Come appoggiare il piede durante la corsa?
Leave a CommentSi è portati a credere che correndo appoggiando sull’avampiede o sul mesopiede si corra meglio. Questo tipo di credenza è spesso data dal vedere correre i Top Runner, soprattutto nelle gare in pista.
Ma è una credenza corretta?
La risposta è “NI” (Si e No); NO nel senso che la variabile che può incidere più di altre al momento dell’impatto è un’altra (è sbagliato usare il termine appoggio…perché indica tutta la fase in cui il piede è a terra). SI perché un impatto corretto aiuta a prevenire gli infortuni e a migliorare il rendimento energetico della corsa.
In questo post andremo a vedere in che modo quello che accade durante l’impatto con il terreno influisce sulla tecnica di corsa…cioè sul rischio di infortuni, sulla performance e sul piacere di correre. Questo ci permetterà di avere importanti informazioni su come gestire il proprio allenamento al fine di ottimizzare le variabili sopra citate.
Ma prima focalizzatevi su quest’immagine per capire al meglio i termini che andremo ad utilizzare (Tallone, Mesopiede ed Avampiede).
Credenze comuni e bibliografia internazionale
Sappiamo che la credenza comune è quella che non si dovrebbe impattare con il tallone…ma cosa dicono studi e ricerche sull’argomento?
Dalle evidenze più recenti (Ziliaskoudis et al 2019, Ogueta-Alday et al 2018, Russo 2019 pag 242, Kulmala et al 2013, Kasmer et al 2012, Hasegawa et al 2007) emerge quanto segue:
- Atterrando sull’avampiede (o sul mesopiede) incrementa il carico di lavoro sulla muscolatura che agisce sulla caviglia (semplificando i polpacci), sul tendine d’achille e diminuisce il carico sul ginocchio.
- Viceversa, atterrando sul tallone è minore il carico sulla muscolatura che agisce sulla caviglia, ma è maggiore il carico sul ginocchio, sulla tibia e sul rachide.
- Di norma atterrando sul tallone a velocità lente si tende ad essere più economici (si ha un miglior Rendimento Energetico), ma si ha una maggior percezione della fatica.
- La maggior parte degli atleti (soprattutto amatori) atterra principalmente sul tallone; all’aumentare della velocità si tende leggermente ad avanzare il punto di impatto verso mesopiede/avampiede.
- In condizioni di fatica invece, si tende a prendere contatto sul tallone.
Quello che emerge da questa breve revisione, è che impattando con il tallone, a soffrire sono maggiormente le strutture ossee ed articolari come ginocchio, tibia e schiena, di conseguenza il rischio di infortuni a queste strutture incrementa. Di contro, impattando con mesopiede/avampiede si sollecita maggiormente la muscolatura dei polpacci ed il tendine d’achille; questo permette di sfruttare maggiormente la spinta durante la corsa (non a caso chi corre più veloce impatta prevalentemente su queste strutture), ma richiede più forza e siffness per riuscire a sostenere questo tipo di corsa e tenere basso il rischio di infortuni a polpacci e tendine d’achille.
Allora qual’è il modo migliore di impattare?
Basandosi sull’incidenza infortuni, la revisione di Burke et al 2021 (prende in considerazione 60 anni di studi e ricerche sull’argomento) dice che attualmente non è possibile stabilire con precisione quale tipo di impatto sia meno traumatico sulla corsa.
Questo significa che altri parametri vanno considerati. Ma facciamo un “indovinello”: le prossime 2 immagini mostrano 2 coppie di runner differenti, la cui osservazione dovrebbe rivelarvi (sarete aiutati da qualche linea colorata) qual è la variante principale che determina un impatto migliore rispetto all’altro.
Iniziamo con la prima immagine (sono 2 triatleti); indipendentemente dal tipo di impatto del piede a terra, qual è l’altro elemento che balza all’occhio?
Nell’immagine sotto invece troviamo la differenza tra un mezzofondista ed un ultratrailer che stanno correndo a ritmi elevati, per questo ad andature più simili a quelle a cui è abituato l’atleta di destra. In questo caso l’atleta di sinistra impatta sul tallone…ma quali altre differenze notate.
Ma veniamo alla soluzione del nostro “indovinello”; indipendentemente dall’impatto del piede, è un’elevata distanza tra il piede (solitamente si prende come riferimento il malleolo) e la proiezione del baricentro (la linea che scende appena dietro l’ombelico) a determinare i “guai maggiori”, cioè un’eccessiva frenata nel momento dell’impatto (con relativa perdita di velocità) e un “trauma” più elevato in grado di incrementare il rischio di infortuni.
Questo spiega in maniera più sostanziale cosa “guardare” quando si analizza l’impatto del piede al suolo, cioè la distanza tra il piede e la proiezione del baricentro (sotto l’ombelico).
Nell’immagine sotto possiamo vedere una semplificazione teorica che spiega il motivo per il quale appoggiando con il piede troppo avanti al baricentro può incrementare il rischio di infortuni.
Nella parte bassa dell’immagine è possibile vedere come in questi casi si generi un picco transiente, testimone di una frenata eccessiva ed un impatto traumatico.
Il fenomeno di appoggiare con il piede troppo avanti rispetto al baricentro è definito overstriding; la maggior parte degli amatori corre con questo difetto, di conseguenza rappresenta un grande margine di miglioramento per quanto riguarda la tecnica di corsa; nei prossimi capitoli vedremo le strategie metodologiche per ovviare a questo problema con ripercussioni positive nei confronti della performance, prevenzione infortuni e piacere di correre.
Perché è importante la valutazione dell’ovestriding
Comprendere questo fenomeno è importante perché aiuta a cercare soluzioni per migliorare la propria tecnica di corsa, avendo un impatto positivo su performance, prevenzione infortuni e piacere di correre.
Ma le variabili da considerare nell’appoggio del piede non sono solamente riferite alla distanza tra baricentro e impatto; infatti, altri parametri sono da considerare come l’asimmetria (l’1% di differenza nel tempo di appoggio, provoca un peggioramento del 3,7% del costo metabolico della corsa Joubert et al 2020), la rotazione del piede, il livello di pronazione, ecc.
Sono tutte valutazioni da fare presso un centro di valutazione qualificato; potete leggere tutto sulla valutazione del runner nel nostro articolo specifico; ricordatevi sempre che la spesa per un’accurata valutazione funzionale rappresenta l’investimento più adeguato per diventare un runner migliore.
N.B.: dal punto di vista grafico, molte volte viene valutato “l‘angolo di impatto della tibia” al suolo, piuttosto che la “distanza tra baricentro ed impatto“. Questo, perchè in una video analisi è più facile ricavare un “angolo” piuttosto che una “distanza“. Il concetto rimane comunque lo stesso, in quanto le 2 “valutazioni” portano sostanzialmente alle stesse conclusioni in ambito valutativo.
Allenamento ed appoggio del piede
Nel nostro post dedicato alla tecnica di corsa potete vedere quali elementi dell’allenamento sono utili al fine di correre meglio; tra questi, alcuni sono da effettuare in base alle eventuali lacune del runner (come la riduzione delle anomalie posturali), altri sono da inserire nelle modalità di rispetto delle caratteristiche del runner (forza e velocità), mentre altri sono mezzi “universali” di cui tutti i runner possono beneficiare (andature per il controllo motorio).
Se la riduzione delle anomalie è strettamente legata alla parte valutativa, i lavori di forza e velocità sono da adattare in base alle caratteristiche del runner. Nel nostro post dedicato all’individualizzazione dell’allenamento, abbiamo visto come gli atleti resistenti (solitamente quelli maggiormente portati alle distanze lunghe) siano quelli che necessitano più degli altri dei lavori di forza. Quelli invece portati per le distanze più brevi, traggono benefici anche dai lavori di velocità. Queste sono comunque sfumature che vanno sempre inserite nel contesto di una periodizzazione corretta dell’allenamento.
Le andature per il controllo motorio invece sono tipologie d’allenamento dalle quali tutti i runner possono trarne giovamento per migliorare la propria tecnica di corsa.
Per quanto riguarda l’aspetto mentale legato alla corsa, è da considerare che non bisogna dissociare la fatica mentale da quella fisica; cosa significa? Vuol dire che se “corro bene” (perdonatemi la generalità dei termini) faccio meno fatica. Ad esempio, correre utilizzando particolarmente i muscoli delle cosce e delle anche, comporta non solo un maggiore dispendio di energie, ma anche una maggiore percezione della fatica, perché si tendono ad utilizzare muscoli di grandi dimensioni. Correndo in maniera più appropriata e sfruttando maggiormente i meccanismi elastici in particolar modo dei muscoli dei polpacci, la percezione della fatica sarà inferiore. Questo è il motivo per cui quando si vedono correre in televisione gli atleti degli altipiani “sembra” che non facciano fatica.
Lavorando in maniera ottimale prima sulla forza e poi sulla stiffness, si riesce ad ottimizzare questo processo legato alla tecnica di corsa (Lauersen e coll 2014).
Per ultimo (ma non meno importante), anche l’indirizzo dell’attenzione mentre si corre incide sulla fatica, ma di questo aspetto potete leggere nell’ultimo punto del capitolo sulla tecnica di corsa ed allenamento.
Scarpe ed appoggio del piede
Come abbiamo visto nella nostra guida relativa alle scarpe da running (per accedere al canale telegram e scaricarla gratuitamente clicca sul banner sotto) le scarpe possono influenzare poco quella che è la tecnica di corsa; in ogni modo, è da ricordare che nel lungo termine calzature eccessivamente protettive (con inutili supporti o drop elevati) tendono a ridurre la sensibilità dell’appoggio, con un’influenza non proprio positiva sul controllo motorio.
Non solo, sempre scarpe eccessivamente protettive tendono ad “incentivare” l’overstriding (Ying-Len et al 2021).
Di contro, l’assenza completa di ammortizzazione, incrementa le vibrazioni muscolari inibendo l’efficienza della contrazione muscolare.
Di conseguenza, la scelta della scarpa va anche fatta in maniera individualizzata (trovando il giusto compromesso), considerando che questa debba garantire sempre una sufficiente sensibilità.
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Conclusioni
Il solo sito d’impatto del piede (tallone, avampiede, mesopiede) non è indicativo al 100% della qualità della prima parte dell’appoggio del piede com’è invece la distanza tra l’impatto e la proiezione del baricentro del corpo (ombelico).
Orlando Pizzolato afferma come la maggior parte dei podisti amatori abbiano deficit di applicazione di forza; Daniele Vecchioni indica che una grandissima parte corrono in Overstriding; Luca Russo ha verificato come in media la differenza del tempo di appoggio tra destro/sinistro è del 5% (solo l’1% incrementa del 3.7% il costo energetico)..
Tutte queste indicazioni lasciano intuire come possano esserci evidenti margini di miglioramento per la maggior parte dei podisti, anche solamente lavorando sulla tecnica di corsa. In questo contesto, un’accurata valutazione funzionale ed un corretto approccio all’allenamento (vedi precedenti capitoli) permettono di sfruttare tutti quei “marginal gains” che sommati portano ad evidenti miglioramenti prestativi, una riduzione del rischio di infortuni ed un aumento del piacere di correre.
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Autore dell’articolo: Melli Luca, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960, preparatore atletico AC Sorbolo ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it