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  1. Il 10-20-30 Training concept di Bangsbo applicato al calcio

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    Dopo aver analizzato il 10-20-30 Training concept di Bangsbo nel suo ambito originario (cioè nella corsa) e concluso che

    può essere considerato un mezzo utile primariamente per podisti di medio-basso livello,

    oggi proveremo ad identificare le eventuali varianti che possono renderlo utile anche nel calcio. L’idea nasce da uno scambio di opinioni con il mio collega Alessandro Pierini (http://www.performasport.blogspot.it/) per adattare questi tipo di allenamento nel mondo della preparazione atletica nel calcio. L’idea di fondo era quella sfruttare i vantaggi di questo metodo, cioè di poter utilizzare le intensità di esercizio in maniera abbastanza semplice, analogamente a quello che accade per il fartlek.

    STRUTTURA ESERCITATIVA

    Percorso: com’è possibile vedere dalla figura sopra, la struttura esercitativa è molto semplice: 2 file di cinesini poste a 30 metri l’una dall’altra all’interno dei quali ogni giocatore dovrà correre a navetta. La proposta di tale andatura è dovuta al fatto che riflette con maggiore specificità (rispetto ad un’andatura lineare) la tipologia di corsa nel calcio.

    Tempistica: rispetto al 10-20-30 Training concept di Bangsbo i tempi saranno dimezzati. Se nella versione originale la parte “veloce” durava 10”, la parte “media” 20” e quella “lenta” 30”, nella nostra variante i tempi saranno rispettivamente di 5”, 10” e 15”. Questo perché dagli studi di Colli emerge con estrema chiarezza che la maggior parte delle azioni intense che compie il calciatore è inferiore ai 4”. Inoltre, percorrendo una navetta di 30m è estremamente probabile che durante i 5” ogni giocatore effettui 1 cambio di direzione alla massima intensità, che equivale a “2 momenti a potenza elevata”, cioè l’iniziale accelerazione e quella che segue il cambio di direzione.

    Intensità di esercizio: per applicare la teoria dell’esercizio originario di Bangsbo è necessario adottare un livello di comunicazione tra preparatore e giocatore estremamente chiaro che permetta a quest’ultimo di comprendere al meglio le intensità da adottare. Per questo motivo, a mio parere le intensità sarebbero da quantificare in questo modo: 5” a massima intensità (nella quale dono presenti 2 momenti di potenza elevata e una fase di decelerazione intensa) + 10” di intensità media (ricordiamo che per il calciatore questo tipo di intensità si identifica con quella che per un podista è il Ritmo maratonina) + 15” di intensità estremamente blanda.

    Ripetizioni e serie: la versione originaria prevede 4-5 serie di 5’ ciascuna con recupero di 5’. È logico pensare che nell’allenamento del calcio (soprattutto a livello dilettantistico) siano tempi eccessivi. Per questo motivo ritengo che per i dilettanti siano sufficienti 3 serie da 4’ con 2’ di recupero attivo (palleggi, passaggi, corsetta, ecc.). Nel caso in cui si abbia più margine di tempo per allenarsi, si può arrivare gradualmente anche a 4-5 serie.

    Inserimento nella periodizzazione dell’allenamento: è ovvio che una tal esercitazione vada effettuata in condizioni di freschezza. Per questo motivo ritengo che l’ideale sia inserirla nel secondo allenamento settimanale.

    VANTAGGI, SVANTAGGI E CONCLUSIONI FINALI

    Gli svantaggi, come nel fartlek, sono relativi ad un’eventuale cattiva gestione soggettiva delle andature (che devono essere autogestite); in ogni modo, un po’ d’esperienza nell’utilizzo di questi mezzi dovrebbe ovviare a questo tipo di problema. I vantaggi sono tutti quelli relativi all’utilizzo degli allenamenti intermittenti, con una maggiore specificità rispetto al modello funzionale del calcio; inoltre la semplicità di utilizzo lo rende particolarmente utile in tutte quelle condizioni di carenza di mezzi/tempi a disposizione (dilettanti e settori giovanili). Particolare attenzione dovrà essere data anche al cambio di direzione durante la fase intensa dell’esercitazione; infatti, una cattiva gestione tecnica/coordinativa di questo aspetto potrebbe rendere meno efficace (in termini di potenza) l’accelerazione che ne segue. Nulla vieta di utilizzare altre tipologie di percorso alternative alla navetta (come il “dente di sega”) per variare la monotonia delle sedute; l’importante è strutturare il mezzo in maniera tale da inserire almeno un cambio di direzione all’interno dei 5” intensi.

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    preparazione atletica dilettanti

    Autore dell’articolo: Melli Luca, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960, preparatore atletico AC Sorbolo ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it

  2. L’ultima “genialata” di Bangsbo: il 10-20-30 Training Concept

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    Il titolo del post, in parte serio ed in parte ironico, è riferito ad una pubblicazione del professor Bangsbo (conosciuto nell’ambito del calcio perché in passato è stato vice-allenatore della Juve, anche se svolgeva primariamente il ruolo di preparatore atletico) di quest’estate in cui trovò un miglioramento della performance in mezzofondisti amatori introducendo allenamenti ad alta intensità, ma con una riduzione del volume del 54% (14 contro 30 Km) dei chilometri settimanali. Com’è possibile vedere dalla Bibliografia sotto, la pubblicazione riporta il nome di Bangsbo e di un suo collega del Dipartimento di Scienze Motorie dell’Università di Copenhagen (Gunnarsson); l’articolo in questione, quest’estate ha riscosso un grande successo (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22556401) nei blog che parlano di preparazione atletica, ma una contestualizzazione dei risultati è doverosa, per far capire che non è stata scoperto niente di più di quanto si sapeva gia. In questo post andremo quindi ad analizzare la ricerca in questione cercando di contestualizzarla nell’ambito della Fisiologia sportiva e della metodologia dell’allenamento.

    PROTOCOLLO E RISULTATI

    Il periodo di allenamento è stato di 7 settimane. 18 podisti di basso livello (in termini di primati personali sulle distanze del mezzofondo; 22’23’ sui 5000m) sono stati divisi in 2 gruppi di lavoro. Un gruppo ha continuato a seguire la solita metodologia d’allenamento, mentre l’altro gruppo ha eseguito, 3 volte a settimana l’allenamento sperimentale che consisteva in:

    • 1 Km di riscaldamento.
    • 3-4 serie di 5’ di allenamento 10-20-30 con recupero di 2’ tra le serie (in media 30’ a seduta).
    • In ogni serie si susseguivano 10” ad un ritmo superiore del 90% della massima velocità + 20” ad un ritmo inferiore al 60% della massima velocità + 30” ad un ritmo inferiore al 30% della massima velocità.

    In poche parole, ogni minuto veniva ripetuto il ciclo delle 3 velocità, in cui i 10” ad intensità elevata rappresentavano la fonte allenante principale.

    Risultati: dopo 7 settimane per il gruppo sperimentale ci fù un miglioramento del 4% (48”) del primato sui 5000m e del 6% sui 1500m, malgrado la riduzione del 54% del volume di allenamento settimanale.

    CONTESTUALIZZAZIONE DEI RISULTATI

    Ovviamente è opportuno fare una revisione attenta della ricerca per non creare “falsi miti” sui miglioramenti indotti da metodologia d’allenamento.

    • Il primo punto fondamentale per interpretare correttamente i risultati sta nel fatto che gli atleti utilizzati correvano i 5000m in 22-23’: tali primati sono circa 10’ superiori al record del mondo sulla distanza (cioè 2’ in più ogni chilometro!!!!). Si trattava quindi di podisti di basso livello (ovviamente ci limitiamo a considerare i “primati” e non gli individui in toto!), quindi abituati ad una metodologia di allenamento che nella ricerca sono considerate “tradizionali”, ma che in realtà sarebbero da definire come “grossolane”. È quindi ovvio che introdurre un approccio metodologico con maggiore base scientifica (come quella di Bangsbo) non può fare altro che migliorare i risultati!!
    • La ricerca non apporta nessuna novità dal punto di vista metodologico, perché gia altre ricerche dello stesso autore (per di più su atleti di livello superiore) avevano prodotto risultati paragonabili utilizzando elevate intensità accompagnate ad una riduzione del chilometraggio; altre ricerche (come quella di Tabata), avevano trovato che intensità prossime a quelle massimali erano in grado di stimolare il potenziale aerobico.
    • La riduzione del chilometraggio settimanale è stato gran parte dovuto alla riduzione del riscaldamento. Nel protocollo sperimentale il riscaldamento è stato di 1 Km; è ovvio immaginare che il passare da 4 a 1Km di riscaldamento in 3 sedute, risulta nell’effettiva riduzione di 9 Km del totale settimanale, che per gli atleti considerati (30 km a settimana) è un valore notevole.

    CONCLUSIONI e APPLICAZIONI PRATICHE

    Gia in un nostro post abbiamo introdotto il concetto di alta intensità (più precisamente di speed-endurance) nel mondo del running con conseguenti ricadute applicative; vi rimandiamo all’articolo per le conclusioni. Il metodo 10-20-30 si può quindi considerare come mezzo di allenamento in grado di:

    • Mantenere il potenziale aerobico (Vo2max) e le qualità neuromuscolari per atleti di medio e alto livello a patto che venga effettuato un volume superiore (almeno 5-7 serie) rispetto a quello del protocollo di Bangsbo. Non consente quindi di sviluppare tali parametri, perché per runner con primati migliori sono probabilmente necessari stimoli superiori, ma solo di mantenerli.
    • Sviluppare e mantenere il potenziale aerobico (Vo2max) e le qualità neuromuscolari per atleti di medio-basso livello non trascurando altri fattori che influenzano la performance come la Velocità di gara e la Capacità di gara.

    A mio parere, il pregio principale (rispetto ad altre simili) di questa metodologia sta nel fatto che può essere effettuata ovunque; infatti, nelle altre ricerche in cui sono stati studiati allenamenti di speed-endurance, venivano utilizzate intensità fisse (come il 95% del proprio primato sui 200m). Di conseguenza, gli allenamenti andavano effettuati su tratti opportunamente misurati con particolari vincoli riguardanti la velocità. Il metodo 10-20-30 invece utilizza “intervalli di intensità”: i 10” devono essere corsi ad un’intensità superiore al 90% del massimale, i 20” ad un’intensità inferiore al 60% del massimale e i 30” ad un’intensità inferiore al 30% del massimale. La conseguenza è che un mezzo d’allenamento del genere può essere svolto ovunque, purchè in piano e con un cronometro.

    Ma passiamo ora ad un interessante esempio pratico: prendiamo un podista di medio livello che corre i 10 Km in 38’ (media di 3’48”/Km) ed ha un primato sui 100m (per valutare la velocità massima) di 14” (25.7 Km/h). A che velocità dovrà correre le varie frazioni?

    • I 10” verranno corsi ad una velocità superiore ai 23.1 Km/h (circa 71m) con uno sforzo estremamente impegnato.
    • I 20” ad un ritmo inferiore a 3’54”/Km, cioè una velocità leggermente inferiore a quella dei 10Km.
    • I 30” più lenti di 7’47”/km, cioè di corsa estremamente blanda.

    Speriamo che la nostra revisione abbia aiutato ad interpretare al meglio questa ricerca e che abbia dato (che non guasta mai) qualche spunto interessante per l’allenamento.

    Puoi trovare l’indice di tutti i nostri post ed articoli sulla corsa nella nostra pagina dedicata al Running.

    Bibliografia

    Gunnarsson TP, Bangsbo J. The 10-20-30 training concept improves performance and health profile in moderately trained runners. J Appl Physiol. 2012 Jul;113(1):16-24.

    Autore: Melli Luca, istruttore atletica leggera GS Toccalmatto (melsh76@libero.it)

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