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  1. L’uomo nero

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    11 calciatori tutti in rosso, 11 calciatori tutti in blu, un uomo solo, vestito di nero, in mezzo a loro, su un prato verde, sembra quasi che stoni, ma invece è la persona più essenziale che si potesse trovare lì, in quel momento.

    Insieme a quella cosa rotonda è indispensabile per giocare, senza non lo si potrebbe fare.

    imageNei campionati minori, cioè sino alla categoria Esordienti, la Federazione non mette a disposizione l’uomo in nero, vuoi perché diminuiscono sempre più coloro che si immolano sull’altare di questo hobby, vuoi perché sarebbe educativo per i ragazzi vedere dirigenti, “avversari” dirigere una loro partita senza preferenze ma con entusiasmo positivo e soprattutto costruttivo.

    Ho detto sarebbe, poiché il più delle volte, anche nel calcio dei piccoli, come quello dei grandi, avvengono cose spiacevoli, fatti deplorevoli che nulla hanno a che fare con ciò che lo sport dovrebbe essere.

    Credo che tutti abbiamo assistito a corse sfrenate lungo la recinzione di genitori indemoniati che inveivano contro il malcapitato di turno che stava dirigendo l’incontro del figlio.

    Credo che tutti abbiamo assistito a litigi tra l’uomo nero e il Mister che non è d’accordo sulla decisione presa.

    Aggressioni verbali ma non solo, sono all’ordine del giorno, se si leggono i comunicati settimanali che la Federazione emette possiamo paragonarli senza timore a bollettini emessi da zone di guerra.

    Anni fa, durante una riunione tra allenatori, un commissario della sezione arbitri (un segnalinee che aveva fatto la serie A), ci implorò di rivedere i nostri comportamenti verso gli arbitri, pena il sempre più alto numero di rinunce da parte dei ragazzi che avevano, hanno intrapreso questa strada. Ci disse che stavamo, stiamo rischiando di non giocare più.

    Genitori a bordo campoMa non ultima, la considerazione, verso le società alle quali affidiamo i nostri figli, dalla quale pretendiamo il rispetto delle regole, e poi scopriamo che i propri tesserati hanno comportamenti discutibili verso gli arbitri, ma forse anche noi che assistiamo alle partite come genitori veniamo meno al rispetto di queste regole.

    Corriamo, ci arrabattiamo tutti i giorni con quello che le giornate ci riservano, ansia, stress, ci attanagliano continuamente, e ci fanno trascurare le cose più importanti.

    Almeno nei momenti che dovrebbero essere di relax cerchiamo di vivere serenamente, e trasmettere questa serenità ai nostri figli, che saranno più propensi a divertirsi con i loro coetanei e con coloro che fanno si che lo sport vada avanti…

    Nicola Amandonico

     

  2. “E’ che voglio continuare a giocare!”

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    Negli ultimi giorni è circolata molto online ed è stata pubblicata anche su numerosi giornali – oggi ne parla anche Massimo Gramellini sulla Stampa – una foto in bianco e nero che mostra un bambino mettersi in mezzo a due adulti che stanno discutendo in un campo da calcio, un arbitro e un allenatore. La foto è diventata ben presto un simbolo e un richiamo a un gioco meno aggressivo e con maggiore spirito sportivo.

    Il bambino della foto si chiama Alejandro Rodríguez Macías: ha 5 anni e gioca come attaccante nell’Unión Viera B, una squadra di calcio giovanile di Las Palmas, sull’isimageola spagnola Gran Canaria. La mattina del 14 maggio scorso stava giocando nello stadio López Socas contro il Barrio Atlántico: entrambe le squadre fanno parte della categoria prebenjamín, in cui giocano i bambini tra i cinque e gli otto anni.

    Durante il primo tempo l’allenatore del Barrio si era trovato più volte in disaccordo con le decisioni dell’arbitro, e gliene aveva parlato nel’intervallo. Alla ripresa del secondo tempo, dopo un’altra decisione arbitrale che aveva ritenuto sfavorevole, l’allenatore è entrato in campo e ha iniziato a discutere in modo acceso con l’arbitro. A quel punto è intervenuto Alejandro, mettendosi in mezzo ai due adulti e dicendo «smettetela, smettetela, smettetela!». L’allenatore e l’arbitro hanno subito smesso di discutere, mentre il pubblico si è alzato in piedi ad applaudire il gesto del bambino.

    Rubén López Estupiñán, uno dei genitori che assisteva alla partita dagli spalti, ha scattato la foto che in poco tempo è stata ripresa da siti e giornali di tutto il mondo. López ha raccontato al sito Tinta amarilla che «è stata una cosa che ci ha impressionato. Il gesto del bambino è stato indimenticabile. È riuscito a fermarli e ha ottenuto gli applausi del pubblico. È stato davvero bello». Ana Afonso, l’allenatrice dell’Unión Viera, ha raccontato che si è accorta che Alejandro se ne stava «con le mani tese tra l’allenatore e l’arbitro. Mi sono avvicinata a gli ho chiesto “Alejandro, cosa fai?” e lui mi ha risposto “Niente, è che voglio continuare a giocare”». In un’intervista a UDRadio, Alejandro ha spiegato che non voleva che gli adulti «litigassero» e ha aggiunto che «mi piace il gioco pulito».

    Fonte: ilpost.it

    Claudio DamianiA cura di Claudio Damiani

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