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  1. Scozia – Inghilterra 1872: l’atteggiamento difensivo della Scozia

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    Dopo aver introdotto il primo match della storia tra Scozia ed Inghilterra, analizziamo l’atteggiamento della Scozia ed il suo atteggiamento più difensivo alla sfida.

    Un aspetto importante da sottolineare, prima di analizzare la Scozia del 1872, è il livello di competenze tattiche note in quel momento storico: l’impostazione di un sistema di gioco era sostanzialmente nullo; la maggior parte delle formazioni giocavano con, di fatto, l’unico sistema di gioco esistente, ovvero l’1-1-8. A discapito del numero di attaccanti, le partite faticavano a trovare un grande numero di reti spesso perchè, va ricordato, le qualità dei singoli non eccezionali, uniti al gioco di squadra pressochè nullo, non aiutavano le squadre a segnare una rete.

    Il momento storico del match tra Scozia e Inghilterra, però, aveva un significato storico importante: considerando questo incontro come la prima amichevole internazionale non svolta su territorio inglese, seppur in Gran Bretagna, sia i giocatori che i comitati di commissari tecnici di entrambe le squadre sapevano che tutto ciò fosse successo sarebbe rieccheggiato negli anni a venire.

    Per la Scozia riuscire a conquistare un risultato positivo sarebbe stato essenziale, anche questo ha portato questa nazionale ad abbandonare un sistema di gioco più aggressivo per uno più “equilibrato”: inserire più difensori e centrocampisti, portando ad una maggiore copertura difensiva, sacrificando il potenziale offensivo portando un atteggiamento più conservativo.

    Un atteggiamento, quello della Scozia, che probabilmente ha aiutato ad ottenere un risultato “ad occhiali”, un pareggio che però mostrerà per sempre come, una nazionale anche più piccola come la Scozia sia stata in grado di fermare, almeno in quella occasione, il gigante inglese.

  2. La prima partita della storia: Scozia – Inghilterra 0-0

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    Da oggi inizieremo un percorso, che si svolgerà in diverse settimane, relativo alla costruzione di una match analysis. Per far questo proveremo ad analizzare una partita mai analizzata, cercando di capire i perchè di un risultato ed i motivi che hanno portato ad uno 0-0 con 2 squadre che si affrontavano schierando almeno 6 giocatori in attacco.

    L’assurdità di questa match analysis vuole essere fondamentalmente un esperimento: un esempio di come il modello di analisi di una partita, o anche semplicemente di un giocatore, è possibile effettuarlo a qualsiasi livello; non è necessario infatti partire da due squadre famose, conosciute, studiate e ri-studiate da più punti di vista. Il nostro esperimento si baserà fondamentalmente sui concetti storici, sulla ricerca, sull’analisi dei giocatori e delle loro carriere, cercando di comprendere i perchè dei loro posizionamenti, provando a dare risposte che magari, altri che hanno analizzato la gara, non hanno dato o hanno superato.

    Probabilmente non scopriremo niente di nuovo, ma la possibilità di provarci, di indagare in qualche modo, può aiutarci a tirare delle conclusioni, o meglio delle supposizioni, su come si è svolta una gara che ha fatto da spartiacque tra il “nulla calcistico” ed IL “calcio” per come abbiamo iniziato a conoscerlo. Torniamo indietro nel tempo quindi, nel 1872: è il 30 novembre ed in Scozia, a Patrick, si scontrano 2 nazionali che negli anni saranno riconosciute tra le regine del calcio, Scozia ed Inghilterra. Una gara storica, una competizione che frappone due formazioni che al di là della rivalità in campo, vedono innanzitutto un comune cammino storico e politico.

    Molte le stranezze di questa gara: innanzitutto se UEFA e FIFA riconoscono questo match come il PRIMO del calcio, per le due nazionali la risposta non è identica; infatti tra il 1870 e il 1872 si sono giocati ben 5 incontri tra le due nazionali, tra l’altro tutti con almeno 1 gol. Quindi perchè non riconoscere uno di questi match come il primo incontro essendosi svolti prima nel tempo? La risposta che UEFA e FIFA utilizzano per confermare la loro scelta è legata al fatto che tra il 1870 e il 1872 la Scozia ha giocato con giocatori scozzesi che però erano residenti esclusivamente a Londra, mentre il 30 novembre 1872 i giocatori scozzesi erano provenienti da territorio scozzese.

    Partiremo proprio da loro, dalla Scozia, nella nostra analisi tattica di settimana prossima, dove andremo ad analizzare la disposizione in campo ed il perchè delle scelte utilizzate.

    (cit. MatchAnalysis.it )

  3. SuperKlose trascina la Germania, l’Uruguay rovina la festa all’Italia

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    Miro Klose segna un gol e due assist nel successo per 3-0 della Germania sull’Olanda, mentre l’Inghilterra spezza una lunghissima astinenza di vittorie contro la Svezia. Male la Francia, che è uscita tra i fischi del pubblico di Parigi dopo uno scialbo 0-0 con il Belgio. L’Uruguay ha vinto a Roma contro un Italia, a cui si aspettava una prova di forza più importante. (altro…)

  4. Le origini dello sport più amato al mondo: il calcio

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    SOLTANTO IPOTESIAnche se non sappiamo (e forse non lo sapremo mai) le esatte origini del gioco della palla possiamo comunque azzardare delle ipotesi in base alle risorse di cui disponiamo.
    Pare che il calcio abbia origini antichissime, addirittura risalenti a centinaia di anni prima della nascita di Cristo. Naturalmente era lungi dall’essere uno sport regolamentato ma era comunque un valido diversivo in tempi in cui gli svaghi non erano poi così…fantasiosi.
    Nel 200 Avanti Cristo, infatti, già si pratica un calcio primitivo in Cina dove le gente è solita divertirsi giocando a tsu-chu, cioè “colpendo col piede (tsu) una palla di pelle imbottita in vario modo (chu). In Giappone, più o meno nella stessa epoca, si pratica il kemari: due formazioni da otto uomini si affrontano con l’obiettivo di spedire una palla, ovviamente per mezzo di calci, in uno spazio delimitato da alberi.
    E a ben pensarci non è che ci fossero tutte queste differenze col calcio d’oggi praticato dai bambini nei giardini e nei vari spazi verdi. Nell’antica Europa, dove forse il calcio si diffuse più tardi, invece, è in uso uno sport che ricorda sia l’odierno calcio che il rugby (parente stretto del nostro sport più popolare, come dire, il diretto antenato): i greci lo chiamano episkyros, i romani harpastum.

    UNO SPORT CRUDELE?Si sono ipotizzate persino origini macabre in proposito. Probabilmente questo gioco nacque prendendo a calci il cranio mozzato di qualche ambizioso conquistatore o quello di un tiranno detronizzato o più semplicemente di un nemico caduto in guerra.
    Uno sport che comunque aveva delle versioni molto violente e che non di rado le partite si chiudevano con la morte di alcuni componenti delle rispettive squadre.. Crudeltà che si coniugava coi tempi non proprio benevoli. Praticare questo sport era prerogativa della gentaglia e non di certo dei nobili che si dilettavano in giochi più fini.
    Il carattere così cruento di questo sport è per fortuna destinato ad eclissarsi, magari, trasferendosi dal campo alle tribune, per quello che oggi chiameremmo tifo violento.

    VINCERE O MORIREIn tempi remoti sia i Maya che gli Aztechi pare si divertissero al gioco della palla. I loro sferisteri sono numerosi ed assai vasti: la lunghezza dei campi da gioco variava da 30 fino a 120 metri. Sulle pareti laterali erano infissi anelli di pietra attraverso i quali i giocatori dovevano far passare una pesante palla di caucciù, spingendola a colpi di spalla, di gomito e di anca. Guanti, ginocchiere, grembiuli e imbottiture li proteggevano dagli urti più violenti. Il gioco non era solo occasione di svago, ma anche rito religioso.
    Sembra che spesso i Maya usavano uccidere i giocatori sconfitti che venivano così sacrificati agli dèi. Beh, meno male che adesso le abitudini sono un po’ diverse…

    LA NASCITA? IN FRANCIA, FORSEQuesto sport cominciò seriamente ad avvicinarsi ai tempi d’oggi in Francia, dove nei campi destinati al calcio già vi erano ad esempio dei pali al limitare delle porte. E anche quelli che adesso chiamiamo moduli cominciano a delinearsi in una maniera piuttosto ordinata, come il 4-5-3-15 (per usare una terminologia aggiornata) che prevedeva, pensate, quindici attaccanti, per un totale di quasi 30 uomini per squadra. Parliamo già di Medioevo. Così come nel Medioevo questo sport cominciò ad aver fortuna anche in Italia, dapprima diffondendosi a Firenze per poi allargare gli orizzonti in tutta la Penisola, radicandosi in maniera incredibile.
    Strutturato con maggior precisione, il football assume nel tempo i connotati olimpici del rispetto dell’avversario, tanto che ormai tali principi costituiscono, almeno in teoria, le basi di tale gioco.

    1872: primo match internazionale, Inghilterra Scozia 0-0

    IN INGHILTERRA S’INIZIO’ A FARE SUL SERIOTuttavia per attendere la nascita dello sport regolamentato a tutti gli effetti occorrerà aspettare nientemeno il 1885 quando venne “eretta” la Lega Professionistica Inglese, ovvero l’assemblea delle società che fanno del calcio la loro attività principale, potendo contare sugli incassi, sui premi-partita, sulle scommesse, sul dovere di far quadrare i propri bilanci. Quella data, tuttavia, non va intesa come l’anno di nascita del calcio moderno, per il quale bisogna operare un salto indietro di una ventina d’anni e tornare al 1863. Per la precisione all’8 dicembre, giorno in cui in seno a una federazione di undici club londinesi si verifica la scissione tra cultori del rugby e del calcio. Narra la letteratura sportiva che “Il 26 settembre 1863, alla Taverna dei Frammassoni di Londra (Free Masons Tavern), i rappresentanti di undici società si erano riuniti per dar vita a un’assemblea con lo scopo di stendere un regolamento definitivo che unificasse in un unico sport le regole del rugby e quelle del calcio. Ne nasce una disciplina complessa, un ibrido tra la ruvidezza rugbistica degli sfondamenti e delle galoppate palla in mano e l’eleganza, anch’essa in verità ruvida, dell’obbligo di manovrare la sfera coi soli piedi e di dover limitare al minimo i contatti fisici con l’avversario”.
    Le origini del calcio ufficiale in Italia risalgono alla presenza di cittadini soprattutto inglesi, residenti per motivi per lo più commerciali in diverse città del Nord, in primis Genova e Torino, e alla loro passione e pratica sportiva che così importarono da noi. Le prime società calcistiche furono l’International Football Club di Torino, fondato nel 1891, e, nel 1893, il Genoa Cricket and Athletic Club. Poi dal consorzio di queste società nascerà i la Federazione Italiana del Football. Un ruolo cardine fu sviluppato dal movimento delle società ginnastiche, che già potevano godere di una notevole diffusione sul territorio e che accolsero in sé e promossero la pratica del nuovo sport.

  5. Mourinho: “Nel 2007 fui vicino alla panchina dell’Inghilterra”

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    Ennesima rivelazione inaspettata di Josè Mourinho, che in un’intervista odierna rilasciata ai giornalisti del quotidiano sportivo francese L’Equipe dichiara: “Nel 2007 ho seriamente rischiato di allenare la Nazionale inglese, prima di rivolgersi a Fabio Capello la Federcalcio britannica aveva pensato a me.”
    Lo stesso tecnico portoghese ha rivelato di essere stato praticamente vicinissimo alla firma poichè la tentazione di cedere alle lusinghe inglesi era tanta, considerando la corte serrata che ricevette, all’indomani dell’esonero di Steve McLaren nell’autunno del 2007 dalla panchina dei Tre Leoni. Mourinho stesso aveva da poco rotto l’intenso rapporto che lo legò per 3 anni al Chelsea di Abramovich e la voglia di rimanere in terra inglese non era indifferente: “Sono stato a poche ore dall’accordo, stavo praticamente per firmare ma poi mi sono fermato a riflettere ed ho capito che se avessi accettato l’offerta avrei avuto la squadra solo per pochissime volte l’anno e il resto del tempo l’avrei dovuto passare in ufficio a sbrigare le più disparate faccende burocratiche o a guardare le partite degli altri. Per di più il tutto attendendo sempre l’estate per disputare Europei o Mondiali come dovessi vivere costantemente in una perenne agonia. Non era il lavoro che faceva per me e quindi ho preferito rifiutare attendendo un’offerta che potesse realmente farmi sentire realizzato. Poco dopo infatti arrivò l’Inter e non ebbi alcun dubbio sull’accettare o meno.”
    Lo Special One analizza poi il momento in cui dovette lasciare Stamford Bridge e vivere da “disoccupato” per un periodo ritenuto da lui stesso nero e decisamente negativo, tanta era la nostalgia per il calcio: “Quando lasciai il Chelsea il primo mese fu fantastico, finalmente potevo vivere appieno la mia famiglia e le mie passioni lontano dalle continue pressioni dell’ambiente calcistico. Durante i primi tempi viaggiai moltissimo, andai in Africa, in Giappone, tutte cose che non avevo mai avuto tempo di fare. Anche il secondo mese fu bello ma già dal terzo cominciai a provare un forte senso di frustrazione e malinconia, mi mancava il calcio e mi sentivo in maniera orribile.”
    Mourinho poi svela un altro retroscena tenuto finora segreto, cioè l’offerta che ricevette dal Paris Saint-Germain prima di essere contattato dall’Inter, offerta però prontamente declinata per dei dubbi che l’allenatore portoghese nutriva verso il livello del campionato francese: “Fin da quando mi approcciai al calcio per la prima volta pensai che i campionati di Italia, Inghilterra e Spagna sono i migliori in assoluto e quindi ritenni più redditizio e soddisfacente allenare in questi paesi piuttosto che in altri, perchè credo che durante gli anni migliori della nostra vita dovremmo misurarci nelle sfide più ambiziose ed impegnative.” I giornalisti francesi si pentiranno di aver deciso di intervistare l’irriverente Mourinho considerando la non esaltante opinione che il lusitano nutre nei confronti dei “galletti”?

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