Negli ultimi giorni è circolata molto online ed è stata pubblicata anche su numerosi giornali – oggi ne parla anche Massimo Gramellini sulla Stampa – una foto in bianco e nero che mostra un bambino mettersi in mezzo a due adulti che stanno discutendo in un campo da calcio, un arbitro e un allenatore. La foto è diventata ben presto un simbolo e un richiamo a un gioco meno aggressivo e con maggiore spirito sportivo.
Il bambino della foto si chiama Alejandro Rodríguez Macías: ha 5 anni e gioca come attaccante nell’Unión Viera B, una squadra di calcio giovanile di Las Palmas, sull’isola spagnola Gran Canaria. La mattina del 14 maggio scorso stava giocando nello stadio López Socas contro il Barrio Atlántico: entrambe le squadre fanno parte della categoria prebenjamín, in cui giocano i bambini tra i cinque e gli otto anni.
Durante il primo tempo l’allenatore del Barrio si era trovato più volte in disaccordo con le decisioni dell’arbitro, e gliene aveva parlato nel’intervallo. Alla ripresa del secondo tempo, dopo un’altra decisione arbitrale che aveva ritenuto sfavorevole, l’allenatore è entrato in campo e ha iniziato a discutere in modo acceso con l’arbitro. A quel punto è intervenuto Alejandro, mettendosi in mezzo ai due adulti e dicendo «smettetela, smettetela, smettetela!». L’allenatore e l’arbitro hanno subito smesso di discutere, mentre il pubblico si è alzato in piedi ad applaudire il gesto del bambino.
Rubén López Estupiñán, uno dei genitori che assisteva alla partita dagli spalti, ha scattato la foto che in poco tempo è stata ripresa da siti e giornali di tutto il mondo. López ha raccontato al sito Tinta amarilla che «è stata una cosa che ci ha impressionato. Il gesto del bambino è stato indimenticabile. È riuscito a fermarli e ha ottenuto gli applausi del pubblico. È stato davvero bello». Ana Afonso, l’allenatrice dell’Unión Viera, ha raccontato che si è accorta che Alejandro se ne stava «con le mani tese tra l’allenatore e l’arbitro. Mi sono avvicinata a gli ho chiesto “Alejandro, cosa fai?” e lui mi ha risposto “Niente, è che voglio continuare a giocare”». In un’intervista a UDRadio, Alejandro ha spiegato che non voleva che gli adulti «litigassero» e ha aggiunto che «mi piace il gioco pulito».
Bergamo Soccer School organizza un ciclo di seminari a Bergamo presso la “Casa dello Sport” in via Gleno (seminari pratici e teorici):
1° clinic Venerdì 3-Sabato 4 maggio ADRIANO BACCONI e ISTRUTTORI PSS Tema:Modello prestativo del calciatore moderno, come allenare le 4 dimensioni del calcio
2° clinic Venerdì 10-Sabato 11 maggio TRAMEZZANI – GALLO Tema: Controllo orientato e passaggio in regime percettivo
3° clinic Venerdì 17-Sabato 18 maggio SARCI’- SOLLITTO Tema: Allenatori Scuola Calcio Anderlecht. Tema: l’attenzione e il ritmo nelle esercitazioni tecnico-tattiche
4° clinic Venerdì 24-Sabato 25 maggio Dott.ssa BOUNOUS- Dott. TESTA Tema:Aspetti socio-psicologici: comunicare in campo.. e fuori
Quota di partecipazione: € 80 a seminario (in caso di partecipazione a tutti e 4 i seminari quota per seminario 60 €.
L’allenamento del giovane Portiere della Scuola Calcio assume una centralità rilevante nel contesto generale dell’ intera stagione e deve possedere come caratteristica predominante la possibilità di fare emergere le qualità nei vari aspetti del piccolo allievo.
Oltre alle conoscenze tecniche specifiche, occorrono da parte dell’ Allenatore capacità creative, affettive, relazionali e di ascolto. Il raggiungimento dell’ obiettivo sportivo non può essere inteso come un esito meccanico, a se stante, distaccato dalla realtà umana che forma la squadra e dalle sue innumerevoli implicazioni in termini di coinvolgimento e motivazione.
L’individuo mostra le sue modalità di approccio alla realtà secondo la propria storia e le proprie caratteristiche psicologiche che vincolano l’agire ed il mondo esperienzale con i relativi vissuti di ognuno di noi.
Le tensioni, gli ostacoli alla motivazione, la percezione di sè, la propria autostima, sono alcune delle problematiche che possono intervenire sia al momento della seduta di allenamento sia al momento della gara, interferendo sui comportamenti e che possono essere gestite al meglio grazie ad una adeguata preparazione psicologica.
Questa consiste in una metodologia attenta agli aspetti relazionali di contesto e si concentra sul rapporto tra i comunicanti, tra l’ Allenatore e l’ Allievo: si basa, quindi, prima di tutto sulla persona e poi sull’ atleta.
E’ fondamentale che si arrivi ad accettare fino in fondo l’idea che il nostro giovane Portiere, per rendere al massimo, non deve essere ben preparato solo nei vari aspetti fisici, tecnici e tattici, ma anche la sua mente deve essere in grado di dare il massimo ed il meglio al momento della prestazione.
Numerose sono le variabili che intervengono nella prestazione del Portiere che vanno dall’ età ( esperienza ) alla struttura fisica ( atleticità, altezza, ecc ) all’ ambiente ( pressioni più o meno sostenibili presenti nel contesto sportivo od extra sportivo, tipologia delle relazioni, ecc ) alle caratteristiche emotive personali ( capacità gestione dello stress, personalità, ecc ).
Chi si trova ad operare nel ruolo di Istruttore/Allenatore nella Scuola Calcio deve tenere presente e considerare l’importanza del contesto, con le sue aspettative e con le sue pressioni con cui il giovane allievo si trova a vivere ed a fare i conti.
Per evitare il rischio di sottovalutare l’influenza che rivestono i fattori storici e psicologici personali, non solo nel riuscire ad emergere, ma anche nel saper mantenere un adeguato livello di preparazione e prestazione, ogni Allenatore di Portieri deve tener presente:
il tipo di relazione che viene a stabilirsi tra Allenatore e giovane Portiere: essa permetterà o meno l’acquisizione degli apprendimenti e lo sviluppo delle capacità;
il tipo di scambio e dialogo tra Allenatore e giovane Portiere: regole chiare, riconoscimento delle aspettative maturate, contribuiscono ed intervengono significativamente sulla prestazione del giovane numero uno.
In sostanza non c’è apprendimento, e quindi sviluppo delle potenzialità ed applicazione delle capacità, se nella relazione esiste un conflitto non risolto, determinato da scarsa qualità relazionale.
Una corretta gestione dal punto di vista psicologico del giovane Portiere deve tener conto anche delle regole diverse tra i contesti di provenienza ( ad es. famiglia, realtà sociale, ecc ), delle aspettative ( verso di lui ) diverse tra i contesti di provenienza ( ad es. famiglia che lo accetta per come è dal punto di vista affettivo; società sportiva che lo accetta per quanto fà dal punto di vista della prestazione ) e del ciclo vitale, cioè del momento specifico della sua crescita ed evoluzione.
Ciò che voglio far intendere è che l’allenamento di un bambino che vuole provare a fare il Portiere non può prescindere da alcune attenzioni che nella cornice di gioco, tengano conto delle diverse variabili che partecipano alla sua motivazione ed al piacere di andare al campo, incontrare gli amici, sentirsi riconosciuto dal proprio Istruttore, dimostrare a se stesso di essere in ” grado di ” ed ai propri genitori che è bravo.
Ovviamente il ” bravo ” non deve essere inteso come da pagella, ma come una percezione personale di essere riuscito in un particolare compito o meglio ancora in un determinato intervento.
Il Preparatore dei Portieri dovrà, quindi, strutturare il proprio lavoro tenendo conto anche delle risposte emotive individuali, facilitando così l’ottenimento dei risultati attesi dal punto di vista della prestazione.
Il giovane Numero Uno, come ogni giovane atleta, ha bisogno di trovare, per l’espressione massima dei propri potenziali, le condizioni di benessere psicologico che qui va inteso come esito di modalità relazionali in cui sono estremamente chiari i ruoli, le aspettative, i modelli comunicativi al cui interno ogni individuo è impegnato.
Schematizzando l’ Allenatore dei Portieri, così come per ogni tecnico di campo, deve possedere, oltre alle competenze specifiche del ruolo, ed in questo può essere un vantaggio l’aver difeso la porta in passato, anche una sensibilità ed una attenzione agli aspetti psicologici e per cui svilupperà una strategia di lavoro che terrà in forte considerazione i seguenti aspetti:
a) psicologia dell’ individuo: analisi, valutazione ed intervento nelle seguenti aree:
attenzione
motivazione
autostima
percezione del rapporto con i compagni
b) psicologia del giovane allievo nel gruppo: osservazione ed intervento sulla:
gestione del rapporto tra il tecnico ed i giovani portieri
riconoscimento e gestione degli aspetti complementari ( riguardanti il tema delle gerarchie allenatore-atleta ) e degli aspetti simmetrici ( riguardanti il tema della prestazione/capacità di misurarsi per migliorare )
L’ Istruttore si troverà a dover fare i conti con altri e non secondari aspetti del proprio ruolo: i modelli proposti ( professionistici o dilettantistici ) e le aspettative dei genitori.
Sappiamo come oggi nella società dell’ immagine rivesta grande rilevanza apparire: poter imitare ed identificarsi con modelli importanti in una certa misura diviene altamente compensativo dei propri reali o supposti limiti.
Bisogna tenere presente di come il giovane Portiere si trovi al centro di complesse pressioni, sia interne legate alla sua crescita che lo trasforma anche fisicamente, sia esterne che lo vedono sempre più alle prese di aspettative ambientali comportamentali, progressivamente più articolate e raffinate come a scuola, nelle attività sportive, nella vita.
Anche qui gioca un ruolo fondamentale l’età del giovane ed il ruolo dell’ adulto. Manifestare ad esempio il sogno di diventare un campione, è senza dubbio legittimo ed al giovane può servire finchè rimane nell’ ambito della sua immaginazione, nel gioco dei desideri.
Altro diviene se direttamente od indirettamente entrano in gioco le aspettative degli adulti: il genitore che vede nel suo piccolo il Portiere di Serie A del futuro a cui può aggiungersi l’ Allenatore che un giorno potrà dire ” quello lì l’ho allenato io ! ” rischiano di provocare un atteggiamento nel giovane atleta di rifiuto o di frustrazione se non riesce a soddisfare le aspettative dei grandi.
L’ Allenatore che si trova impegnato a lavorare con giovani Portieri della Scuola Calcio deve tenere conto di queste molteplici variabili per potere realizzare un valido ed efficace percorso di crescita, che sia esito di una miscela corretta di competenze tecniche, psicologiche e relazionali.
La preparazione sportiva indirizzata ai bambini dai 6 –10 anni deve essere centrata sullo sviluppo psicomotorio, ovvero su attività che diano loro la capacità, lo sviluppo e il controllo del proprio corpo, per uno sviluppo globale sotto l’aspetto motorio, psicologico e cognitivo.
Lo sviluppo tecnico deve avvenire attraverso giochi didattici in cui vi sia prettamente una componente coordinativa generale e di indirizzo tecnico – sportivo. Dobbiamo ricordare che alla Scuola Calcio arrivano bambini di età compresa tra i 5/6/7 anni, bambini dei nostri giorni, figli del 2000 e quindi dei comfort, dei video giochi; bambini che nella maggior parte dei casi sono molto impacciati nei suoi movimenti e meno dinamici di quanto lo erano i bambini di anni fa.
Oggi non ci sono spazi verdi dove giocare, un muro contro cui calciare un pallone, spazi liberi o dei cortili dove poter tracciare un campo, porre due pietre per delimitare la porta e disputare partite per divertirsi con i compagni. Quindi tutte le capacità motorie di base che un tempo si acquisivano inconsciamente salendo sugli alberi, saltando o camminando sui muri, ecc…, oggi vengono a mancare in quanto i nostri figli sono costretti a vivere come “polli d’appartamento”.
L’istruttore al momento di accogliere i bambini deve saper conquistare subito la loro fiducia, dimostrandosi sempre sereno trasmettendo la propria passione e l’amore per questo sport, creando un ambiente allegro dove i bambini si divertono senza creare distinzioni o rivalità personali. I nostri allievi oltre a crescere individualmente e tecnicamente, devono imparare ad associarsi; imparando il rispetto delle regole e dei compagni. Bisogna farli divertire con giochi di facile comprensione ed applicazione, in modo da favorirne il successo e non l’insuccesso che può portarli ad un facile abbandono.
Tutto questo cercando anche di variare in modo continuo l’allenamento per cercare di mantenere sempre alta l’attenzione in modo che i bambini non si annoino.Cerchiamo anche di dialogare con i bambini e spiegare gli esercizi-gioco con un linguaggio semplice e facilmente comprensibile e con poche regole.
La nostra attenzione deve essere rivolta non a come vengono eseguiti gli esercizi , sotto l’aspetto prettamente tecnico, ma soprattutto se l’esercizio è stato capito e di conseguenza eseguito, in quale tempo, con quale facilità di esecuzione e se la loro ripetitività viene memorizzata e quindi nelle successive esecuzioni svolto con più facilità, coordinazione e rapidità.
La metodologia da me adottata e consigliata è quella che va dal generale all’analitico, ovvero inizialmente si lascia libero il bambino di eseguire liberamente l’esercizio dando come input l’obiettivo da raggiungere (fare goal, colpire un birillo, far arrivare la palla ad un compagno, raggiungere una meta, ecc…) e qualche suggerimento verbale, successivamente si passerà a quella analitica, cercando di curare il gesto tecnico.