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  1. Il codice etico degli allenatori. (Perchè il calcio rimanga il gioco più bello del mondo!)

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    Uno dei pregi di Internet è quello di dare la possibilità a tutti di entrare in comunicazione con universi a noi lontani. Recentemente in una delle mie lunghe “navigazioni” notturne mi sono collegato con il sito dell’ NSCAA (Associazione Nazionale Americana Allenatori di calcio) www.NSCAA.com.

    Sfogliando questo sito, peraltro particolarmente completo, sono rimasto colpito da una pagina in particolare: il codice di etica degli allenatori: una serie di norme comportamentali tanto ovvie quanto poco osservate nel nostro ambiente.

    Premetto che molte di queste norme non sono applicabili da noi per una differenza di cultura che renderebbe le norme stesse anacronistiche: ad esempio in America è considerato eticamente scorretto andare a visionare delle squadre avversarie se non durante lo svolgimento di gare ufficiali.
    Per quanto paese ancora in via di sviluppo tecnico-tattico , credo che a livello di cultura sportiva, gli americani abbiano ancora molto da insegnarci.
    Mi permetto di proporvi uno stralcio di questo codice, invitando tutti a prenderne una completa visione nella versione originale, anche se seguire alla lettera i comportamenti sotto elencati risulta essere cosa difficile se non impossibile; è altresì vero che un costante tentativo da parte della nostra categoria (allenatori e, perché no, giocatori) di applicare regole semplici e civili, renderebbe sicuramente il nostro ambiente più vivibile e farebbe del gioco del calcio ancora di più il gioco più bello del mondo.

    PREMESSA

    Il calcio è un gioco che appartiene in primo luogo a chi lo pratica: offre un arricchimento personale sotto l’aspetto fisico e psicologico ed esperienze che formeranno parte del bagaglio dell’individuo per tutta la vita.
    Gli allenatori dovrebbero trasmettere ai propri giocatori valori come rispetto, sportività, civiltà ed integrità che vanno al di là del singolo risultato sportivo e che sono il fondamento stesso dello sport.
    Chi intraprende l’attività di allenatore, sia professionalmente che a livello volontario dovrebbe essere portatore di questi valori e rappresentare un esempio per i propri atleti.
    Il comportamento degli allenatori dovrebbe sempre essere eticamente corretto nei confronti di tutte le componenti del mondo del calcio: atleti, colleghi, arbitri, dirigenti, genitori, tifosi e mezzi di informazione.
    Gli allenatori sono persi ad esempio dai giovani come modelli di comportamento e devono comprendere la pesante influenza che parole ed atteggiamenti hanno nei confronti degli atleti che compongono la loro squadra. Per questa ragione gli allenatori devono considerare come propria responsabilità la trasmissione dei suddetti valori morali.



    Ecco i punti fondamentali che gli allenatori dovrebbero sempre tenere a mente.

    1. L’importanza del risultato non dovrebbe mai mettere a repentaglio la salute o l’integrità fisica dei giocatori. La vittoria non è altro che il risultato della preparazione tecnica, tattica, fisica e psicologica della squadra. Questi valori non si devono mai sacrificare per aumentare il proprio prestigio personale.
    2. Il gioco del calcio non deve mai impedire al giovane di ottenere buoni risultati sotto il profilo scolastico; insieme alla famiglia ed alla scuola l’allenatore dovrebbe avere un ruolo attivo nell’educazione dell’individuo.
    3. L’allenatore deve sempre rispettare, difendere ed insegnare ai propri allievi le regole del gioco del calcio, non deve per nessuna ragione cercare di ottenere vantaggi attraverso l’insegnamento consapevole di comportamenti antisportivi.
    4. La diagnosi ed il trattamento degli infortuni sono un problema medico, di conseguenza gli allenatori devono fare in modo che vengano trattati da personale qualificato. Affidare giocatori a personale non qualificato o peggio ancora formulare personalmente diagnosi o consigliare terapie è un comportamento da evitarsi. Allo stesso modo devono astenersi dal prescrivere medicinali che, peraltro possono essere prescritti solo da personale medico.
    5. Gli allenatori sono responsabili del comportamento dei propri giocatori ed hanno il dovere di stigmatizzare tutti gli atteggiamenti antisportivi; per questa ragione il fair-play andrebbe sempre incoraggiato sia nelle sedute di allenamento che durante le gare.
    6. Gli allenatori dovrebbero mettere gli arbitri nelle condizioni di svolgere la propria opera il più serenamente possibile attraverso un atteggiamento rispettoso e corretto evitando inoltre di incentivare comportamenti negativi dei propri giocatori nei confronti del direttore di gara.
    7. Gli allenatori devono evitare atteggiamenti dissenzienti nei confronti ed aggressivi nei confronti della panchina avversaria.
    8. Gli allenatori hanno il dovere di dare sempre il massimo ai propri giocatori, hanno perciò il dovere mantenersi aggiornati attraverso testi, corsi e tutto ciò che il mercato propone. E’ necessario amplare continuamente le proprie nozioni tecnico-tattiche, fisiologiche, medico-sportive e psicologiche.
    9. Un allenatore ha sempre qualcosa da imparare da un collega, per questa ragione visitare allenamenti e confrontarsi con un altro allenatore è da considerarsi fonte di aggiornamento.

    Massimiliano Canzi

     

  2. Cosa non deve fare (e dire) l’allenatore di calcio.

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    Questo articolo non vuole insegnare niente a nessuno ma creare un dibattito che abbia come obiettivo il massimo impegno di noi allenatori verso i giovani calciatori, cercando di insegnare loro il maggior numero di nozioni tecniche per avere opportunità di crescita nell’ambito calcistico.

    Molti pensano che non ci siano soluzioni ai problemi nei quali versa il calcio italiano, ed in particolare l’abbandono del settore giovanile, le società che pensano unicamente al risultato, i genitori che spesso non portano i loro figli alle scuole calcio con l’intento di farli divertire, stimolare nuove conoscenze etc…, ma pensano ad un probabile avvenire come calciatore.
    Certo, tutto questo è vero nella stragrande maggioranza dei casi, ma riteniamo che ci sia una soluzione a tutto ciò e che noi allenatori siamo la componente essenziale per cambiare lo stato delle cose.

    Siamo consapevoli delle difficoltà che troveremo sulla nostra strada e dei tempi che saranno inevitabilmente lunghi. Ci vuole quindi una “rivoluzione copernicana” nell’approccio, di noi allenatori, con le componenti del sistema calcio: società sportive, genitori, e soprattutto allievi cercando di creare un circolo virtuoso, una specie di catena di Sant ‘Antonio, che riesca a raggiungere un sempre crescente numero di allenatori, con obiettivo la crescita del giovane calciatore.

    Negli ultimi anni si è verificato un continuo proliferare di libri, a volte interessanti, molte altre meno, tutti (nel caso non fosse così me ne scuso con gli autori) con la stessa finalità: far vedere nuove (?) esercitazioni. Ora ogni allenatore può in qualche modo aggiornarsi con uno di questi libri e, con buone probabilità di riuscita proporle ai propri allievi. Allora ci siamo chiesti : a livello didattico ci sono varie opzioni, altre sempre più moderne arriveranno, cosa possiamo fare di diverso e di integrativo per migliorare le cose? È possibile che tutto sia finalizzato al compito di proporre esercitazioni? Noi allenatori facciamo errori? Quest’ ultima è la domanda chiave. Ci siamo interrogati sui nostri metodi di insegnamento, ci siamo confrontati, abbiamo “spiato” altri allenatori, come si comportavano, come si esprimevano, e la risposta è stata sì, commettiamo molti errori, certamente in buona fede, ma che vanno a discapito dei ragazzi.

    Con questo non voglio certo affermare che creino danni a livello fisico, anche se si è visto far correre bambini di 10 anni con dei pesi in mano per fare potenziamento, ma comunque rischiano di ritardarne l’apprendimento.
    Le società e i genitori sono delle componenti che noi allenatori dobbiamo educare. Se le società hanno giustamente i loro interessi ( soprattutto economici ) da salvaguardare, dobbiamo far capire loro che un ragazzo che ha delle “basi tecniche” buone sarà più appetibile di un altro. Che non è assolutamente vero che non si possa “vincere” giocando bene. Che un settore giovanile dove si insegna calcio sarà seguito con maggiore attenzione dalle grandi società, avrà più facilità ad attirare i ragazzi, e di conseguenza vedrà i suoi interessi economici crescere.

    Per quanto riguarda i genitori ci vuole più dialogo. Sarebbe meglio per tutti che i genitori portassero i loro figli al campo e poi se ne andassero, che non venissero a vedere le partite, che durante le partite non gridassero ai giocatori cosa fare, in poche parole che si fidassero della società ( allenatore, dirigenti, accompagnatori ) .

    Sapendo che questo non potrà mai accadere per evidenti motivi, non ci resta che parlare con loro, spiegare la nostra filosofia, che se tutta la settimana chiediamo al ragazzo di non buttare via il pallone, di giocare e dalla tribuna si grida il contrario, roviniamo il lavoro dell’allenatore e mettiamo in difficoltà il ragazzo.
    Personalmente ritengo che sia importante rinunciare al nostro ego, che utilizza l’allievo per ottenere una vittoria personale. E’ inammissibile sentire allenatori dire “ ho vinto “, quando la vittoria è stata ottenuta buttando il pallone. La nostra vittoria è quella di aver insegnato ai bambini a disimpegnarsi nel maggior numero di situazioni possibili,”giocando a calcio”.

    A tutti piace vincere, ma c’è solo un modo che deve darci soddisfazione; vedere la tua squadra giocare meglio degli avversari. Lo sappiamo che il modo più facile per vincere è di allontanare il più possibile il “pericolo” dalla propria porta, che se sbagli il passaggio vicino all’area di rigore è facile subire un gol, ma se vogliamo insegnare il gioco del calcio (credo che la qualifica “allenatore di base” significhi questo) ci dobbiamo porre alcune domande: alla fine della stagione, ammesso che “ho vinto”, il giocatore è migliorato? ha appreso nuove nozioni? Ha capito quando deve tirare, passare, dribblare?……..oppure come molto spesso accade ne sa quanto prima.

    La conseguenza del discorso fatto è quella di cambiare radicalmente le nostre idee, porci al servizio del ragazzo, dirgli bravo quando sbaglia perché solo dagli errori s’impara, e soprattutto cambiare la parola “buttala” con “giocala”.
    Particolare da non dimenticare è quello che facendo “giocare la palla” si vengono a concatenare molte cose che il calciatore deve saper fare; il passaggio, lo stop, il cambio di gioco, il possesso palla, lo smarcamento. L’ allenatore ha la possibilità di applicare la tecnica analitica, che è assolutamente necessario fare, alla partita, in modo da creare il maggior numero di situazioni possibili, ed il ragazzo ha il compito di risolverle…

    Marco Pozzi

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