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  1. Running: come preparare un programma d’allenamento

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    Pianificare un’intera stagione di allenamenti richiede 3 particolari attenzioni: la prima è quella di effettuare un programma teorico che permetta di incrementare gradualmente la condizione, la seconda di adattare il programma alle proprie caratteristiche e la terza di riuscire a gestire gli eventuali imprevisti.

    In questo post vi daremo le indicazioni per preparare al meglio il vostro piano d’allenamento step by step; potranno trovare informazioni utili sia runner esperti che podisti che da poco hanno iniziato a dedicarsi alle competizioni.

    Ci soffermeremo particolarmente sul periodo Generale, cioè la prima fase della preparazione, nella quale l’obiettivo è creare quei presupposti su cui costruire la performance specifica aderente al proprio obiettivo. Infatti, è facile trovare online tabelle d’allenamento per preparare competizioni di diversa durata; la maggior parte di queste però si focalizzano sulla parte specifica della preparazione, trascurando quelle che sono le qualità di base del runner, come le qualità neuromuscolari e la capacità di recupero.

    Semplificazione e schematizzazione della pianificazione della stagione atletica (clicca sull’immagine per ingrandire)

    Spesso capita di osservare dal vivo le prestazioni degli atleti d’elitè e chiedersi: “ma come fanno ad essere così veloci?”. È evidente che alla base delle loro prestazioni ci sono qualità individuali che non tutti hanno, ma per essere così veloci sono necessarie anche ottime doti neuromuscolari; quanti amatori curano con particolare attenzione le doti neuromuscolari al fine di riuscire ad essere più veloci?

    Altro fattore estremamente trascurato è il miglioramento delle doti di recupero; un recupero efficiente mi permette di tollerare carichi di lavoro elevati, minimizzando il rischio di infortuni; rappresenta le fondamenta della performance, ma ci vuole tempo e pazienza per costruirle.

    Nel post precedente abbiamo visto come il periodo di preparazione possa durare (se strutturato correttamente) fino a 4-5 mesi; in questo lasso di tempo è possibile lavorare su tutte le qualità necessarie al podista per ottenere il meglio da sé stessi. Quello che è importante, è organizzare bene i vari periodi della preparazione (vedremo in questo articolo come), ottimizzando il programma in base alle proprie caratteristiche. Non mi stancherò mai di dire che per pianificare al meglio il proprio allenamento è necessario studiare, approfondire e fare tesoro della propria esperienza…ed avere pazienza!

    Le conoscenze di base di una buona programmazione

    Risalgono alla fine degli anni 90’ i primi studi che cercarono di comprendere quali fossero le differenze nei programmi d’allenamento tra i migliori runner elitè con quelli di livello inferiore. I primi 2 studi di Hewson e Hopkins (del 1995 e 1996) videro come i runner che ottenevano i migliori risultati effettuavano un periodo di preparazione Generale più lungo; come vedremo successivamente, questo periodo è particolarmente dedicato al condizionamento aerobico (che determina il recupero) e alle qualità neuromuscolari. Non solo, i migliori risultati erano ottenuti dagli atleti che effettuavano un volume maggiore di corsa ad intensità moderata ed a velocità inferiore (si parla comunque di atleti con caratteristiche abbastanza omogenee).

    Nel 2010 Stephen Seiler cominciò poi a parlare di allenamento polarizzato, indicando come la programmazione degli atleti d’elitè fosse caratterizzata da un elevato volume di allenamenti aerobici ad intensità moderata (80% del totale circa), alternato a mezzi intervallati a velocità pari o superiore al ritmo gara; estremamente rari, erano in allenamento, i ritmi gara mantenuti per periodi prolungati (come possono essere le ripetute lunghe); questa è la condizione ideale per un professionista, cioè per chi ha tutto il giorno per allenarsi.

    Negli anni successivi, si capì come gli amatori potessero attingere a diverse tipologie di esercitazioni per incrementare la propria performance (non solo quelli tipici dell’allenamento polarizzato), sfruttando tutta l’ampia gamma possibile (Paquette et al 2017 e Jarstad et al 2019).

    Gli ultimi studi (il primo e il secondo di Casado et al, entrambi nel 2019) confermarono come gli atleti di altissimo livello (rispetto a quelli di livello leggermente inferiore) effettuavano un volume di Km superiore, più allenamenti a ritmi medi (Corsa Media e Corsa Veloce), e più allenamenti intervallati; il volume d’allenamento maggiore era ottenuto soprattutto grazie al lavoro continuo ad intensità moderata.

    Ultimo studio (una revisione degli studi precedenti) che citiamo è quello di Bulluosa et al 2020, che evidenzia come a livello amatoriale, più intensità allenanti (anche ad altissima intensità) possano essere efficaci, ma l’elevato volume ad intensità moderata (corsa lenta), rappresenta una variabile fondamentale anche per questa tipologia di runner.

    Bene, dopo aver visto questi aspetti non banali, passiamo ora al prossimo capitolo, in cui approfondiremo (step-by-step) la strutturazione di una stagione atletica. Ci focalizzeremo particolarmente sul periodo Generale, quello più trascurato dai runner, che però crea i presupposti per incrementare la velocità e la capacità di gara durante il periodo Specifico.

    Come organizzare la stagione atletica

    Preparare una gara, od un insieme di gare, è come costruire una casa; più alto sarà l’edificio e migliore sarà la performance. Al fine di raggiungere la massima altezza, sarà necessario avere una corretta proporzione tra fondamenta, muri e tetto! Ma prima di iniziare a costruire il nostro edificio, sarà necessario essere certi che il terreno sia stabile; ecco, partiamo proprio dalla stabilità del terreno.

    Compatibilmente con il tempo a disposizione, consiglio sempre di effettuare parallelamente all’allenamento di corsa, il protocollo di allenamento funzionale per il core: aiuta a prevenire l’affaticamento dei muscoli del tronco nei finali di gara e migliora la spinta orizzontale.

    Il periodo di rigenerazione

    Una buona preparazione parte da un ottimo periodo di rigenerazione

    Nel post dedicato ai 5 principi dell’allenamento (nel capitolo “Durata di una stagione”), abbiamo visto come sia necessario presentarsi all’inizio della fase preparatoria in condizioni di freschezza psicofisica, al fine di potersi adattare in maniera reattiva agli stimoli allenanti. Questa fase può durare dalle 3 alle 4 settimane, e dipende da quanto si è arrivati stanchi (sempre dal punto di vista psico-fisico) nella stagione precedente.

    L’imperativo, in questo periodo, è rigenerarsi, cercando di mantenere comunque un minimo livello d’allenamento. Ad esempio, è possibile effettuare un allenamento in meno alla settimana, limitando durata ed intensità degli stessi; altra alternativa può essere quella di dedicarsi ad altri sport (come il ciclismo) adatti alla stagione ed alle condizioni climatiche del periodo. Come le altre, questa fase è da individualizzare in base alle caratteristiche del soggetto, quindi alcuni potranno aver bisogno di un periodo più lungo e di una riduzione maggiore del carico rispetto ad altri.

    Ultimo aspetto da considerare è la vita extrasportiva; un periodo di 2 settimane di vacanza, è sicuramente più rigenerante di 2 settimane di pieno lavoro.

    Ricordatevi, una rigenerazione effettuata in maniera superficiale, non permetterà poi nel periodo successivo di poter esprimere al 100% il proprio potenziale; se la performance possiamo indicarla come l’altezza di una casa, il periodo di rigenerazione rappresenta la stabilità del terreno su cui poggia l’edificio.

    Il periodo generale

    Bene, ora che abbiamo trovato un terreno stabile, possiamo cominciare a costruire la nostra casa: da dove iniziamo? Ovviamente dalle fondamenta; questa è una parte essenziale di qualsiasi immobile, magari non visibile, ma imprescindibile.

    Avete mai chiesto ad un muratore il motivo per cui si formano le crepe nei muri? La maggior parte delle volte vi risponderà che la colpa è delle fondamenta non realizzate correttamente; quindi, se non volete “crepe” nel vostro programma d’allenamento che vadano a limitare le vostre performance, assicuratevi di lavorare in maniera adeguata sulla Resistenza Aerobica. Senza scendere eccessivamente in dettagli di fisiologia, la Resistenza Aerobica è la qualità che viene stimolata ed allenata con le corse continue ad intensità moderata, come la corsa lenta (i lunghi) e la corsa lunga svelta. Si, quella che nel capitolo precedente abbiamo sottolineato come così importante sia per i Top Runner che per i runner amatori.

    Abbiamo visto poi, nel concetto di Allenamento Polarizzato, come un giusto mix di stimoli allenanti di intensità e volume siano l’ideale per ottimizzate il potenziale dell’atleta, ma ad inizio preparazione gli allenamenti a moderata intensità sono quelli che devono avere la precedenza per 3 motivi:

    • Sono più facili da recuperare, per questo motivo si può incrementare il carico con gradualità, minimizzando il rischio di infortuni.
    • Permettono di raggiungere elevati volumi d’allenamento, migliorando quindi le qualità di recupero; questo permette nei periodi successivi di tollerare alti carichi di lavoro.
    • Possono essere fatti anche in moderato stato di affaticamento

    Questi sono i motivi per i quali questi allenamenti rappresentano le fondamenta del nostro edificio, cioè della nostra performance.

    Ma quanti Km fare a settimana?

    Ovviamente dipende dal tempo che si ha per allenarsi e dal proprio background (per un runner esperto è diverso da un principiante); l’insieme di queste 2 variabili permette di comprendere quale possa essere il giusto compromesso. Quello che è fondamentale per tutti invece è la gradualità dell’incremento del carico di lavoro; infatti, una della cause principali di infortunio non è tanto il volume d’allenamento, ma l’aumento eccessivo del chilometraggio settimana dopo settimana (Nielsen et al 2014 e van Poppel et al 2018). Ad inizio preparazione l’incremento del volume d’allenamento (cioè i Km totali) può essere anche del 5-10% a settimana, ma man mano che si avvicina (o si supera) il limite massimo delle stagioni precedenti l’incremento deve essere inferiore al 5%. Non solo, è consigliabile (nei mesi in cui il chilometraggio è elevato) inserire periodicamente 1 settimana di scarico. Come spesso ripetuto, in questo periodo è necessario avere pazienza.

    È poi ovvio considerare che un runner nei primi 5-8 anni di carriera podistica, è logico possa provare ad incrementare i chilometri rispetto agli anni precedenti, mentre un runner over 50 di lunga esperienza, farebbe bene invece a mantenersi o ridurre leggermente il volume, aumentando leggermente l’intensità; l’abbiamo visto nel capitolo dedicato a running ed età.

    Quanti Km deve essere l’allenamento più lungo?

    Se l’obiettivo (cioè quello dell’intera programmazione) è quello di preparare delle corse di 10-12 Km, è sufficiente che l’allenamento più lungo sia di 90’ (ripetuto più volte). Per chi ha come obiettivo una maratonina, l’ideale è riuscire a correre tra i 18-20 Km almeno un paio di volte (sempre nel periodo generale). Per chi prepara una maratona è leggermente diverso, in quanto molto dipende dall’esperienza del runner e dall’abitudine a correre allenamenti di durata.

    Gli allenamenti neuromuscolari

    Se la resistenza aerobica costituisce le fondamenta, i muri sono costituiti dalle qualità neuromuscolari; come abbiamo detto sopra, per essere veloci in gara è necessario avere doti neuromuscolari che permettano di correre a ritmi elevati. Per questo motivo, l’altezza del nostro edificio (cioè l’entità della performance) dipenderà in buona parte da queste qualità; nel nostro post dedicato alla forza e alla velocità del runner abbiamo visto come il lavoro di forza debba precedere quello di velocità ed allo stesso tempo come dipenda anche dalle caratteristiche dell’atleta.

    Nell’articolo dedicato all’individualizzazione dell’allenamento, abbiamo affrontato questo argomento; lo riassumiamo brevemente ed in maniera semplificata prendendo spunto dall’immagine sotto.

    Atleti resistenti soffrono parecchio gli allenamenti ad alta intensità, cioè hanno bisogno di tempo per recupere questo tipo di stimoli, soprattutto ad inizio preparazione. Per questo motivo, è bene che inizino lavorando su stimoli di forza specifica (cioè la resistenza muscolare locale) che vengono meglio tollerati; non solo, per atleti deboli muscolarmente, stimoli precoci di velocità possono incrementare il rischio di infortuni. Il lavoro di forza specifica invece, aiuta a colmare queste “debolezze”, fornendo i presupposti per riuscire a tollerare al meglio gli allenamenti di velocità quando verranno fatti successivamente (seppur a volumi non elevati). In questi casi, l’ideale è l’utilizzo di mezzi allenanti con salite ed effettuare lunghi collinari; trovate l’elenco dei mezzi allenanti nel nostro post dedicato a forza e velocità. Nel caso in cui non si abbia spesso la possibilità di utilizzare salite, consiglio di inserire (anche se non ha la stessa efficacia) negli allenamenti delle variazioni di velocità di 2-4’ di Corsa Media o dei Farltek con fase attiva di 40-60” ad intensità non superiore al RG10Km.

    Gli atleti veloci invece si trovano a proprio agio con gli allenamenti di velocità sin dall’inizio stagione; malgrado questo, è consigliabile anche per loro iniziare con mezzi allenanti che abbiano incidenza anche sulla forza, ma in maniera più esplosiva, come le salite brevi e le relative varianti e nella parte finale anche qualche allenamento intervallato come le ripetute brevi. Allenamenti di forza specifica (cioè le salite), potrebbero essere introdotti nella parte finale del periodo generale, nel caso in cui si preparino gare con salite/discese, competizioni di lunghezza superiore ai 14-15 Km o nel caso si percepisca la necessità di dover lavorare su questa qualità (ad esempio se si fa particolare fatica in salita).

    Esempi di alcuni mezzi allenanti costituiti da corse finalizzati all’incremento della forza (resistenza muscolare locale) e della velocità. Potete trovare l’elenco completo nell’articolo specifico.

    Spero ora sia più facile comprendere come la conoscenza delle proprie caratteristiche (dettata dall’esperienza) permetta al runner di individualizzare al meglio il proprio allenamento; sopra abbiamo semplificato le caratteristiche degli atleti veloci e resistenti, ma è ovvio immaginare come la maggior parte dei podisti abbia caratteristiche intermedie. Per questo motivo, conoscere i possibili mezzi allenanti, essere consapevoli delle proprie caratteristiche e l’esperienza, permettono di individuare e realizzare con maggior efficacia il proprio programma d’allenamento.

    Da considerare sono anche i mezzi “non costituiti da corsa” (come può essere il potenziamento muscolare, l’allenamento funzionale, ecc.); questi rappresentano stimoli allenanti molto utili, la cui varietà di utilizzo permette di andare incontro alle caratteristiche peculiari dell’atleta, soprattutto per la prevenzione infortuni; potete trovare approfondire l’argomento leggendo il paragrafo “L’allenamento con i pesi può migliorare la forza del runner?” nel post dedicato alla forza e velocità del runner.

    Quanto deve durare il periodo Generale?

    Lo possiamo misurare in % della durata totale della preparazione, e la sua lunghezza dipende da alcuni fattori: dovrebbe avere una durata maggiore (fino al 70-80% dell’intera preparazione) per chi corre da poco, per chi è ad elevato rischio infortuni e per chi vuole incrementare il volume d’allenamento rispetto agli anni precedenti.

    Dovrebbe comporre il 40-50% dell’intera preparazione per gli atleti che inseriscono anche il periodo speciale (vedremo successivamente cos’è); questi sono solitamente i runner più esperti e che non intendono incrementare il volume d’allenamento rispetto alle stagioni precedenti. Stessa cosa vale per i maratoneti, il cui volume d’allenamento è comunque incrementato anche nel periodo specifico.

    È consigliabile gareggiare nel periodo Generale?

    L’inserimento di 1-2 gare tirate (cioè al massimo dell’impegno) è consigliabile soprattutto se questa fase occupa il 70-80% dell’intero periodo; queste sono utili per testate il livello di forma, di conseguenza, è bene farle precedere da una settimana di scarico. Altre gare possono essere inserite, a patto che vengano corse all’85-90% dell’impegno massimo, e quindi non vadano a richiedere tempi di recupero lunghi. È da ricordare che più gare si fanno (anche non al massimo impegno) e minori saranno le risorse per incrementare il proprio potenziale atletico in allenamento.

    Bene, abbiamo visto l’importanza delle fondamenta e dei muri del nostro edificio; ora andiamo a posizionare il tetto.

    Periodo Specifico

    Da non confondere con quello Speciale, durante il periodo Specifico si indirizzano gli stimoli allenanti prevalentemente verso le qualità di gara, finalizzando il potenziale motorio costruito nel periodo precedente. Ovviamente la differenziazione con il periodo precedente non è netta, ma durata ed intensità di alcuni allenamenti verranno indirizzati gradualmente verso lo stimolo di gara. Da qui è estremamente chiaro come un periodo Generale troppo corto o nel quale si è gareggiato troppo, non permetta poi di ottenere il massimo nel momento che conta.

    In questa fase si aumenterà l’utilizzo dei mezzi allenanti che utilizzano ritmi simili a quelli di gara, ma senza esagerare o stravolgere il lavoro fatto nel periodo precedente; infatti, come abbiamo visto nel paragrafo Le conoscenze di base di una buona programmazione, gli allenamenti in cui i ritmi gara vengono tenuti per tempi prolungati (come le Ripetute lunghe) sono poco utilizzati da atleti di livello medio-alto. Ciò non significa che siano deleteri, ma rappresentano stimoli che richiedono tempi di recuperi lunghi, quindi da inserire con parsimonia.

    Quando si parla di allenamento specifico, è necessario parlare di velocità di gara e capacità di gara; se un atleta ha l’obiettivo di correre a gara di 10 Km in 45’ (a circa 4’30” al Km), la sua velocità di gara sarà appunto 4’30”/Km, mentre la sua capacità di gara sarà 45’. Di conseguenza i suoi allenamenti rivolti alla capacità di gara saranno quelli che vengono corsi ad un’intensità inferiore, ma per un periodo prolungato (medi, progressivi, volume totale di corsa lenta, ecc.); quelli rivolti all’incremento della velocità di gara saranno invece corsi a velocità superiore a tale velocità, ma in maniera intervallata.

    Durante questo periodo è importante il mantenimento della Resistenza Aerobica tramite un adeguato volume di allenamenti di Corsa lenta ed eventualmente lunghi adeguati al periodo preparatorio; stessa cosa vale per il mantenimento neuromuscolare, nel caso in cui si preparino gare che richiedano ritmi bassi.

    Semplificazione della pianificazione dell’allenamento di una competizione di 10 Km

    Gli allenamenti di ripetute lunghe e le altre gare saranno gli stimoli che raggiungeranno il massimo livello di specificità, ma dovranno essere fatti con parsimonia e succeduti da un periodo di recupero maggiore.

    Ovviamente ogni distanza di gara avrà una preparazione specifica leggermente diversa; potete trovare i programmi specifici delle competizioni nel nostro post dedicati ai 4 pilastri della corsa, nel paragrafo Preparazione per le gare specifiche. Ulteriore personalizzazione del programma dovranno essere fatte in base alle caratteristiche dell’atleta.

    Non solo, è da valutare anche il numero di gare da effettuare (e il grado di impegno corrispondente) e come gestire lo scarico pre-gara delle competizioni a cui si punta maggiormente; trovate questi dettagli nel post dedicato ai 5 principi dell’allenamento nel capitolo Carico, scarico e competizioni.

    Cliccando sull’immagine sotto puoi aprire la presentazione che ho realizzato qualche tempo fa, ma che riassume in maniera abbastanza chiara i concetti esposti sopra, grazie all’analogia della costruzione dell’edificio (fondamenta/muri/tetto); in particolar modo, evidenzia le possibili conseguenze di errori nella programmazione dell’allenamento.

    Inserimento del periodo speciale

    Per i runner più esperti, è possibile inserire tra il periodo Generale e Specifico, quello Speciale; ma come deve essere strutturato? Sostanzialmente è una via di mezzo tra gli altri 2, ma a volte viene anche inserito per colmare determinate lacune o per lavorare solamente verso una “direzione allenante”, come la velocità di gara.

    Ad esempio, molti maratoneti inframezzano tra la fase Generale e Specifica un periodo Speciale nel quale lavorano prevalentemente (pur mantenendo un volume elevato, necessario per preparare una 42.195 Km) sui ritmi che vanno dai 10 Km alla maratonina, correndo alcune gare di 10 km su strada. Questa strategia permette di iniziare la fase successiva della preparazione (quella specifica) con la possibilità di concentrare l’allenamento soprattutto sulla capacità di gara (perchè la velocità di gara è stata stimolata nel periodo precedente), limitandosi al mantenimento del Ritmo Maratona.

    Per chi prepara una mezza, sarà possibile concentrare il periodo speciale sulle velocità tipiche dei 5-10 Km, mentre per chi prepara competizioni di 10-12 Km sui ritmi dei 3000-5000m.

    Clicca sull’immagine per ingrandire

    È comunque importante comprendere che questo non è un periodo slegato dagli altri 2; in altre parole, dal punto di vista metodologico deve esserci un continuo. Come abbiamo indicato sopra, questa fase può essere inserita per quei podisti che hanno una certa esperienza e non intendono incrementare il volume rispetto alle stagioni precedenti.

    Non solo, si può anche inserire per coloro che hanno la necessità di lavorare su una determinata lacuna prima di iniziare il periodo Specifico. Può essere l’esempio del Trailer che fatica a correre in salita; dedicare il periodo Speciale a colmare questa lacuna, gli permetterà poi nella fase successiva di poter lavorare sulla capacità di gara e sui ritmi gara.

    Oppure un runner con determinate lacune neuromuscolari di velocità, può utilizzarlo per migliorare questa importante variabile della performance, magari dopo aver lavorato in maniera importante sul volume d’allenamento (per migliorare il recupero) e sulla forza (con le salite) nel periodo Generale (ricordatevi sempre che il lavoro di forza deve precedere quello di velocità).

    Quello che è importante comprendere, è che il periodo speciale abbia un senso se inserito tra gli altri 2 periodi.

    Conclusioni ed applicazioni pratiche

    Malgrado le indicazioni riportate in questo articolo vadano prese “cum grano salis” (cioè con del buon senso), rappresentano comunque quelle che sono attualmente le linee guida che raggiungono il migliore compromesso tra quello che emerge dalla bibliografia internazionale e dalla pratica dei tecnici nel settore. Ovviamente non esiste una sola via metodologica per ottenere un determinato risultato, anche perché, come abbiamo spesso ripetuto, non tutti i runners sono uguali.

    Quello che è importante, è che l’atleta conosca la teoria di quelle che sono le basi della preparazione atletica; vi applichereste mai su un aspetto così importante della vostra vita che coinvolge il benessere psico-fisico, il divertimento e la socialità, senza la piena consapevolezza di quello che state facendo?

    Allora è importante approfondire l’argomento (informarsi e studiare la metodologia d’allenamento), ordinare le idee per saperle applicare all’atto pratico e fare in modo che le esperienze fatte (che dipendono anche dall’individualità del soggetto) vadano a contribuire ulteriormente ad incrementare la conoscenza dell’argomento.

    “Education is not the learning of facts, but training the mind to think”

    (L’educazione non è l’apprendimento dei fatti, ma allenare la mente a pensare)
    Albert Einstein

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     Autore dell’articolo: Luca Melli (melsh76@libero.it), istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 e preparatore atletico AC Sorbolo.

  2. L’allenamento della maratonina per principianti

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    Correre la maratonina è un tuo desiderio, ma non hai la minima idea di come prepararla? Ti stai chiedendo qual è il chilometraggio minimo in preparazione per poter portarla a termine senza obiettivi cronometrici particolari, ma allo stesso tempo senza “arrancare” negli ultimi km? Allora sei nel post giusto; in questo articolo, ti verrà spiegato in maniera molto semplice come costruirti la tua tabella di allenamento, senza la necessità di avere particolari conoscenze o mezzi necessari per il monitoraggio dei dati. Prima di cimentarsi nel programmare una maratonina è necessario con un po’ di realismo per comprendere qual è il tempo massimo (per lo meno teorico) oltre il quale è necessario rinunciare a prepararla.

    PERCHE’ E’ IMPORTANTE STABILIRE UN TEMPO MASSIMO

    La maratonina e la relativa preparazione implicano per un principiante (cioè colui che non ha mai corso una maratonina o non ne corre una da tanto tempo) un incremento del chilometraggio, al fine di creare gli adattamenti necessari per poter correre i 21.097 Km in maniera regolare e minimizzando rischio di infortuni. Ed è proprio il rischio di infortuni a determinare un tempo massimo finale (ipotetico ovviamente), oltre al quale è meglio desistere nel preparare una mezza. Infatti, correre una maratonina oltre un certo tempo (vedremo poi quale), significa correrla troppo lentamente, con i rischi relativi al fatto di effettuare allenamenti di una certa durata, che per forza di cose saranno più lenti (in media), rispetto a quelli solitamente effettuati per preparare distanze inferiori.

    L’articolazione che a breve e lungo termine può risentire negativamente di questo tipo di stimoli è quella del ginocchio; le problematiche non sono solamente riferite a possibili infiammazioni, ma sopratutto all’incremento della sintomatologia dolorosa legata all’usura dei menischi e delle cartilagini. Infatti Nielsen e coll 2013, videro che infortuni tipici di un eccessivo volume (ovviamente di corsa lenta) sono proprio a carico del ginocchio; questo non significa che non si debba utilizzare la corsa lenta come stimolo allenante (che è un mezzo fondamentale), ma che il correre a ritmi troppo bassi per troppo tempo (come può essere il preparare una maratonina con il tempo teorico troppo elevato) può essere particolarmente deleterio. Non a caso, Petersen e coll 2015 evidenziarono come il carico cumulativo sul ginocchio a 8 Km/h è l’80% superiore rispetto a circa 16 Km/h; questo avviene perché correndo lentamente, sono necessari più passi per effettuare la stessa distanza.

    Per questo motivo, a mio parere è sconsigliabile preparare e prendere parte ad una maratonina se il tempo teorico supera le 2 ore (velocità 5’41”/Km). Ma come fare ad estrapolare il tempo teorico? È molto semplice, è sufficiente utilizzare il Foglio di calcolo di Ranucci-Miserocchi, estrapolando come tempo di riferimento una recente performance sui 10-12 Km; da questi calcoli è facile comprendere come se non si riescono a correre 10 Km in 51-54’, allora a mio parere è consigliabile desistere temporaneamente a preparare la mezza. Ovviamente in tal caso non c’è da demoralizzarsi, ma allenarsi per le gare più brevi fino a quando non si riesce ad ottenere il tempo di riferimento sui 10 Km (51-54’). Ricordo che basta effettuare anche poche gare sui 10 Km (con un allenamento adeguato e sorretti dall’idoneità a farli) per ottenere degli ottimi ed evidenti miglioramenti su tale distanza.

    COME ORGANIZZARE IL PROPRIO ALLENAMENTO

    L’essere in grado di correre 10 Km in almeno 51-54’ è una condizione necessaria, ma non sufficiente per finire la maratonina sotto le 2 ore. Ovviamente serve anche una preparazione specifica e una capacità di organizzare il proprio allenamento che andremo ora ad approfondire; a mio parere i punti focali di una preparazione sono 3:

    PUNTO 1: TROVARE IL TEMPO A DISPOSIZIONE PER ALLENARSI

    Per molti immagino sia il passo più difficile. Gli impegni familiari, il lavoro ed altri hobby portano via tempo, ma se si vuole preparare una mezza, il primo imperativo è trovare tempo per allenarsi almeno 3 volte a settimana! Altrimenti conviene desistere e rinviare il tutto ad un altro momento. Una volta effettuato questo passo, si è già a buon punto.

    PUNTO 2: I 3 ALLENAMENTI FONDAMENTALI

    • Per un principiante, l’allenamento fondamentale è il LUNGO. È importante distribuire questo allenamento nel periodo di preparazione in maniera tale da farne 2 ogni 2/3 settimane; il più “lungo” deve essere fatto 14 giorni prima della gara, e dovrebbe essere di almeno 18-20 Km. Non spaventatevi, perché l’essere umano è estremamente adattabile agli sforzi di resistenza (meno a quelli di velocità), quindi distribuendoli con distanze progressivamente superiori, è possibile arrivare a correre questa distanza con estrema gradualità. Ma facciamo un esempio; una possibile progressione di “lunghi” da inserire con la frequenza indicata sopra potrebbe essere: 12-13-14-15-17-18-20 Km in circa 9-11 settimane. Consiglio di effettuarli di corsa lenta (confortevole, alla quale è possibile anche chiaccherare), magari accelerando negli ultimi km fino a correre ad intensità media, ma solo se ci si sente particolarmente bene. Nei weekend in cui non si fanno i lunghi, sarà possibile (anzi, consigliabile) fare delle gare di 10-12 Km, senza correrle tutte al massimo delle proprie possibilità.
    • L’ALLENAMENTO DI VELOCITA’ (seconda tipologia di allenamento settimanale) invece ha lo scopo di preservare le doti neuromuscolari, che tenderebbero a deteriorarsi correndo i lunghi; l’allenamento ideale è il fartlek, che consiste nell’alternare 30” veloci (leggermente più intensi del ritmo che si terrebbe in una gara di 10 Km) a 1’ di corsa blanda di recupero. Il totale di minuti di fartlek varia dai 9’ (le prime volte) fino ai 21’-24’ della penultima settimana di allenamento; la durata totale di questo allenamento (Fatlek + corsa lenta), va dai 40’ (prime settimane) ai 60’ (ultime settimane).
    • La TERZA TIPOLOGIA DI ALLENAMENTO è quella in cui il runner deve saper adattare lo stimolo in base alle condizioni di fatica; se si è stanchi, è sufficiente fare l’intero allenamento di corsa lenta (anche molto lenta), se invece ci si sente bene, è possibile fare una leggera progressione, fino al ritmo medio (nella terza parte dell’allenamento), cioè la velocità più alta alla quale non si va in affanno respiratorio. In ogni modo, è sempre bene iniziare l’allenamento di corsa lenta e poi orientare il tutto in base alle proprie sensazioni. Ricordo che questo è un allenamento molto importante, perché permette di bilanciare il carico di allenamento degli altri 2 (una sorta di “allenamento cuscinetto”); in altre parole, se si ha bisogno di “smaltire” dei carichi di lavoro, si correrà tranquillamente, mentre se i precedenti stimoli allenanti non hanno portato affaticamenti, è possibile fare una seduta in leggera progressione. Per la durata di questo allenamento, valgono le stesse considerazioni di quello precedente.

    PUNTO 3: SCARICO

    Arriviamo all’ultimo punto, solitamente il più trascurato da molti runner. È importante comprendere come l’ultima settimana debba essere dedicata a lasciare che la fatica delle precedenti lasci spazio agli adattamenti che permettono all’organismo di migliorarsi. Quindi, la Domenica prima della gara si correranno 13-14 Km, l’allenamento “cuscinetto” sarà di soli 30-40’ di corsa lenta, come l’allenamento di velocità (nel quale sarà possibile fare non più di 12-15’ di fartlek).

    INTEGRAZIONE IN GARA

    Per sforzi superiori all’ora come la mezza, è possibile trarre un vantaggio prestativo da un utilizzo adeguato di integratori a base di carboidrati in gara; nel precedente post dedicato alla preparazione per la maratonina potrete trovare il paragrafo dedicato all’integrazione idrica e di carboidrati in gara.

    CONCLUSIONI

    Il benessere che accompagna la corsa e la pratica sportiva in generale, è ancor maggiore quando è condiviso, e magari associato ad un obiettivo a medio/lungo termine come la partecipazione ad una maratonina; ciò implica l’avere un’idoneità medica e una preparazione adeguata. È quindi necessario avere un approccio “sano”, cioè basato sulle reali possibilità di correrla entro un tempo limite. Spero che le indicazioni fornite siano sufficientemente chiare a tutti; ho cercato di semplificare al massimo le tipologie di allenamenti, affinchè possano essere comprensibili anche a chi non ha esperienza in ripetute, ritmi gara, progressivi, ecc. Ovviamente per qualsiasi dubbio o necessità di chiarimenti, non esitate a chiedere. Puoi trovare l’indice di tutti i nostri post ed articoli sulla corsa nella nostra pagina dedicata al Running.

    Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico ASD Monticelli Terme, istruttore Scuola Calcio MT1960 ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it

  3. Running: l’allenamento per la maratonina

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    Dopo gli articoli dedicati alla preparazione della maratona e dei 10000m, mancava proprio quello relativo alla maratonina. Distanza intermedia tra le 2, ma fisiologicamente più “vicina” a quella dei 10 Km, in quanto la fonte energetica largamente preponderante è quella dei carboidrati. In questo post potete trovare:

    • Il modello funzionale della maratonina, cioè quali sono le caratteristiche che un runner deve avere e coltivare in allenamento per prepararla adeguatamente.
    • Quali sono gli “ingredienti allenanti” fondamentali per prepararla adeguatamente
    • Come si deve distribuire il carico allenante nelle settimane che precedono la gara
    • L’integrazione in gara, ed alcune indicazioni alimentari sul carico di carboidrati
    • Il prossimo post invece, lo dedicheremo esclusivamente all’allenamento per la maratonina per principianti!

    MODELLO FUNZIONALE DELLA MEZZA MARATONA

    La prima cosa che è lecito chiedersi è: che rapporto c’è tra il tempo finale in maratonina e quello sui 10 Km? In altre parole, conoscendo il proprio tempo attuale sui 10 Km, a che velocità è possibile correre la maratonina, dopo un periodo di allenamento dedicato alla distanza?

    Anche ipotizzando di aver fatto una preparazione adeguata, è comunque difficile dare una stima esatta, visto che molto dipende dalle caratteristiche e del livello del runner. Elenco sotto un foglio di calcolo più comuni per estrapolare il ritmo gara:

    Se prendiamo ad esempio un runner che conclude i 10 Km in 40’ (cioè a 4’00”/Km), secondo il primo foglio di calcolo correrà la mezza circa 12”/Km più lenta dei 10 Km, mentre in base al secondo, 18”/Km. È ovvio che il primo foglio di calcolo è maggiormente adatto a runner resistenti (cioè che migliorano il loro rendimento all’aumentare della distanza), mentre il secondo per i runner veloci. Quello che comunque ritengo sia importante comprendere, sono le qualità fisiologiche da allenare, anche in funzione del tempo finale; infatti un runner che conclude la maratonina in 1h20’, non dovrà fare lo stesso allenamento di chi la corre intorno alle 2 ore. Ogni runner dovrà comunque lavorare (anche se in proporzione diversa) sulla Velocità di Gara (cioè una frazione del Ritmo Gara dei 10 Km) ed un’adeguata capacità di tenere tale andatura per tutti i 21.097 Km (Capacità di Gara).

    È ovvio che maggiore è la stima del tempo finale e maggiore sarà l’importanza della capacità di gara rispetto alla velocità di base, e viceversa. In termini fisiologici, diciamo che l’allenamento della maratonina deve trovare un giusto compromesso tra la potenza aerobica (che influenza la Velocità di Gara) e un’adeguata capacità aerobica (Capacità di gara). Nei prossimi paragrafi vedremo quali sono i mezzi allenanti fondamentali e come distribuirli durante il periodo prapratorio.

    STRUTTURAZIONE DELL’ALLENTAMENTO A LUNGO TERMINE

    Il livello di partenza e il tempo a disposizione per preparare la maratonina sono fattori determinati per la distribuzione degli stimoli allenanti. Ipotizziamo di avere 3 mesi a disposizione in aggiunta a 1-2 settimane di scarico (13-14 settimane in tutto): in tal caso è possibile suddividere tale periodo in 3 fasi

    • Preparazione Generale (4 settimane): in questa fase si effettua un progressivo incremento del chilometraggio ad intensità medio/basse (partendo da un volume moderato, visto che si è ad inizio preparazione) e un modesto allenamento per le componenti neuromuscolari. Per quanto riguarda le qualità aerobiche, un obiettivo standard potrebbe essere quello di riuscire ad arrivare a correre almeno 90’ di corsa lenta.
    • Preparazione Speciale (4 settimane): la direzione allenante sarà prevalentemente orientata ad incrementare la Velocità di gara, cioè quella riferita ai 10 Km, con anche eventuali competizioni su tale distanza. Si cercherà quindi di creare un potenziale di velocità, sul quale (nel periodo successivo), costruire la tenuta di gara. È comunque importante considerare che questa tipologia di stimoli allenanti richiedere diverso tempo di recupero.
    • Periodo specifico (4 settimane): è il periodo in cui si cerca di migliorare la capacità di tollerare, nella distanza di gara, un ritmo non troppo inferiore rispetto a quello dei 10 Km. Come vedremo nel prossimo paragrafo, i Progressivi sono le esercitazioni fondamentali per abituare/allenare l’organismo a gestire queste condizioni di fatica. Altro elemento fondamentale è il chilometraggio settimanale: la maggior parte degli allenatori consiglia almeno 50 Km per chi effettua 3 allenamenti alla settimana, 65 Km (nei periodi massimi di carico) per chi ne effettua 4 e oltre i 65 Km per chi si allena 5 o più volte alla settimana. Come vedremo nel post dedicato ai principianti, per chi non ha mai corso una maratonina (o è da tanto tempo che non ne corre una) gli allenamenti fondamentali saranno invece i lunghi (e non i progressivi), che con il tempo abitueranno l’organismo a gestire la distanza di gara.

    Ma quanti giorni deve durare lo scarico? Ovviamente dipende da quanto si ha “caricato” nelle settimane che precedono la gara e dalla tipologia di atleta (gli atleti resistenti necessitano di qualche giorno in meno). Per chi si allena 3 volte a settimana, è ragionevole ipotizzare che 8-10 giorni siano sufficienti; per chi si allena 4 o più volte e allo stesso tempo ha “caricato” molto nel periodo di preparazione, sono necessarie 2 settimane; nella prima si riduce del 20-30% il volume (mantenendo l’intensità, se non si è troppo affaticati), mentre nella seconda si riduce sia l’intensità che il volume.

    Abbiamo accennato all’utilizzo di altre gare come forma di allenamento; esiste una certa differenza nel correre una manifestazione di 10 Km al massimo delle proprie possibilità o come allenamento (ad esempio al Ritmo Gara della maratonina). Correre gare ravvicinate (ad esempio una a settimana) alla massima della propria intensità, comporta la necessità di diverso tempo di recupero e la relativa impossibilità di allenarsi con carichi elevati infrasettimanalmente. Per questo motivo, è fondamentale non esagerare con le gare di 10-12 Km (alla massima intensità) nel periodo di preparazione di una maratonina, se questa ha la priorità come obiettivo! Non solo, è necessario far passare almeno 14 giorni tra l’ultima gara “tirata” e la maratonina.

    Quello presentato sopra ovviamente è solo uno dei tanti modelli di preparazione che si possono utilizzare, probabilmente uno dei più semplici in assoluto; ad esempio, se si ha a disposizione più tempo, un atleta resistente può dedicare più tempo al lavoro di forza nel periodo Generale. Oppure se si hanno in programma 2 maratonine, la prima (corsa al 90% delle proprie possibilità o in progressione) può fungere da allenamento per la seconda, ecc. Quello che è importante comprendere, è che la specificità degli stimoli allenanti (per intendersi, le corse in progressione) è sorretta da un lavoro Generale/Speciale basato sulla capacità di tollerare un chilometraggio adeguato (settimanalmente ed in seduta singola) e da una velocità di base adeguatamente allenata.

    STIMOLI ALLENANTI E TIPOLOGIE DI ALLENAMENTO NEL PERIODO SPECIFICO

    Se nel precedente paragrafo abbiamo parlato di “stimoli allenanti”, in questo chiariremo quali allenamenti permettono di ottenere determinati effetti. Ovviamente ci soffermeremo sui mezzi utili nel periodo Specifico, cioè quello fondamentale per indirizzare le qualità dell’organismo verso il modello funzionale di gara.

    • Progressivo: è il mezzo allenante principale! Le caratteristiche di questo tipo di allenamento, le potete leggere proprio nel post dedicato al progressivo.
    • Ripetute e ritmi gara: molti allenatori indicano come sia importante effettuare allenamenti in forma ripetuta al ritmo gara per sensibilizzare l’atleta al ritmo che poi terrà nella mezza. A mio parere questo tipo di esercitazione, anche se molto utile e specifica, è particolarmente impegnativa (forse troppo) dal punto di vista mentale; in particolar modo per i runner più veloci, utilizzando questi mezzi (ad esempio 3 ripetute sui 5 Km a ritmo gara) il rischio è quello di togliere energie/risorse psicofisiche alle altre giornate di allenamento, in quanto richiedono diverso tempo di recupero. Solitamente preferisco somministrare i ritmi gara nell’ultima parte del progressivo, all’interno di manifestazioni di 10-12 Km (facilmente gestibili dal punto di vista motivazionale) o tramite il Corto Veloce.
    • Lunghi: sono gli allenamenti principali per chi corre la maratonina oltre l’ora e 45’; in questi casi vanno corsi di Corsa Lenta, in quanto non si discosterebbero tanto dalla velocità di gara. Per i runner più veloci che effettuano un adeguato chilometraggio settimanale, questo tipo di allenamenti non è indispensabile se si corrono progressivi di distanza appropriata. Sono più utili nel caso in cui si corrano diverse gare di 10 Km nel periodo Speciale e Specifico; infatti l’affaticamento apportato da questa tipologia di gare, limiterebbe l’utilizzo dei progressivi, preferendo i Lunghi corsi ad intensità inferiore.
    • Allenamenti per le qualità neuromuscolari: nella fase Specifica, ci si limita al mantenimento di queste qualità, in quanto sono state “coltivate” maggiormente nei periodi precedenti. Per questo motivo, i mezzi da preferire sono li Fartlek breve (30”-40”) con un numero di ripetizioni non elevato; il ritmo ideale da tenere nelle fasi intense deve essere di circa il 12% più veloce del Ritmo Gara. Per gli atleti resistenti, sono ottimi anche i Fartlek Ondulati o i Fartlek in Salita. Un allenamento del genere andrebbe fatto ogni 2 settimane.
    • Corsa media: essendo un’intensità compresa tra la CL e il RG10Km (con tolleranza di 5-7”, ma anche superiore), consente di correre con una “forbice di velocità” molto ampia, per questo adattabile alle condizioni di forma di giornata. Viene spesso utilizzata nella parte centrale dei progressivi, ma anche come seduta singola di 12-15 Km.
    • Il nuovo interval training: si tratta di correre brevi tratti in ripetuta (ad esempio 400m) ad una velocità di poco superiore al ritmo gara, alternati a tratti altrettanto lunghi a velocità di poco inferiori al ritmo gara. In questo modo si sensibilizza l’organismo a gestire ritmi il più prossimi a quello gara variando velocità ogni 400m, rendendo quindi meno pesante dal punto di vista mentale l’allenamento. Un esempio molto interessante lo potete trovare a questo link.
    • Corsa lenta e volume d’allenamento: questo tipo di andatura, rimane la più importante per la definizione del volume di allenamento settimanale (trattato nel precedente paragrafo in termini chilometrici). Non è solamente da considerare un’intensità che serve per recuperare, ma uno stimolo allenante vero e proprio; infatti a livello professionistico è ormai universalmente riconosciuto (vedi Seiler 2006) come il 75-80% degli allenamenti sono svolti a quest’intensità. A livello amatoriale ovviamente tale percentuale è inferiore (perché si fa un numero inferiore di allenamenti), ma questo tipo di stimoli rimane quello più facile da smaltire, e di conseguenza quello da preferire tra sedute impegnative e ogni qualvolta il grado di affaticamento non permette di tenere con disinvoltura andature superiori.

    INTEGRAZIONE IDRICA E DI CARBOIDRATI IN GARA

    Secondo le linee guida più recenti, per sforzi compresi tra 1 e 2 ore, la dose consigliata di carboidrati in gara è di circa 30 grammi ogni ora; per chi corre una maratonina, sono quindi consigliati dai 30 ai 60 grammi in tutta la gara. L’efficacia di questo tipo di integrazione è supportata da evidenze scientifiche (Jeukendrup 2014), ma allo stesso modo è inefficace se si imposta in maniera scriteriata il ritmo gara, cioè se si parte troppo forte. Per quanto riguarda invece l’assunzione di acqua in gara, credo sia sufficiente attenersi alle linee guida principali consigliate per la maratona, cioè principalmente bere per la sete che si ha (Noakes 2003), prestando attenzione a non perdere più del 2-3% del proprio peso se si corre in climi molto caldi. Analogamente a quello che viene fatto per la maratona, è importante allenare/abituare la tolleranza all’ingestione di fluidi e carboidrati (soprattutto se si ha poca esperienza) in allenamento; visto che rispetto ai 42.195 Km le necessità sono inferiori, è sufficiente provare l’integrazione di gara in un paio di allenamenti specifici (Lunghi o progressivi).

    Visto che durante una maratonina si assiste ad una pesante deplezione delle scorte di glicogeno (anche se non come in maratona), è consigliabile fare un carico di carboidrati nei giorni che precedono la gara; anche quest’ultima strategia può essere efficace, ma solo se si segue, durante tutto il periodo preparatorio, un adeguato stile alimentare. Il prossimo post lo dedicheremo alla preparazione della maratonina per principianti.

    Puoi trovare l’indice di tutti i nostri post ed articoli sulla corsa nella nostra pagina dedicata al Running.

    Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico ASD Monticelli Terme, istruttore Scuola Calcio MT1960 ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it

  4. Il Fartlek mp3

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    (Aggiornato al 03/12/2022)

    Oggi analizziamo un mezzo d’allenamento estremamente motivante; se piace correre con la musica o se semplicemente si vuole provare ad utilizzare le “cuffie” in allenamento, questo è il mezzo ideale! Possiamo considerare il “Fartlek mp3” come un allenamento che unisce i vantaggi del “correre in libertà” (tipici del Fartlek) a quelli della corsa con la musica. Se le caratteristiche del fartlek le abbiamo già sviscerate nel post specifico, nel prossimo paragrafo andremo ad approfondire quelle che sono le evidenze scientifiche sull’allenamento con la musica. Affronteremo poi 3 varianti di questo “ingrediente dell’allenamento”, per poi dare qualche consiglio sulle apparecchiature che possono essere utilizzate per ascoltare la musica mentre si corre. Nel post successivo invece, vi forniremo alcune playlist del nostro runner (ed ex DJ) Cristian Morelli.

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    N.B.: attualmente il codice della strada vieta l’uso delle cuffie quando si corre o si cammina sulla carreggiata! In gara è vietato nelle gare su pista; nelle competizioni su strada è vietato per gli atleti che sono in lizza per piazzamenti di rilievo, premi, titoli o classifiche a squadre.

    BIBLIOGRAFIA INTERNAZIONALE: ASCOLTARE LA MUSICA MENTRE SI CORRE

    Gli studi che approfondiscono questa materia, sono particolarmente recenti. Il primo studio condotto su atleti risale al 1998 (Szmedra e coll) e ha rilevato che a basse intensità di corsa, il correre ascoltando la musica, riduce la tensione muscolare incrementando il flusso ematico nei muscoli promuovendo lo smaltimento del lattato. Gli studi successivi sono arrivati solo dopo il 2010, primo dei quali, quello di Baldari e coll 2010, in cui si vide che ascoltare la musica mentre si corre, riduce lo stato di stress che si correla con lo stato di fatica; questo ha come conseguenza quello di indurre una maggiore motivazione nell’allenarsi in soggetti poco allenati (Alter e coll 2015). Ulteriori studi hanno confermato che gli effetti positivi della musica sono maggiori quanto minore è il livello di allenamento dei soggetti (probabilmente perché i soggetti allenati percepiscono il correre meno “stressante”) e nelle donne (Cole e coll 2015, Van Dick e coll 2015). Per ultime, citiamo 2 ricerche che hanno evidenziato gli effetti della corsa sulla performance di 5 Km (Bigliassi e coll 2015, Lee e coll 2014).

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    Dai dati sopra citati (che sono comunque ancora pochi per avere conclusioni definitive), possiamo concludere che ascoltare la musica mentre si corre contribuisce a ridurre la percezione dello sforzo (e in alcuni casi può migliorare la performance); tale effetto è evidente nei soggetti meno allenati e nelle donne. Gli effetti positivi, sono maggiori nei primi minuti dello sforzo, dopo lo sforzo (miglioramento del recupero) e se si corre lentamente. È consigliabile comunque non utilizzare le cuffie in gara (in passato sono state anche vietate, considerate come doping) perché possono distrarre l’atleta mentre corre in mezzo ad altri, incrementando il rischio di infortuni. Una volta giunti a queste conclusioni è lecito chiedersi:

    può essere proficuo (e come) ascoltare la musica in allenamento?

    Sotto riportiamo un mezzo d’allenamento che riteniamo interessante per i runner di qualsiasi livello!

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    IL FARTLEK mp3

    Il Farlek (che in Svedese significa “Gioco di velocità”) è una metodica d’allenamento in cui si variano le velocità per incrementare la capacità dell’organismo di lavorare ad intensità (muscolari e metaboliche) elevate. La forma più elementare è quella nella quale vengono utilizzate (nella parte fondamentale della seduta) 2 velocità.

    La VERSIONE DI BASE (del Fartlek mp3) è dedicato ai principianti e agli amanti della corsa che si allenano senza pretese prestative. La fase centrale (il riscaldamento andrebbe fatto con musica rilassante o senza musica) consiste in una playlist di 10-12 canzoni di circa 3-4’, in cui si corre a velocità medio/alta nei primi 2’ (senza andare in affanno respiratorio) e a velocità lenta nel restante periodo della canzone. Il defaticamento va fatto di 5-8’ con musica rilassante. L’indicazione sulla velocità da tenere è comunque grossolana, visto che non è un mezzo dedicato a chi corre per gareggiare; è consigliabile anche per gli agonisti, nel periodo di rigenerazione o nelle prime fasi della preparazione quando non si hanno ancora dei ritmi gara di riferimento (e non si è ancora in forma)….praticamente tutte le volte in cui la condizione atletica è indefinita e di conseguenza, la monitorizzazione del carico è affidata principalmente alle sensazioni soggettive!

    5La VERSIONE INTEMREDIA è dedicata ai runner agonisti, quindi la palylist è da programmare con attenzione, con musica particolarmente “carica” e piacevole. La playlist è di 10-15 canzoni (dipende dalla condizione di forma) di 3-4’ e si corre velocemente nei primi 2’ (RG10Km-RGmaratonina) e di corsa lenta/blanda nel restante periodo della canzone. Com’è possibile vedere, rispetto alla variante di base, la parte intensa è più definita, cioè compresa tra il Ritmo gara dei 10 Km e quello della maratonina; se si ha alle spalle (nel breve periodo) una sola delle 2 gare, è sufficiente scalare 15”/Km. Ma facciamo un esempio per chiarire meglio.

    Se ho alle spalle una gara di 10 Km (all’interno dello stesso periodo preparatorio) corsa in 40’, il mio RG10Km sarà di 4’00”/Km. Di conseguenza il ritmo intenso da tenere nella fase intensa del Fartlek mp3 sarà compresa tra 4’00” e 4’15”/Km. A questo link potete scaricare un utilissimo foglio di calcolo (basato sulla formula di Ranucci-Miserocchi) per estrapolare i Ritmi gara (compreso il RG10Km) da distanze varie.

    La VERSIONE AVANZATA invece è da preferire in quei periodi in cui si vuole lavorare sui ritmi gara specifici… mantenendo le impostazioni di base del Fartlek, cioè senza riferirsi a ritmi troppo precisi, ma regolati in parte dalle sensazioni soggettive. Oltre ai ritmi più specifici, anche il tempo delle canzoni sarà più specifico (esistono dei programmi scaricabili gratuitamente online che permettono di “tagliare” le canzoni nel punto che si preferisce). Riportiamo sotto, 3 esempi:

    • Preparazione gare di 5 Km: 8/10 canzoni di 3’-3’30”, correndo 2’ al RG 5Km e il restante di corsa blanda.
    • Preparazione gare 10 Km: 12/15 canzoni di 3’-3’30”, correndo 2’ al RG 10Km e il restante di corsa blanda.
    • Preparazione maratonine: 15/18 canzoni di 3’30”-4’, correndo 3’ al RGmaratonina e il restante di corsa blanda.

    Ma quali mezzi utilizzare per la monitorizzazione dello sforzo? GPS? Fatica percepita? Lo “spirito” del Fartlek è quello di regolare l’intensità dello sforzo secondo la fatica percepita, quindi l’indicazione principale è questa; poi, chi ha a disposizione un GPS è possibile gestire il ritmo dei tratti intensi al ritmo Gara Teorico (vedi sopra citazione della formula Ranucci-Miserocci) “più o meno” 5-7”/Km. Per quanto riguarda la variante riguardante la maratonina, consigliamo di regolarsi prevalentemente sulla “fatica percepita”, perché (come già segnalato nel documento sulle corse continue) a ritmi intensivi/estensivi perdurati nel tempo (la parte centrale della seduta può durare anche più di 1 ora) il rischio di partire ad intensità troppo elevate, può compromettere la parte finale della seduta.
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    RIASSUNTO CONCLUSIVO

    Le 3 varianti del Fartlek mp3 vanno incontro ad ogni tipologia di podista (in diversi momenti del periodo della stagione), direzionando lo stimolo allenante verso la Velocità di Gara in maniera più o meno specifica. Il vantaggio, rispetto alle normali Ripetute, è relativo all’aspetto emotivo (indotto dall’ascolto della musica) che è in grado di indurre (soprattutto nei soggetti meno allenati e nelle donne) una minore percezione dello sforzo. Lo svantaggio è relativo al fatto che “sostituisce” solo una parte dello spettro allenante delle Ripetute (cioè quello indotto dalle Ripetute Medie).

    ACCESSORI

    I benefici della corsa con la musica sono legati anche alla qualità del dispositivo che si utilizza mentre si corre; purezza del suono, ingombro minimo e stabilità degli auricolari sono elementi fondamentali affinchè l’esperienza dell’allenamento risulti gradevole. Non tutti hanno la stessa conformazione del padiglione auricolare, quindi è possibile che alcuni device siano ottimi per alcuni soggetti, mentre non lo siano per altri. Di seguito elencheremo quelli che attualmente sono i migliori prodotti per le diverse esigenze.

    Mentre una volta, si utilizzavano principalmente i lettori mp3, oggi la maggior parte delle persone tiene le canzoni nello smartphone, quindi può tornare utile l’abbinamento di fascia da braccio portacellulare a cuffie bluetooth leggere.

    fascia braccio running haisskyPer le fasce sportive da braccio è fondamentale utilizzare modelli specifici per il proprio smartphone; è quindi bene controllare sempre se la fascia è portata per le dimensioni del modello del proprio cellulare. Inoltre, è importante che la regolazione della fascia permetta di tenere fermo il portacellulare al braccio, che le cuciture siano resistenti e la parte elastica del prodotto non si sfibri velocemente. I migliori modelli attualmente in commercio, utilizzano anche pellicole protettive che permettono di poter effettuare operazioni touch sullo schermo del proprio smartphone senza rimuoverlo dalla custodia. L’impermeabilità è una caratteristica molto importante, per impedire che il sudore e l’umidità entrino all’interno dell’involucro; per quanto riguarda invece l’impermeabilità dagli agenti atmosferici (soprattutto pioggia forte), a mio parere, è impossibile garantirla. In base a quello che attualmente offre il mercato, per rapporto qualità prezzo, consigliamo la fascia sportiva da braccio Haissky.

    Per quanto riguarda le cuffie bluetooth, è fondamentale che non siano ingombranti, che rimangano ben fissate, che tengano bene la carica e che abbiano una buona qualità audio (riduzione del rumore).

    cuffie bluetooth runningAttualmente il prodotto con il miglior rapporto qualità/prezzo sono le Cuffie Bluetooth Sport Rulefiss; la qualità principale è l’utilizzo della tecnologia Bluetooth 5.3, caratterizzata da un accoppiamento che garantisce una trasmissione più efficiente dei dati audio. Gli stessi componenti acustici, offrono uno stereo HiFi particolarmente stabile.

    L’appartenenza alla Classe energetica A+++ caratterizza queste cuffie di un’alta efficienza, che consente 42 ore di riproduzione. L’adattabilità all’anatomia dell’orecchio è facilitata da ganci morbidi e flessibili, e dalla dotazione di 3 diversi tappi in silicone.

    Ma la tecnologia oggi si è spinta ancora più avanti, verso la ricerca di prodotti che vanno incontro alle esigenze più accurate dei runner; con gli Auricolari a conduzione ossea è possibile avere l’orecchio libero (non ci si isola dall’ambiente circostante) perché si appoggiano anteriormente al padiglione, risultando più comode ed igieniche.

    auricolari conduzione ossea corsaLe Shokz OpenRun appartiene all’8° generazione di questi prodotti (PremiumPitch 2.0+) che nel tempo ha notevolmente perfezionato la qualità audio rispetto le prime versioni. Le caratteristiche principali sono il fatto di essere leggere (26g) ed impercettibili mentre si fa sport. Come la maggior parte di questi apparecchi, hanno una lunga autonomia (8 ore) e sono impermeabili (comunque non adatti al nuoto). Inoltre, il marchio è partner riconosciuto dall’England Athletic, a dimostrazione dell’elevata qualità del prodotto.

    Cuffie o auricolari a conduzione ossea?

    Immagino che possa sorgere questo dubbio; le cuffie rappresentano una soluzione più tradizionale, che ha portato ad incrementare, nel tempo, il rapporto qualità/prezzo. In altre parole, garantiscono una migliore qualità del suono ed hanno costi più contenuti.

    Ma gli auricolari a conduzione ossea nascono prevalentemente come esigenza alternativa, cioè per coloro che non si trovano a proprio agio con le cuffie. Non solo, questi prodotti sono particolarmente consigliati in quei casi in cui è importante sentire anche i rumori ambientali (come quando si corre per strada) per ridurre qualsiasi tipo di rischio.

    Nel prossimo post, alcune playlist del nostro runner/DJ Cristian Morelli.

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    Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico Monticelli Terme, istruttore Scuola Calcio MT1960 ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it

  5. Appuntamenti Running: 18° Maratonina dei 2 Castelli ed un’Abbazia e Criterium degli Assi

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    leonePiatto forte di quest’edizione della manifestazione del GS Toccalmatto di Pasquetta, sarà il 30° Criterium degli Assi, che sarà valido per l’assegnazione del titolo di “Campione Provinciale Individuale di Corsa su Strada” oltre che valevole come 5° prova di Campionato Provinciale FIDAL Parma (verranno assegnati punteggi doppi!!!!). 9,85 Km da affrontare tutti d’un fiato, con Partenza ed Arrivo davanti alla Rocca di Soragna (PR) in Piazza Meli Lupi….dove ci sono i 2 leoni! Il percorso si snoderà per le campagne intorno a Soragna, senza particolari difficoltà altimetriche o tratti di sterrato. E siamo sicuri che i premi riservati ai primi arrivati (mezza forma di Parmigiano Reggiano al primo, un Prosciutto al secondo, ecc….basta vedere nella seconda pagina del volantino) saranno da ulteriore stimolo, insieme ai 52 premi riservati alle categorie! La partenza è alle 9:10 davanti l’ingresso della Rocca.

    soragna

    Per chi invece vorrà cimentarsi su una distanza maggiore (per preparare gare lunghe, Trail o semplicemente portarsi a casa la mezza forma di Parmigiano che sarà assegnata al primo arrivato), ci sarà la Maratonina (Memorial Villiam Banzola) di 22.8 Km. Nel tracciato, 3 elementi storici importanti come la Rocca di Soragna (partenza ed arrivo della gara), il passaggio a fianco della Rocca di Fontanellato e l’Abbazia di Fontevivo; nel mezzo, rettilinei asfaltati e strade sterrate tipiche della campagna Parmense….in altre parole, un “viaggio” tra Castelli, l’Abbazia e “dentro se stessi”. La partenza è alle 9:00 sotto al voltone dell’ingresso del paese (a pochi metri dall’ingresso della Rocca).

    Loghino-ToccalmattoOvviamente non potrà mancare anche la Manifestazione Non Competitiva (FIASP) con percorsi per tutti i gusti (3.1 – 8 – 9.85 – 16 e 22.8 Km). In questi casi la partenza sarà libera dalle ore 7:50 alle ore 9:00.

    Scarica il volantino della manifestazione

    Per informazioni: melsh76@libero.it oppure 335-8150204

    COME ARRIVARE

    Ritrovo, partenza ed arrivo saranno in Piazza Meli Lupi (davanti all’ingresso della Rocca, dov’era stata fatta la manifestazione 3 anni fa); la piazza principale di Soragna (Piazza Garibaldi) sarà occupata dai preparativi della Mostra dell’Artigianato che si svolgerà dal 25 al 27 Aprile. Per questo motivo dovranno essere utilizzati i parcheggi fuori dal centro storico.

    • Per chi arriva da Fidenza/Autostrada, seguire le indicazioni per Soragna, una volta entrati in paese seguire le indicazioni per “Cimitero”/“Centro”/”Rocca” e si giungerà proprio davanti al Voltone, ad un centinaio di metri dalla partenza (dove ci sarà il divieto di accesso).
    • Per chi arriva da Busseto, una volta entrati in paese seguire le indicazioni “Rocca”.
    • Per chi arriva da Parma/Fontanellato, appena entrati in paese si passa il ponte sullo Stirone e si prende la prima strada a sinistra (Via Martiri della Libertà) che costeggia il centro fino ad arrivare davanti al Voltone.

    In ogni modo saranno presenti in tutto il paese, indicazioni per il ritrovo della corsa e per gli spogliatoi. Sotto potete vedere la cartina statica e dinamica per poter arrivare al ritrovo.

    mappa2

    Visualizzazione ingrandita della mappa

    SPOGLIATOI E DOCCE

    Saranno utilizzati gli spogliatoi del Palazzetto, ad 800m dalla partenza (vedi cartine sopra). Al ritrovo di partenza saranno presenti frecce ed indicazioni per poter arrivare a piedi o in macchina al Palazzetto. Nella zona di partenza, potrà essere utilizzata la copertura dei portici per il ritrovo e cambiarsi al riparo.

    EVENTI COLLATERALI

    definitivoIl 25-26-27 Aprile a Soragna si svolgerà la 37° Edizione della Mostra dell’Artigianato. Tra bancarelle, trattori, animali da cortile, prodotti artigianali e spettacoli, quest’anno ci sarà una ricca novità, la gara-evento “La Pasta in Scena” promossa da Ente Mostra, Ufficio Turistico di Soragna e Comune di Soragna.

    museoIl giorno della gara, dalle ore 10:00, per podisti ed accompagnatori sarà possibile visitare il Museo del Parmigiano Reggiano (ingresso a fianco del Voltone della Rocca) al prezzo convenzionato di € 3,00 senza degustazione ed € 4,00 con l’assaggio di formaggio Parmigiano-Reggiano (basta presentarsi a nome del GS Toccalmatto); per info, visitate il sito internet o telefonate allo 0524-596129. Il museo offre ai visitatori

    • Testimonianze della tradizione storica dei prodotti parmigiani
    • documenti
    • macchine ed attrezzi per la lavorazione e la comprensione dell’intero processo produttivo
    • importanti immagini della comunicazione
    • l’assaggio finale del Parmigiano Reggiano

    RINGRAZIAMENTI

    Il GS Toccalmatto ringrazia le amministrazioni comunali di Soragna, Fontanellato, Fontevivo, i nostri main sponsor (Piccoli Group e Gioielleria Gandini), tutti gli inserzionisti del volantino, il Gruppo Alpini di Soragna, la CRI di Soragna, il GP Quadrifoglio di Salsomaggiore ed il GP AVIS-CRI-AIDO di Sorbolo per il sostegno e l’aiuto fornito all’organizzazione.

  6. Running: corsa lenta attiva, collinare e corsa lunga svelta

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    (Aggiornato al 09/09/2022)

    Molte volte il runner è online alla ricerca di mezzi d’allenamento in grado di fornire stimoli allenanti particolarmente efficaci per raggiungere i propri obiettivi; in questo non c’è nulla di male, anzi, credo sia un pregio il fatto di cercare di approfondire la propria conoscenza sull’argomento, al fine di diventare atleti più consapevoli ed efficienti.

    Quello che però spesso viene sottovalutato (ovviamente in buona fede) è l’inserimento e l’esecuzione dei mezzi allenanti più semplici, come le corse continue e le sue varianti (Corsa lenta, corsa media, collinare, ecc.); è come se nel fare una torta si trascurassero ingredienti come la farina e lo zucchero. Le corse continue sono come la farina e lo zucchero della preparazione del runner; ovviamente non sono gli unici “ingredienti”, ma sono quelli senza i quali non si potrebbe neanche iniziare a parlare di allenamento per la corsa.

    In questo primo post sull’argomento, tratteremo la corsa lenta e le sue varianti; varianti che non sono solo relative all’intensità dell’esercizio (come può essere la Corsa Lunga Svelta), ma anche alla pendenza (e relativi aspetti allenanti) o alla tecnica esecutiva. Vedremo come con delle piccole modifiche, si riuscirà ad allenare un ampio spettro di qualità, partendo dal mezzo allenante più semplice, cioè la corsa lenta.

    Questo sarà di estremo aiuto al runner, perché imparerà a gestire piccole variazioni (come la tecnica di corsa, la pendenza, l’intensità, ecc.) ed associarle agli effetti allenanti; in questo modo aumenterà la propria consapevolezza, permetterà di migliorare la qualità del proprio allenamento e ridurre il rischio di errori.

    In particolar modo imparando ad effettuare la Corsa Lenta alla giusta intensità, riuscirà ad essere più rilassato negli allenamenti di scarico e più “pimpante” in quelli di carico.

    “Run hard Your hard days, Runr easy Your easy days”

    Traduzione: Allenati duramente nei giorni di carico e corri con facilità in quelli di scarico

    È una delle frasi più ricorrenti ripetute dai tecnici Americani, che credo incarni molto bene il concetto appena espresso.

    Bene, allora cominciamo prima di tutto con i concetti più semplici, cioè come si monitora la propria intensità di allenamento; poi andremo ad analizzare le singole varianti cercando di comprenderne le caratteristiche, gli effetti allenanti e i giorni necessari per recuperare tali sforzi. Tra i mezzi che andremo ad analizzare troveremo sia allenamenti alla portata di tutti, che stimoli adatti principalmente ad atleti più evoluti.

    Ma prima di andare a vedere come si monitorano le intensità, vi lasciamo alla tabella sotto, in cui vengono elencate le grandezze atletiche del runner, cioè le qualità che vengono stimolate con l’allenamento. Potete approfondire l’argomento nell’articolo specifico.

    Potenza aerobica runner

    Perché le intensità di riferimento sono così importanti

    I mezzi allenanti si possono individuare e codificare in base alla Velocità, in base alla Frequenza Cardiaca e in base alla Fatica Percepita.

    • Velocità: in questo caso bisogna avere i riferimenti metrici a terra o il GPS. Purtroppo non sempre si hanno a disposizione questi mezzi o non sempre ci si allena su terreni pianeggianti; questo non è un problema, in quanto le intensità possono essere controllate anche tramite altre variabili.
    • Frequenza cardiaca: è un metodo di monitoraggio molto semplice, ma dipende fortemente dalla temperatura esterna e dal tempo d’esecuzione dell’esercizio (deriva termica); già quando abbiamo parlato dell’apparato cardiovascolare abbiamo definito i limiti di tale rilevazione. Più specificatamente, a pari velocità, la frequenza cardiaca in ambienti particolarmente caldi e umidi, può avere fino a 10 battiti in più rispetto ad un ambiente freddo. Inoltre, nel finale d’allenamento (se questo è particolarmente lungo) possono esserci 3-8 battiti in più (sempre a pari andatura) a causa della disidratazione. Occorre quindi conoscere con una certa scientificità ed esperienza la variazione della frequenza cardiaca in base alle condizioni esterne ed utilizzarlo in maniera complementare alla fatica percepita (vedi sotto).
    • Allenarsi a “sensazione” (fatica percepita): chi è particolarmente esperto può ricorrere a questo metodo, la cui precisione è riconosciuta anche a livello di bibliografia internazionale (Okuno et al 2011, Zamuner et al 2011, Scherr et al 2013). Ad esempio, ad ogni ritmo di allenamento corrisponde un livello di “fatica percepita”; così la corsa lenta corrisponderà ad un’intensità alla quale si respira facilmente (e durante la quale si può anche chiacchierare), la corsa media corrisponde ad un’intensità che va tra la corsa lenta e il ritmo che si tiene in una gara di 10 Km, ecc. Allenarsi con questo metodo ha il pregio di non farsi condizionare eccessivamente dai parametri (frequenza cardiaca, velocità, ecc.), ma allo stesso tempo è meno preciso quando si devono effettuare ripetute a velocità superiore a quelle di gara.

    Ma qual è il metodo migliore?

    Non necessariamente un metodo è migliore dell’altro, ma si possono fare alcune considerazioni:

    • Quando si effettuano allenamenti con ripetute a ritmi definiti sarebbe meglio farle su percorsi misurati (riferirsi quindi alla velocità) o al limite usare il GPS.
    • Quando si effettuano i ritmi lenti, si può usare il metodo a sensazione (correre senza sentire affanno respiratorio) o fissare (nel caso si usi il cardiofrequenzimetro) una frequenza cardiaca di riferimento da non superare per non rendere l’allenamento troppo faticoso.
    • Per gli allenamenti a ritmo medio si possono fare le stesse considerazioni di sopra dei “ritmi lenti”, ma fissando due frequenze cardiache di riferimento, cioè una superiore (da non superare) e un’inferiore (sopra la quale bisogna rimanere). In ogni modo, in questo caso è possibile basarsi anche sulle velocità di riferimento (cioè in secondi al Km) con il GPS, oppure a Sensazione.
    • Quando si effettuano invece andature a ritmi leggermente inferiori a quelli di gara (detti anche corto veloce o nella fase finale di allenamenti progressivi), a mio parere, è meglio riferirsi alle sensazioni; in tal modo non si rischia di fare un allenamento troppo difficile da recuperare e ci si abitua a gestire con maggiore sensibilità il “ritmo gara” e la fatica che ne consegue.

    Per ogni mezzo allenante che presenteremo, vi daremo i parametri di tutti e 3 i riferimenti (velocità, frequenza cardiaca e sensazione), indicando quali sono i migliori da considerare per ogni allenamento.

    Quanti giorni di recupero mi servono per smaltire l’affaticamento di un determinato allenamento?

    Questo è un parametro molto sottovalutato, ma estremamente utile, perché ci indica i giorni che dovrebbero intercorrere tra le sedute di allenamento di carico (cioè quelle più impegnative), per evitare di affaticarsi eccessivamente (rischiando sotto-prestazioni) e limitare gli infortuni.

    Più precisamente, per tempo di recupero si intendono i giorni di riposo assoluto o “allenamento leggero” (come la sola Corsa Lenta) che intercorrono tra uno stimolo di carico (cioè un allenamento impegnativo) e quello successivo. Ad esempio, se “devo recuperare 1 giorno ogni 5 km di medio”, dopo un allenamento di 12 km di medio devono intercorrere 2-3 prima dell’allenamento impegnativo successivo. Durante tale periodo è opportuno effettuare solamente allenamenti di Corsa lenta e al limite qualche allungo.

    Ovviamente questo è un parametro molto variabile, in quanto dipende dal livello di allenamento, dalle caratteristiche del runner, dall’esperienza, dal momento della stagione (se si è “in forma”, oppure si è all’inizio della preparazione), dal proprio stile di vita, e anche da quanti allenamenti vengono effettuati a settimana; di conseguenza, i dati che noi indicheremo saranno da prendere con le molle, ma permetteranno comunque di comparare diversi mezzi allenanti al fine di poter confrontare quelli che inducono maggior affaticamento (e quindi necessitano di maggior recupero) rispetto ad altri.

    Ma iniziamo ora ad analizzare i vari mezzi allenanti.

    Corsa lenta

    Partiamo dall’ingrediente più semplice, ma anche quello più sottovalutato. Nel nostro post dedicato alla programmazione dell’allenamento, abbiamo visto come a livello professionistico le basse intensità costituiscono circa l’80% del volume d’allenamento totale (Seiler 2010).

    Per chi corre a livello amatoriale, ed effettua un numero inferiore di Km settimanali, è stato visto che più mezzi allenanti possano essere efficaci (anche quelli ad altissima intensità), ma un elevato volume ad intensità moderata rappresenta una variabile fondamentale anche per questa tipologia di atleti (Boullosa et al 2020).

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    Se un chilometraggio settimanale elevato (compatibilmente con il tempo a disposizione ad allenarsi) rappresenta le fondamenta della prestazione, è ovvio che la maggior parte del volume d’allenamento debba essere effettuato ad intensità moderata; per “intensità moderata” intendiamo la Corsa lenta, la Corsa lunga svelta ed il Collinare; tutti questi mezzi hanno in comune un’intensità non elevata, ma sono dotati di caratteristiche peculiari in grado di fornire stimoli allenanti anche di natura neuromuscolare o metabolica (come aumentare il consumo di grassi); vedremo questi aspetti successivamente.

    Ma rimaniamo sulla nostra corsa lenta e su un aspetto da molti trascurato, cioè la giusta intensità: come vedremo nel prossimo paragrafo, la velocità di questo mezzo allenante è idealmente più lenta di 45”/Km rispetto al Ritmo Gara 10 Km, e corrispondere ad una sensazione di correre “senza fare fatica”, durante la quale “è possibile anche chiaccherare”. Nel caso in cui ci si sentisse affaticati, nulla vieta di correre anche 1’ o 1’20”/Km più lenti del RG10 Km; l’importante è percepire di “correre senza fatica”. L’errore che fanno molti runner è quello di effettuare questa andatura ad intensità superiori, trasformando spesso un ritmo lento in un ritmo medio.

    Ma perché questo rappresenta un errore?

    Semplice, perché la corsa lenta (di durata non superiore ai 60-65’) è solitamente inserita in giornate che inframezzano sedute allenanti impegnative con lo scopo di recuperare l’allenamento precedente e presentarsi pimpanti a quello successivo; riuscirò mai a raggiungere questi scopi se “trasformo” questo allenamento in un “medio”?

    Non solo, a volte le sedute di 8-12 Km di corsa lenta (non i “Lunghi”, per intendersi) vengono effettuate con leggeri incrementi di lunghezza per aumentare gradualmente il volume settimanale; di conseguenza lo stimolo allenante è già ottenuto all’incremento dei Km.

    Ma facciamo un esempio per chiarirci meglio: a questo link, potete vedere gli allenamenti di Kenenisa Bekele in vista della maratona di Berlino del 2019, quando concluse con quello che attualmente è il secondo miglior crono (omologato) di sempre, cioè 2h01’41”. Dalla sua tabella d’allenamento, potete vedere come la sua “easy” (che corrisponderebbe alla nostra corsa lenta) sia di 4’10”/4’15” al Km, cioè 1’20”/Km  più lento del Ritmo Maratona e 1’40”/Km più lento del Ritmo Gara dei 10 Km (del suo primato, che poi è anche il record mondiale, di 25’17”).

    Ovviamente i Top runner tendono ad avere la forbice dei vari ritmi (da quello gara alla corsa lenta) più ampi degli amatori, in quanto sono più performanti ed effettuano un chilometraggio maggiore, ma per uno come Kenenisa che corre la maratona ai 2’53”/Km, è evidente che i 4’10-4’15”/Km siano ritmi facili! Questo gli ha consentito di effettuare un chilometraggio elevato e di recuperare adeguatamente tra le sedute impegnative.

    Ricordatevi sempre “Run hard Your hard days, Run easy Your easy days” (è la frase che abbiamo tradotto ad inizio articolo); a diversi atleti che alleno ricordo sempre che “per andare forte in gara, è necessario avere il coraggio di andare piano (quando serve) in allenamento”!

    Queste considerazioni valgono ancor di più per chi effettua 5 o più allenamenti settimanali; in questi condizioni non è raro effettuare allenamenti con i muscoli particolarmente affaticati da quello precedente; per questo motivo, è fondamentale rispettare le proprie sensazione di “Corsa facile” nelle sedute di Corsa Lenta.

    Quali intensità di riferimento?

    In base ai vari metodi di sensibilità del ritmo citati sopra, la Corsa lenta può essere fatta tenendo conto di:

    • Velocità di riferimento: +45”/Km del RG10 Km o più lenta. Per esempio, se corro i 10Km in 40’ (cioè a 4’/Km), la velocità massima della mia corsa lenta sarà di 4’45”; quindi potrò correre a quell’andatura o più lentamente, soprattutto quando ci si sente affaticati dagli allenamenti precedenti.
    • Fatica percepita: si intende un’andatura alla quale si può correre tranquillamente (senza fare fatica) e alla quale si può anche chiacchierare. Se si è stanchi dalla seduta precedente, la Fatica percepita è il metodo d’elezione per stabilire questo ritmo.
    • Frequenza cardiaca: si intende un’intensità compresa tra il 70-75% della Mfc (Massima frequenza cardiaca) o comunque un’intensità inferiore al 75% della Mfc. Questo è comunque un parametro meno indicativo dei precedenti, per questo motivo si consiglia di utilizzarlo solamente se si ha esperienza nel monitoraggio della frequenza cardiaca nelle varie condizioni ambientali e di allenamento.

    Nell’immagine sopra è possibile vedere una comparazione tra le varie corse continue per un atleta che ha un RG10 Km (ritmo gara sui 10 Km) appena inferiore ai 16 Km/h (3’48”/Km). Come potete notare, tutti i parametri (sia il Consumo di ossigeno che il Lattato) nella Corsa lenta corrispondono ai valori minimi, ad indicare come lo stress a cui è sottoposto l’organismo a questi ritmi sia molto basso; per questo motivo si riescono a correre diversi Km a questa velocità, aumentando il carico allenante con maggiore sicurezza. Non solo, l’inserimento di questa andatura (se effettuata correttamente) in sedute di scarico ha un effetto rigenerante permettendo di smaltire l’affaticamento della seduta precedente e presentarsi più pimpanti in quella successiva.

    Per chi vuole avere la certezza di correre a velocità “sufficientemente lenta” ed allenare al contempo il sistema respiratorio, consigliamo di leggere il nostro post sulla respirazione nasale.

    Nel nostro post dedicato alla programmazione dell’allenamento potete trovare indicazioni per l’incremento graduale del chilometraggio settimanale durante la preparazione di una competizione.

    Le eccezioni che confermano la regola

    Il parametro di “Velocità” indicato sopra (cioè +45”/Km rispetto al RG10 Km) è valido prevalentemente per quei runner che corrono i 10 Km in gara in un tempo compreso tra 35’ e 55’. Chi corre più lentamente può comprimere leggermente l’intensità (cioè utilizzare +30-40”/Km), mentre chi ha un primato inferiore ai 35’ dovrebbe aumentare la forbice tra il Ritmo gara e la Corsa lenta (ricordatevi l’esempio di Bekele). Altra variabile che può “allargare” la differenza tra i 2 ritmi sono le condizioni ambientali, soprattutto il caldo; nel nostro post dedicato ad allenarsi e gareggiare al caldo, potete trovare indicazioni interessanti. Stessa cosa vale per l’allenamento in quota.

    La differenza tra la Corsa lenta ed il Lungo

    Per la prima, si intendono solitamente sedute comprese tra gli 8-12 Km, o comunque inferiori ai 65-70’; oltre a questa distanza, possiamo considerarli dei Lunghi. I Lunghi hanno come scopo allenante quello di costruire la Resistenza Aerobica (cioè la capacità di correre a lungo limitando gli effetti della fatica), ed allo stesso tempo contribuiscono a mantenere elevato il chilometraggio settimanale.

    Essendo allenamenti di carico (e non di rigenerazione) è importante che la velocità non sia troppo bassa, e sia compresa tra +45 e +60”/Km rispetto al RG10Km; tutt’al più, l’intensità può raggiungere anche quella della Corsa lunga svelta (che vedremo in uno dei prossimi capitoli), con la consapevolezza che i giorni necessari per il recupero possano aumentare.

    Ma facciamo un esempio per chiarirci meglio: di norma, è necessario 1 giorno di recupero (cioè di allenamenti leggeri di Corsa Lenta o riposo completo) ogni 10-12 km di Lungo fatto di corsa lenta, con ovvie grandi differenze interindividuali. Se viene inserita la Corsa Lunga Svelta (CLS), è necessario 1 giorno di recupero per 7-9 Km di CLS; ad esempio, se corro 18 Km, dei quali 10 di CL e 8 di CLS, sono necessari 2 giorni di recupero.

    È quindi chiaro come il Lungo, quando deve avere una forma allenante generale, viene corso a queste 2 velocità; questo vale in particolar modo nel periodo di preparazione Generale, cioè nella prima parte della stagione. In questa fase, come regola generale, può valere che per preparare distanze pari o inferiori alla maratonina, siano sufficienti lunghi di 90’, magari ripetuti più volte ed in forma diversificata.

    Nel periodo Specifico (cioè successivamente) ogni Lungo assume le distanze e caratteristiche tipiche della gara/e a cui si finalizza la stagione; potete trovare le preparazioni specifiche delle gare nel capitolo Preparazione per le gare specifiche, nel nostro post dedicato ai Pilastri della corsa.

    Per runner particolarmente allenati e nella fase conclusiva della stagione è possibile optare anche per le Varianti dei lunghi; questi hanno inseriti al loro interno delle variazioni di ritmo e di pendenza che aumentano non poco il carico allenante, ma necessitano almeno di un giorno in più di recupero. Anche per evitare infortuni, si consiglia di correre questo tipo di Lunghi con un chilometraggio ridotto rispetto al solito.

    Il lungo collinare

    Passiamo ora al mio mezzo allenante preferito: per diversi motivi, che andremo ad analizzare, il Lungo collinare permette di dare degli stimoli allenanti superiori, con una riduzione del rischio di infortuni rispetto ai normali Lunghi che vengono effettuati in pianura. Andiamo ora a vederne i dettagli.

    Aspetto principale del Lungo Collinare è il percorso ondulato, fatto anche di salite abbastanza impegnative (nelle quali si riesce comunque a correre), eventualmente su terreni vari, ma preferibilmente senza discese particolarmente ripide e lunghe in asfalto. Vediamo ora i 4 punti che fanno preferire questo allenamento ai Lunghi pianeggianti:

    Punto N° 1: sviluppo della Forza

    Nel nostro post dedicato alla forza e velocità del podista, abbiamo visto come la corsa in salita permetta di sviluppare la Resistenza Muscolare Locale, che rappresenta la forza specifica che deve avere il runner. Riassumendo brevemente, questa aiuta a preservare i cali di forza che possono avvenire nei finali di gara, che solitamente tendono a far perdere efficienza di corsa. Non solo, correndo in salita la caviglia (a causa della pendenza) assume una maggior posizione in dorsiflessione a causa della salita, migliorandone sia la forza che la flessibilità, aiutando a prevenire gli infortuni e i crampi da sport.

    Ma quale intensità tenere in salita?

    È ovvio che negli allenamenti collinari l’unico parametro necessario per il monitoraggio sono le sensazioni corporee (oltre ad un cronometro o un GPS per valutare la durata o lunghezza dell’allenamento); se per i tratti in pianura possono essere fatte le stesse considerazioni dei Lunghi, nei tratti in salita è ovvio che la fatica percepita (anche correndo lentamente) possa superare quella della CL. Quello che è importante è che l’impegno sia comunque moderato, compatibilmente con il riuscire a correre. Per i runner più esperti che effettuano un elevato chilometraggio settimanale, ma hanno poche occasioni per effettuare lavori con salite, consigliamo di leggere anche il capitolo Lunghi collinari con RLSAL nel post dedicato alle ripetute in salita.

    Punto N° 2: sviluppo della Velocità

    Sempre nel nostro post dedicato alla forza e velocità del podista, abbiamo visto come la Velocità del runner dipenda dalla spinta orizzontale e dalla stiffness. La corsa in discesa (anche a basso impegno) è uno sforzo prevalentemente eccentrico, cioè alcuni muscoli sono particolarmente sollecitati in fase di allungamento nella fase di contatto del piede con il terreno.

    Vi invito a visionare questi 2 bellissimi minuti di spiegazione del prof Di Prampero (tratto dal blog  laltrametodologia), in cui il fisiologo spiega in maniera estremamente semplice, e comprensibile a tutti, come durante uno sforzo eccentrico (come correre in discesa) venga “utilizzata” una parte inferiore di fibre muscolari, incrementando notevolmente il carico di quelle sollecitate.

    Tutto questo implica come anche senza correre particolarmente veloce, alcune fibre muscolari siano segnatamente sollecitate, rappresentando un ottimo effetto allenante nei confronti della Stiffness muscolare (che una componente della velocità del runner, che influenza l’elasticità).

    Ma con che atteggiamento si corre in discesa in un lungo collinare?

    Ovviamente l’impegno deve essere moderato, cioè non si deve avere il fiatone, ma avere la sensazione di correre con naturalezza; altrettanto importante è adottare una tecnica di corsa corretta.

    Nell’immagine sopra sono indicati alcune specifiche essenziali per approcciare la discesa in maniera ideale. Non è difficile ricordarli tutti, è sufficiente tenere presente che tutti gli elementi del corpo avranno un’attitudine orientata a finalizzare al meglio il movimento. Ma partiamo “dall’alto”; testa e respirazione dovranno essere sciolti, il busto leggermente inclinato in avanti (per ridurre l’entità dell’impatto) in maniera tale che il bacino non subisca marcate oscillazioni mantenendo una corsa rotonda. Lo stesso si otterrà piegando leggermente il ginocchio in fase di appoggio e prendendo contatto con il terreno con il piede in maniera neutra; infatti, molti runner tendono ad atterrare sul tallone con il ginocchio esteso, aumentando drasticamente le forze d’impatto, con la conseguenza di frenare bruscamente ad ogni passo ed incrementare il rischio di infortuni. Questi errori sono ancor più evidenti quando la pendenza è elevata, per questo motivo, nei collinari, consiglio di evitare discese particolarmente ripide su asfalto; nei tratti in sterrato (o su sentiero) è consigliabile accorciare il passo a seconda dell’irregolarità del terreno, in maniera tale da scendere con maggiore sicurezza. Per chi vuole approfondire come migliorare in discesa, può leggere il nostro articolo specifico.

    Punto N° 3: prevenzione degli infortuni

    Correre su pendenze diverse comporta sollecitazioni più eterogenee di muscoli, ossa e legamenti; questo, oltre a fornire un effetto allenante più completo (come forza e velocità), evita che le sollecitazioni siano continuamente effettuate agli stessi angoli articolari come avviene in pianura. Facciamo un semplice esempio del piede: correndo in pianura nella fase di appoggio, il tallone e la punta saranno più o meno allo stesso livello; in salita la punta risulterà sopra al tallone, mentre in discesa il tallone sarà sopra la punta. Allo stesso modo, tutte le altre articolazioni beneficeranno della stessa eterogenicità degli stimoli; ancora più diversificato sarà l’appoggio nel caso in cui si corra su terreni diversi. La sensibilità di corsa ne trarrà grandissimi vantaggi.

    Non solo, visto che gli infortuni da sovraccarico si verificano soprattutto quando l’apparato muscolo-scheletrico è sollecitato in maniera univoca (stessa velocità, stessa pendenza, stesso terreno, ecc.), il collinare aiuta a diversificare gli stimoli riducendo il rischio di infortuni.

    Punto N° 4: test e valutazione

    Il collinare (e più precisamente un settore di esso) può essere usato anche come test soggettivo della propria condizione; tutti sappiamo che, anche tenendo un passo moderato su una salita molto ripida (lungo la quale si riesce comunque a correre), la fatica è maggiore quanto minore è la nostra condizione di forma. Non solo, Townshend et al 2010 provarono che lo sforzo fatto in salita, aveva ripercussioni negative (a seconda della fatica fatta) anche nel tratto successivo alla salita stessa; infatti dopo una salita si tende a ricercare spontaneamente una fase di recupero, dipendente dallo sforzo profuso e dalla fatica accumulata nel tratto ripido.

    Quindi, quale migliore soluzione di testarsi in questo determinato contesto, mantenendo comunque un passo moderato in salita (vista la pendenza) e focalizzandosi solamente su quelle che sono le nostre sensazioni (senza far caso a cronometro, GPS o cardiofrequenzimetro) durante la salita e nell’immediato tratto successivo?

    https://gfpantanirsm.wordpress.com/il-cippo/.  Clicca sull’immagine per ingrandirla

    È un po’ come faceva Marco Pantani quando voleva testarsi sulla salita di Carpegna, una salita estremamente impegnativa di 6 Km con pendenza media superiore al 10%; la inseriva nel suo percorso d’allenamento per auto-valutarsi prima degli appuntamenti che riteneva importanti per la sua stagione agonistica. Allo stesso modo è possibile, per un runner, valutare soggettivamente la sua condizione atletica generale inserendo una salita (vedremo ora come) all’interno di un lungo collinare. Ma quali sono i requisiti affinchè questo “test soggettivo” venga fatto nella maniera migliore?

    La prima cosa è la caratteristica della salita; per un runner deve essere lunga almeno 1.6 Km con pendenza elevata (ma corribile), possibilmente superiore all’8-9% di media. Ovviamente può essere anche più lunga e con una pendenza inferiore, l’importante è che la parte finale sia piuttosto impegnativa e possibilmente seguita da un falsopiano; in questo modo si potrà fare una sorta di doppia valutazione. La prima in base alle sensazioni provate durante la salita e la seconda nel falsopiano successivo.

    Naturalmente la parte successiva dell’allenamento può variare in base allo stimolo allenante che si vuole dare alla seduta.

    Aspetto importante per questo tipo di test è la ripetibilità, cioè deve essere affrontato in condizioni di relativa freschezza (non affaticati da allenamenti precedenti) e dopo un percorso iniziale comune; infatti, non avrebbe senso affrontare una salita del genere a volte dopo 4 Km ed altre dopo 10 Km. L’importante, se si vuole effettuare una valutazione che sia il più possibile obiettiva, è percorrerla dopo lo stesso percorso iniziale; può essere fatta dopo il riscaldamento o dopo altri Km in aggiunta. Altrettanto fondamentale è il correrla con l’impegno tipico di una salita di un lungo collinare, cioè a velocità moderata, ascoltando le sensazioni corporee.

    Ovviamente non darà indicazioni precise, come il tempo che si può valere in una gara di 10 km pianeggiante, ma effettuata in momenti strategici della stagione (ad esempio una volta al mese) permette di avere indicazioni abbastanza pratiche dello stato della propria “cilindrata” in quel momento.

    Rispetto a test effettuati con tempi, misurazioni, GPS, o cardiofrequenzimetri, è meglio tollerato dal punto di vista psicologico e, anche se non permette di ottenere riscontri particolarmente precisi, consente di migliorare la consapevolezza delle proprie sensazioni e la gestione dei ritmi.

    Ma come interpretare le sensazioni del test?

    È molto semplice: se si percepisce un miglioramento rispetto alla volta precedente, allora significa che nell’ultimo periodo si è effettuato un buon lavoro sul versante della velocità/capacità di gara e della forza muscolare. Se invece si percepisce un peggioramento o un “non miglioramento” rispetto al periodo precedente i motivi possono essere 2. Il primo è che ci si trova in un leggero stato di affaticamento (organico o muscolare), e si ha bisogno di un periodo (più o meno lungo) di scarico. Il secondo è che si ha lavorato in maniera preponderante su qualità che non hanno inciso sulle variabili che fanno migliorare il runner in salita; è l’esempio di quando si effettuano molte (o troppe) ripetute brevi o allenamenti simili.

    Quanto è necessario recuperare dopo una seduta di lungo collinare?

    Questa tipologia di allenamento è molto simile alla Corsa Lenta, ma produce un affaticamento muscolare leggermente superiore, sia perché alcuni tratti (come quelli in salita) sono inevitabilmente effettuati ad un impegno metabolico superiore, sia a causa degli impatti della corsa in discesa. Se dopo un lungo il recupero “standard” è di 1 giorno ogni 10-12 Km, dopo un lungo collinare possiamo considerare 1 giorno ogni 8-10 Km. Tempi superiori possono essere necessari per chi corre le primissime volte in discesa senza essere abituato.

    Quali sono i limiti del lungo collinare?

    Dopo i tanti elogi fatti a questo allenamento, credo sia anche giusto indicarne il difetto principale (che è comunque relativo). Come abbiamo più volte accennato, la miglior qualità di questo mezzo, rispetto ai lunghi pianeggianti, è il fatto di unire un lavoro di tipo neuromuscolare al classico stimolo sulla Resistenza Aerobica. Nell’immagine a fianco, è possibile vedere quali sono le qualità neuromuscolari del runner; come ripetuto, la corsa in salita permette di migliorare la Resistenza muscolare locale, mente quella in discesa la Stiffness. Quello che manca è la Spinta orizzontale; è quindi ovvio che se si corressero tutti gli allenamenti in salita/discesa, si allenerebbe poco quest’ultima qualità. Ma visto che la spinta orizzontale si allena prevalentemente correndo in pianura, è sufficiente inserire allenamenti pianeggianti nel proprio piano d’allenamento.

    La Corsa lunga svelta (CLS)

    Questa intensità è stata coniata e codificata da Orlando Pizzolato nel  suo testo del 2012, per identificare un passo intermedio tra la CL e la Corsa Media; per la maggior parte dei runner questa velocità (corca 35-50” più lenta del RG10Km) corrisponde all’andatura alla quale si consuma la maggior quantità di grassi a scopo energetico.  Malgrado l’utilizzo di questi substrati dipenda anche da altri fattori (livello d’allenamento, sesso, stato nutrizionale e dieta; Maunder et al 2018), per la quasi interezza dei podisti, l’intensità alla quale l’utilizzo è maggiore, è comunque sotto la Corsa media. Non a caso, in ambito sperimentale è identificata come Massima potenza lipidica.

    Nell’immagine sotto potete vedere le caratteristiche fisiologiche di questa velocità, confrontata con le altre andature continue.

    La linea verde evidenzia proprio quello che è il consumo di grassi al minuto, che raggiunge il suo massimo valore ad un’intensità leggermente superiore rispetto alla Corsa lenta; oltre la Corsa media invece, il consumo cala progressivamente, perché l’organismo (ad intensità elevate) preferisce l’utilizzo dei carboidrati, che permettono di ottenere energia più velocemente.

    La linea viola invece, rappresenta il consumo di ossigeno; è evidente che incrementando la velocità (rispetto alla CL) il consumo aumenti, senza andare incontro ad affanno respiratorio. A questa andatura è comunque possibile chiaccherare, anche se con una maggiore difficoltà rispetto alla CL.

    La linea tratteggiata invece, indica la concentrazione di lattato nel sangue, che rimane stabile ed ad un valore molto simile a quello della CL; visto che (con dovute semplificazione) la concentrazione di questa molecola è legata all’adrenalina presente in circolo, è evidente come questa andatura non rappresenti uno stress elevato per l’organismo, di conseguenza atleti sufficientemente allenati possono mantenerla per un tempo superiore all’ora; non a caso, per un atleta sufficientemente allenato è necessario 1 giorno di recupero ogni 8-10 Km di CLS.

    Quali intensità di riferimento?

    In base ai vari metodi di sensibilità del ritmo citati sopra, la Corsa Lunga Svelta può essere fatta tenendo conto di:

    • Velocità di riferimento: +35/50”/Km del RG10. Per esempio, se corro i 10Km in 40’ (cioè a 4’/Km), la velocità massima della mia Corsa lunga svelta (CLS) sarà compresa tra 4’35” e 4’50”/Km.
    • Fatica percepita: leggermente più “svelta” della CL, ma senza sfociare nelle sensazioni di fatica tipiche della CM.
    • Frequenza cardiaca: convenzionalmente si considera un valore compreso tra il 75-80% della Mfc (Massima frequenza cardiaca). Questo parametro (come accennato sopra) è comunque sempre poco indicativo, perché dipende da altri fattori. È normale che, nella seconda parte della seduta, a pari velocità i battiti tendano comunque ad incrementare a cause della deriva della frequenza cardiaca (soprattutto in climi caldi).

    Come e perché inserire la CLS nel proprio piano d’allenamento

    È da considerare che nel range di velocità comprese nella CLS (+35/50”/Km del RG10 Km), è presente il Ritmo Maratona per una parte consistente dei podisti, cioè quelli che hanno un primato sui 10Km superiore a 37-39’ e un tempo ipotizzato in maratona sotto le 4 ore.

    Per questo motivo, per i maratoneti rappresenta un’importante mezzo allenante. Com’è possibile intuire dal capitolo precedente, è utile per il maratoneta, sia per abituarlo al ritmo gara (solitamente il gesto della corsa è più “economico” alle velocità più utilizzate in allenamento), sia per allenare l’organismo ad utilizzare i grassi a scopo energetico, elemento fondamentale per risparmiare il glicogeno e glucosio; questi sono carboidrati sono fondamentali non solo per correre a ritmi medio-alti, ma anche per utilizzare i grassi a scopo energetico, visto che “i grassi bruciano al fuoco dei carboidrati”; potete approfondire questo concetto nella parte terminale di questo articolo.

    Orlando Pizzolato nel suo testo Correre…secondo Orlando Pizzolato, indica come la durata di questo allenamento possa durare da 1h15’, fino a 2h, inserendolo (sempre per i maratoneti) nei weekend in cui non presenti i lunghissimi di preparazione alla maratona.

    Ma a mio parere, è un’intensità che si può usare anche per chi prepara altre distanze nei seguenti allenamenti:

    • Nei progressivi ad inizio stagione, quando ancora non si utilizzano andature veloci: ad esempio effettuando una progressione che prevede una parte di CL, una di CLS e una di Corsa media.
    • Nella parte finale dei Lunghi: incrementare la velocità nel finale di un lungo (se di distanza non eccessiva) o anche nella seconda parte, a volte è abbastanza spontaneo, ed efficace dal punto di vista allenante. Quindi, a seconda delle sensazioni del momento, è possibile aumentare leggermente l’intensità (passando dalla CL alla CLS) nel momento in cui ci si sente di poterlo fare. L’importante è il “non forzare” l’incremento di ritmo nel caso o nei momenti in cui non ci si senta di farlo. È comunque da ricordarsi che i Km effettuati di CLS sono di un impegno maggiore, quindi è da tenerne conto quando si programmano i giorni di recupero successivi all’allenamento.
    • Nei recuperi delle ripetute: ad esempio, invece di correre 6x800m al RG5000m con 3’ di recupero di corsa blanda, è possibile effettuare 6×800 al RG10Km con 800m di recupero di CLS. Ovviamente questo è solo un esempio: il concetto di base è che è possibile abbassare la velocità della fase attiva della ripetuta (passando dal RG5000m al RG10Km), ed alzare la velocità del recupero (dalla corsa blanda alla CLS). In questo caso aumenta la velocità media dell’allenamento ad un livello paragonabile a quello delle Ripetute Lunghe, diventando di conseguenza più allenante, ma meno impegnativo dal punto di vista psicologico  rispetto alle ripetute sulle distanze sui 2-3 Km (perché si varia intensità più spesso). Per approfondire leggi il nostro post sulle ripetute.

    Corsa lenta attiva

    Passiamo ora all’ultima forma d’allenamento di questo articolo; quest’andatura è prerogativa dei runner che hanno elevate doti neuromuscolari, quelli che nel nostro post dedicato all’individualizzazione dell’allenamento abbiamo indicato come “runner veloci” e comunque e necessariamente dotati di buona stiffness (reattività ed elasticità muscolare). Altro presupposto per essere portati ad utilizzare questo mezzo allenante è possedere una buona simmetria di corsa, cioè non avere asimmetrie anatomiche e funzionali che solitamente sono spesso concausa di frequenti infortuni.

    Semplificazione delle caratteristiche del runner

    Appare quindi evidente che la Corsa lenta attiva comporti una maggior rischio di infortuni, quindi se si decide di utilizzarlo è necessario esserne consapevoli. L’allenamento prende spunto dal libro The block training system in endurance running (del 2007) di Juri Verkhoshansky, in cui viene presentato un metodo per lo sviluppo del mezzofondista, maggiormente incentrato sull’allenamento di intensità (con l’utilizzo di molti movimenti funzionali) e con un volume di chilometri ridotto rispetto ai metodi classici.

    All’interno di questo metodo troviamo il Bouncy run, un mezzo allenante che implica il correre a ritmo lento, ma spingendo in particolar modo con piedi e caviglie; non è una corsa balzata, in quanto il ginocchio non sale più di quanto avvenga durante la corsa lenta.

    Senza dover avere un’andatura esplosiva come in questo video esplicativo (difficile da eguagliare se non si hanno caratteristiche neuromuscolari tipiche di un velocista od un saltatore), riporto sotto quelli che sono le peculiarità essenziali di questo tipo di andatura:

    • La spinta e l’impulso devono essere dati prevalentemente da piedi e caviglie; è importante stare con il baricentro del corpo ben sopra l’appoggio del piede e non alzare troppo il ginocchio come invece si fa nella corsa balzata.
    • L’intensità fisiologica e la velocità deve essere moderata, simile alla corsa lenta.
    • Concentrarsi sulla simmetria del gesto: i passi devono essere della stessa lunghezza e della stessa durata con entrambi i piedi
    • Parte superiore del corpo deve essere rilassata: è un indicatore particolarmente importante del fatto che si stia facendo bene l’esercizio.
    • Effettuare l’andatura possibilmente su terreno “non duro” (meglio evitare l’asfalto) ma comunque sufficientemente regolare: l’ideale è il tartan, l’erba di un campo da calcio o terra battuta.

    È ovvio che se non si riescono a rispettare questi parametri è necessario desistere dall’utilizzare questo mezzo. Ma quali sono gli effetti allenanti?

    È ovvio che lo stimolo principale è nei confronti delle qualità neuromuscolari (in particolar modo forza e stiffness) della muscolatura che agisce sulla reattività/spinta dei piedi e dei glutei; questi gruppi muscolari sono quelli maggiormente responsabili di una corsa “rilassata” ed efficiente. Ne consegue, che questo mezzo allenante è possibile inserirlo nella prima parte della stagione (periodo generale) evitando che venga effettuato nelle “vicinanze” di altri allenamenti neuromuscolari impegnativi come le salite brevi massimali o gli allunghi.

    L’allenamento tipico può essere quello di eseguire più ripetizioni di 50-100m per arrivare ad un totale di 700-1000m (iniziare sempre con volumi minimi). Il recupero tra ogni ripetizione può essere di 2-3’ (di Corsa lenta), o comunque un tempo necessario per riuscire ad effettuare la ripetizione successiva con brillantezza. Interrompere l’esecuzione delle andature in caso di comparsa di affaticamenti o dolori.

    Per aumentare il carico, è possibile aumentare il volume totale delle ripetizioni fino a 1200-1400m oppure allungare le ripetizioni (fino a 200-400m), mantenendo costante il lavoro totale. Consiglio di programmare non più di una seduta alla settimana di questo tipo.

    Questo protocollo può essere inserito all’interno di una seduta di CL di 50-60’, possibilmente nella parte finale dell’allenamento. Malgrado possa sembrare poco impegnativo, sono necessari 2 giorni per recuperare questo tipo di stimoli.

    Conclusioni ed applicazioni pratiche

    Sotto è possibile vedere uno schema riassuntivo delle varie corse continue; le ultime 2 (Corsa media e veloce) le affronteremo nel prossimo post. Nella tabella non ho inserito volontariamente il collinare e la corsa lenta attiva perché hanno peculiarità (intensità e finalità allenanti) che esulano dalla normale codifica delle corse continue in pianura.

    Tulle le indicazioni date vanno comunque contestualizzate in base a diversi fattori, come la tipologia di atleta, lo stato di forma, il grado di affaticamento, al tempo a disposizione per allenarsi, ecc. La corse continue e le sue varianti sono mezzi essenziali che, con opportune modifiche (l’abbiamo visto in questo post), possono avere uno spettro allenante molto vasto, pur modificando di poco la struttura esecutiva. Questo permette di apprendere più facilmente (e con meno errori) le varie metodiche.

    Leggi anche l’articolo sulla Corsa Media e sulla Corsa Veloce.

    Come abbiamo ribadito più volte, lo studio e la conoscenza delle metodiche di allenamento, unita alla comprensione delle proprie caratteristiche, permette all’atleta di fare scelte consapevoli ed efficienti in sede di programmazione; questo consente di essere non solo un runner migliore dal punto di vista cronometrico, ma di godersi appieno la pratica del proprio sport preferito.

    Nella nostra home page dedicata al running, potete trovare il nostro post dedicato alla programmazione dell’allenamento e tutte le risorse necessarie per diventare un runner più consapevole ed efficiente.

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    Autore dell’articolo: Luca Melli (melsh76@libero.it), istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 e preparatore atletico AC Sorbolo.

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