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  1. Errori da evitare nella corsa: la sporca dozzina

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    (Aggiornato al 30/04/2023)

    Infortuni e sottoprestazioni sono prevalentemente dovuti ad errori nell’allenamento; spesso si è alla ricerca di scarpe, accessori, integratori o del metodo più innovativo per essere più veloci, trascurando invece come siano gli errori nell’allenamento a non permetterci di esprimere il nostro potenziale.

    Ad esempio, abbiamo visto come la caffeina in media possa incrementare la performance di corsa dell’1,1%, ma ha poco senso parlarne se si è sempre infortunati o ci si allena male.

    È quindi necessario un approccio che parta dai presupposti che hanno maggiore incidenza sul modo con cui viviamo la nostra passione per la corsa; in altre parole, un approccio top/down (dalle cose che contano di più…fino a quelle che contano meno) è sicuramente il più efficace, e la prima cosa è proprio quella di evitare gli errori più comuni!

    Per scrivere questo contenuto, ho preso spunto dall’articolo the dirty dozen (“Quella sporca dozzina”) di Pete Magill, il cui tutolo prende spunto proprio dal film del 1967. Ho comunque cercato di semplificare e raggruppare alcuni degli “errori” per rendere più agevole la lettura.

    Nell’immagine sotto sono rappresentati gli errori più comuni dei runner in maniera tale da farvi selezionare i capitoli che ritenete per voi più interessanti.

    Corsa errori da evitare

    Ricordatevi che per essere dei runner migliori non bisogna “soffrire di più”, è invece primario fare scelte intelligenti in sede di programmazione, allenamento e stile di vita.

    Errore N° 1: iniziare gli allenamenti con eccessiva intensità

    È l’errore tipico a cui si può andare incontro quando ci si allena in gruppo in sedute lunghe, oppure per chi si allena poche volte a settimana.

    Prendete ad esempio Eliud Kipchoge per il quale viene riportato come inizi alcuni allenamenti di “rigenerazione” (18-20 Km) correndo anche a 6’/Km!

    Le conseguenze deleterie di iniziare gli allenamenti troppo velocemente sono diverse: la prima è che comporta un più rapido dispendio di carboidrati (cioè i substrati energetici responsabili dei ritmi più elevati), che invece sarebbero risparmiati con un inizio più soft.

    Il secondo è che non asseconda l’esigenza dell’organismo di incrementare il lavoro fisico gradualmente; questo non solo farà percepire più fatica, ma porterà anche eventuali irrigidimenti muscolari che possono essere (nel lungo termine) cause di acciacchi ed infortuni.

    Per questo motivo il riscaldamento non dovrebbe essere solamente graduale, ma comprendere allungamenti funzionali che permettono di detendere e tonificare allo stesso tempo la muscolatura.

    Riscaldamento corsa

    L’immagine sopra è presa dal nostro post dedicato al nostro protocollo di riscaldamento per la corsa, che prevede 3 movimenti di allungamento funzionale ed uno di attivazione per preparare al meglio le catene muscolari all’allenamento.

    Errore N° 2: trasformare ogni allenamento in un medio

    Una corretta metodologia d’allenamento prevede l’alternanza di giornate di carico a una o più giornate di scarico; le prime, comprendono allenamenti che per intensità o durata vanno a stimolare reazioni biologiche in grado di “migliorare nel tempo” (se opportunamente dosate), mentre le seconde danno al corpo il tempo di attuare le risposte biologiche desiderate (tramite riposo o allenamenti molto leggeri).

    Di conseguenza è nelle giornate di scarico che la condizione incrementa.

    Recupero corsa

    L’errore comune di diversi podisti è quello invece di uniformare la velocità di tutti gli allenamenti ad intensità media; questo avviene per diversi motivi, come la paura di non allenarsi sufficientemente, il fatto di voler sfogare lo stress accumulato durante la giornata, ecc. Le conseguenze sono 2 (soprattutto se ci sia allena 4 volte o più alla settimana):

    • La prima, quella più ovvia, è quella di non dare al corpo il tempo di recuperare, in quanto un allenamento corso ad intensità media non permette all’organismo di assecondare le normali esigenze di ripristino della fatica.
    • La seconda è quella di dare all’organismo sempre gli stessi stimoli allenanti; come vedremo nei prossimi paragrafi, il runner deve inserire nel suo programma sia stimoli di intensità che di durata. Questo permette di ottenere miglioramenti da tutti i margini di guadagno prestativo.

    Nelle tabelle degli atleti che alleno, spesso scrivo la frase “a volte, per essere veloci in gara è necessario avere il coraggio di andare piano in allenamento”; questa frase è ovviamente riferita alle sedute di corsa lenta di rigenerazione, cioè quelle che aiutano a recuperare adeguatamente gli sforzi fatti nelle sedute impegnative.

    Ad esempio, per i top runner che effettuano più di 10 allenamenti settimanali, solo 3 sedute sono impegnative (per volume ed intensità). Quindi per chi si allena 3-5 volte a settimana, solo 2 sedute devono essere impegnative, considerando sempre l’incremento graduale del carico di lavoro durante la stagione. Consigliamo il nostro articolo sulla programmazione dell’allenamento per chi vuole approfondire l’argomento.

    Errore N° 3: evitare ritmi intensi

    La preferenza esclusiva ai ritmi lenti e medi non serve ad altro che abituarsi ad andare più piano.  È il rischio principale che si corre quando si preparano maratone o addirittura gare più lunghe esclusivamente tramite ritmi medi e lenti; questo porta ad una perdita di tono muscolare e di efficienza di corsa a tutte le velocità di corsa.

    Ma non solo: alcuni muscoli come il gastrocnemio (la parte alta della muscolatura del polpaccio) hanno caratteristiche tali (cioè molte fibre veloci), che vengono stimolate quasi esclusivamente con i ritmi veloci ed intensi.

    Allenamento polarizzato
    (Clicca sull’immagine per ingrandire)

    A fianco riportiamo un’immagine estremamente interessante (in rosso ho aggiunto le spiegazioni in Italiano): viene mostrato come sia gli allenamenti di alta intensità che di durata concorrono a migliorare il Potenziale aerobico del soggetto, cioè le qualità che permettono di correre veloce a lungo.

    Ovviamente è la corretta programmazione dei ritmi (lenti, veloci e di gara) che, unita al giusto recupero, permetterà di ottimizzare al meglio il potenziale del corridore.

    Nel nostro articolo dedicato alla programmazione abbiamo visto come nel periodo Generale sono da preferire i ritmi lenti/moderati alternati a stimoli di forza e di velocità; nel periodo Specifico invece, i ritmi di alcuni allenamenti si avvicineranno maggiormente a quelli di gara per indirizzare le proprie capacità verso il modello prestativo della competizione.

    Non solo, gli allenamenti di alta intensità dovrebbero essere inseriti anche assecondando le caratteristiche del runner; ad esempio, un atleta con caratteristiche prevalentemente resistenti dovrebbe preferire (nella prima parte della stagione) lavori di forza soprattutto con salite. Un runner con caratteristiche veloci invece, potrebbe esaltare le proprie caratteristiche neuromuscolari con un moderato allenamento di forza ed un lavoro più importante di velocità.

    Potete approfondire questa tematica nell’articolo dedicato all’individualizzazione dell’allenamento.

    Errore N° 4: non recuperare adeguatamente

    Come abbiamo visto nel secondo punto, è importante far passare un arco di tempo adeguato tra gli allenamenti più impegnativi.

    Carico scarico corsa

    Nella figura a fianco viene semplificato come un recupero insufficiente possa far calare la condizione anziché migliorarla; nel grafico in mezzo (quello rosso) gli stimoli allenanti significativi sono troppo ravvicinati (di conseguenza il tempo di recupero è troppo breve) e di conseguenza la condizione atletica cala invece di crescere…in altre parole “si fa tanta fatica per nulla”. Questo solitamente accade agli amatori che fanno troppi allenamenti impegnativi a settimana.

    Il grafico verde invece, prevede una giusta alternanza (ne abbiamo parlato anche sopra) tra carico e recupero.

    In quello in basso (nero) è rappresentata una condizione atletica stabile, caratteristica di chi si allena meno di 3 volte a settimana.

    Ma attenzione, non è solamente il tempo che intercorre tra uno stimolo impegnativo e l’altro a definire l’entità del recupero (come abbiamo visto sopra); anche gli allenamenti di rigenerazione/volume (se adeguatamente inseriti) facilitano questo processo, portando allo stesso tempo un contributo allenante (Resistenza aerobica).

    Questo è il motivo per cui i top runner effettuano settimanalmente non più di 3 allenamenti veramente impegnativi (di fronte ai 10-13 totali), ma tutto il resto è occupato da stimoli che vanno ad incrementare drasticamente il volume di Km, ma ad intensità lente/moderate e di rigenerazione.

    Ma esistono altre variabili che influenzano il recupero, e sono relative allo stile di vita; l’alimentazione, il sonno e la gestione dello stress quotidiano sono variabili significative per recuperare al meglio.

    È inutile allenarsi duramente se poi lo stile di vita non è in grado di assecondare il carico di lavoro; a volte è meglio tenere un carico di lavoro più basso (e ridimensionare gli obiettivi) e gestire con maggiore intelligenza la propria quotidianità. Per chi non è un Top runner, la corsa deve aiutare a vivere meglio, e non a rendere più “difficili” le giornate.

    Per chi vuole approfondire consiglio di leggere il nostro articolo sul recupero.

    Errore N° 7: non modificare l’allenamento in caso di carente (e inaspettata) condizione di forma

    Uno degli errori più gravi (soprattutto per chi si allena 5 o più volte a settimana) è quello di non voler aggiustare gli allenamenti durante l’esecuzione degli stessi. Alcune variabili inaspettate come modificazioni atmosferiche, affaticamenti a lungo termine e stress extrasportivi possono richiedere aggiustamenti “in corso d’opera”. Riportiamo sotto 2 esempi molto semplici:

    • Quando la temperatura è elevata (o tende ad essere superiore rispetto alle normali condizioni) è necessario rallentare l’andatura dei vari ritmi di allenamento, perché l’organismo tende a “limitare spontaneamente” le intensità per evitare di andare precocemente in crisi. Il non assecondare queste esigenze (senza rallentate opportunamente i ritmi di allenamento) comporta un esaurimento precoce delle energie.
    • Stessa cosa vale per l’esecuzione delle ripetute: se dopo un certo numero di esecuzioni non si riesce più a tenere il ritmo prestabilito (che deve ovviamente tenere in considerazione delle condizioni esterne) allora conviene fermarsi (o ridimensionare la seduta), senza intestardirsi nel voler finirle a tutti i costi; quest’ultimo atteggiamento infatti, porterebbe a prolungare oltremodo i tempi necessari per il recupero. Alcuni allenamenti come i fartlek basano invece le intensità allenanti sulla percezione dello sforzo, venendo incontro a quelle che sono le eventuali esigenze di modificare i ritmi in base alle sensazioni.

    Concludendo, è necessario comprendere che gli allenamenti sono il “mezzo” attraverso il quale si costruiscono i risultati della gara, e non il fine di ogni corridore. Affidandosi alla propria esperienza ed alla percezione dello sforzo è possibile ottimizzare il proprio allenamento in base alla propria situazione giornaliera.

    Errore 8 e 9: utilizzare sempre lo stesso mezzo di allenamento o provarne ogni giorno uno diverso

    Alcuni atleti si focalizzano sempre lo stesso metodo di allenamento, mentre altri ne provano sempre dei nuovi, senza rendersi conto degli effetti (stimoli allenanti) che ogni mezzo ha sul proprio corpo. Ma dove sta la giusta misura?

    Ovviamente sta nel compromesso, dato prima di tutto dalla propria esperienza, e successivamente dalle acquisizioni che si hanno provando anche nuove tipologie di training.

    Ogni atleta, con il passare della sua vita sportiva dovrebbe consolidare (tramite l’esperienza) e acquisire (tramite un’adeguata e controllata “sperimentazione”) la corretta metodologia di allenamento per il proprio organismo; il tutto tramite tanti piccoli step.

    Per la fase di acquisizione gioca un ruolo fondamentale lo studio e l’approfondimento della materia; permette di accelerare la competenza da mettere in pratica. L’esperienza è sicuramente quella che invece garantisce di evitare errori nel tempo.

    Ovviamente non è possibile migliorare all’infinito perché l’invecchiamento riduce il potenziale biologico dell’atleta, ma studiando e facendo tesoro della propria esperienza è possibile diventare runner sempre più consapevoli e togliersi diverse soddisfazioni.

    Corsa esperienza studio

    Per tutti i runner amatori che vogliono studiare contenuti facilmente comprensibili a tutti (anche per chi non ha competenze di biologia e fisiologia) consiglio il nostro canale telegram gratuito (mistermanager_running) nel quale troverete tutte le novità ed aggiornamenti del nostro sito, più articoli esclusivi per gli iscritti al canale.

    Errore 10: non attuare un piano di prevenzione per gli infortuni

    Diversi studi hanno accertato che tra il 50-80% dei corridori si infortunano almeno una volta l’anno. Diversi allenatori americani puntano sul fatto che l’esecuzione di determinati esercizi di riscaldamento/tonificazione (formati da esercizi di potenziamento a carico naturale e di allungamento muscolare) abbiano un ottimo effetto preventivo.

    Di questi, ne trovate diversi nel nostro sito; abbiamo quelli da fare nel riscaldamento, quelli dell’allenamento funzionale del core e quelli per prevenire i danni da iper-pronazione.

    Infortuni corsa

    Questi sono tutti approcci generali e non individuali; in altre parole aiutano a ridurre il rischio di infortuni ma non sono individualizzati.

    In alcuni casi (chi si infortuna con maggiore frequenza) è necessario individualizzare l’approccio preventivo; questo consiste nell’individuare i punti deboli del runner per poi andare ad agire con un allenamento mirato sulle specifiche carenze. In questo modo il programma preventivo diventa più efficace.

    Il primo passo è quello di un’attenta valutazione funzionale del runner (compresa di analisi di corsa), in grado di dare informazioni fondamentali a personale esperto che realizzerà un protocollo individualizzato.

    Errore N° 12: non considerare le gare all’interno del proprio piano di allenamento

    Alla partenza di una competizione i livelli motivazionali sono maggiori rispetto ad un allenamento: l’adrenalina ed altri neurotrasmettitori riducono la percezione della fatica e migliorano le performance dei vari tessuti più di quanto accade in allenamento.

    Questo porta a ad essere più performanti quando si indossa un pettorale!

    Ciò rappresenta anche un ottimo stimolo allenante per le gare successive, perché offre sollecitazioni estremamente specifiche al nostro organismo.

    Ma attenzione, gareggiare troppo spesso può comportare ad un precoce ristagno della prestazione; infatti, stimoli particolarmente elevati (come una gara) hanno bisogno di un maggior tempo di recupero rispetto ad un allenamento impegnativo.

    Non solo, tutti quegli stimoli neuro-ormonali che permettono di ottenere il massimo dal proprio fisico (ne abbiamo parlato ad inizio paragrafo), possono andare incontro ad una sorta di assuefazione.

    La conseguenza è che non si riesce più a dare il 100%.

    Questo accade ai runner che gareggiano spesso con il massimo impegno; dopo poche gare la condizione si stabilizza e non si hanno più miglioramenti; nel peggiore dei casi si può andare incontro a periodi di demotivazione o infortuni.

    Nel nostro articolo dedicato al numero di gare abbiamo visto come questa condizione si possa verificare in media dopo 4-5 competizioni fatte al 100%.

    Gareggiare troppo corsa

    Questo dovrebbe dare indicazioni importanti su come inserire le gare nel proprio piano d’allenamento. Ciò non significa che si debba gareggiare pochissimo, ma considerare alcune manifestazioni come “gare d’allenamento”, correndole all’85-90%.

    Lo so, non è facile andare con il limitatore quando si ha addosso un pettorale…ma torniamo alla frase scritta sopra “a volte per andare forte è necessario avere il coraggio di andare piano”.

    Per chi, ad esempio, corre le gare di campionato per la propria categoria, la consapevolezza di rischiare di andare incontro ad un ristagno/peggioramento rappresenta un dato fondamentale; aiuterà ad organizzare l’allenamento per dare il 100% solo in alcune manifestazioni, cercando di gestirsi (senza forzare) nelle altre.

    Se fatto con intelligenza, questo processo aiuterà ad avere un incremento progressivo della performance evitando ristagni della condizione o sottoprestazioni inaspettate.

    Conclusioni: esperienza ed apprendimento

    Partiamo da un presupposto: ottimizzare la propria corsa non significa necessariamente essere più veloci in gara. Significa essere dei runner migliori grazie ad una gestione più intelligente della propria vita e delle variabili che influiscono sulla corsa.

    Vuole dire correre con più piacere, senza stop dovuti ad infortuni e beneficiare dei vantaggi psicologici e sociali che la corsa offre…e si, anche migliorare le prestazioni, ma considerando sempre che queste sono definite anche dall’età e dalle caratteristiche intrinseche del podista (i top runner sono pochi).

    Se invece ci focalizziamo esclusivamente sulla performance o su battere il compagno d’allenamento, allora le scelte che faremo in sede di vita e di allenamento saranno dettate da una motivazione estrinseca che nel tempo non porterà a nulla di buono e duraturo.

    Se invece siamo mossi da una motivazione intrinseca, saremo in grado di migliorare le nostre competenze, di sperimentare e di approcciare intelligentemente alla corsa, indipendentemente dal vincolo di pressioni esterne. Questo avviene grazie alla presenza di valori e nel trovare piacere in quello che si fa, indipendentemente dal risultato.

    Ricordatevi sempre il motivo principale per il quale correte e per il quale volete correre per più anni possibile della vostra vita.

    All’interno di questo contesto gioca un ruolo importante l’esperienza, data principalmente dagli errori da evitare…quegli errori che impediscono ai runner di godersi appiano la propria corsa. In questo articolo nel abbiamo visti alcuni tra i più frequenti.

    Ma per chi vuole accelerare le proprie competenze è necessario studiare ed approfondire il mondo della corsa e tutto quello che gli ruota intorno (alimentazione, stile di vita, ecc.). Nel nostro canale telegram mistermanager_running trovate gratuitamente tutti gli aggiornamenti del nostro sito per quanto riguarda il running, compresi i nuovi articoli e la revisione di quelli già presenti. All’interno pubblicherò anche contenuti esclusivi per i soli iscritti al canale e potrete scaricare la nostra guida sulla scelta delle scarpe da running in base alle vostre caratteristiche.

    Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico ASD Monticelli Terme, istruttore Scuola Calcio MT1960 ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it

  2. La dieta post gara e post allenamento

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    Al termine di una competizione sportiva, l’alimentazione continua ad avere un ruolo importante, pari a tutte le fasi che hanno preceduto la preparazione di una gara.

    È evidente che, le varie competizioni agonistiche, possono richiedere una differente calibrazione degli apporti nutrizionali post-gara. Così come, talune discipline, non necessitano di una particolare attenzione nell’immediata conclusione di un evento agonistico.

    Questo accade quando, per la natura stessa della gara, l’impegno fisico è di durata estremamente breve, anche a fronte di una intensità massimale. Ad esempio in alcune discipline dell’atletica. In questi casi il ruolo preponderante (o esclusivo) è legato a come ci si alimenta prima dell’impegno sportivo e nel corso degli allenamenti.

    Per altri tipi di competizioni invece, il ruolo dell’alimentazione al termine di una gara diviene fondamentale. Si pensi alle discipline di fondo di media e lunga durata ad esempio. Sono eventi che sottopongono l’intero organismo ad un carico di lavoro di grande intensità, e pertanto è opportuno analizzare cosa sia fondamentale reintegrare al termine della competizione.

    Come è facilmente intuibile, le perdite di liquidi che accompagnano questo tipo di eventi, possono essere assai copiose. Essendo difficile un corretto e adeguato processo di reintegro nel corso della competizione, è opportuno valutare il corretto ripristino al termine dell’impegno fisico.

    nani_tartaruga_ninja_ansa

    Se, in situazioni estreme, qualsiasi tipo di bevanda può essere utile per tamponare un’emergenza, l’ideale è l’apporto di acqua con l’aggiunta di una piccola quantità di sostanze glucidiche (es.: maltodestrine) ed eventualmente di sali minerali e/o di una piccola quantità di bicarbonato di sodio, che esercita un ruolo tampone nei confronti dell’acidità gastrica che a volte segue un impegno di endurance.

    La presenza di sali permette il ripristino degli elettroliti e, l’aggiunta di sostanze glucidiche, agevola il ricostituirsi delle scorte di glicogeno epatomuscolare che, quando si è sottoposti a simili impegni, possono impiegare anche diversi giorni per tornare alle condizioni di normalità. In ogni caso non meno di 24 ore. L’assunzione nell’immediato post-gara di sostanze glucidiche accelera efficacemente questo processo, utile anche a mantenere un quadro di piena efficienza fisica per chi sostiene frequenti allenamenti di media/grande durata, ed impegno sul piano aerobico.

    Questi accorgimenti dunque non sono utili esclusivamente al termine di una gara, ma anche a conclusione di qualsivoglia ciclo di allenamento che impegni in maniera significativa le strutture muscolari di un individuo.

    La risintesi di glicogeno è uno degli elementi più importanti nel panorama metabolico di uno sportivo. Alcuni autori sostengono che anche nel caso di competizioni o allenamenti che hanno l’accento prioritario sull’intensità e/o sulla velocità, sia necessario calibrare adeguatamente l’alimentazione post-gara.
    La presenza di carboidrati diviene quindi un fattore determinante, capace di accelerare in maniera significativa il processo di rigenerazione del glicogeno muscolare. Si stima che, l’assunzione di glucidi nel corso delle 2 ore successive all’impegno agonistico, possa sostenere una velocità di ripristino del glicogeno pari al 7% del totale per ciascuna ora. Un ritardo nella somministrazione di carboidrati, che vada oltre le 2 ore, rallenta tale processo ad una velocità di circa il 4% per ciascuna ora(1). Ovviamente in caso di completa assenza di reintegro glucidico, tale processo sarebbe ulteriormente rallentato. Evenienza non tollerabile per un agonista, o per uno sportivo che pratica assidui allenamenti.

    L’ideale modalità di somministrazione glucidica appare quella di fornire 1grammo di carboidrati complessi per ciascun Kg di peso corporeo dell’atleta, entro il più breve, e ragionevole, lasso di tempo possibile. Proseguendo poi nelle ore successive a fornire ulteriori e graduali apporti glucidici.

     

    (1) J. L. Ivy et. Al, Muscle glycogen storage after different amounts of carbohydrate ingestion. J. Appl. Physiol., 65, 2018-2003 (1988)

    Fonte: www.nonsolofitness.it

  3. Tra i due tempi: la pausa è importante!

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    Quante volte, assistendo alla seconda frazione di gioco, abbiamo sentito, sulle tribune di uno stadio, frasi del tipo «chissà cosa avrà detto ai giocatori» «dagli spogliatoi è uscita un’altra squadra», come se con il cambio di maglietta, durante l’intervallo, si fossero modificate anche le caratteristiche dei giocatori.
    Quante volte la pausa tra primo e secondo tempo ha mutato totalmente l’atteggiamento di una compagine, cambiando poi il volto e il risultato della partita?!

    Quindici minuti, anche meno se si considera il tempo necessario a raggiungere lo spogliatoio e il successivo rientro sul terreno di gioco. Un lasso di tempo durante ìl quale sì devono affrontare tutta una serie di situazioni: dal ripristino della calma dopo che tutti hanno provveduto ad andare in bagno, a procurarsi del thè o dei sali da bere, a sottoporsi ad eventuali controlli sanitari; all’analisi delle diverse situazioni di gioco: possesso di palla in relazione al comportamento difensivo degli avversari – situazioni di gioco non in possesso di palla – decisioni sull’utilizzo di eventuali palle inattive, sia a favore che contro – valutazione di eventuali situazioni a rischio disciplinare.

    Riuscire ad ottimizzare il tempo a disposizione per affrontare al meglio quanto visto (ed eventuali altre problematiche che ogni partita può far emergere), sarà quindi ulteriore sinonimo di professionalità.
    Ma a cosa deve fare attenzione l’allenatore e come si deve comportare ?
    Si ritiene che il rischio maggiore in questi momenti sia un possibile calo di tensione.
    Il Mister per mantenere alta la concentrazione del gruppo, avrà il compito di allontanare prima possibile ogni elemento di «disturbo» (accompagnatori, dirigenti, ecc.); creare le condizioni ottimali per comunicare con ogni elemento della squadra (evitare per esempio di avere persone alle spalle, o di non vedere in faccia tutti i giocatori); non mostrarsi incerti ed impreparati, ma utilizzare parole chiare e decise preventivamente meditate; ricercare maggiormente un aiuto psicologico piuttosto che tecnico, suggerendo possibili soluzioni a ogni errore evidenziato; utilizzare termini di sostegno e di incitamento qualunque sia il risultato della prima frazione di gioco.

    Naturalmente poi, ogni allenatore conoscerà in maniera dettagliata ognuno dei suoi ragazzi e solo lui potrà decidere quale strategia adottare con il singolo per farlo rendere al meglio, anche nella seconda parte della gara: comunicazioni faccia a faccia, incoraggiamenti personali o davanti al gruppo, palo- le più o meno decise nei suoi confronti.

    I compiti dell’allenatore-educatore saranno quindi indirizzati principalmente all’analisi di queste situazioni e le correzioni tecnico-tattiche dovranno essere apportate attraverso un’enfatizzazione dei momenti positivi, ricordando che i ragazzi vogliono solo giocare il più possibile.

    A livello giovanile, la situazione deve essere analizzata da un altro punto di vista. I ragazzi, che quando si ritrovano all’oratorio o ai giardinetti, sono abituati a giocare ininterrottamente per ore ed ore, vengono quasi disturbati dal fischio dell’arbitro, in quanto il più delle volte non sentono la necessità di riposare. L’intervallo per loro dovrà essere a tutti gli effetti un momento didattico, da cui attingere nozioni importanti, come durante un qualsiasi allenamento infrasettimanale. Non dovranno quindi mancare i suggerimenti tecnico-lattici in quanto sarà importante per la loro crescita nel mondo calcistico far tesoro fin da giovani di quei minuti di pausa.

    Se poi ci rivolgiamo alle categorie Pulcini ed Esordienti, dove il regolamento prevede le sostituzioni obbligatorie, assistiamo (anche perché normalmente non si rientra negli spogliatoi tra la prima e la seconda frazione di gioco), alla frenesia del ragazzino che sente avvicinarsi il suo momento, dopo un tempo passato in panchina, e al silenzio degli altri compagni che attendono quasi mestamente di essere chiamati e quindi sostituiti.

    SOGGETTO COMPORTAMENTO DEL TECNICO
    Demotivazione Minaccia di esclusione
    Sfiducia in se stesso Ricordare esperienze vincenti
    Troppa Aggressività Enfatizzare il rischio espulsione
    Insicuro Rassicurare, incoraggiare
    GRUPPO COMPORTAMENTO DEL TECNICO
    Euforico Enfatizzare valore avversari
    Depresso Sottolineare le cose ben fatte

    I compiti dell’allenatore-educatore saranno quindi indirizzati principalmente all’analisi di queste situazioni e le correzioni tecnico-tattiche dovranno essere apportate attraverso un’enfatizzazione dei momenti positivi, ricordando che i ragazzi vogliono solo giocare il più possibile.

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