la lunghezza del tratto in discesa o diminuire l’intensità.

    Ricordo che la frequenza dei passi deve essere mantenuta anche in funzione di una corretta postura (parte superiore del corpo sufficientemente rilassata), senza muovere troppo il tronco ed appoggiando il piede in maniera neutra (non sul tallone) sotto il corpo. Si deve quindi avere la sensazione di una continua ricerca della velocità e di non “frenare”. Per questo motivo non esiste un’intensità che sia la stessa per tutti, in quanto questa deve essere subordinata ad una corretta tecnica esecutiva. Altro requisito fondamentale è la ricerca e percezione di una corsa simmetrica, in cui entrambi gli arti inferiori effettuino gli stessi movimenti ed imprimano la stessa spinta.

    Il numero di ripetizioni, soprattutto le prime volte, deve essere molto basso; si può iniziare con 3-4 per arrivare fino ad un massimo di 6-8, incrementandone una a seduta. Il recupero tra ogni ripetizione deve essere di circa 3’ di corsa lenta/blanda. È consigliabile eseguire questo tipo di seduta ogni 7-14 giorni, in periodi in cui non vengono comunque inseriti allenamenti impegnativi per la velocità o per la velocità di gara. Ultima raccomandazione è per il riscaldamento: deve essere sufficientemente lungo da implementare sia gli allungamenti funzionali che un paio di sprint in salita (non massimali), che 2-3 allunghi di 70-80m abbastanza intensi, il tutto con le giuste pause.

    Concludo con la reperibilità del tracciato; infatti, non è sempre possibile trovare percorsi che combacino perfettamente con la descrizione fatta. Per questo motivo a volte è necessario modificare le intensità (soprattutto nella parte in discesa) al fine di essere sicuri di mantenere una corretta tecnica esecutiva. Di norma, un cavalcavia può rappresentare un giusto compromesso, affrontandolo in maniera tale da fare in salita il lato più ripido.

    Circuiti lunghi

    Se i circuiti brevi sono mezzi allenante rivolti alla velocità, quelli lunghi possiamo definirli come mezzi a caratteristiche miste, cioè che allenano sia la forza che la velocità; per questo motivo, non presentano contrazioni muscolari particolarmente intense, e di conseguenza si adattano a tutte le tipologie di runner, in particolar modo quelli con un livello non elevato di forza muscolare. In ogni modo, questa forma d’allenamento è da inserire dopo un periodo in cui si ha lavorato sulla forza, analogamente a quanto indicato per i circuiti brevi. Come vedremo di seguito, si possono effettuare diverse varianti, adattabili alla conformazione dei tracciati che si hanno a disposizione.

    La struttura di base prevede 3 tratti/segmenti, ognuno lungo tra 200-350m circa, in circuito come nella figura sotto; per gli stessi motivi relativi ai circuiti brevi, sarebbe bene che la discesa non sia troppo ripida.

    L’esecuzione è molto semplice, si esegue il circuito di continuo senza mai fermarsi, alternando un lato veloce ad un lato lento; di conseguenza nel primo giro (partendo dal punto “A”, come nella figura sotto) i tratti veloci saranno quello in salita e quello in pianura, mentre nel secondo giro il tratto intenso sarà quello in discesa.

    In questo modo, ogni 2 giri tutti e 3 i tratti verranno fatti ad andatura intensa, fornendo uno stimolo allenante completo per le qualità neuromuscolari (forza e velocità). Ovviamente è possibile utilizzare anche percorsi con diverse caratteristiche, che comunque vedremo dopo.

    Ora però analizziamo quelle che devono essere le intensità di corsa che determinano i carichi di lavoro:

    • I tratti intensi devono essere corsi ad un’intensità compresa tra quelle percepite in gare di 5-10 Km. Da qui è possibile comprendere come non sia elevata come nei Circuiti brevi.
    • I tratti lenti invece possono essere effettuati di corsa lenta o leggermente meno intensi.

    Quello che è importante capire, è che la modulazione delle 2 intensità (intensa e lenta) deve essere tale da consentire di svolgere la seduta senza che la fatica comprometta in misura evidente la giusta esecuzione dell’allenamento e la tecnica di corsa adeguata. L’intensità media dei circuiti (cioè quella percepita durante l’esecuzione) dovrebbe essere paragonabile a quella della corsa media, con le dovute oscillazioni dovute ai cambi di velocità e pendenza. Ne consegue che oltre ad essere un mezzo allenante per le qualità neuromuscolari, è un’esercitazione con un modesto stimolo allenante anche per la capacità di gara.

    L’esecuzione dei tratti intensi dovrebbe avvenire con una tecnica di corsa adeguata alla pendenza sulla quale si sta correndo; in generale (ciò vale per tutti i tipi di pendenza), è importante che il piede prenda contatto con il terreno sotto il corpo, che il busto rimanga eretto o con una minima inclinazione in avanti e che la frequenza ed ampiezza del passo siano tali da non scomporre eccessivamente la postura.

    Vediamo ora quale debba essere il volume allenante: in generale, è meglio quantificarlo in Km, suddividendo l’allenamento in serie (alternate da pause di 3-5’) di 2-3 Km. Il chilometraggio totale dei circuiti è dipendente dallo stato di forma e dalla caratura dell’atleta; è possibile iniziare con 4-5 Km totali, per poi incrementare di 1 Km a seduta fino ad un massimo di 8-10 Km per i runner più allenati; come già indicato, sono mezzi allenanti da inserire nel periodo di preparazione generale, ma successivamente ad un periodo dedicato alla forza (ad esempio tramite Ripetute in salita).

    Su che terreno va effettuato l’allenamento?

    Di norma, è preferibile effettuarlo sullo stesso terreno delle competizioni a cui si prende parte; la pendenza della salita può anche essere elevata, ma è meglio che la discesa non sia eccessiva. Chi prepara trail, può inserire dei segmenti anche particolarmente tecnici (salite ripide o discese impegnative) in maniera tale da poter lavorare anche sulle peculiarità della disciplina.

    Tracciati: varianti

    Ovviamente non tutti hanno a disposizione un circuito a “triangolo” come quello evidenziato ad inizio paragrafo. Per questo motivo, mantenendo costante l’alternanza delle intensità, è possibile utilizzare circuiti alternativi, o percorsi di andata e ritorno; prendendo spunto dalla seconda parte della presentazione di P. Endrizzi, l’elemento principale del tracciato deve essere quello di avere un numero di tratti dispari (3, 5 o 7); in questo modo si ha la certezza che ogni segmento viene corso alternativamente (giro dopo giro) ad andatura intensa e lenta.

    Nell’immagine sopra sono proposte alcune varianti, di 3 e 5 lati; com’è possibile notare, è possibile sfruttare il tracciato in forma di andata/ritorno (vedi circuiti rosso, verde e viola), ampliando la probabilità di trovare percorsi adeguati (anche dei cavalcavia); l’importante che i vari lati siano di una lunghezza d compresa tra circa 200-350.

    Riassunto conclusivo ed applicazioni pratiche

    I circuiti con salite sfruttano il beneficio che deriva dall’utilizzo di pendenze diverse; a seconda dell’intensità con la quale vengono affrontati, possono avere effetto allenante selettivo nei confronti della velocità (circuiti brevi) o misto forza-velocità (circuiti lunghi).

    Chi è allenatore di sé stesso, è anche importante comprenda il momento giusto della stagione in cui inserire questi mezzi allenanti; di norma, andrebbero collocati dopo la fase iniziale in cui si lavora prevalentemente sulla forza e prima del periodo specifico, in cui si comincia a lavorare particolarmente sulla velocità di gara. Nel nostro post dedicato alla pianificazione dell’allenamento, potete trovare tutte le indicazioni necessarie per organizzare al meglio una stagione atletica.

    Altro aspetto importante è seguire con continuità la giusta progressione di difficoltà, che solitamente si ottiene con un incremento delle ripetizioni (o dei Km) seduta dopo seduta. Studiando ed effettuando una corretta progressione esecutiva del mezzo scelto, sarà più facile comprendere l’effetto allenante, non solo dal punto di vista teorico, ma anche pratico; questo permetterà di intuire le potenzialità che può avere nell’aiutare a migliorarsi, e quanto sia adeguato alla soggettività di ogni runner (cioè quanto può contribuire a colmare le lacune o a potenziare i pregi).

    Se sei alla ricerca di altri mezzi allenanti dedicati alla forza o alla velocità, puoi trovarli nel nostro post dedicato alle qualità neuromuscolari del runner; se invece vuoi rimanere informato sulle nostre pubblicazioni (aggiornamenti o nuovi articoli) collegati al nostro Canale Telegram, in più potrai scaricare gratuitamente la guida per scegliere e trovare la scarpa da running più adeguata alle tue esigenze.

    Autore dell’articolo: Luca Melli (melsh76@libero.it), Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 e preparatore atletico AC Sorbolo.

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