“Corrimi” se sono felice.
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Chiedimi se sono felice!
Chiedimelo, appena tornato da correre!
Per descrivere il rapporto, la “connessione” straordinaria, tra corsa&felicità, potremmo mutuare, senza nemmeno cambiarla più di tanto, l’espressione dal titolo del celebre film di Aldo, Giovanni e Giacomo…tra l’altro, Giovanni Storti potrebbe essere uno dei migliori testimonial di questa storia-buffa: “quando corro, sono felice“, ha detto…quasi serio: Corrimi…se sono felice!
Il dialogo può apparire incredibile, se non addirittura surreale, perché ciò che sembra più scontata è la relazione immediata tra correre e faticare.
E allora, certo che te lo chiederei se sei felice: nel vederti rientrare così sporco, sudato, stanco se non “devastato” dall’uscita un filo più dura del consueto (stasera in programma c’erano le famigerate “ripetute”!) e la risposta a me appare logica, ovvia e scontata!
Certo che no. Non puoi essere felice.
E invece…
Invece si…”certo che sono felice: anzi…perché domani non vieni anche tu?”
Tutti gli apparenti “controsensi” hanno stimolato la curiosità e la fantasia di “chiunque”, tant’è che anche gli “scienziati” più…”scienziati” ad un certo punto si sono sentiti il dovere di mettersi all’opera per scoprire perché il famosissimo Sig. Rossi, o, magari, in altri luoghi, Mr Smith, vada a correre
Anzi…perché Mario Rossi, appunto, si sia alzato anche stamattina alle ore 5, abbia indossato le sue “improponibili” scarpette rosse (di cui tra l’altro va fierissimo!), il suo k-way giallo-fluo e sia uscito per…andare a correre?
Apparentemente inspiegabile!
L’interesse (forte) della scienza
Bisogna immaginarseli una schiera di super-scienziati che si riuniscano apposta, nei 4 angoli dell’emisfero, per “discutere” di c-o-r-s-a. Del “perché” della corsa. O forse, ancora meglio: della ipotetica concatenazione felicità&corsa.
I ricercatori hanno i loro metodi e i loro nomi difficili e dunque un po’ di pazienza ci vuole.
Prendi un topo, prendine un altro…fai correre il primo, poi il secondo, preleva di qua, inserisci di là, registra, misura…dev’essere la leptina che poi diventa una questione di dopamina…vedi che quel topo ha fatto quasi il doppio di km dell’altro?
“Certo…si…lo vedo anche io.”
Allarghi il campione, prendi gli umani, ri-preleva, ri-misura, ri-registra, scrivi: “endorfine”, “serotonina”, “meno-cortisolo” e tante altre cose.
“Okay…chiaro tutto…è evidente: come abbiamo fatto a non pensarci prima?”
Ed allora è tutto un fiorir di ricerche e di “evidenze” che la corsa è una questione di “chimica”.
Dal 2008 ad oggi sono innumerevoli gli studi e le ricerche da cui emerge chiaramente quello che viene definito “Runner’s High” o “sballo del corridore“.
Questione di “chimica”, questione di “ormoni del benessere“.
E’ complicato ma, semplificando al massimo, proviamo ad accennarli questi meccanismi fisiologici che rendono chi corre…straordinariamente felice se non addirittura euforico.
Una questione di…chimica della motivazione
C’è un ormone chiamato leptina, secreto dagli adipociti (cellule dell’organo adiposo), che è coinvolto nei processi metabolici: è detto ormone della sazietà perché più alte sono le riserve di grasso in corpo, maggiore sarà il livello di leptina, meno fame avremo. La leptina dice al corpo che siamo sazi, ad un certo punto. “Non correre, non serve più: abbiamo mangiato, siamo a posto. Stiamo bene, adesso.”
Le ricerche hanno messo in evidenza come un “dispendio calorico” indotto dalla corsa (di un certo tipo, fatta in un certo modo, di cui accenneremo più avanti ) abbassi i livelli di leptina e induca la produzione di dopamina che è l’ormone della…soddisfazione: in pratica, dopo la corsa, si avverte lo stesso stato di benessere che si avverte dopo “aver consumato il “pasto che desideravamo”.
E’ un qualcosa di straordinario dalle radici profondissime nell’essere umano; è un qualcosa di “atavico”: il corpo ricorda che, per procacciarci, il cibo i nostri antenati dovevano correre e, il suo raggiungimento/conseguimento, produceva benessere.
Benessere(cibo)=benessere(corsa), si…perché dopo aver corso i livelli di dopamina diventano simili a quelli post-abbuffata.
Ma ci siamo solo fatti una splendida…”abbuffata di corsa” e ci sentiamo bene. Senza aver toccato cibo.
Questo processo apparentemente “buffo” (del tipo “ma pensa te!”) rappresenta uno strumento endogeno potentissimo perché fornisce MOTIVAZIONE.
Ci spinge, come una splendida necessità: uscire per procacciarci il cibo. Dell’anima, però. Perché oggi, per fortuna, non c’è più bisogno di correre-per-mangiare.
I ricercatori hanno diviso i “loro” topi (che si divertivano a correre volontariamente nelle loro gabbiette) in due gruppi in cui, ad uno dei due, hanno prodotto una modificazione genetica volta alla soppressione della molecola attivante la leptina. I topi di questo gruppo hanno corso per quasi il doppio dei loro colleghi “leptinici”.
E’ una questione di “messaggi“, dunque. Dal corpo al cervello e viceversa. Meccanismi indotti da “qualunque cosa accada”. Dalla corsa, anche, certamente.
Messaggi che in termini scientifici si declinano col termine di “neurotrasmettitori” e che in questo caso, più specificatamente, prendono il nome di endorfine.
Endorfine=Benessere, euforia.
Per scendere più sulla terra (o magari sulla strada, scarpette al piede) e comprendersi meglio, potremmo sottolineare quanto endorfina faccia “rima” con morfina.
E’ un’associazione in realtà molto più utile di quanto si possa pensare perché le endorfine, è stato rilevato, producono gli stessi effetti della morfina.
In pratica, sono “oppiacei endogeni” potentissimi che hanno l’effetto di ridurre il dolore muscolare e indurre un senso di benessere (senza alcuna controindicazione). E’ come se il corpo, durante la corsa, secernesse un antidolorifico naturale che “anestitezzerebbe” il disagio fisico da lavoro muscolare.
Ma c’è di più.
Recenti studi si stanno concentrando su un’altra questione, un altro meccanismo che sembra “lavorare” insieme a quello appena descritto (endorfine): la produzione di endocannabinoidi, sostanze chimiche responsabili degli stessi effetti sul corpo umano della…marijuana: inducendo un senso di calma generale.
Gli endocannabinoidi hanno un ruolo scientificamente provato nella gestione dello stress fisico, riducendolo.
Insomma, il tutto porta ad una semplice ma fantastica “relazione” che non ti aspetti.
+corri –> +ti senti bene –> +sei felice
C’è un’altra notizia bella: che questo senso di benessere oltre ad essere avvertito, può essere perseguito -come dire?- cercato, indotto…”inseguito”!
La ricetta semplice della felicità attraverso la corsa
La ricetta è semplice.
Corri, corri tanto.
In genere è attivato maggiormente quando corri a lungo. Almeno un’ora…ma sembra che maggiori benefici si riscontrino verso le 2 ore o più.
Conta anche l’intensità della corsa, però.. Non blanda o blandissima ma lievemente sostenuta: con una frequenza cardiaca compresa tra il 70% e l’85%.
Anche gli sprint moderati, in realtà, in caso di impossibilità di correre “più a lungo”, consentono di raggiungere “lo sballo del corridore”!
Ah, attenzione! Sembra che se esci a correre di mattina dopo un adeguato riposo (il top sarebbe un sonno ristoratore di 8 ore!) e/o vai a correre in natura…potresti sentirti ancora più felice!
Okay okay…ma adesso proviamo a farla semplice semplice, lasciando da parte la chimica e provando ad…osservarci…ad…ascoltarci.
Oltre la chimica: il bisogno di correre nella quotidianità
E’ verissimo: le prime volte che vai a correre fai una fatica bestia.
Il corpo, forse, ancora non sta comprendendo il perché di questo “maggiore movimento” e, magari, prova anche una certa diffidenza dinanzi a certe novità. “Ma perché dobbiamo fare questa cosa!? E’ proprio necessario sudare e affannarsi in questo modo!?” potrebbe costituire un ipotetico dialogo interno iniziale.
Ma poi…poi…metti che resisti alla tentazione facilissima di smettere…e continui.
Un passo in più…e poi ancora.
Fino a scoprire che la corsa è diventata, senza nemmeno accorgerti, una-tua-abitudine.
Come qualcosa che fa naturalmente-parte della tua giornata. Qualcosa che hai proprio voglia di fare. Qualcosa che senti il bisogno di fare.
Un qualcosa che senza la quale…non ti senti a posto. Non ti senti tu. Non ti senti…felice.
È qualcosa di straordinario.
Ritrovarsi ad essere felice di organizzare un’uscita con gli amici la domenica mattina alle 6, magari in montagna. Magari, dopo una settimana lavorativa durissima comprensiva di sveglie già…prima delle 6: solo che è…domenica…e anche “QUALCUNO”, quel giorno, si riposò. Ma tu no! Non hai voglia di riposarti: hai solamente voglia di correre ed essere (ancora più) felice!
Ritrovarsi a sentirsi felici di “uscire” col diluvio universale, con le tue sole gambe a farti da “arca”. Non ci avresti mai creduto fino a soli pochi mesi fa.
Ritrovarsi a essere felice di uscire…sempre…come una forma di gratitudine nei confronti della vita. E in quel correre c’è il tuo più felice: “Grazie“.
Ritrovarsi a organizzare le tue giornate in funzione della corsa. A “indagare” il meteo, per decidere come vestirti; a organizzare la non-pausa pranzo, per fare quei pochi chilometri di felicità; a prenotare le ferie, laddove ti piacerebbe…uscire a correre in un posto nuovo.
Forse è vero che correre sia fatica. Anzi, è sicuramente vero.
Ma tu…”corrimi se sono felice“…
Ops…chiedimi se sono felice.
…
“Non te lo chiedo, vengo a correre con te“!
Iannotta Vincenzo
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