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  1. Running: alleniamo velocità e forza con i “circuiti”

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    (Aggiornato al 17/08/2020)

    I “circuiti” sono forme d’allenamento abbastanza avanzate, che con le giuste modifiche possono essere effettuate da tutti i runner che abbiano anche solo un minimo di abitudine a correre in salita ed in discesa.

    L’utilità principale di questi mezzi allenanti è quello di migliorare l’efficienza delle qualità neuromuscolari, in particolar modo per quegli atleti esperti (soprattutto amatori) che da un po’ di tempo hanno raggiunto un periodo di stagnazione dei risultati; infatti, più gruppi di ricerca (Paradisis et al 2006, Paradisis et al 2009, Cetin et al 2018 e Bissas et al 2020) hanno dimostrato come l’utilizzo combinato di salita+discesa, fosse più efficace (per il miglioramento della massima velocità) rispetto all’utilizzo di singole pendenze (solo salita, discesa o pianura).

    Gli ulteriori benefici che si possono ottenere grazie a queste forme d’allenamento, sono relativi ad una minor monotonia degli allenamenti, un perfezionamento della tecnica di corsa ed un miglioramento dell’attitudine di correre in discesa e di gestire i cambiamenti di pendenza in gara.

    In questo articolo approfondiremo più varianti, adattabili in base al grado di esperienza ed alle caratteristiche della maggior parte dei runner.

    Razionale e benefici

    Il gruppo di ricerca di Paradisis e colleghi (Paradisis et al 2006, Paradisis et al 2009) fu il primo a comparare l’effetto dell’allenamento su diverse pendenze (salita, pianura, discesa, salita+discesa) nei confronti della velocità, giungendo alla conclusione che l’utilizzo combinato di salita+discesa fosse più efficace degli altri metodi, in particolar modo quando la salita era quasi immediatamente seguita dalla discesa all’interno della stessa ripetizione. La superiorità dell’allenamento combinato (salita+discesa) risetto ai lavori in piano, fu successivamente confermato da Cetin et al 2018 e Bissas et al 2020. Ulteriore conferma è data dal fatto che questo tipo di stimoli è in grado di aumentare il rapporto tra la fase eccentrica e concentrica della contrazione muscolare, il cui dato è correlato con un miglioramento dell’economia di corsa (Moore 2016).

    Ok, questo tipo di ricerche ha evidenziato la superiorità dei mezzi combinati in ambito della velocità; ma le ricedute applicative sono valide anche per i runner?

    Ovviamente si, perché come abbiamo visto nel post dedicato alle salite brevi, azioni di corsa muscolari intense sono in grado di migliorare l’efficienza di corsa tramite una sincronizzazione delle fibre muscolari ed una riduzione dei meccanismi inibitori. Tale effetto (come abbiamo visto negli studi citati) è probabilmente maggiore se l’allenamento utilizza pendenze combinate rispetto ad un solo tipo.

    Una volta giunti a queste importanti conclusioni, è fondamentale ipotizzare e comprendere come possano essere strutturate questo tipo di sedute per un runner, come inserirle nel periodo preparatorio e valutare l’adeguatezza o meno ad effettuare questo tipo di allenamenti.

    Circuiti: ad ognuno il suo

    Come vedremo sotto, il protocollo ideale per il miglioramento della velocità del runner prevede azioni intense combinate e successive di salita/discesa (circuiti brevi); effettuare questa tipologia d’allenamento per chi non è abituato a questo tipo di lavori, lo espone fortemente ad un incremento di infortuni. Per questo motivo, in questo post troverete anche una variante più “soft” (circuiti lunghi) adatta a chi è meno avvezzo a questo tipo di stimoli, in maniera tale da potersi abituare gradualmente.

    Clicca sull’immagine per ingrandire

    Come vedremo di seguito, i circuiti brevi utilizzano intensità di corsa elevate, per questo motivo sono da inserire in una parte centrale della stagione, nel momento in cui si inizia a lavorare sulla velocità (vedi immagine a fianco). I prerequisiti fondamentali per l’utilizzo di questo mezzo allenante sono 2: il primo è quello di aver lavorato sulla forza (ad esempio con Ripetute in salita) nelle settimane precedenti, ed il secondo di essere già stato abituato ad eseguire azioni ad alta intensità (come le Hill sprint) nelle stagioni precedenti. In assenza di questi prerequisiti, è preferibile utilizzare i circuiti lunghi.

    Le difficoltà dei circuiti brevi infatti, sono relative principalmente nell’eseguire la discesa velocemente e con la giusta tecnica esecutiva, senza che l’azione in sé generi un affaticamento eccessivo per le catene muscolari; infatti, in discesa lo sforzo muscolare è prevalentemente eccentrico (contrariamente in salita in cui è particolarmente concentrico); in queste situazioni il Sistema nervoso tende a reclutare un numero inferiore di fibre muscolari, che saranno quindi sottoposte a maggiore sollecitazione (Enoka 1996). Se da un lato questo rappresenta un grande stimolo allenante, dall’altro può indurre affaticamenti particolarmente marcati (con incremento del rischio di infortuni) per quei runner con inadeguata forza muscolare.

    Circuiti brevi

    Sopra abbiamo visto quali sono i requisiti per poter eseguire i Circuiti brevi (aver precedentemente lavorato sulla forza ed essere abituati ad effettuare azioni intense); andiamo ora a vedere le caratteristiche.

    Il circuito consiste in una parte iniziale in salita ed una seconda in discesa; queste possono essere inframezzate da un breve tratto pianeggiante. Come abbiamo visto nelle ricerche citare nella parte iniziale di questo articolo, un profilo del genere permette miglioramenti più evidenti (in termini di velocità) rispetto a pendenze singole. Ovviamente si può solamente ipotizzare il razionale di questi benefici; probabilmente (ma non vi è certezza) l’aumento del reclutamento delle fibre muscolari in salita (come abbiamo visto nelle Hill sprint) viene in parte mantenuto nel tratto in discesa che invece, se affrontato singolarmente, tenderebbe a ridurre il numero delle fibre utilizzate (come abbiamo visto sopra).

    Ma andiamo ora a vedere quale possa essere la miglior condizione affinchè questo mezzo allenante possa essere efficace anche per un runner.

    La parte iniziale in salita dovrebbe essere non più lungo di 50m, per poi essere seguito da un tratto in pianura-discesa di altri 100-150m. La pendenza della salita è di relativa importanza, in quanto è stato visto che fino al 26% di pendenza, il muscolo riesce a produrre elevate potenze (testimonia di un alto reclutamento muscolare); per quanto riguarda invece la discesa, questa dovrebbe avere una pendenza moderata (dal 3-6% circa), in quanto è stato visto che queste condizioni sono quelle in cui si riesce ad esprimere la maggiore velocità (Ebben 2008).

    Ma com’è necessario distribuire lo sforzo?

    La parte in salita deve essere fatta ad intensità quasi massimale; non è necessario partire con un’accelerazione particolarmente violenta, ma arrivare in cima alla salita con un impegno importante (senza comunque scomporsi). Nell’immediato tratto successivo sarà fondamentale prendere inizialmente una buona velocità e poi mantenere il ritmo ottenuto per tutto il resto della discesa; è fondamentale prendere una velocità che sia elevata, ma che permetta di mantenere sempre la stessa frequenza dei passi, senza scomporsi a causa della fatica. Nel caso in cui ci si renda conto di perdere ritmo, è possibile accorciare leggermente la lunghezza del tratto in discesa o diminuire l’intensità.

    Ricordo che la frequenza dei passi deve essere mantenuta anche in funzione di una corretta postura (parte superiore del corpo sufficientemente rilassata), senza muovere troppo il tronco ed appoggiando il piede in maniera neutra (non sul tallone) sotto il corpo. Si deve quindi avere la sensazione di una continua ricerca della velocità e di non “frenare”. Per questo motivo non esiste un’intensità che sia la stessa per tutti, in quanto questa deve essere subordinata ad una corretta tecnica esecutiva. Altro requisito fondamentale è la ricerca e percezione di una corsa simmetrica, in cui entrambi gli arti inferiori effettuino gli stessi movimenti ed imprimano la stessa spinta.

    Il numero di ripetizioni, soprattutto le prime volte, deve essere molto basso; si può iniziare con 3-4 per arrivare fino ad un massimo di 6-8, incrementandone una a seduta. Il recupero tra ogni ripetizione deve essere di circa 3’ di corsa lenta/blanda. È consigliabile eseguire questo tipo di seduta ogni 7-14 giorni, in periodi in cui non vengono comunque inseriti allenamenti impegnativi per la velocità o per la velocità di gara. Ultima raccomandazione è per il riscaldamento: deve essere sufficientemente lungo da implementare sia gli allungamenti funzionali che un paio di sprint in salita (non massimali), che 2-3 allunghi di 70-80m abbastanza intensi, il tutto con le giuste pause.

    Concludo con la reperibilità del tracciato; infatti, non è sempre possibile trovare percorsi che combacino perfettamente con la descrizione fatta. Per questo motivo a volte è necessario modificare le intensità (soprattutto nella parte in discesa) al fine di essere sicuri di mantenere una corretta tecnica esecutiva. Di norma, un cavalcavia può rappresentare un giusto compromesso, affrontandolo in maniera tale da fare in salita il lato più ripido.

    Circuiti lunghi

    Se i circuiti brevi sono mezzi allenante rivolti alla velocità, quelli lunghi possiamo definirli come mezzi a caratteristiche miste, cioè che allenano sia la forza che la velocità; per questo motivo, non presentano contrazioni muscolari particolarmente intense, e di conseguenza si adattano a tutte le tipologie di runner, in particolar modo quelli con un livello non elevato di forza muscolare. In ogni modo, questa forma d’allenamento è da inserire dopo un periodo in cui si ha lavorato sulla forza, analogamente a quanto indicato per i circuiti brevi. Come vedremo di seguito, si possono effettuare diverse varianti, adattabili alla conformazione dei tracciati che si hanno a disposizione.

    La struttura di base prevede 3 tratti/segmenti, ognuno lungo tra 200-350m circa, in circuito come nella figura sotto; per gli stessi motivi relativi ai circuiti brevi, sarebbe bene che la discesa non sia troppo ripida.

    L’esecuzione è molto semplice, si esegue il circuito di continuo senza mai fermarsi, alternando un lato veloce ad un lato lento; di conseguenza nel primo giro (partendo dal punto “A”, come nella figura sotto) i tratti veloci saranno quello in salita e quello in pianura, mentre nel secondo giro il tratto intenso sarà quello in discesa.

    In questo modo, ogni 2 giri tutti e 3 i tratti verranno fatti ad andatura intensa, fornendo uno stimolo allenante completo per le qualità neuromuscolari (forza e velocità). Ovviamente è possibile utilizzare anche percorsi con diverse caratteristiche, che comunque vedremo dopo.

    Ora però analizziamo quelle che devono essere le intensità di corsa che determinano i carichi di lavoro:

    • I tratti intensi devono essere corsi ad un’intensità compresa tra quelle percepite in gare di 5-10 Km. Da qui è possibile comprendere come non sia elevata come nei Circuiti brevi.
    • I tratti lenti invece possono essere effettuati di corsa lenta o leggermente meno intensi.

    Quello che è importante capire, è che la modulazione delle 2 intensità (intensa e lenta) deve essere tale da consentire di svolgere la seduta senza che la fatica comprometta in misura evidente la giusta esecuzione dell’allenamento e la tecnica di corsa adeguata. L’intensità media dei circuiti (cioè quella percepita durante l’esecuzione) dovrebbe essere paragonabile a quella della corsa media, con le dovute oscillazioni dovute ai cambi di velocità e pendenza. Ne consegue che oltre ad essere un mezzo allenante per le qualità neuromuscolari, è un’esercitazione con un modesto stimolo allenante anche per la capacità di gara.

    L’esecuzione dei tratti intensi dovrebbe avvenire con una tecnica di corsa adeguata alla pendenza sulla quale si sta correndo; in generale (ciò vale per tutti i tipi di pendenza), è importante che il piede prenda contatto con il terreno sotto il corpo, che il busto rimanga eretto o con una minima inclinazione in avanti e che la frequenza ed ampiezza del passo siano tali da non scomporre eccessivamente la postura.

    Vediamo ora quale debba essere il volume allenante: in generale, è meglio quantificarlo in Km, suddividendo l’allenamento in serie (alternate da pause di 3-5’) di 2-3 Km. Il chilometraggio totale dei circuiti è dipendente dallo stato di forma e dalla caratura dell’atleta; è possibile iniziare con 4-5 Km totali, per poi incrementare di 1 Km a seduta fino ad un massimo di 8-10 Km per i runner più allenati; come già indicato, sono mezzi allenanti da inserire nel periodo di preparazione generale, ma successivamente ad un periodo dedicato alla forza (ad esempio tramite Ripetute in salita).

    Su che terreno va effettuato l’allenamento?

    Di norma, è preferibile effettuarlo sullo stesso terreno delle competizioni a cui si prende parte; la pendenza della salita può anche essere elevata, ma è meglio che la discesa non sia eccessiva. Chi prepara trail, può inserire dei segmenti anche particolarmente tecnici (salite ripide o discese impegnative) in maniera tale da poter lavorare anche sulle peculiarità della disciplina.

    Tracciati: varianti

    Ovviamente non tutti hanno a disposizione un circuito a “triangolo” come quello evidenziato ad inizio paragrafo. Per questo motivo, mantenendo costante l’alternanza delle intensità, è possibile utilizzare circuiti alternativi, o percorsi di andata e ritorno; prendendo spunto dalla seconda parte della presentazione di P. Endrizzi, l’elemento principale del tracciato deve essere quello di avere un numero di tratti dispari (3, 5 o 7); in questo modo si ha la certezza che ogni segmento viene corso alternativamente (giro dopo giro) ad andatura intensa e lenta.

    Nell’immagine sopra sono proposte alcune varianti, di 3 e 5 lati; com’è possibile notare, è possibile sfruttare il tracciato in forma di andata/ritorno (vedi circuiti rosso, verde e viola), ampliando la probabilità di trovare percorsi adeguati (anche dei cavalcavia); l’importante che i vari lati siano di una lunghezza d compresa tra circa 200-350.

    Riassunto conclusivo ed applicazioni pratiche

    I circuiti con salite sfruttano il beneficio che deriva dall’utilizzo di pendenze diverse; a seconda dell’intensità con la quale vengono affrontati, possono avere effetto allenante selettivo nei confronti della velocità (circuiti brevi) o misto forza-velocità (circuiti lunghi).

    Chi è allenatore di sé stesso, è anche importante comprenda il momento giusto della stagione in cui inserire questi mezzi allenanti; di norma, andrebbero collocati dopo la fase iniziale in cui si lavora prevalentemente sulla forza e prima del periodo specifico, in cui si comincia a lavorare particolarmente sulla velocità di gara. Nel nostro post dedicato alla pianificazione dell’allenamento, potete trovare tutte le indicazioni necessarie per organizzare al meglio una stagione atletica.

    Altro aspetto importante è seguire con continuità la giusta progressione di difficoltà, che solitamente si ottiene con un incremento delle ripetizioni (o dei Km) seduta dopo seduta. Studiando ed effettuando una corretta progressione esecutiva del mezzo scelto, sarà più facile comprendere l’effetto allenante, non solo dal punto di vista teorico, ma anche pratico; questo permetterà di intuire le potenzialità che può avere nell’aiutare a migliorarsi, e quanto sia adeguato alla soggettività di ogni runner (cioè quanto può contribuire a colmare le lacune o a potenziare i pregi).

    Se sei alla ricerca di altri mezzi allenanti dedicati alla forza o alla velocità, puoi trovarli nel nostro post dedicato alle qualità neuromuscolari del runner; se invece vuoi rimanere informato sulle nostre pubblicazioni (aggiornamenti o nuovi articoli) collegati al nostro Canale Telegram, in più potrai scaricare gratuitamente la guida per scegliere e trovare la scarpa da running più adeguata alle tue esigenze.

    Autore dell’articolo: Luca Melli (melsh76@libero.it), Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 e preparatore atletico AC Sorbolo.

  2. Running: le ripetute in salita

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    Un adeguato livello di forza muscolare è necessario affinchè la catena muscolare estensoria sia in grado di accumulare il più possibile energia elastica e di restituirla prevalentemente grazie alle proprietà dei tendini e del connettivo; questo concetto, valido quando si corre ad intensità “non massimali”, è diventato ancor più rilevante a seguito degli studi di Kurokawa et al 2003, Ishikawa et al 2004, Stearne et al 2016 e Bohm et al 2019). Ma cosa significa all’atto pratico?

    Vuol dire che solo in presenza di un livello di forza muscolare adeguata, si riuscirà a far lavorare correttamente i tendini ed il connettivo; livelli di forza insufficienti invece, non permettono di sfruttare appieno l’elasticità muscolo tendinea della catena estensoria, limitando pesantemente l’efficienza del gesto ed incrementando il rischio di infortuni.

    Questo vale principalmente per i muscoli anteriori della coscia e quelli che agiscono sulla spinta dei piedi (polpacci).

    Ciò non significa che il runner debba necessariamente andare in palestra a “fare pesi”, ma che necessita di “resistenza muscolare locale” adeguata, cioè quella qualità che permette di produrre livelli di forza adeguata nel tempo, senza che la fatica ne comprometta l’efficienza.

    La prima percezione che ha un runner con livelli insufficienti di “resistenza muscolare locale”, una volta che inizia a colmare questo tipo di lacune, è quello di correre i vari ritmi percependo un minor livello di fatica (anche a pari battiti cardiaci).

    Le Ripetute in salita sono i mezzi allenanti (costituiti da corse) basilari per ottenere questo scopo.

    In questo post, andremo proprio ad analizzare queste importanti forme d’allenamento, inquadrandole all’interno della stagione e fornendo le competenze per individualizzare i protocolli in base alle proprie esigenze.

    Come spesso affermiamo, ogni tipologia di allenamento va contestualizzato all’interno della preparazione, anche in relazione alle caratteristiche individuali. I lavori per la resistenza muscolare locale (che per comodità chiamiamo “forza”) sono introdotti solitamente nella parte iniziale di stagione, perché fungono da presupposti per i lavori di velocità e successivamente dei ritmi gara. Ciò non toglie, che possano essere fatti allenamenti di richiamo (per quei runner che ne hanno necessità) anche in altri momenti dell’anno.

    Come abbiamo visto nel nostro articolo dedicato alle qualità neuromuscolari, i lavori di forza devono precedere quelli di velocità; in questo modo il runner sarà in grado di migliorare la propria efficienza di corsa, diminuire la percezione della fatica e ridurre il rischio di infortuni.

    Questa necessità è ancor più evidente per gli amatori, soprattutto per quelli che non hanno effettuato da giovani, discipline o allenamenti per le qualità neuromuscolari, o/e che hanno prediletto nella loro carriera podistica solamente allenamenti ad intensità moderate.

    Il vantaggio di utilizzare le ripetute in salita, è che si abbina il lavoro di forza a quello normale di corsa (cioè per il potenziale aerobico), in un’unica seduta; condizione ideale per chi ha poco tempo per allenarsi. Modulando la tipologia di ripetute (medie e lunghe) che andremo ad affrontare in questo post, si potrà individualizzare l’allenamento in base alle proprie caratteristiche. Ma andiamo ora a vederle nel dettaglio.

    Ripetute lunghe in salita (RLSAL)

    Sono i mezzi allenanti principali dedicati alla forza, a patto che vengano eseguiti con la giusta tecnica esecutiva; infatti, l’efficacia delle RLSAL dipende dal volume effettuato con la giusta tecnica, piuttosto che dall’intensità stessa. Infatti, l’errore da evitare quando si effettuano queste sedute, è quello di esagerare con l’intensità esacerbando alcuni atteggiamenti posturali non funzionali, come piegare eccessivamente il busto in avanti (corsa “seduta”), prolungare eccessivamente i tempi di contatto o aumentare eccessivamente la frequenza del passo.

    Immagine tratta da un frame del video che potete trovare a questo link https://youtu.be/9rrr8vbUQ_U

    La corretta tecnica esecutiva invece, prevede il busto il più possibile allineato ed al massimo con una minima inclinazione in avanti (a seconda della pendenza); tenere lo sguardo avanti è una buona strategia per assecondare questa postura. L’impatto del piede deve avvenire sotto il baricentro (ombelico) e non più avanti. Altro aspetto importante è la percezione di una corsa “simmetrica”, cioè di uguale spinta tra la gamba destra e sinistra.

    I passi devono essere di una cadenza di poco inferiore a quella che si tiene in una gara di 10 Km (quindi non eccessiva), o comunque tale da non affaticare la muscolatura durante tutta la durata della ripetuta. È possibile ridurre la frequenza dei passi nel caso in cui si percepisca un livello di fatica eccessivo.

    • L’intensità allenante non deve essere eccessiva, altrimenti non si riuscirebbe ad effettuare un congruo volume con una tecnica adeguata; arrivare in cima con eccessivo fiatone e con il pensiero “per fortuna è finita, perché non ce la faccio più…” è sintomo che si ha esagerato. L’ideale è finire ogni ripetuta con il livello di fatica tipico della parte centrale di una gara di 10 Km; ovviamente è possibile che nell’ultima, i livelli di fatica siano superiori, ma senza che questi possano modificare la tecnica esecutiva.
    • Lunghezza della ripetuta: l’ideale sarebbe 1 Km. Chi non ha a disposizione un GPS per misurare la salita, può aggiungere 20-45” (a seconda della pendenza) al ritmo al Km del tempo più recente sui 10Km. In ogni modo, la durata non deve mai superare i 5’.
    • Pendenza della salita: l’ideale è dal 4-8%; per chi prepara Trail o gare su strada con salite, la pendenza può anche essere superiore. Quello che importa principalmente è l’esecuzione tecnica, più facile da mantenere con una pendenza moderata. In ogni modo, maggiore è la pendenza e maggiore è l’effetto allenante, compatibilmente con una tecnica esecutiva adeguata. Ben vengano salite con pendenze eterogenee, perché stimolano maggiormente il runner ad adeguare la forza impressa ad ogni inclinazione, ottenendo un effetto allenante sulla tecnica di corsa. Il terreno ideale su cui effettuare la salita dovrebbe essere il più possibile simile a quello che si affronta nelle gare a cui si intende partecipare.
    • Numero di ripetizioni: l’ideale è iniziare con 4 ripetizioni (3 per chi non è abituato a correre in salita) ed arrivare ad un massimo di 6. L’aumento del carico può avvenire sia tramite un aumento delle ripetizioni, sia grazie un aumento della pendenza.
    • Recupero tra le ripetizioni: il tempo necessario per effettuare la discesa di corsa lenta/blanda. È importante iniziare ogni ripetizione avendo recuperato dalla fatica di quella precedente.
    • Quante volte a settimana: dipende dalle caratteristiche del runner. Di norma, atleti con caratteristiche resistenti tollerano abbastanza bene questo tipo di sedure e possono farne anche 1 a settimana. Gli atleti con caratteristiche veloci, soprattutto se non abituati alle salite, possono diluire le sedute in 10-14 giorni.
    • Riscaldamento: deve essere di durata adeguata (almeno 20’) e con all’interno esercizi di allungamento funzionale e 3-4 allunghi non massimali in salita. Un riscaldamento inadeguato porta a fare con eccessiva difficoltà la prima ripetuta.

    I parametri indicati sopra sono tanti, ma vedrete che già dopo la prima seduta capirete quali sono i punti su cui focalizzarsi maggiormente; ad esempio, se ci si accorge che l’ultima ripetizione viene fatta con una tecnica inadeguata perché si è troppo stanchi, allora significa che l’intensità tenuta nelle altre è stata eccessiva.  Se ci si accorge che il consumo di ossigeno sale eccessivamente nel corso dell’ascesa, allora significa che è necessario utilizzare un’andatura inferiore; ricordatevi che a pari intensità percepita, in salita i muscoli rimangono contratti per un tempo maggiore rispetto alla pianura, e questo è di per sé già un effetto allenante, anche a velocità moderate.

    Cosa fare se non riesco a correre bene in salita?

    La prima cosa da fare è quella di non preoccuparsi, visto che il corpo umano è in grado di adattarsi con facilità agli sforzi di resistenza; le alternative che permettono di migliorare l’attitudine di correre bene le ripetute in salita sono diverse.

    Ad esempio, per un principiante, può essere normale fare fatica a correre correttamente in salita per tutti i 5’ della ripetuta; in questi casi può alternare corsa a cammino. Ad esempio, può alternare 45” di corsa (con adeguata tecnica esecutiva) a 15” di cammino. Oppure, nel caso in cui si riesca a correre in salita (anche su pendenze elevate), ma si tende a inclinare troppo in avanti il busto, è consigliabile iniziare un programma di Allenamento funzionale del core; se fatto con costanza, aiuta a migliorare in salita perché migliora la forza della catena posteriore.

    Chi invece si accorge che tende a fare passi troppo “pesanti” che tendono ad affaticare precocemente la muscolatura, allora può focalizzarsi sul correre facendo il meno rumore possibile; in questo modo, sarà portato a reclutare le catene muscolari in maniera più efficiente.

    Per quei runners che percepiscono eccessiva fatica mentale quando affronta le salite (malgrado riescano ad effettuarle correttamente senza che la fatica ne comprometta l’esecuzione) le soluzioni possono essere diverse; la prima è quella di effettuare l’allenamento in luoghi dove sono presenti, nelle vicinanze, almeno 2-3 salite diverse. Alternando ascese diverse, all’interno della stessa seduta, permette non poco di ridurre la percezione mentale della fatica.

    Altra strategia può essere quella di focalizzare l’attenzione sul panorama e sui dettagli che questo offre; è stato dimostrato (Schucker et al 2009, Hill et al 2017) che quando la nostra attenzione è riposta verso dettagli diversi dalle sensazioni corporee, il costo energetico tende a migliorare, e probabilmente anche la percezione della fatica.

    Lunghi collinari con RLSAL

    (seduta unica per forza e resistenza aerobica)

    Molti runner abitano in zone in cui non è assolutamente facile trovare salite di una lunghezza adeguata e si devono spostare in auto; questi spostamenti è possibile (nella maggior parte dei casi) effettuarli comodamente circa una volta a settimana (nel weekend), momento solitamente dedicato al lungo, o comunque ad allenamenti di durata.

    In queste condizioni è meglio fare il lungo o le RLSAL?

    Ovviamente si possono fare entrambi in seduta unica, cercando di curare ovviamente alcuni aspetti; considerando che questa tipologia di allenamenti viene effettuata nella prima parte di stagione, anche i lunghi in questo periodo non sono di lunghezza particolarmente significativa. Per chi prepara competizioni di lunghezza pari o inferiore alla mezza, è possibile iniziare effettuando lunghi collinari, che di per sé hanno un primo impatto allenante sulla forza. Quando si arriva a correre 90’ di collinare, allora si possono inserire progressivamente (seduta dopo seduta) fino a 3 RLSAL, prestando attenzione ad eseguirle ad intensità leggermente inferiore a quelle indicate sopra (ad esempio ad intensità di Corsa media), e correndo il resto della seduta di Corsa lenta (non corsa blanda).

    Il vantaggio di una seduta del genere, è che si riescono ad ottenere 2 obiettivi, cioè la Resistenza aerobica e la forza muscolare. Altro pregio non indifferente è quello di poter scegliere percorsi in cui si possono affrontare fino a 3 salite diverse, eliminando la monotonia di effettuare la ripetuta sempre sulla stessa salita.

    È ovvio che una seduta del genere va affrontata in buone condizioni d’allenamento e considerando che richiede più tempo di recupero rispetto ad un collinare o ad una seduta di sole 3 RLSAL.

    Le Ripetute medie in salita (RMSAL)

    Di questo mezzo allenante, ne esistono 2 varianti: le Ripetute medie per lo sviluppo della forza e quelle per “mezzofondisti”. Ma partiamo con quelle che a noi interessano maggiormente, cioè le Ripetute medie in salita per la forza.

    Ovviamente si differenziano dalle RLSAL per la lunghezza e per l’intensità; utilizzando intensità superiori per periodi di tempo inferiori, questo tipo di lavoro è più specifico per competizioni pianeggianti della lunghezza di 10 Km o inferiori.

    Il difetto di questo tipo di seduta, è (soprattutto le prime volte) è  la difficoltà ad effettuarle con la giusta intensità. Infatti, eseguendole con eccessivo vigore, si rischia di trasformarle il Ripetute per mezzofondisti, il cui obiettivo non è lo sviluppo esclusivo della forza.

    Mi spiego meglio: effettuando troppo velocemente questo tipo di ripetute, non si riuscirebbe ad effettuare un numero sufficiente di ripetizioni per dare uno stimolo allenante importante sulla forza. Inoltre, l’accumulo di metaboliti prodotti renderebbe più faticosa la seduta, rendendo più difficile il correre con una tecnica esecutiva adeguata e creando affaticamenti che richiedono più giorni per essere smaltiti.

    Sono in particolar modo i runner con caratteristiche veloci a rischiare di effettuare questo tipo di errore; in ogni modo, alla fine di ogni seduta ci si può rendere conto con tranquillità se l’allenamento è stato effettuato correttamente o meno. Riuscire ad effettuare tutte le ripetizioni in programma, con la giusta tecnica esecutiva è sinonimo di aver eseguito l’allenamento nel migliore dei modi. Ma andiamo a vedere nel dettaglio le caratteristiche della seduta tipo.

    • Tecnica esecutiva: sovrapponibile a quella delle RLSAL.
    • L’intensità allenante: anche in questo caso non deve essere tale da arrivare in cima con eccessivo fiatone e con il pensiero “per fortuna è finita, perché non ce la faccio più…”. L’ideale è finire ogni ripetuta con il livello di fatica tipico della parte centrale di una gara di 5 Km; ovviamente è possibile che nell’ultima i livelli di fatica siano superiori, ma senza che questi possano modificare la tecnica esecutiva.
    • Lunghezza della ripetuta: l’ideale sarebbe 300m.
    • Pendenza della salita: l’ideale è dal 4-10%; si possono raggiungere pendenze leggermente superiori rispetto alle RLSAL, perché a velocità elevate è più facile mantenere la tecnica esecutiva. Anche in questo caso, ben vengano salite con pendenze eterogenee; è bene preferire comunque un terreno duro e regolare (asfalto o cemento).
    • Numero di ripetizioni: l’ideale è iniziare con 7-8 ripetizioni ed arrivare ad un massimo di 10-12. L’aumento del carico può avvenire sia tramite un aumento delle ripetizioni, sia grazie un aumento della pendenza.
    • Recupero tra le ripetizioni: il tempo necessario per effettuare la discesa di corsa lenta/blanda. Se il tempo necessario non è sufficiente, è consigliabile ridurre l’intensità delle ripetute.
    • Quante volte a settimana: anche in questo caso dipende dalle caratteristiche del runner e dal resto del programma degli allenamenti. Idealmente, se si vuole dare continuità a questa tipologia di stimoli allenanti, è bene effettuare una seduta ogni 7-10 giorni nel periodo di preparazione Generale, con eventuali richiami nei periodi successivi, in base alle necessità del singolo atleta.
    • Riscaldamento: deve essere di durata adeguata (almeno 20’) e con all’interno esercizi di allungamento funzionale, un paio di allunghi non massimali in pianura ed un paio in salita.

    Le RMSAL per mezzofondisti

    Questa forma d’allenamento è solitamente utilizzata dai mezzofondisti per allenare (oltre alla forza muscolare) anche la capacità di mantenere velocità molto elevate nel finale di gara in pista (ultimi 10-30”). Da qui è abbastanza semplice comprendere come questa qualità serva poco ai runner amatori, che corrono solitamente distanze superiori ai classici 800-1500-5000m; inoltre, anche volendo preparare queste distanze, un runner amatore dovrebbe dedicarsi prevalentemente a qualità che nel suo caso avrebbero un maggiore margine di miglioramento, cioè la Velocità di gara.

    Non solo, gli stimoli allenanti tipici delle RMSAL per mezzofondisti sono in grado di provocare livelli di fatica che (secondo molti tecnici) andrebbero ad inibire gli adattamenti degli sforzi di durata (Capacità e Velocità di gara); non a caso, anche i mezzofondisti veloci (800-1500m) eseguono pochi allenamenti di questo tipo.

    Ma che differenze ci sono con le RMSAL per la forza?

    Le differenze maggiori sono relative all’intensità, ovviamente superiore, a tal punto da arrivare molto affaticati alla fine della salita (seppur con un’esecuzione tecnica corretta); di conseguenza il numero di ripetizioni è inferiore ed è maggiore il tempo di recupero tra ogni ripetuta.

    Conclusioni ed applicazioni pratiche

    Come abbiamo ripetuto più volte, un runner con poca forza muscolare non riesce ad essere veloce, perché non è in grado di massimizzare la funzionalità del sistema motorio e l’elasticità; di conseguenza viene penalizzato in termini di Velocità di gara. Le ripetute in salita permettono, a chi ha lacune di questo tipo, di fare un primo passo verso il miglioramento delle qualità neuromuscolari, che può essere completo solo grazie ad un successivo lavoro di velocità; nel nostro post dedicato all’argomento, potrai trovare una spiegazione dettagliata e l’elenco dei mezzi allenanti per la forza e la velocità del runner.

    Nell’immagine sopra è possibile vedere le differenze tra le RLSAL e le RMSAL; chi è allenatore di sé stesso, deve comunque comprendere che ogni mezzo allenante va contestualizzato in base al periodo della stagione ed alle proprie caratteristiche.

    Ne consegue, che i runner che hanno maggiori lacune di forza, debbano dedicare maggiore tempo a questa qualità ad inizio stagione ed effettuare eventuali richiami durante il resto del periodo.  Soggetti che invece hanno livelli di forza adeguata possono dedicare meno tempo a questa qualità (a meno che debbano preparare gare con salite o maratone), iniziando più precocemente il lavoro di velocità. Nell’immagine sotto, è possibile vedere un esempio di un confronto tra 2 runner con diverse caratteristiche, e le possibili ricadute applicative in ambito di allenamento delle qualità neuromuscolari.

    Semplificazione metodologica dell’individualizzazione dell’allenamento neuromuscolare di 2 runner con diverse caratteristiche

    Potete vedere come un runner dotato di forma muscolare adeguata (parte alta dell’immagine) possa iniziare precocemente i lavori di velocità.

    Ricordatevi sempre e comunque, che l’allenamento ideale è la risultante di una corretta applicazione dei concetti teorici, indirizzati verso le individualità di ogni atleta; ne consegue l’importanza di acquisire competenze teoriche approfondendo gli argomenti e di cogliere gli effetti dei vari mezzi allenanti sul proprio organismo.

    Nella nostra home page dedicata al running, potrai trovare quelli che definiamo i 4 pilastri della corsa, cioè gli elementi fondamentali per ottenere il meglio in funzione del piacere di correre e della performance. Se invece sei alla ricerca della scarpa ideale (per le tue caratteristiche) per correre, allora collegati al nostro Canale Telegram; potrai scaricare gratuitamente la nostra guida per trovare e scegliere la calzatura ideale in base alle tue necessità. Non solo, sarai anche informato su ogni aggiornamento e nuovo articolo che pubblicheremo.

    Autore dell’articolo: Luca Melli (melsh76@libero.it), Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 e preparatore atletico AC Sorbolo.

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