Tag Archive: allenamento aerobico

  1. Allenamento aerobico e tecnica calcistica (esercizio)

    Leave a Comment
    Passaggio incrociato, allungo più conduzione di palla lineare.
    In un quadrato si dispongono quattro gruppi di giocatori come da figura; l’esercitazione prevede un numero di elementi che va da 12 a 20 (multipli di 4), perché abbia un’utilità aerobica. Inoltre, le dimensioni dell’area di addestramento variano secondo i partecipanti. I parametri da adottare per essere efficienti sono:
    • quadrato 15 x 15 m;
    • 16 giocatori coinvolti;
    • durata: 6’ per blocco.
    premium calcioLa partenza è data dai giocatori A e B, che simultaneamente effettuano un passaggio incrociato rispettivamente a D e C. Eseguito il passaggio A e B effettuano un allungo passando dietro ai tre coni posti alle loro spalle, percorrendo due lati dell’area di lavoro fino ad arrivare in A1 e B1; dopo aver ricevuto palla D e C condurranno palla rispettivamente a F ed E. Questi ultimi lavoreranno allo stesso modo con i compagni G e H.
    Materiale occorrente: palloni, delimitatori.
    Passaggio incrociato e allungo + conduzione lineare

    A cura di Claudio Damiani

    Claudio Damiani

  2. Staffetta “Luna Park” con tiro in porta e propriocettività

    Leave a Comment

    La Squadra rossa tiene in volo con le mani un palloncino di quelli da gonfiare a bocca e nel contempo fa girare un pallone passandoselo di pianta(o interno piede) alternando piede e senso del giro. Il portiere avversario conta i giri effettuati.

    Contemporaneamente la squadra dei blu effettua il percorso a staffetta : 1) salto ostacoli 2) slalom tra le aste 3) conduzione palla 4) cambio di direzione con palla 5) tiro in porta 5) cambio con il compagno successivo
    Obiettivo squadra rossa: effettuare più giri possibile senza far cadere il palloncino e senza sbagliare la trasmissione.
    Obiettivo squadra blu : a)effettuare la staffetta più velocemente possibile così da non far effettuare un alto numero di giri alla squadra rossa , b) cercare di Segnare per togliere un giro per ogni gol realizzato.
    Terminata la staffetta si cambia: squadra blu passa al Palloncino e squadra rossa effettua la staffetta. Al termine vince chi ha effettuato più giri.
    La competizione e l’ aspetto ludico fanno da contorno a questo esercizio che ha molteplici obiettivi: condizionamento aerobico, forza resistente, tecnica-propriocettiva e tecnica del tiro in porta. Ovviamente ogni variante applicata và a condizionare altri aspetti tecnici ed atletici.

    GARA AL LUNA PARK

  3. Mezzi per valutazione del carico e somministrazione ritmi di allenamento nel calcio: la scala RPE

    Leave a Comment

    Abbiamo citato l’RPE sia quando abbiamo parlato di Registrazione carico allenante e percezione della fatica che quando abbiamo dato indicazioni per l’intensità di esercitazioni come il Passaggio strutturato, l’Allenamento Intermittente o il “40-80”. Da questo è possibile comprendere come questa valutazione della percezione dello sforzo possa ritornare utile per 2 motivi:

    • Individuare le intensità di alcuni mezzi allenanti.
    • Monitorare il carico di lavoro e di conseguenza l’alternanza degli stimoli allenanti durante la stagione.

    BREVE CENNO STORICO

    Questo metodo di rilevamento soggettivo della percezione dello sforzo fu inventato da Gunnar Borg negli anni 50. Con l’avvento dei cardiofrequenzimetri e della misurazione dei livelli di lattato, l’RPE fu messa in secondo piano fino all’inizio del nuovo millennio, quando queste metodiche sono state ridimensionate, in particolar modo nell’ambito dei giochi di squadra (vedi il primo capitolo sull’aggiornamento). Attualmente l’RPE è utilizzata come metodo complementare per la percezione soggettiva del carico allenante, anche se nelle categorie inferiori può considerarsi il metodo di elezione a tale scopo. L’RPE inizialmente nasce per monitorare istantaneamente il carico durante uno sforzo continuo; la terminologia utilizzata era la seguente:

    • 6 nessuno sforzo
    • 7 estremamente leggero
    • 8
    • 9 molto leggero
    • 10
    • 11 leggero
    • 12
    • 13 un po’ pesante
    • 14
    • 15 pesante
    • 16
    • 17 molto pesante
    • 18
    • 19 estremamente pesante
    • 20 massimo sforzo

    ne deriva che il primo utilizzo che si può fare per l’RPE è la fissazione delle intensità di allenamento durante i mezzi per lo sviluppo della potenza Aerobica!

    Alcuni esempi nell’utilizzo dei vari mezzi sono riportati nel primo paragrafo di questo post.

    UTILIZZO NEL MONITORAGGIO DEL CARICO DI ALLENAMENTO A MEDIO-LUNGO TERMINE

    Per questo scopo a livello scientifico (vedi ricerca di Impellizzeri) è stata preferita la versione a scala 0-10, in cui la terminologia per indicare il livello di fatica della seduta:

    • 0 Nulla
    • 1 Molto, molto leggera
    • 2 Leggera
    • 3 Moderata
    • 4 Abbastanza dura
    • 5 Dura
    • 6
    • 7 Molto dura
    • 8
    • 9
    • 10 Massimale

    L’indice RPE della seduta viene poi moltiplicato per il minutaggio totale.

    CARICO ALLENANTE sessione = RPE x minutaggio sessione

    La registrazione e l’andamento di questo durante la stagione, permettere di ottenere indicazioni sulla natura del Carico globale e diversi Indici (di Monotonia e di Fatica acuta; per i dettagli vedi lavoro di Fumagalli). L’utilità principale consiste nel fatto che solitamente una percezione (CARICO ALLENANTE) che “segue” l’andamento del carico esterno (cioè quello imposto con l’allenamento) è indice di un buon adattamento. Quando il carico interno rimane elevato malgrado l’abbassamento di quello esterno è indice di un principio di sovraffaticamento! Inoltre, i livelli di fatica sono indicati tramite un solo numero, ottenendo un indice di carico unico, malgrado l’utilizzo di diversi mezzi di allenamento.

    IMPORTANTI AVVERTENZE

    • L’applicazione di questo metodo richiede una notevole esperienza e attenzione; in particolar modo la “comprensione” e la “comunicazione” dei livelli di fatica da parte del giocatore è fondamentale. Per questo motivo, è ragionevole pensare che serva un periodo di familiarizzazione con il protocollo.
    • Il preparatore/allenatore deve essere in grado di quantificare anche il carico esterno (cioè l’aspettativa dei livelli di fatica indotta dagli esercizi dell’allenamento) per poterlo confrontare con quello interno e di conseguenza carpire le congruenze che possono indicare possibili livelli di affaticamento.
    • La rilevazione dei livelli di fatica va fatta entro pochi minuti dalla fine della seduta o dopo 15-30’ dopo.
    • L’utilità di questa metodologia è prevalentemente a livello Longitudinale e non Trasversale; in altre parole, è possibile confrontare l’andamento dei livelli di carico di un atleta nel tempo, ma non di atleti diversi nello stesso periodo. Questo perché atleti diversi possono interpretare e comunicare i livelli di fatica in maniera differente.

    SVANTAGGI E LIMITI DI QUESTO METODO

    Malgrado la ricerche di Impellizzeri e Little (vedi sotto approfondimenti bibliografici) abbiano trovato che l’RPE indichi in maniera migliore, rispetto alla frequenza cardiaca, l’entità del carico interno (in particolar modo, quando sono presenti sforzi di natura anaerobica)

    • presenta ovvie lacune di Attendibilità relativa alla soggettività della valutazione.
    • Malgrado permetta di avere un’idea complessiva del carico interno del soggetto, in uno sport come il calcio non consente di individuare le localizzazione anatomo/fisiologiche (organico, muscolare, metabolico, ormonale, psicologico, ecc.) dei livelli di affaticamento.

    CONCLUSIONI

    L’utilizzo dell’RPE per definire le intensità di allenamento nei mezzi relativi allo sviluppo della Potenza aerobica (vedi sopra) può tornare utile nei settori dilettantistici e in particolar modo in quelli giovanili quando lo scopo è quello della crescita atletica del calciatore. Anche la Monitorizzazione del carico allenante risulta una metodologia particolarmente economica, malgrado le lacune evidenziate sopra; nei settori professionistici offre un ottimo supporto complementare per individuare i fattori di rischio di infortunio e sovrallenamento.

    Approfondimenti bibliografici

    Autore: Melli Luca allenatore settore giovanile Audax Poviglio (melsh76@libero.it)

  4. Quale Potenza Aerobica nel calcio?

    Leave a Comment

    (Aggiornato al 02/06/2023)

    Abbiamo accennato all’importanza di avere, nel calcio, un potenza aerobica adeguata per prevenire cali di performance durante la gara (dopo le azioni particolarmente intense) e nella fasi finali della stessa. Ma quale potenza aerobica serve al calciatore?

    La domanda può sembrare “fuori luogo”, in quanto si potrebbe rispondere che la potenza aerobica si misura in ml/Kg/min di ossigeno (millilitri di ossigeno su Kg, al minuto), oppure al limite con una velocità ottenuta da un test incrementale.

    La domanda di sopra invece, cerca di approfondire quali sono le variabili, tra quelle che influenzano questa qualità, che possono maggiormente essere determinanti nel calcio rispetto ad altre. È il funzionamento dell’apparato cardiovascolare? È la soglia anaerobica?  È il rendimento energetico?

    Dal modello funzionale del calcio, sappiamo che la preparazione atletica del calciatore è estremamente multifattoriale, quindi è ben difficile dare una risposta esaustiva alla domanda del titolo.

    Quello che faremo, è comunque cercare di capire le differenze tra dilettanti e professionisti che emergono dalla bibliografia internazionale, al fine di avere spunti interessanti per la programmazione dell’allenamento. Ma incominciano con l’analisi di un primo studio molto interessante del 2011.

    Dellal et al 2011, J Strength Cond Res

    I ricercatori hanno confrontato la Massima Potenza Aerobica su percorso lineare e i livelli di fatica (fatica percepita, livello del lattato, frequenza cardiaca) durante minipartite (da 2c2 a 4c4) in 2 gruppi di calciatori: uno di livello internazionale e l’altro di 4° divisione Francese (che equivale all’incirca alla nostra 3° categoria). Il risultato che colpisce particolarmente, è che malgrado i due gruppi di calciatori avessero una velocità aerobica massimale paragonabile nella corsa lineare (intorno ai 17Km/h), i calciatori professionisti:

    • Effettuavano un volume maggiore di metri ad alta/altissima velocità durante le minipartite (considerazione comunque “parziale” in quanto non sono state analizzate le accelerazioni/decelerazioni come nei criteri della potenza metabolica).
    • Giocavano le minipartite con un minor livello di fatica percepita (RPE) e presentavano livelli di lattato inferiore.
    • Effettuavano meno errori di natura tecnica (maggior numero di passaggi riusciti).

    Che considerazioni possono essere estrapolate da questi risultati? Sembra che i calciatori professionisti non siano tanto dotati di un maggior potenziale aerobico espresso sulla corsa lineare, ma

    riescano ad esprimere il loro potenziale con maggior efficienza energetica durante il gioco; in altre parole hanno un potenziale aerobico lineare paragonabile a quello dei dilettanti, ma riescono ad esprimerlo meglio in funzione del gioco!

    potenza aerobica palla

    La causa di questa differenza risiede probabilmente negli aspetti coordinativi del movimento; di conseguenza

    l’abilità di adattarsi (sopratutto con i cambi di direzione in maniera efficiente e poco dispendiosa dal punto di vista energetico) alle situazioni e ai movimenti del calcio è l’abilità atletica che dal punto di vista metabolico differenzia maggiormente dilettanti e professionisti!

    Una conferma la possiamo avere dallo studio di Paul et al 2016; anche se la variabile approfondita era l’agilità, i ricercatori videro come atleti di livello superiore (sport di squadra) avevamo migliori tempi di reazione, maggior precisione nei movimenti, posizionamento più accurato dei piedi e maggiore stabilità nell’affondo lineare. Questi risultati sostengono le considerazioni fatte sopra, nelle quali viene sottolineata l’efficienza dei gesti come discriminante principale nella potenza aerobica tra dilettanti e professionisti.

    La Juve ed i dilettanti

    In questo capitolo voglio soffermarmi su un aspetto molto pratico, che ritengo altrettanto utile per spiegare lo stesso fenomeno. Mi avvalgo di una pubblicazione di Roberto Sassi (a questo link è possibile trovare la presentazione) in cui mostra la progressione dei carichi aerobici durante il periodo preparatorio della Juve (dati pubblicati nel 2015); a pagina 21 della presentazione mostra i carichi di lavoro della seduta più impegnativa, presumibilmente quella che corrisponde ai carichi di lavoro che un calciatore di serie A riesce a sostenere durante la stagione. Essendo questi protocolli analoghi a quelli che faccio io (ed altri) nei dilettanti, ci offre un ottimo spunto per confrontare le qualità in corsa lineare e a navetta (cioè con cambi di direzione). Vediamo ora i protocolli in questione confrontando quelli utilizzati in Prima Categoria/Promozione (protocollo non personalizzato) e quelli del gruppo dei più lenti della tabella presentata sempre a pag 21.

    Già ad una prima occhiata è possibile notare come ciò confermi la ricerca di Dellal et al 2011 descritta sopra; in altre parole, nei protocolli lineari la differenza è minima, mentre quando si utilizzano i cambi di direzione (navette) il divario è particolarmente evidente.

    Ma andiamo a fare un ulteriore approfondimento (per quantificare le diversità), indicando le potenze metaboliche erogate dai vari protocolli. Per i protocolli lineari useremo il foglio di calcoli pubblicato da Colli 2012, mentre per i protocolli a navetta, sempre quella del prof. Colli. È mia opinione (in base alle mie esperienze personali) come probabilmente la tabella a navetta sovrastimi il costo energetico rispetto a quella lineare; forse perché il campione utilizzato erano studenti di Scienze Motorie e non  calciatori, che probabilmente hanno migliori costi energetici nei cambi di direzione; in ogni modo questa considerazione è ininfluente nel confronto che andremo noi a fare.

    Preciso che i dati della Juve nel protocollo a navetta sono stati ridotti dell’11.5% perché il tempo di lavoro è dimezzato rispetto al protocollo dei dilettanti; infatti, secondo Colli 2013, al raddoppiare del tempo di lavoro, la potenza si riduce dell’11.5% (dati estrapolati dal rapporto potenza/durata nei record del mondo del mezzofondo).

    Bene, anche confrontando la Potenza metabolica, appare evidente come nell’intermittente lineare gli scarti siano minimi, mentre nel protocollo a navetta siano quasi abissali.

    Ma quali possono essere le variabili che influenzano tale differenza?

    • Volume e qualità dell’allenamento del calcio professionistico maggiori rispetto a quello dilettantistico.
    • Doti coordinative e neuromuscolari che i calciatori di talento hanno innate rispetto a chi gioca a livello dilettantistico.

    Probabilmente entrambe le risposte sono valide contemporaneamente, ma quello che a noi interessa è il cercare di trovare spunti interessanti per chi opera in ambito dilettantistico.

    Il primo spunto a mio parere è una conferma di quanto già affermato in un precedente articolo, “non è possibile parlare d’allenamento atletico specifico senza considerare l’uso della palla! Infatti, analizzando i vari dati, si comprende come sia impossibile allenare a secco (cioè senza l’uso della palla) un insieme di cambi di direzione e di velocità/accelerazioni/decelerazioni della durata così breve e d’intensità così variabile!”.

    Il secondo spunto è relativo all’importanza della coordinazione: i dilettanti non hanno lo stesso tempo a disposizione dei professionisti per allenarsi, per questo motivo, a mio parere, è fondamentale concentrare in alcuni momenti della settimana importanti stimoli coordinativi, sia di natura non massimale, che massimale. Com’è stato visto dalla ricerca di Venturelli 2008, ne può beneficiare sia la tecnica che la rapidità.

    Non solo, anche i lavori aerobici a secco (quando fatti) dovrebbero rispondere all’esigenza di stimolare la coordinazione il più possibile, andando incontro a quelle che sono le esigenze funzionali del calciatore. Potete trovare un elenco di protocolli di lavoro (sottoforma di Fartlek) nel nostro post dedicato all’allenamento generale.

    Conclusioni

    L’efficienza atletica e la coordinazione con la quale i professionisti applicano i propri livelli di potenza aerobica (e muscolare) alle situazioni di gioco, sono alcuni degli elementi che fanno la differenza rispetto ai dilettanti. Di conseguenza è plausibile ipotizzare che il potenziale atletico (aerobico e muscolare) vada incrementato tramite il lavoro generale (che comunque deve rispondere a determinati criteri di specificità), ma “trasformato” al gioco tramite un allenamento atletico specifico che non può assolutamente escludere il gioco con la palla! Sta poi alla bravura e alla sensibilità degli staff che compongono le società a comprendere ed intuire la percentuale dei vari lavori da utilizzare in base alle situazioni contingenti.

    Se vuoi leggere i risvolti pratici di questo approfondimento puoi leggere il nostro articolo “la potenza è nulla senza controllo“.

    Se ti è piaciuto l’articolo e vuoi rimanere informato sulle nostre pubblicazioni ed aggiornamenti, collegati al nostro Canale telegram gratuito dedicato alla preparazione atletica nei dilettanti. Potrai scaricare anche la nostra mini-guida sull’argomento.

    Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico AC Sorbolo, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it

  5. I crampi: prevenzione e cura

    Leave a Comment

    (aggiornato al 07/07/2021)

    Chissà a quanti atleti sarà capitato, dopo tanti Km di gara, il manifestarsi di un crampo che ha compromesso definitivamente l’esito della competizione proprio nel momento decisivo; oppure quanti allenatori/preparatori abbiano visto alcuni dei loro giocatori in preda ai crampi (con la necessità di sostituirli) in un finale di partita, quando l’esito del match è ancora in bilico. Il crampo non è dovuto alla “sfortuna”, ed in questo articolo andremo a vedere quali sono le cause, i rimedi, ma soprattutto come prevenirli, in particolar modo per chi ne soffre frequentemente. Partiamo quindi con la definizione e caratteristiche di questo fenomeno.

    Il crampo è una contrazione involontaria e acuta (spasmo) del muscolo scheletrico.

    Malgrado a livello scientifico non si sia ancora riusciti a comprendere a pieno le cause, si sa che la maggior parte degli atleti che ne soffre, lo fa nella prima parte della stagione, quando non è ancora sufficientemente allenato o quando effettua sforzi d’entità superiore al proprio grado d’allenamento (tempi supplementari, gare oltre i 250 Km nel ciclismo o maratona per i podisti). Ciò porta ad ipotizzare che la causa principale sia il livello d’allenamento “non sufficiente” abbinato ad un elevato “livello di fatica. Andiamo ora ad analizzarne cause, rimedi e prevenzione!

    Com’è possibile vedere dall’immagine sopra, la regolazione involontaria della contrazione muscolare (cioè quella che determina il crampo) è determinata dall’interazione delle cellule nervose del sistema nervoso periferico (motoneuroni, interneuroni e fibre sensitive) situate non solo nel muscolo coinvolto nella contrattura, ma anche della pelle che lo riveste e del muscolo antagonista. Questa complessità porta ad ipotizzare che

    una “non compensazione” fisiologica tra i meccanismi responsabili dell’eccitazione/rilassamento muscolare rende i muscoli iper-eccitabili, facilitando quindi l’insorgenza del crampo.

    La durata media del crampo va da 1’ a 3’ e coinvolge prevalentemente i muscoli multiarticolari (gastrocnemio, flessori della coscia, ecc.) in posizione “accorciata”.

    Nonostante la scarsa conoscenza scientifica, diversi anni di studi ed esperienze hanno comunque portato a concludere che le variabili più importanti scatenanti i crampi sono:

    • Predisposizione individuale: rappresenta la variabile più evidente che può predirne l’insorgenza (O’Connell et al 2013). In alcuni sport, come il ciclismo, una posizione sul mezzo errata rappresenta una variabile che può favorire i crampi. Inoltre, i crampi sono più frequenti negli uomini rispetto alle donne (Nelson e coll 2016).
    • Sovraccarico muscolare/fatica muscolare: rappresenta la causa più specifica del crampo. In questi casi, l’allungamento passivo e/o l’abbassamento del “carico” permettono di alleviare la sintomatologia.
    • Perdita di sodio tramite sudore: rappresenta una causa “generale”, la più “debole”, non supportata da evidenze scientifiche (non è mai stata ampiamente confermata a livello sperimentale); in ogni modo, non è chiaro se la causa possa essere la sola disidratazione o la il tasso di perdita di sodio (Jahic e coll 2018).

    CURA DEL CRAMPO

    In alcune discipline d’endurance (come l’atletica leggera o il ciclismo), l’insorgenza del crampo compromette seriamente la performance costringendo l’atleta a rallentare notevolmente l’andatura; in questi casi, la riduzione delle tensioni emotive, il massaggiare la pelle sopra il muscolo colpito (o massaggiare il muscolo stesso) e un breve stop per allungare la muscolatura rappresentano gli interventi più adeguati, ma che possono ridurre la sintomatologia solo in parte. In aggiunta, può anche risultare efficace (sono necessarie ulteriori ricerche per confermarne gli effetti) l’iperventilazione (20-30 respiri profondi al minuto), probabilmente per ridurre la tensione (Murphy e coll 2011).

    Negli sport di squadra la situazione è leggermente diversa perché spesso determina l’interruzione della partita (il crampo in tal caso è considerato come un “infortunio”) consentendo al fisioterapista/massaggiatore di intervenire. In questi casi, le cure (allungamento muscolare, massaggio o anche un raffreddamento temporaneo) possono essere applicate con più efficacia, ma la maggior parte delle volte la performance dell’atleta risulta compromessa.

    Dal punto di vista dell’integrazione, si sta diffondendo l’interesse verso il succo di cetriolo. In questo caso, le evidenze sul campo sono principalmente anedottiche e le poche ricerche sperimentali effettuate (sebbene riportino risultati promettenti), non sono state fatte in condizioni reali; infatti, molte di queste sono state effettuate tramite protocolli da laboratorio o in situazioni di crampi indotti elettricamente. Si ipotizza che i “possibili” effetti indotti dall’assunzione (circa 60 ml di succo di cetriolo), siano dovuti alla presenza di acido acetico, in grado di influire su un riflesso orofaringeo che andrebbe a ridurre l’ipertono muscolare nel giro di poco tempo.

    In conclusione, la cura del crampo non sempre può risultare efficace, per questo motivo diventa fondamentale la prevenzione.

    PREVENZIONE DEL CRAMPO

    La prevenzione rappresenta la forma migliore per “salvarsi” da questo tipo d’evento; di seguito riportiamo le variabili essenziali su cui possono lavorare gli staff ed atleti.

    1) Capacità di gara

    La prima barriera difensiva contro il crampo è rappresentata da un corretto allenamento, cioè dal presentarsi alle competizioni con una condizione fisica improntata non solo sulla “velocità di gara”, ma anche sulla “capacità di gara”; per “capacità di gara” s’intende quella componente della performance (in qualsiasi disciplina) che permette di prevenire l’abbassamento dei livelli di potenza dovuti alla fatica.

    Ad esempio, per un maratoneta la forma d’allenamento elettiva è rappresentata dai mezzi che permettono di correre a ritmo gara in condizione di deplezione di glicogeno (come i lunghi-progressivi o i bigiornalieri), mentre per un calciatore i mezzi per la potenza aerobica o i mezzi specifici a carattere estensivo (meglio se svolti in condizione di pre-affaticamento). Un ottimo consiglio è quello di non prendere parte a competizioni sportive per le quali non si è adeguatamente allenati; allo stesso tempo è necessario riprendere gli allenamenti (dopo periodi di pausa/sosta) in maniera graduale. Altro consiglio essenziale, è quello di evitare di partire troppo veloce, in quanto un affaticamento precoce probabilmente incrementa la probabilità di andare incontro a crampi (Martinez-Navarro et al 2020); a questo particolare dovrebbero portare particolarmente attenzione chi è facilmente soggetto ai crampi.

    2) Resistenza muscolare locale

    Le ricerche del Team Sky (ora Team Ineos) di ciclismo hanno portato a comprendere come i crampi colpivano prevalentemente i muscoli di quei ciclisti che avevano bassi livelli di forza muscolare. In diversi casi, un adeguato protocollo di potenziamento muscolare ha contribuito a ridurre il numero degli eventi, l’intensità dei crampi ed a ritardarne l’insorgenza.

    Analogamente è stato visto in un gruppo di maratoneti (Martinez-Navarro et al 2020), che quelli maggiormente affetti dai crampi presentavano (dopo la gara) elevati livelli di CK e LDH nel sangue, cioè 2 indicatori di microlesioni muscolari indotti dalla fatica. Non solo, l’incidenza del crampo era correlata alla “non effettuazione” di protocolli di potenziamento; in altre parole, chi effettuava potenziamento muscolare aveva meno probabilità di presentare i crampi.

    È quindi ragionevole ipotizzare come negli sport di endurance, un’adeguata Resistenza muscolare locale specifica possa aiutare a combattere i crampi. A differenza della Capacità di gara indicata sopra, la resistenza muscolare locale (abbreviata in RML) permette di mantenere un elevato livello di produzione di forza (non solo di potenza) nel tempo, senza che la fatica ne comprometta l’efficienza; è quindi in grado di influenzare la Capacità di Gara insieme alla produzione metabolica di energia, ma è da curare particolarmente per quei soggetti che hanno bassi livelli forza muscolare.

    Per i runner, potete trovare nel nostro post dedicata alla Forza ed alla Velocità quali sono i protocolli possibili, anche costituiti da corse (non solo potenziamento con pesi). Per chi corre i trail, è anche fondamentale l’attitudine e l’abitudine a correre in salita ed in discesa.

    Alcune ricerche (Nelson e coll 2016), hanno visto come possa essere importante la tecnica esecutiva, soprattutto negli sport ciclici (come la Tecnica di corsa per i runner); una tecnica esecutiva scorretta o uno squilibrio muscolare, possono indurre affaticamenti localizzati in grado di indurre il crampo anche quando il soggetto ha una Capacità di Gara adeguata. In questi casi una Valutazione funzionale effettuata da personale competente è in grado di fornire indicazioni utili per l’allenamento

    È più difficile comprendere se tali interventi metodologici possano essere efficaci anche nel calcio; questo perchè il carico interno (che determina la fatica) varia in base a diversi aspetti della partita (schema tattico, risultato, ecc.). Anche in questi casi, un’accurata Valutazione funzionale e un’analisi della casistica del giocatore (cioè se è abituale o meno ai crampi) può aiutare a formare il giusto approccio preventivo; questo partendo dal presupposto che anche nel calcio la resistenza muscolare locale e la coordinazione rivestono un ruolo fondamentale nel ritardare gli effetti della fatica.

    3) Idratazione ed integrazione in gara

    Quest’aspetto ha prove solamente anedottiche (cioè non suffragate da un numero sufficiente di evidenze scientifiche in mabito sportivo) a supporto. Infatti, non esistono link diretti tra disidratazione, perdita di sali e crampi nello sport. Ovviamente un’adeguata idratazione è fondamentale (per gli aspetti legati alla fatica e alla prevenzione della disidratazione), ma sembra non rivesta un ruolo importante nel crampo se non dal legame che può avere con l’insorgenza della fatica; allo stesso modo è fondamentale anche l’apporto di carboidrati e sali, in sforzi che superano una certa durata. Nel nostro articolo sull’Integrazione ed idratazione negli sport di resistenza, potete trovare tutte le informazioni utili per gestire al meglio quest’importante aspetto nelle discipline di endurance.

    In più, sarebbe interessante valutare anche quanto l’acclimatazione (cioè l’abitudine a praticare sport in climi torridi) possa influire sui crampi e quindi prevenirli. Per maggiori informazioni, potete leggere il nostro post dedicato all’allenarsi e gareggiare al caldo.

    4) Altre strategie attualmente non supportate da evidenze scientifiche

    L’esperienza di diversi atleti rivela come l’utilizzo di indumenti compressivi, possa migliorare la coordinazione muscolare (elasticità) a causa della riduzione delle vibrazioni; questo permetterebbe, in linea teorica, di ritardare l’insorgenza della fatica e di conseguenza l’origine del crampo. Questo aspetto è evidente tanto più è basso il livello di forza (soprattutto la stiffness) dell’atleta. È da precisare, che attualmente non esistono ricerche scientifiche a riguardo, ma solo l’esperienza di diversi atleti; ribadiamo comunque che gli indumenti compressivi sono parzialmente in grado di compensare livelli di stiffness non adeguati e ritardare l’insorgenza della fatica, cioè 2 fattori chiave (vedi sopra) nell’insorgenza del crampo. Puoi approfondire l’argomento leggendo il nostro post sulle calze compressive.

    Conclusioni

    Attualmente non è ancora possibile stabilire con esattezza il peso delle varie variabili che influenzano i crampi (fatica, livello d’allenamento, predisposizione individuale, ecc.). Quello che è fondamentale comprendere, è che questo fenomeno è causato da un alterato controllo neuromuscolare nella quale la fatica centrale e periferica giocano un ruolo fondamentale (Nelson e coll 2016). Di conseguenza, le strategie migliori per prevenire i crampi per quei soggetti che sono maggiormente predisposti sono:

    • Presentarsi alle competizioni sportive solamente se adeguatamente allenati ed acclimatati per lo sforzo che si andrà a fare.
    • Incrementare i carichi di lavoro gradualmente nella prima parte della stagione.
    • Curare in allenamento la resistenza muscolare locale (soprattutto se si è facilmente soggetti ai crampi) e la tecnica/coordinazione tipica della disciplina praticata.
    • Impostare un ritmo gara ottimale (nelle competizioni di endurance), gestito in base alla distanza e alle proprie condizioni di forma, per evitare che nel finale la fatica faciliti l’insorgere del crampo. Adottare, quando necessario necessario, le strategie più adeguate di idratazione ed integrazione in gara e nel pre-gara (carico di carboidrati).

    Connettiti al mio profilo linkedin per rimanere informato sugli aggiornamenti dei nostri contenuti e sulle nuove pubblicazioni.

    Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico AC Sorbolo, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it

  6. Il 30-15 Intermittent fitness test

    Leave a Comment

    Tra le variabili dell’esercizio intermittente abbiamo citato l’Intermittent Fittness Test; la sua utilità nel calcio sta nel fatto che (contrariamente agli altri test intermittenti a navetta) oltre a fornire una valutazione delle qualità atletiche del calciatore è in grado di dare indicazioni sui ritmi d’allenamento per le esercitazioni intermittenti con e senza cambi di direzione.

    Come altri test analoghi, la velocità finale del protocollo dipende da capacità aerobiche, anaerobiche e neuromuscolari (abilità nei cambi di direzione); inoltre, rispetto al test di Leger, la fatica percepita a chi viene somministrato il test è del 30% inferiore.

    PROTOCOLLO VALUTATIVO

    È un test a navetta (40 m) in cui gli step di corsa di 30” sono alternati a fasi di recupero (stazionarie o di semplice camminata) di 15”. Il primo step solitamente è corso a 8 Km/h (ma per atleti molto allenati è possibile partire da 10 Km/h) e ad ogni step la velocità viene incrementata di 0.5 Km/h.

    Un segnale sonoro fornirà da metronomo per far capire agli atleti quando dovranno transitare agli estremi della navetta (linea A e C) e nella zona centrale (linea B). Ogni linea ha una zona di tolleranza di 3 metri; quando per 3 volte consecutive un atleta non sarà più in grado di raggiungere (in corrispondenza dei “beep” sonori) le aree di riferimento il suo test terminerà e la velocità finale raggiunta sarà la Vift (velocità intermittent fitness test). Com’è facile vedere dalla figura sopra, le fasi di corsa sono rappresentate dalle frecce nere, mentre le fasi di recupero (durante le quali si cammina verso la linea di riferimento più vicina) dalle frecce bianche.

    Nella figura sopra invece, è possibile vedere un esempio di mezzo allenante con velocità di riferimento basata sul risultato del test: analogamente all’allenamento intermittente, viene costruito un protocollo di lavoro (15” di fase attiva e 15” di recupero da fermo) basato sulla velocità Vift; in questo caso la fase attiva si corre al 100% della Vift. Il pregio dell’autore (Martin Buchheit) che ha inventato e applicato per più di 10 anni questo protocollo (sia il test che come metodo d’allenamento) è stato quello di riuscire ad utilizzare la Vift come riferimento di protocolli d’allenamento lineari ed a navetta (vedi esempio sotto).

    Com’evidenziato nella presentazione dell’autore a pagina 4, è stata effettuata una tabella per poter applicare nella maniera voluta il protocollo d’allenamento. Per il calcio, le variabili più interessanti sono rappresentate nella tabella sotto. In base a quanto consigliato per l’allenamento intermittente, nel calcio è opportuno l’utilizzo della monoserie; per questo motivo è meglio partire da una serie unica e incrementare il carico tramite l’aumento delle ripetizioni nelle sedute successive.

    Ma quali grandezze fisiologiche è in grado di stimolare questo mezzo allenante? L’applicazione di protocolli lineari (cioè senza cambi di direzione) ha uno stimolo allenante paragonabile all’intermittente classico, quindi nei confronti della Potenza Aerobica. L’utilizzo di mezzi a navetta è allenante anche nei confronti della rapidità (Potenza Muscolare applicata ai cambi di direzione) assumendo le connotazione di mezzo d’allenamento “misto” che però richiede un maggior grado di freschezza prima di essere effettuato.

    Caratteristiche statistiche del test 30-15: come riportato più volte, è importante considerare i requisiti statistici di un test per valutarne l’effettiva utilità dei risultati (Vift in questo caso) ottenuti. Questo protocollo valutativo ha ricevuto diversi approfondimenti scientifici in tal senso: sia l’Obiettività che la Ripetibilità, che l’Economia che la Sensibilità sono buone, quindi è da considerare un test estremamente utile per valutare le qualità del calciatore. Il risultato ottenuto, cioè la Vift, è un dato in grado di esprimere l’insieme di diverse grandezze atletiche (potenza aerobica e rapidità nei cambi di direzione) quindi è da considerare come un risultato in grado di inglobare diverse caratteristiche necessarie nel calcio.

    Per Approfondire

    Autore dell’articolo: Melli Luca allenatore Scuola calcio Audax Poviglio (melsh76@libero.it)

     

  7. Esercitazione aerobica con pallone a più varianti

    4 Comments

    Un’esercitazione efficace che sostituisce la classica corsa intermittente “a secco” attorno al campo e permette di avere un ottimo riscontro allenante.

    Si dispongono dei delimitatori in determinati punti del campo, come da figura con due paletti nei vertici dell’area della metà campo opposta.

    In ogni “cinesino” si prepara un giocatore; parte il giocatore dalla postazione “A” che lancia a “B” e va a prenderne il posto alla massima intensità.

    Nel momento in cui il giocatore partito da “A” raggiunge la postazione “B”, egli riceverà dal giocatore posto in “E”. Anche quest’ultimo raggiungerà la postazione “B” alla massima intensità.

    In sintesi:
    • L’esercitazione si svolge sia nella parte destra del campo che a sinistra
    • i giocatori che passano la palla e partono da “A” ed “E” vanno in “B”;
    • i giocatori che a turno ricevono in “B”, aprono il gioco alternativamente a “C” ed “F” e vanno a prenderne il posto.
    • i giocatori che ricevono in “C” ed “F”, trovano il giocatore in “D”, e ne prendono il posto in alternanza .
    • Il giocatore che riceve in “D” conduce palla sino alle postazioni di partenza alla massima intensità, aggirando il paletto posto ai vertici dell’area di rigore..

    Variante 1: i giocatori che ricevono in “B” fermano palla e la girano verso la fascia opposta, andando a occupare sempre la postazione verso cui effettuano il passaggio. (nell’esempio in figura, “B” girerà per “F”)

    Variante 2: introdurre un portiere; il giocatore che riceve palla in “D”, calcia la palla con precisione tra le mani del portiere il quale la restituisce. Conduzione fino a fondo campo alla massima intensità.

    Durata dell’esercitazione: 2 blocchi da 6′ con pausa di 1′ . (In base all’intensità richiesta e al numero di giocatori coinvolti).

    Materiale occorrente: palloni, cinesini, 2 paletti

    A cura di Claudio Damiani

    Allenatore di Base UEFA “B”

    L’esercitazione pubblicata è stata creata con Easy Sports Graphics 5.0. Clicca qui per acquistarlo!

     

  8. Le Ripetute

    Leave a Comment

    L’utilità di questa forma di allenamento è stata recentemente messa in dubbio dagli studi sulla potenza metabolica (che ha evidenziato l’importanza delle accelerazioni/decelerazioni nel modello funzionale del calcio) e da una conseguente ricerca di maggior specificità degli stimoli allenanti. Chi sostiene ancora questa forma di allenamento lo fa citando alcune recenti ricerche in cui tramite questa metodologia si è riusciti ad incrementare il Vo2max e alcuni parametri (relativi alla velocità) della match analisys. Chi invece critica questi mezzi, parte dal presupposto che non rispettano la specificità del gioco del calcio e che il Vo2max non sempre “segue” quelli che sono gli adattamenti nei test più specifici utilizzati nel calcio. Come abbiamo fatto altre volte, cercheremo di analizzare questa “diatriba” dal punto di vista scientifico (analizzando le poche ricerche che permettono di confrontare questi mezzi allenanti) senza trascurare quelli che sono i risvolti applicativi nella metodologia d’allenamento.

    bangsbo

    DOMANDE E RISPOSTE

    La pubblicazione che più di altre può aiutare a dare “risposte” ai nostri quesiti, è quella di Iaia e coll del 2009 (vedi sotto “Bibliografia” per gli estremi); gli autori hanno rivisitato tutte le ricerche finalizzate all’incremento della capacità aerobiche e di ripetere sforzi intensi e li ha divisi in 3 gruppi:

    1) Gruppi che utilizzavano le minipartite: non le teniamo in considerazione in questa sede perché le riteniamo facenti parte l’allenamento Specifico, mentre noi stiamo cercando di analizzare l’allenamento Generale.

    2) Gruppi che utilizzavano l’interval training (corrispondenti all’incirca alle canoniche ripetute di 1000m): sedute di 4×4’ al 90/95% della massima frequenza cardiaca con recuperi di 3’.

    3) Gruppi che utilizzavano mezzi di speed endurance, tra i quali troviamo l’intermittente, l’RSA based training, ecc.

    Il confronto ha permesso di giungere ad ovvie conclusioni, cioè che (dopo periodi di circa 7-12 settimane):

    con gli allenamenti di speed endurance il miglioramento medio nel test Yo-yo intermittent recovery test era tra il 22-28% contro il 13-14% ottenuto con le ripetute e che miglioramenti significativi dell’RSA (velocità media Test Capanna) si ottenevano solamente con quelli di speed endurance.

    Un altro elemento che emerge (considerando anche lo studio di Aguiar e coll 2008) è che con le minipartite (quelle in cui dimensioni del campo e N° di giocatori è finalizzato all’incremento del potenziale aerobico)

    non si riusciva a raggiungere gli stessi adattamenti in termini di RSA e velocità sui 15m ottenuti con gli allenamenti di speed endurance.

    In sostanza, si ribadisce l’importanza dell’allenamento generale per formare le qualità fondamentali del calciatore, che allo stesso tempo deve tenere in considerazione gli aspetti specifici della disciplina e non utilizzare mezzi che “troppo” si allontanano (come le ripetute) dalla tipologia di lavoro muscolare/metabolico di questo sport!

    LE RIPETUTE DI SASSI-CANDEL

    Nel 2003 al 5° Congresso Science & Football, Sassi e Candel presentarono una modifica alle ripetute classiche, in cui all’interno delle stesse venivano fatte delle variazioni per renderle più specifiche rispetto al gioco del calcio. Ogni gruppo considerato effettuava 4 volte i 1000m in 3’50” (cioè 15.6 Km/h, velocità corrispondente alla Massima Potenza Aerobica dei soggetti considerati) con recupero di 3’ per 2 volte a settimana per 6 settimane. Il gruppo A effettuava le 4 ripetute a ritmo costante, mentre il gruppo B alternava (per l’intera ripetuta) 20m in 3” (cioè ai 24 km/h) ad 80m in 20” (cioè ai 14.4 Km/h). È evidente come il protocollo del Gruppo B fosse maggiormente specifico nei confronti del calcio, in quanto all’interno del mezzo allenante si effettuavano 40 cambi di velocità a potenza molto elevata. Quello che poi sorprende è che malgrado i 2 gruppi utilizzarono le stesse velocità medie, dopo 6 settimane, il secondo (cioè quello che eseguiva le variazioni di velocità) fù l’unico che incrementò la seconda soglia ventilatoria che, anche se rappresenta una qualità secondaria nel calcio, è indice di un maggiore effetto allenante nei confronti del potenziale aerobico.

    Applicazione pratica del protocollo: prevede l’utilizzo di una pista/minipista di 300-400m (vedi immagine sotto) con riferimenti ogni 20-80m corrispondenti ai cambi di velocità. La velocità media alla quale va corsa la ripetuta di 1000m deve essere la Massima Potenza Aerobica (la cui valutazione è stata trattata nel post secondo sull’allenamento intermittente), anche se le prime volte può essere utilizzato il 95% per facilitare l’apprendimento del protocollo. La seconda variante da inserire è il tempo nel quale si desidera vengano percorsi i tratti di 20m (può essere 3” come nella ricerca di Sassi-Candel o 4” se i soggetti sono poco allenati); successivamente si calcola il tempo impiegato nei settori di 80m (togliendo al tempo totale quello impiegato nei settori di 20m) e l’allenamento è fatto! Il protocollo dura circa 28’ e può essere somministrato ad un solo gruppo (con MPA omogenea) alla volta. Possiamo concludere che questo tipo di ripetute è un ottimo mezzo Generale (in teoria) per incrementare il potenziale aerobico del calciatore, ma di difficile applicazione pratica (anche in virtù del fatto di dover avere a disposizione una pista/minipista): nella figura sotto è rappresentata una possibile pista d’atletica 400m con gli intervalli (delimitati dai paletti rossi) desiderati.

    CONSIDERAZIONI FINALI

    • Malgrado le “Ripetute classiche” siano in grado di incrementare il massimo potenziale aerobico (Vo2max), non è consigliabile utilizzarle nel calcio a causa della scarsa specificità.
    • Come mezzi Generali finalizzati all’incremento del potenziale aerobico sono da preferire l’RSA Based Training, il Fartlek e l’Intermittente con le sue varianti.
    • Le ripetute con la variante di Sassi-Candel possono essere considerate un mezzo interessante per l’incremento della Potenza Aerobica quando i giocatori non sono affaticati, ma richiedono una certa disponibilità di mezzi, personale e tempo a disposizione.

    Bibliografia

    Autore: Melli Luca allenatore Scuola calcio Audax Poviglio (melsh76@libero.it)

     

     

  9. L’allenamento intermittente (applicazioni pratiche)

    Leave a Comment

    Dopo aver analizzato quelli che sono gli aspetti teorici dell’allenamento intermittente e i protocolli che hanno ricevuto un seguito sperimentale, andremo ad approfondire gli aspetti più pratici che possono interessare gli allenatori/preparatori che lavorano nell’ambito del calcio. Abbiamo concluso il precedente post con diverse domande che riportiamo qui sotto:

    • Com’è possibile misurare la MPA senza avere un laboratorio di ricerca a disposizione?
    • Quali sono le variabili (durate, intensità, tipi di percorso, ecc.) che possono rendere questo tipo di allenamento più specifico per il gioco del calcio?
    • Quali sono le variabili sono in grado di “spostare” le caratteristiche di questo mezzo da “generale” a “misto” come è l’RSA?
    • Può risultare altrettanto efficace (e in che casi) il monitoraggio dell’intensità (analogamente al 40”-80”) della percezione dello sforzo (RPE)?

    MISURAZIONE DELLA MPA (Massima Potenza Aerobica)

    La misurazione della MPA trova il suo razionale nel fatto che è la velocità di riferimento su cui si costruiscono i ritmi dell’allenamento intermittente. Per effettuare una stima corretta di questo parametro occorre una strumentazione particolarmente costosa di cui la maggior parte delle società calcistiche non è dotata. Occorre quindi fare affidamento su test che possano soddisfare le esigenze della maggior parte delle squadre: probabilmente il migliore è il Time Trial sui 2000m che, anche se non soddisfa i criteri di validità, sicuramente può considerarsi Attendibile, Obiettivo, Sensibile ed Economico. In questo caso la misurazione può non essere precisa, quindi una volta somministrato per le prime volte l’allenamento intermittente è possibile spostare un atleta da un gruppo (caratterizzato da un’intensità di allenamento) all’altro.

    MPA e Match Analisys: la misurazione della MPA diventa un aspetto importante anche in virtù dei nuovi parametri della Match Analysis; infatti, i vari volumi di lavoro che si misurano alle diverse intensità (espressi in Watt/Kg) devono essere contestualizzate in base alle caratteristiche del singolo giocatore. Infatti un calciatore che ha una MPA di 18 W/kg, a pari comportamento in partita, si può affaticare maggiormente di uno che ha la MPA di 22 W/Kg.

    VARIABILI DELL’ALLENAMENTO INTERMITTENTE E SPECIFICITA’ PER IL CALCIO

    Nel precedente post abbiamo presentato un protocollo standard basato sull’evidenza scientifica. Ovviamente è lecito chiedersi se è possibile somministrare protocolli che, pur avendo poca conoscenza sperimentale, possono ritenersi più specifici per il calcio. In questi casi deve essere molto “sensibile ed intelligente” il preparatore (o l’allenatore) a percepire ed osservare l’effetto di tali mezzi e valutare eventuali modifiche/varianti. Sotto alcuni esempi:

    Intermittente ad alta intensità: per utilizzare un’intensità maggiore del 120% della MAP è necessario variare il rapporto “fase attiva/recupero” (passando ad esempio da 1:1 a 1:1.5 o 1:2); inoltre accorciando le varie fasi (passando a 10”) è anche possibile diminuire l’attivazione della glicolisi e quindi il livello di affaticamento (vedi articolo di Casas a pag. 37-38). Un esempio potrebbe essere quello di effettuare 20 prove di 10” al 130% della MPA con recupero da fermo di 20”. Attenzione, il fatto di correre su intervalli così corti incrementa la spesa energetica totale dovuta al fatto che si parte da fermi e si deve raggiungere una velocità finale particolarmente elevata (probabilmente maggiore del 130% della MPA, perché le prime fasi di corsa saranno più lente e per mantenere la velocità media del 130% impone di correre l’ultimo tratto più velocemente). Per incrementare il carico di lavoro (negli allenamenti successivi) è possibile aumentare il numero delle prove (fino ad un massimo di 30), oppure diminuire il tempo di recupero a 15”. Non è invece consigliabile passare al 140% della MPA perché per alcuni giocatori tale velocità si avvicinerebbe a quella “massima” e quindi porterebbe ad un affaticamento precoce.

    movimento specifico funzionale

    Intermittente basato sull’RPE (metodo della percezione dello sforzo): senza addentrarci nei dettagli metodologia di applicazione del “metodo della percezione dello sforzo” (rimandiamo a questo link per una breve descrizione) è possibile partire dal presupposto che il ritmo alla MPA si colloca all’intensità 17-18, mentre il 120% della MPA a circa 19-20. L’RPE (che è un’applicazione particolarmente grossolana) è consigliabile per quei gruppi che non hanno a disposizione mezzi e strutture in grado di effettuare test e misurazioni idonee all’allenamento intermittente (soprattutto nei settori giovanili). Richiede ovviamente un periodo di adeguamento che comunque può tornare utile in altri mezzi di allenamento come il 40”-80”.

    Intermittente a navetta: un’altra variante interessante è l’esecuzione di percorsi “a navetta” piuttosto che lineari, per rispettare una maggior specificità per il gioco del calcio. L’aspetto più importante da considerare sta nel fatto che per mantenere costante l’intensità metabolica, il percorso a navetta impone un rallentamento del ritmo. Il motivo della riduzione della velocità di riferimento nell’esercizio a navetta è dato dalla spesa metabolica superiore dovuto ai cambi di direzione e dipende dalla lunghezza della navetta, dalla velocità e dall’abitudine del soggetto ad effettuare tali movimenti. In questo caso è consigliabile utilizzare percorsi a navetta di 20m e riferirsi non alla MPA ma alla velocità di esaurimento del Test di Leger. Per approfondire le varianti relative all’individualizzazione dei protocolli vi rimando all’articolo di Colli e colleghi (vedi approfondimenti sotto); in riferimento alla stessa pubblicazione, come seduta di base è possibile somministrare un protocollo iniziale di 12-15 prove di 20” al 130% della “Velocità di esaurimento test Leger” in navette da 20m con recupero da fermo di 20”. Incrementando il livello di allenamento è possibile (se lo scopo è quello di migliorare il potenziale aerobico del giocatore) aumentare gradualmente il numero delle ripetizioni.L’alternativa è quella di utilizzare percorsi a navetta basandosi sulla “percezione dello sforzo” (vedi sopra RPE); anche in questo caso l’applicazione potrebbe risultare grossolana, ma permetterebbe di utilizzare tutti tipi di percorsi (con relativi cambi di direzione) voluti.

    30-15 Intermittent Fitness Test: rappresenta un test solitamente utilizzato negli sport al chiuso (Pallacanestro, Pallamano, ecc.) che fornisce indicazioni (in termini di velocità e percentuale) per l’esercizio intermittente lineare o a navetta; necessita di ulteriori conferme dal punto di vista scientifico, ma è interessante perché l’aspetto valutativo è connesso a quello relativo dell’allenamento. Rimandiamo a pubblicazioni specifiche per l’approfondimento.

    Per approfondire

    Autore: Melli Luca allenatore settore giovanile Audax Poviglio (melsh76@libero.it)

  10. L’allenamento intermittente (aspetti teorici)

    Leave a Comment

     

    Dopo aver affrontato quelle che dovrebbero essere le caratteristiche dell’allenamento specifico, dell’allenamento generale e l’RSA (come tipologia di allenamento misto) andremo ad approfondire un mezzo molto utilizzato, cioè l’intermittente.

    Le caratteristiche principali di questo mezzo di allenamento sono 2:

    1) L’alternanza di sforzi ad intensità elevata (solitamente dal 100% al 130% della Massima Potenza Aerobica) a recuperi ad intensità modeste (tra il 50-70% della Massima Potenza Aerobica) o addirittura da fermo.

    2) La durata relativamente breve (dai 10” ai 30”) di queste fasi, effettuate in successione, senza soluzione di continuità.

    La differenza, rispetto a mezzi che utilizzano durate (sia come fasi attive che di recupero) superiori, è che una fase breve (pari a 30” o inferiori) permette di ridurre l’attivazione della glicolisi (malgrado l’intensità elevata) grazie ad una maggiore partecipazione (come % di energia prodotta) del sistema della Fosfocreatina e dell’ossigeno legato alla Mioglobina; ovviamente non è nostra intenzione approfondire l’argomento (in tal caso consiglio di leggere l’articolo di Casas a pag 15-16), ma basti comprendere che

    grazie ad una durata così breve degli intervalli, è possibile lavorare ad intensità elevate per un periodo totale (cioè sommando tutte le ripetizioni effettuate) consistente con livelli di affaticamento inferiore rispetto a intervalli più lunghi.

    Questo concetto estremamente importante rende l’allenamento intermittente (nelle varianti opportune) interessante per 2 scopi allenanti principali:

    • La possibilità di allenare i “Ritmi gara” di discipline della durata compresa tra 2-8’ (mezzofondo veloce, ciclismo su pista, canoa-kayak, canottaggio, ecc) con livelli di affaticamento ridotti rispetto alla gara stessa.
    • La possibilità di allenare la Massima Potenza Aerobica in maniera intermittente (cioè in maniera affine ad alcune discipline, come gli sport di squadra) e con livelli di affaticamento modesti che permettono quindi un recupero più veloce.

    Mentre il primo punto non è pertinente al calcio (in ogni modo per chi volesse approfondire è possibile trovare un video esplicativo di Colli a questo link), il secondo può riscontrare maggiori interessi.

    VARIABILI ALLENAMENTO INTERMITTENTE ED EFFETTI ALLENANTI

    Come accennato sopra, il razionale dell’utilizzo dell’allenamento intermittente sta nel fatto che permette un’elevata stimolazione della Massima Potenza Aerobica (MPA) con livelli di affaticamento modesti. Ma quali sono le varianti che hanno maggior effetti allenamenti nei confronti della MPA? Esistono prove scientifiche a dimostrazione di queste teorie? Come può essere implementato questo mezzo allenante nella programmazione d’allenamento del calcio? Cercheremo di rispondere a queste domande analizzando in un primo momento lo stato della ricerca scientifica sull’argomento e successivamente come le evidenze sperimentali possono trovare applicazione nella metodologia d’allenamento del calcio.

    Prima partiamo dalla definizione di Massima Potenza Aerobica (MPA): è l’intensità (misurata in termini di velocità o potenza) minima alla quale si raggiunge il Vo2max (massima quantità di ossigeno che l’organismo è in grado di utilizzare).

    Nel grafico sopra, è riportato il metodo di misurazione del Vo2max, cioè un protocollo in cui l’intensità dell’esercizio (Exercise Intensity) incrementa di step in step e di conseguenza incrementa il consumo di ossigeno (Oxygen Consumption) fino a raggiungere il Vo2max ad un’intensità (cerchiata in rosso) minima definita MPA (Massima Potenza Aerobica).

     

    EVIDENZE SCIENTIFICHE DEGLI AFFETTI ALLENANTI DELL’ALLENAMENTO INTERMITTENTE

    Attualmente non esistono, in bibliografia internazionale, ricerche che hanno studiato gli effetti a breve-medio termine di questo mezzo allenante nel calcio. Quindi gli effetti presunti partono dal presupposto che questo metodo di allenamento stimoli per un periodo sufficientemente lungo un consumo di ossigeno pari al Vo2max o consumi superiori al 90-95% del Vo2max. Le ricerche in tal senso sono molte e non è facile trovare una mole di dati che permette di farsi un’idea chiara; in ogni modo per i calciatori è importante che i protocolli rispettino i seguenti criteri:

    1) Utilizzare i mezzi che portino, per più tempo, il consumo di ossigeno oltre il 90-95% del Vo2max in maniera intermittente (rispettando la fisiologia del gioco del calcio): sembra che il tempo passato oltre il 90-95% sia indipendente dalla tipologia di protocollo, che invece influenza in particolar modo la durata totale del protocollo.

    2) A pari tempo passato oltre il 90-95% del Vo2max, utilizzare i mezzi che durano meno (in maniera tale da non togliere tempo alle altre parti dell’allenamento): è da preferire l’utilizzo della monoserie (cioè serie unica, senza frapporre pause tra le ripetizioni). Per quanto riguarda le intensità, si sono rivelati migliori i protocolli 30” (105% MPA) + 30” (60% MPA) fino all’esaurimento (Midgley e coll 2007), oppure 30” (105% MPA) + 30” (67% MPA) fino all’esaurimento (Thevenet e coll 2008).

    3) Preferire le tipologie di intermittente che più si portano ad essere somministrate ad un gruppo di atleti piuttosto che ad un singolo: in questo caso è fondamentale l’utilizzo di esercitazioni che prevedano una fase attiva di corsa e una fase passiva di recupero. In questo caso sarebbe più semplice suddividere la squadra in 3-4 gruppi omogenei utilizzando dei tratti rettilinei e non delle “minipiste” che risulterebbero troppo elaborate da predisporre. In questo caso sono da preferire i protocolli 15” (al 120% MPA) + 15” rec. da fermo (Dupont e coll 2004).

    Nella figura sotto è riportato un esempio molto semplice di protocollo intermittente consigliato da Dupont: 15” al 120% MPA + 15” da fermo. Il numero di ripetizioni ovviamente è da incrementare parallelamente con la condizione di forma; si può partire da 15-20 ripetizioni per arrivare fino a 30-40. I giocatori sono divisi in gruppi omogenei per MPA, mentre la distanza indicata corrisponde gia a quella che si coprirebbe correndo al 120% MPA.

    Attenzione: le ricerche effettuate hanno dimostrato che esiste un’elevata variabilità nel tempo di tolleranza (esaurimento) di questi protocolli; per questo motivo è possibile far passare un atleta in un gruppo di distanza inferiore nel caso in cui riuscisse (la volta precedente) a completare il protocollo.

    Conclusioni parte teorica

    L’intermittente (nella modalità “standard” per il calcio, quella di Dupont) si può considerare come un mezzo di allenamento interessante per lo sviluppo e il mantenimento della MPA; il fatto che non comprenda al suo interno cambi di direzione lo rende un mezzo meno specifico di altri, ma adatto ad essere utilizzato all’interno di sedute in cui si lavora anche (tramite altri mezzi ovviamente) sulla potenza muscolare oppure in quei casi in cui i giocatori sono muscolarmente affaticati. L’analisi presentata immagino lasci alcuni dubbi e domande ai quali cercheremo di rispondere nel prossimo post……..ad esempio:

    • Com’è possibile misurare la MPA senza avere un laboratorio di ricerca a disposizione?
    • Quali sono le variabili (durate, intensità, tipi di percorso, ecc.) che possono rendere questo tipo di allenamento più specifico per il gioco del calcio?
    • Quali sono le variabili sono in grado di “spostare” le caratteristiche di questo mezzo da “generale” a “misto” come è l’RSA?
    • Può risultare altrettanto efficace (e in che casi) il monitoraggio dell’intensità (analogamente al 40”-80”) la percezione dello sforzo (RPE)?

    bangsbo

    Bibliografia

    Autore: Melli Luca allenatore settore giovanile Audax Poviglio (melsh76@libero.it)

  11. L’RSA (Repeated Sprint Ability) come mezzo allenante

    2 Comments

    L’abilità di sprintare (anche senza palla) è una qualità fondamentale che determina le segnature in una partita (Faude et al 2012, Haugen et al 2014); è anche evidente che questa deve potersi ripetere più volte nel contesto di un match.

    L’RSA (semplificando, la capacità di effettuare sprint ripetuti) è da diversi anni ipotizzata l’abilità che maggiormente “incarna” questa capacità; sono stati effettuati tantissimi studi e ricerche sull’argomento…ma quello che interessa gli addetti ai lavori è:

    come allenare i calciatori affinchè siano più veloci nel contesto di una partita?

    In questo post, andremo a vedere quello che emerge dalla bibliografia internazionale sull’argomento, per poi analizzare quelle che possono essere le linee guida di base per ottimizzare la velocità nel contesto di partita.

    Bibliografia internazionale ed esperienza da campo

    L’RSA è il classico esempio di come quello che emerge a livello di pubblicazioni (studi e ricerche) non sempre va incontro a quella che è l’esigenza dei preparatori atletici. Ma come si valuta l’RSA?

    Solitamente viene misurata tramite tratti massimali (con cambi di direzione o a navetta) di pochi secondi, intervallati da pause di 20-30”; il tutto per 6-10 ripetizioni.

    In bibliografia internazionale sono veramente tanti gli studi che hanno approfondito e cercato correlazioni tra questa qualità e l’attività di gara (o il livello degli atleti); alcuni di questi (tra le tante pubblicazioni) sono riusciti a trovare correlazioni tra il livello degli atleti o i metri percorsi ad alta intensità in partita. Ma in diversi casi non sono state trovare correlazioni.

    Indipendentemente dai singoli studi, credo che per chi opera nel calcio sia importante capire come incrementare la velocità del calciatore nel contesto di allenamento e di gioco.

    Mi spiego meglio: se in un determinato studio vengono dedicati 30’ alla settimana (in sostituzione all’allenamento classico) allo sviluppo a secco della velocità con il metodo X, e dopo 2 mesi si verifica un miglioramento significativo di 0.05 secondi sulla capacità di sprintare sui 20m, allora le conclusioni dello studio saranno quelle che il metodo X è in grado di migliorare la velocità del calciatore. Ma attenzione, chi è disposto a rinunciare a 30’ di allenamento settimanale (per 2 mesi) per migliorare lo sprint sui 20m di 0.05”?

    Non a caso, la revisione di Haugen et al 2014, indica come

    “diversi studi e ricerche hanno trovato come tanti tipi di allenamento possano essere efficaci, ma la maggior parte di questi sono difficili da implementare (soprattutto nei dilettanti); di conseguenza, sarebbe più efficace ascoltare tecnici esperti in materia piuttosto che le linee guida presenti in letteratura”

    Di conseguenza, la capacità di sprintare nel calcio è ben lontana dall’essere compresa dal punto di vista metodologico.

    rsa calcio

    Allenare è un’arte che non si basa solo sulla scienza, ma anche sull’intuito e sull’osservazione non codificabile

    Roberto Colli

     Scienza e buon senso

    Allora come fare?

    Dal mio punto di vista, la ricetta è semplice: si parte dalle proprie certezze, si cerca di aggiornarsi, e si implementa il tutto gradualmente.

    Spiego meglio cosa intendo dire: se ho la certezza (dopo diversi anni di esperienza) che un determinato approccio metodologico sia efficace, allora credo sia giusto metterlo alla base del mio metodo d’allenamento.

    Ciò non significa che sia il migliore in assoluto ma, in quel momento, il migliore che io possa somministrare ai miei giocatori in base alle esperienze che ho.

    Questo ovviamente non è sufficiente per fare un ottimo lavoro, in quanto sono convinto che un preparatore atletico debba continuamente studiare ed aggiornarsi se vuole diventare un professionista migliore.

    Visto che la metodologia d’allenamento del calcio è particolarmente complessa (e va contestualizzata) ogni nozione appresa non deve assolutamente portare rivoluzioni nel proprio modo di allenare, ma deve stimolare dubbi e proporre soluzioni che poi devono essere contestualizzate ed evidentemente implementate nella propria metodologia; tutto ciò deve avvenire con la massima gradualità, cercando di non stravolgere tutto in una volta.

    L’errore da non fare è quello di copiare mode o metodi che emergono dalla bibliografia internazionale senza prima fare un esame critico dell’utilità che questi possono avere nel proprio contesto; in altre parole, è fondamentale avere flessibilità mentale e senso critico nel recepire idee e metodi.

    Il concetto espresso sopra ovviamente non vale solo per la capacità di sprintare, ma per tutte le dimensioni prestative del calciatore.

    Allora come lavorare sulla capacità di sprintare?

    Di seguito presento la sintesi di quello che è il mio approccio (a livello dilettantistico), sperando che possa essere da spunto per altri.

    Per comodità preferisco parlare di “rapidità” nel calcio piuttosto che di “velocità”, in quanto il primo termine racchiude una gestualità motoria più ampia, tipica di una disciplina complessa. Racchiudo le variabili che influenzano questa qualità in qualità generali (forza massima e postura dinamica) e specifiche (rapidità coordinativa, globale e cognitiva). Vado a riassumerle brevemente sotto, indicando alcuni spunti per approfondire

    Forza massima

    Malgrado la capacità di forza massima non sia correlata con la velocità del movimento, ne rappresenta un importante presupposto. Infatti, oggi sappiamo che un adeguato livello di forza del muscolo è necessario per fare in modo che in alcune catene muscolari (soprattutto quella estensoria) il ventre muscolare subisca una minima perturbazione della propria lunghezza durante il ciclo stiramento-accorciamento per permettere un maggiore accumulo di energia elastica nei tendini. Questo permette di ridurre l’incidenza di infortuni ed una più rapida sequenza delle fasi del movimento; per approfondire leggi il nostro articolo specifico.

    Questi benefici sono stati riscontrati in diversi studi (Hoff et al 2014Ronnestad et al 2011Wisloff et al 2004) con l’incremento dei livelli di accelerazione in calciatori a seguito di periodi in cui sono stati eseguiti esercitazioni con i pesi rivolte all’incremento della forza massima. Ad arricchire questo legame causa-effetto c’è anche la revisione di Weldon et al 2021, in cui per la prima volta sono stati raccolti i risultati della loro indagine fatta con preparatori atletici professionisti.

    Com’è lecito attendersi, lo sviluppo della forza massima nel calcio è strettamente legata al contesto (mezzi, tempi a disposizione, ma anche metodologia d’allenamento) e non necessariamente deve utilizzare pesi estremamente elevati. Coma abbiamo visto in precedenza, è necessaria una contrazione di intensità massimale della durata di almeno 0.7-0.8” per attivare questo tipo di adattamenti (Colli 2012).

    Considerando la complessità motoria del calcio, è evidente che sfruttando i movimenti funzionali ed attrezzature di vario tipo sia possibile ricercare questi parametri sia dal punto di vista motorio che sensomotorio, cioè con spiccata specificità nei contesti dei movimenti dei calciatori. Per approfondire, consiglio i webinar del Canale Strength and Conditioning di PerformanceLab (puoi trovare il codice sconto nel nostro post specifico).

    A mio parere questa rappresenta una delle sfide metodologiche più interessanti nell’ambito della preparazione atletica calcistica, in particolar modo per chi lavora a livello professionistico e semi-professionistico. A livello dilettantistico è un discorso più complesso (per mancanza di tempo, personale e mezzi), ma non è da escludere che con grande spirito di adattamento ed intuito non si possa comunque riuscire a fare un buon lavoro anche su questa qualità.

    Lavoro posturale

    Questo tipo di lavoro nel calcio è prevalentemente finalizzato a ridurre il rischio di infortuni, e rappresenta sicuramente uno degli aspetti metodologici fondamentali a tutti i livelli; è sufficiente notare come la casistica di infortuni anche a livello professionistico sia particolarmente elevata, sintomo che è un approccio estremamente complesso e difficile.

    Solitamente, questo prevede lavori che tendono ad elongare in diversi modi le catene miofasciali ed allo stesso tempo rinforzarne la capacità di contrarsi e di resistere alle sollecitazioni agli angoli articolari più critici. Questi protocolli prevedono l’utilizzo prevalente di movimenti funzionali, ma anche analitici nel caso in cui vengano individuate aree critiche dal punto di vista individuale.

    A differenza dei lavori di forza massima, vengono effettuati con regimi di contrazione più lenti (anche statici) e con carichi ridotti. Ma facciamo alcuni esempi per chiarire meglio.

    • Molti calciatori hanno una ridotta flessibilità dell’articolazione tibio-tarsica (si evince perché facendo uno squat tendono a sollevare i talloni); questo impedisce al corpo di inclinarsi sufficientemente durante le accelerazioni (potrebbe arrivare anche a 40-45°) perdendo efficienza anche in presenza di qualità muscolari adeguate.
    • La stessa cosa si potrebbe dire della capacità di estendere l’anca; i calciatori tendono ad avere il muscolo psoas molto rigido, di conseguenza fanno fatica ad estendere l’anca durante le fasi di accelerazione. Anche in questo caso, si perderebbe efficienza del gesto anche in presenza di qualità neuromuscolari adeguate.
    • Ultimo esempio è in riferimento alla capacità di una catena a resistere alle sollecitazioni eccentriche; l’esempio più lampante sono i flessori della coscia, tra i muscoli più soggetti ad infortuni. Incrementarne la resistenza muscolare locale in maniera funzionale aiuta a ridurre il rischio di lesioni.

    Anche tra i dilettanti è possibile fare un ottimo lavoro, in quanto la richiesta di mezzi necessari è molto inferiore, e gran parte dei lavori possono essere fatti anche a carico naturale. La difficoltà maggiore a cui si può andare incontro (soprattutto per gruppi nuovi) è la non desuetudine ad effettuare determinati movimenti, che d’altronde determina la maggior parte delle rigidità. In questi casi è da ricercare una certa progressività esecutiva (dai movimenti più semplici a quelli più complessi) ed utilizzare le prime volte tempistiche abbastanza dilatate come quella che io chiamo 532; in altre parole, per apprendere al meglio il movimento, si effettua la fase eccentrica in 5”, si mantiene la posizione per 3” (isometria) e si esegue la fase concentrica ritornando alla posizione iniziale in 2”.

    Per chi volesse approfondire l’allenamento miofasciale a 360°, consiglio il libro di Ester Albini; per chi invece vuole un approccio più specifico al calcio, consiglio il Webinar di Marco Giovannelli (trovare lo sconto del 10% sempre nella nostra pagina dedicata ai codici sconto).

    Rapidità

    Forza massima e postura sono prerequisiti della rapidità; a sua volta, preferisco dividere i mezzi per la rapidità in 3 categorie per ripartire il lavoro settimanale: Rapidità analitica, rapidità globale e rapidità cognitiva. Riassumo brevemente sotto con i riferimenti per gli approfondimenti.

    • Rapidità analitica: sono mezzi in cui viene posta l’enfasi sulla precisione dei movimenti (posizione del piede, frequenza dei passi, modulazione del baricentro, ecc.) affinchè sviluppi una giusta lateralità in contesti rapidi. A questi, si aggiunge anche il lavoro di rapidità coordinativa in virtù del legame tra rapidità e coordinazione.
    • Rapidità globale: sono tutte quelle esercitazioni a secco (con cambi di direzione o altro tipo di impegno motorio) in cui viene richiesta la massima velocità esecutiva. Tra tutti, sono quelli che permettono di trasformare il rendimento del giocatore a secco, in base a tutti i prerequisiti (forza massima e postura) su cui ci si prepara.
    • Rapidità cognitiva: si potrebbe chiamare anche rapidità situazionale in quanto viene effettuata con la palla. Il razionale di questo metodo sta nel fatto che il giocatore di calcio non deve essere solo più “veloce” del proprio avversario, ma deve anche saper “leggere” la situazione tattica per poter iniziare il movimento prima del suo avversario. Di conseguenza l’uso della palla in situazione è fondamentale. Non mi dilungo ulteriormente perché la proposta di questi mezzi deve essere fatta in accordo con l’allenatore; in ogni modo, è da ricordare che l’utilizzo di campi di ridotte dimensioni (ad esempio 70-100 m² per giocatore) allena prevalentemente le accelerazioni/decelerazioni, mentre con dimensioni maggiori (140-160 m² per giocatore) la corsa in velocità per le finalizzazioni. Ovviamente sono da valutare attentamente anche la durata delle serie e delle pause, in quanto con il passare della “serie” l’intensità tende a calare. In fondo al nostro terzo post dedicato alla rapidità, potete trovare anche mezzi molto semplici (non di situazione) per lo sviluppo della rapidità cognitiva.
    Clicca sull’immagine per ingrandire

    Conclusioni ed ulteriori approfondimenti

    Spesso sento preparatori giudicare altri preparatori basandosi solo su pochi elementi di giudizio, solo perché vedono somministrare mezzi allenanti teoricamente “obsoleti”; credo che invece sia importante non solo la tipologia di esercitazioni utilizzate, ma anche il “come” vengono utilizzate. In altre parole, ritengo sia meglio somministrare stimoli allenanti che si conoscono e di cui si ha esperienza, piuttosto che seguire le “mode” senza esserne a conoscenza della reale efficace nel proprio contesto.

    Questo non significa che si debba rimanere ancorati nelle proprie abitudini, ma che si debbano affrontare le novità con spirito critico, e l’introduzione di nuovi stimoli allenati debba essere fatta con estrema gradualità ed attenzione.

    Detto questo, studiare ed aggiornarsi diventano 2 tasselli fondamentali per diventare professionisti migliori!

    Se operi in campo dilettantistico, iscriviti al nostro Canale Telegram, potrai scaricare gratuitamente il mini e-book Come organizzare la preparazione atletica nei dilettanti con consigli metodologici ed esercitazioni per la preparazione atletica. In più, settimanalmente riceverai ulteriori idee ed approfondimenti per i tuoi allenamenti.

    preparazione atletica dilettanti

    Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico AC Sorbolo, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it

  12. Potenza aerobica, neuromuscolare e prevenzione infortuni

    Leave a Comment

    (Aggiornato al 04/11/2020)

    Specializzarsi non vuol dire altro che indirizzare l’allenamento verso il modello specifico di gara, realizzando il potenziale dell’atleta, ma restringendo il campo delle sue abilità!

    Questa frase credo spieghi molto bene come l’allenamento atletico specifico (approfondito nel precedente articolo) sia essenziale per ottimizzare la performance, ma allo stesso tempo non soddisfi, da solo, tutte le esigenze a cui va incontro un atleta nell’arco di una stagione (perché “restringe il campo delle sue abilità”).

    In diversi sport individuali, la preparazione di un’intera annata è finalizzata a pochi eventi fondamentali; in questi casi, la preparazione inizia con un allenamento prevalentemente generale (mirato ad incrementare le potenzialità dell’atleta in riferimento al modello funzionale), per poi specializzare sempre di più gli stimoli allenanti man mano che ci si avvicina all’evento fondamentale.

    Nel calcio e in tutti gli sport di squadra non è così; infatti la lunghezza della stagione e la brevità del periodo preparatorio implicano che la consequenzialità (da generale a specifico) possa essere rispettata giusto nella parte iniziale della preparazione estiva, ed esclusivamente per le squadre professionistiche. Per il resto dell’anno e per i dilettanti (che hanno veramente poco per preparare il primo incontro ufficiale) è giusto mantenere una corretta alternanza tra lavoro atletico generale e atletico specifico.

    A cosa serve il lavoro generale?

    Dal punto di vista didattico, credo sia corretto dividere il lavoro atletico generale in:

    • Mezzi (o stimoli allenanti) orientati prevalentemente allo sviluppo delle qualità aerobiche
    • Mezzi dedicati prevalentemente alla potenza neuromuscolare (rapidità ed esplosività)
    • Mezzi per la coordinazione e la prevenzione infortuni

    È ovvio che questa suddivisione non è settorializzata, infatti un’esercitazione finalizzata alla prevenzione infortuni può essere allenante anche per la rapidità e viceversa.

    Semplificazione dei mezzi utilizzati nella preparazione condizionale del calciatore

    Ovviamente non è mia intenzione trattare un argomento così vasto e delicato in un singolo post, per questo motivo cercherò di sintetizzare quelli che a mio parere sono i concetti di base.

    Coordinazione e prevenzione infortuni

    Partiamo da un presupposto importante: gli infortuni da “non contatto” (per intenderci, quando il giocatore si fa male senza che un contrasto sia la causa della lesione) si possono limitare in maniera estremamente efficace; di conseguenza, in questi casi non diamo la colpa alla sfortuna! L’infortunio (da non contatto) è sempre colpa di un errore umano di chi prepara, di chi cura il giocatore e/o di chi fa le scelte.  Vi invito a leggere questa intervista a Paolo Terziotti per comprendere il concetto.

    Non a caso, questo probabilmente è il ramo più difficile da gestire, perché prevede l’interazione di diverse figure come il preparatore atletico (che deve bilanciare carico/recupero ed attuare l’allenamento di prevenzione), il personale medico/fisioterapico (che deve trattare segni e sintomi e decidere eventualmente lo stop o i tempi di recupero) e l’allenatore (che vorrebbe sempre i giocatori pronti ad entrare in campo); in particolare a livello dilettantistico, potete immagine come per un preparatore possa essere difficile districarsi in queste situazioni, soprattutto per l’assenza di personale medico.

    L’importanza della prevenzione è fondamentale e lo testimonia il peso che può avere sul risultato finale.  Una volta la si divideva in 2 rami, cioè la prevenzione secondaria (per evitare il rischio di recidive) e primaria (lavoro svolto collettivamente per ridurre genericamente il rischio di infortuni); a mio parere attualmente è più giusto parlare di lavoro collettivo di prevenzione e lavoro individualizzato.

    Lavoro individualizzato

    Questo prevede non solamente l’allenamento personale basato sulle recidive (prevenzione secondaria), ma anche un lavoro dettato da valutazioni finalizzate ad individuare i fattori di rischio anatomici e funzionali che potrebbero generare infortuni. Queste valutazioni dovrebbero essere multidisciplinari e coinvolgere:

    • La biomeccanica applicata sia alla posturologia che allo studio dei movimenti; un esempio potrebbe essere l’analisi video di movimenti funzionali (come nel test di Cook e Burton), di cambi di direzione o del Triple-hop distance. Non è da trascurare anche il dialogo con il soggetto interessato.
    • L’osteopatia per verificare la “situazione anatomica” dell’apparato muscolo scheletrico e i possibili collegamenti con infortuni, anche particolarmente datati.
    • La composizione corporea in riferimento all’alimentazione e allo stile di vita.

    Questo tipo di lavoro, dovrebbe essere effettuato a secco individualmente (in momenti settimanali dedicati) o tramite riscaldamenti individualizzati (prima dell’allenamento) come consigliato da Sergio Rossi nei commenti a questo post su Linkedin.

    Lavoro collettivo

    Si intende l’approccio preventivo che tiene in considerazione delle esercitazioni fatte da tutta la squadra. Attenzione, non si intende solamente la pratica di “esercitazioni” collettive volte ridurre il rischio di infortuni (come può essere un corretto inserimento dell’allenamento funzionale), ma anche l’influenza che possono avere su questo ambito tutte gli altri mezzi allenanti.  Ma facciamo alcuni esempi: nel precedente post, abbiamo visto come il modello funzionale del calcio imponga un’elevata variabilità dei movimenti e una richiesta di forza eccentrica (nelle frenate e nei cambi di direzione) molto elevata.

    cambi di direz

    I 2 esercizi della figura sopra rappresentano non solo mezzi allenanti per la rapidità, ma permettono di lavorare anche sulla prevenzione tramite frenate eccentriche ad alta intensità (esempio di sinistra) e tramite lavoro coordinativo analitico (esempio di destra).

    Entrando maggiormente nell’ambito metodologico, è evidente il legame tra l’efficienza dei gesti e il rischio di infortuni. Ad esempio, un’elevata mobilità delle catene permette sicuramente di padroneggiare al meglio i movimenti e la tecnica; però, se la mobilità non è accompagnata da una stabilità e resistenza muscolare locale adeguata (soprattutto ai gradi più estremi del movimento), sarà comunque facile infortunarsi. Tutto questo rischia comunque di non essere sufficiente se il giocatore non è in grado di reclutare le fibre motorie delle catene cinetiche con il giusto tempismo ed intensità: questo è il ruolo della “coordinazione” dei gesti, con l’importante ripercussione sull’efficienza dei movimenti (vedi immagine sotto).

    Anche il carico di lavoro è importante al fine di prevenire gli infortuni; dalle ricerche di Malone et al 2018 ed Edouard et al 2019, figura come esista un range di carico di lavoro settimanale (basato sulla percezione della fatica) per ridurre il rischio di infortuni; al di sotto o al di sopra di questo range, i rischi aumentano. A questo concetto dovrebbe prestare particolare attenzione chi lavora nei settori dilettantistici; provate a pensare come la partita nei dilettanti duri 90’ come per i professionisti, ma il numero di allenamenti sia molto inferiore. In sostanza il carico di gara è pressappoco lo stesso (ovviamente di poco più basso), ma il tempo per allenarsi è inferiore. Ne consegue che per strutturare un carico allenante corretto, nei dilettanti sia particolarmente importante mantenere una densità adeguata durante gli allenamenti limitando il più possibile le pause.

    Anche l’apprendimento corretto dei cambi di direzione è un esempio di come l’allenamento per le qualità neuromuscolari si intersechi con quello di prevenzione. Altri aspetti da non trascurare sono un graduale incremento del carico durante la preparazione pre-campionato e un riscaldamento adeguato.

    L’allenamento per le componenti neuromuscolari

    La potenza neuromuscolare è determinata dalle qualità neuromuscolari del calciatore, definendone dal punto di vista funzionale l’esplosività e la rapidità.

     “L’esplosività è la capacità di reclutare in modo dirompente e veloce (istante 0) il massimo numero di unità motorie”

    La rapidità è la qualità che permette di effettuare azioni motorie nel più breve tempo possibile alla massima intensità

    Non mi dilungo ulteriormente sulla differenza tra queste 2 qualità, che potete trovare nel post specifico; anche l’allenamento per la rapidità e per l’esplosività potete trovarli negli articoli ad essi dedicati. Desidero invece soffermarmi sui motivi per cui il lavoro a secco per la rapidità è importante.

    Per primo, è fondamentale per la prevenzione infortuni; se si effettuassero solamente esercitazioni specifiche (cioè situazionali) probabilmente il giocatore tenderebbe a preferire sempre il lato più forte nell’esecuzione dei gesti più intensi (stessa cosa vale per i gesti tecnici) esacerbando sempre di più la differenza funzionale tra i 2 emilati; la conseguenza sarebbe quella di incrementare drasticamente il rischio di infortuni. Inserendo invece esercitazioni analitiche per la rapidità e per la rapidità coordinativa, si limita questa incidenza.

    L’arrivare sulla palla prima dell’avversario (questa fondamentalmente è la “rapidità” che serve al calciatore), dipende da 2 fattori: il primo è la scelta di tempo del movimento (che si allena prevalentemente con esercitazioni di situazione o analitiche), mentre il secondo sono le qualità neuromuscolari a secco (rapidità ed esplosività). A mio parere, le esercitazioni a secco dovrebbero includere lavori globali (non solo analitici), proprio per stimolare i massimi livelli di reclutamento muscolare (in accelerazione e frenata), visto che solitamente in partita (come nei lavori situazionali) si verificano raramente, ma rivestono un ruolo importante nella finalizzazione delle azioni.

    Visto che, dal modello funzionale, emerge come le “frenate” avvengano indipendentemente dalla velocità, è importante l’introduzione anche di lavori di rapidità cognitiva, in particolar modo per motivi legati al dominio della palla…in altre parole, “la potenza non è nulla senza controllo”!

    Accanto ai mezzi allenanti finalizzati alla rapidità e all’esplosività, inseriamo anche l’allenamento funzionale, solitamente introdotto con la finalità di ridurre il rischio di infortuni, ma che può avere effetti benefici anche nei confronti della potenza muscolare, migliorando le componenti miogene e il reclutamento muscolare agli angoli articolari meno consueti.

    rapidità
    Semplificazione degli effetti allenanti dei vari mezzi dedicati alla potenza muscolare (dilettanti)

    Riporto sotto alcuni mezzi allenanti per lo sviluppo della rapidità globale e cognitiva:

    N.B.: l’inserimento del lavoro con i pesi per migliorare la potenza muscolare è descritta nel post specifico.

    L’allenamento per la potenza aerobica

    Il razionale dell’allenamento della massima potenza aerobica sta nel fatto che si verificano momenti transitori di fatica durante la partita e nella fase finale della stessa (Bangsbo et al 2007), anche se il calo di intensità nel finale di non è solamente attribuibile alla fatica (Toschi 2017). Attenzione però, la Potenza Aerobica del calciatore è non da considerare al pari di quella del mezzofondista, che è misurabile con un test rettilineo (o sul Tapis roulant o in pista) incrementale, al fine di trovare la velocità maggiore che l’atleta può sostenere. Nel nostro articolo Quale potenza aerobica nel calcio abbiamo evidenziato come i professionisti non hanno un livello di “Massima potenza aerobica lineare” di tanto superiore a quella dei dilettanti, ma riescano ad esprimere il loro potenziale aerobico con maggiore efficienza energetica durante il gioco; in altre parole, fanno meno fatica a fare i cambi di direzione, a gestire la tecnica e la situazione di gioco. Ne deriva che è inutile allenare (anche dal punto di vista “generale”) le componenti aerobiche con le consuete “ripetute”, perché rappresentano uno sforzo che non è aderente alle caratteristiche del giocatore. Facciamo un esempio per capirci meglio:

    navette calcio
    Carichi applicabili in un contesto dilettantistico

    Nell’immagine sopra potete vedere il confronto tra 2 mezzi allenanti a secco, con lo stesso carico (tarato per un settore dilettantistico) in termini di potenza metabolica. Nella ripetuta in giocatore corre circa alla velocità costante di 14 Km/h, mentre nelle navette il giocatore effettua 48 cambi di direzione variando continuamente la velocità alla stessa potenza metabolica (dati estrapolati dalla tabella di Colli). Secondo voi, quale delle 2 esercitazioni è più utile per un calciatore?

    Ovviamente si potrebbe obiettare che nelle navette non si raggiungono velocità elevate, che in alcune situazioni di partita invece si verificano; se la necessità è questa, allora di potrebbe effettuare un intermittente 15/15 (15” di lavoro attivo e 15” da fermo), percorrendo 75m lineari; in questo caso (sempre secondo le tabelle fornite dal prof. Colli) il carico di lavoro sarebbe di 14w (quindi inferiore a quello sopra), ma si raggiungerebbero velocità di 21 Km/h (ben superiori ai 14 Km/h delle ripetute).

    Con tutto questo per far capire come anche il lavoro a secco dovrebbe seguire un certo criterio di specificità.

    Concludo il paragrafo indicando come a livello dilettantistico possano trovare spazio anche le varie tipologie di fartlek, nei quali l’intensità è determinata arbitrariamente dal giocatore (il preparatore si limita ad indicare i momenti o gli spazi in cui è necessario cambiare velocità); questi mezzi allenanti consentono in un ambito con pochi mezzi una buona individualizzazione dell’allenamento basata sulla percezione dello sforzo. Riporto sotto i link ad alcune tipologie di fartlek specifici per calciatori.

    È assolutamente necessario il lavoro a secco?

    Se si esclude il periodo preparatorio (in cui il lavoro a secco è essenziale per incrementare con gradualità il carico) possiamo considerare questo tipo di lavoro “non necessario” se con le esercitazioni specifiche si riesce ad allenare in maniera adeguata le potenzialità aerobiche del giocatore preservandolo da infortuni. Il lavoro a secco infatti ha questi benefici:

    • Impone un carico di lavoro certo, non sempre raggiungibile con i lavori specifici.
    • Se correttamente dosato permette di lavorare sulla prevenzione infortuni; basti pensare all’esercizio con le navette di sopra, che allena a ritmo sottomassimale i cambi di direzione. Inoltre, questi mezzi allenanti permettono anche di consolidare lo schema motorio della corsa in regime di variazione di intensità e direzione.

    Personalmente, a livello dilettantistico (adulti) ho sempre inserito nel programma settimanale il lavoro aerobico a secco, perché mi sono accorto che nei contesti in cui ero presente, con il solo lavoro con palla non si sarebbe riusciti ad ottenere un carico di lavoro adeguato. Inoltre, quando il tempo da dedicare alla prevenzione agli infortuni è poco, il lavoro senza palla permette di individualizzare bene l’allenamento e di dare un efficace contributo nella prevenzione agli infortuni. Non escludo che in altri contesti l’approccio possa essere diverso, ricordandosi sempre che l’intensità raggiunta nei mezzi di allenamento permette di contrastare la fatica transitoria che può avvenire in partita, mentre con il carico totale oltre una certa intensità (delle sedute e della settimana di allenamento) si incide sulla capacità di combattere la fatica nel finale di partita.

    Concludo questo paragrafo con l’importanza dell’individualizzazione dell’allenamento di questa variabile, che deve tenere in considerazione quanto più delle caratteristiche del giocatore (in tutte le categorie) e del ruolo che affronta in partita (soprattutto a livello professionistico).

    Conclusioni  

    L’allenamento ottimale prevede l’incremento del potenziale atletico dell’atleta (e la riduzione del rischio di infortuni) con l’allenamento Generale, per poi realizzare il transfert nelle situazioni di gara con l’allenamento Specifico; il tutto ottimizzando il tempo a disposizione e rispettando l’individualità.

    Questo evidenzia come non ci sia una singola ricetta per allenarsi in maniera ottimale, ma esistono degli obiettivi e dei criteri di base (che abbiamo visto in questo articolo).

    Accanto all’aspetto metodologico, c’è un altro aspetto importante quanto sottovalutato, che emerge da questa frase di Carlo Vittori riportata in una sua intervista fatta nel 2010 (pur sempre molto attuale).

    Quando un’atleta ha la mente offuscata dal tedio di un allenamento sistematicizzato, pieno di schemi e ripetizioni, succede che quando va a giocare con il sistema nervoso frastornato si fa male perché non ha più il controllo sulla sua muscolatura. Le attività fisiche non sono più sostenute da un’attività ormonale che li rende naturali. Perciò uno che fa le cose per forza alla fine si fa male […] L’efficienza di un calciatore non viene meno perché è allenato poco, ma perché il sistema nervoso centrale è stanco e deve riposare

    Questa frase indica perfettamente l’importanza del recupero (oltre che del corretto allenamento), un aspetto sempre molto sottovalutato, non solo dallo staff, ma anche dal giocatore stesso.

    Nel nostro articolo dedicato al recupero, potete vedere quanto siano ampie le variabili che possono incidere su questo importante aspetto. Quindi oltre a distribuire nel miglior modo possibile i carichi di allenamento, è fondamentale trasmettere al giocatore le conoscenze necessarie per ristabilire in maniera più efficiente e veloce le sue possibilità funzionali.

    recupero calcio

    Se ti è piaciuto l’articolo e vuoi rimanere informato sulla pubblicazione di nuovi post o l’aggiornamento di quelli già presenti nel sito, puoi collegarti al mio profilo linkedin; se invece vuoi approfondire l’argomento, puoi trovare un elenco di libri interessanti nel nostro post dedicato ai migliori testi sulla preparazione atletica.

    Autore dell’articolo: Melli Luca, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960, preparatore atletico AC Sorbolo ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it

  13. È giusto parlare di “rivoluzione della misurazione della potenza metabolica nel calcio”? (seconda parte)

    Leave a Comment

    (Articolo aggiornato il 10/02/2021)

    In questa seconda parte parleremo di allenamento specifico nella preparazione atletica del calciatore; nel precedente post abbiamo visto come non si possa trattare di allenamento specifico senza tenere in considerazione l’utilizzo della palla e della “situazione” (cioè strutture esercitative che richiedano al giocatore di adattarsi alla situazione di gioco, come un possesso palla, gioco di posizione, small side games, ecc.). Ciò non significa che l’allenamento a secco non sia importante, ma questo lo analizzeremo nel prossimo post.

    Ma riprendiamo dove ci eravamo fermato nell’articolo precedente, cioè i 3 paradigmi della preparazione condizionale del calciatore.

    potenza metabolica calcio

    Mi riaggancio al terzo punto, quello oggi probabilmente più sottovalutato, con un esempio: è inutile avere un grande potenziale neuromuscolare/metabolico se non si entra in campo con il “coltello tra i denti” (metaforicamente parlando) per tutti i 90’. Tale atteggiamento (tolleranza allo stress specifico) è presumibile che possa essere allenato in un certo modo anche in allenamento.

    Ad esempio, con partite a tema in inferiorità/superiorità numerica, giocare senza portiere (ma con la porta regolare), determinare un gol subito ad ogni fallo (o ad ogni protesta), oppure far fare lavoro fisico supplementare (magari per la parte superiore del corpo, in maniera tale da non incidere sull’incidenza infortuni) per chi perde la partita a tema. Sono tutti elementi che mettono in risalto gli aspetti emotivi e cognitivi che si possono presentare in partita, abituando il giocatore a gestire con maggiore disinvoltura questi momenti.

    Prima di passare ai concetti di allenamento generale e specifico, concludo il discorso sulla match analysis condizionale con un’immagine che indica a cosa effettivamente serva.

    match analysis

    Allenamento Generale e Specifico nella preparazione atletica del calciatore

    Senza addentrarci eccessivamente sugli aspetti didattici della metodologia di allenamento, possiamo dire che i mezzi di allenamento che ricalcano in misura maggiore (rispetto ad altri) le caratteristiche  dello sport considerato (cioè presentano una maggiore aderenza al modello funzionale) si possono classificare come “mezzi specifici”.  I mezzi che invece hanno un indirizzo allenante prevalente su una o poche qualità del calciatore (come può essere la potenza muscolare) possono essere considerati come “mezzi generali”.

    Dal punto di vista didattico, in ogni disciplina sportiva esiste l’allenamento generale (che tende ad incrementare le singole potenzialità necessarie dell’atleta e a prevenire gli infortuni) e quello specifico (che permette di indirizzare lo sviluppo delle potenzialità verso un massimo utilizzo e rendimento in gara).

    È ovvio immaginare come il solo allenamento generale non permetta di rendere le qualità atletiche “al servizio del calciatore”; allo stesso tempo, anche l’allenamento generale (che per semplificazione si potrebbe considerare quello “a secco”, cioè senza palla) deve rispondere a criteri di specificità. Ad esempio, non si può allenare un calciatore come un velocista, perché quest’ultimo corre prevalentemente in linea retta, mentre le qualità neuromuscolari del calciatore devono rispondere a repentini cambi di direzione e di velocità in base alla lettura delle situazioni di gioco. Anche la potenza aerobica è diversa da quella di un mezzofondista (per questo è inutile fare le “ripetute” che si facevano una volta), in quanto nel calcio ha una forte dipendenza dall’efficienza energetica nei cambi di direzione.

    Lo stesso lavoro di prevenzione infortuni deve seguire i concetti dell’allenamento funzionale nel rispetto dei movimenti e delle catene, ma anche essere eseguito con grande variabilità esecutiva, stimolando anche la forza eccentrica e la coordinazione.  Ma facciamo un esempio per comprendere meglio: se io effetto un cambio di direzione di 180° (navetta) alla massima intensità, le mie catene muscolari (in particolar modo quella estensoria: quadricipite, glutei, polpacci, ecc.) saranno sottoposte ad una forte tensione eccentrica nella frenata, tensione che difficilmente riuscirei a raggiungere con lavoro di potenziamento con i pesi.

    Se invece facessi dei cambi di direzione di 30°, con vincolo dell’appoggio del piede esterno nel cerchio nel momento del cambio (vedi parte destra dell’immagine sotto), allora le difficoltà sarebbero primariamente coordinative; infatti, in questo caso sarà necessario ottimizzare prevalentemente la frequenza del passo lavorando primariamente sulla catena posteriore, sede anatomica di diversi infortuni (esempio flessori della coscia) proprio per la difficoltà che possono avere gli hamstring nel coordinare i movimenti di flesso/estensione di anca e ginocchio.

    calcio cambi di direzione

    I 2 mezzi allenanti proposti sopra, potrebbero essere considerati primariamente esercizi per la rapidità, ma invece hanno impatto anche sulla prevenzione infortuni.

    Ma quanto tempo occorre dedicare all’allenamento generale e quanto all’allenamento specifico?

    Dipende dalle capacità di uno staff tecnico (sia composto dal solo allenatore che da più personale) di interpretare le proprie “conoscenze” ed applicarle al giusto contesto. Quando parliamo di “conoscenze” non ci riferiamo solamente all’esperienza, ma anche alla disponibilità di “aggiornarsi e sviluppare senso critico”!!!  Ma quali sono le variabili principali che influenzano i vari contesti? Sono queste:

    • Caratteristiche e disponibilità qualitativa/quantitativa dello staff tecnico.
    • Condizioni dei campi ed attrezzatura a disposizione.
    • Età dei calciatori e caratteristiche (anche tecnico/tattiche e comportamentali) del gruppo.
    • Scelte contestuali dello staff come lacune di tipo tattico da colmare con maggiore urgenza.
    • Momento della stagione: è ovvio che durante la preparazione precampionato, l’intensità del carico allenante debba essere inferiore (e maggiormente generale), perché i giocatori non hanno ancora le capacità di recupero dell’in-season.

    Caratteristiche allenamento specifico

    Abbiamo più volte ribadito come non si possa parlare di allenamento specifico senza prendere in considerazione l’uso della palla e della “situazione”. Ovviamente non tutti i mezzi specifici sono uguali; basta pensare alla differenza tra un gioco di posizione con 11 giocatori ed un 2c2 con le sponde. Per questo motivo, esistono un’infinità di tipologie di esercitazioni, ma per comodità, a mio parere è possibile classificarle primariamente in base allo schema indicato sotto.

    calcio allenamento specifico

    Questa ovviamente è solo una suddivisione che personalmente utilizzo (a livello dilettantistico, senza GPS) per codificare i mezzi allenanti di questo tipo; avendo la possibilità di studiare con GPS e software adeguati per analizzare il carico esterno dei giocatori, ovviamente si possono effettuare ulteriori classificazioni in base alle caratteristiche che emergono nella sinottica. Ma andiamo a spiegare meglio questa mia suddivisione:

    • Intensità metabolica: naturalmente questo tipo di esercitazioni dovrebbero avere una potenza metabolica media superiore a quella della partita, e svolte in serie intervallate da pause (più o meno attive). È ovvio che i mezzi intensivi saranno caratterizzati da un’intensità aerobica maggiore, con meno giocatori e con durata inferiore, come il 2c2 con le sponde. Quelli estensivi invece, avranno serie di durata superiore (utilizzano solitamente più giocatori), ed intensità inferiori, ma pur sempre superiori a quelle della partita, come può essere in un possesso palla.
    • Caratteristiche Neuromuscolari: si differenziano in base a quale caratteristica muscolare è principalmente allenata. La maggior parte di queste si inseriscono in quelle in cui sono dominanti le accelerazioni/decelerazioni (solitamente effettuate su spazi stretti), mentre sono più rare quelle in cui sono presenti velocità elevate. Di norma, per entrare nella seconda tipologia, un’esercitazione deve proporre almeno 2 porte ad una certa distanza (vedi il Back-to-Back al 16° minuto di questo video) o dei possessi su campi di dimensione abbastanza elevata.

    A queste 2 variabili ne va aggiunta una terza (per categorizzare la tipologia di mezzo specifico), che è la finalità tecnico/tattica; ovviamente quest’ultima deve essere concordata con l’allenatore in base alle esigenze che questo può avere. Ad esempio, ci si può focalizzare sulla tecnica calcistica proponendo esercitazioni con pochi uomini (così toccheranno tanti palloni), dei possessi palla (se la finalità questo fondamentale) oppure usare 2 o più porte (se l’obiettivo è la finalizzazione o l’apertura del gioco). Se si vuole che l’esercitazione raggiunga il massimo livello di integrazione con l’aspetto tattico (cosa non strettamente necessaria se l’obiettivo dell’esercitazione è un’altro) è fondamentale che sia strutturato anche in base al modello di gioco o i principi di base che utilizza la squadra.

    Riporto sotto alcuni arrangiamenti (che si possono fare anche in corso d’opera, durante la seduta) per modificare le caratteristiche del mezzo allenante:

    • Incitando i giocatori incrementa l’intensità: ciò va fatto comunque con dovizia, intervenendo principalmente se si vede che cala la concentrazione o l’intensità.
    • La riduzione dei tocchi incrementa l’intensità: attenzione a non diminuire questo parametro in presenza di giocatori con limitate qualità tecniche o scarsa visione di gioco.
    • L’aumento delle dimensioni incrementa l’intensità: attenzione però che l’incremento degli spazi non deve andare a discapito dell’impatto della finalità tecnico/tattica del mezzo allenante. In altre parole, in spazi eccessivamente ampi, si rischia di facilitare il dominio della palla rendendo l’esercitazione meno allenante dal punto di vista tecnico/tattico.
    • I Jolly (quando presenti), solitamente lavorano ad intensità inferiore rispetto agli altri giocatori (perché non devono “recuperare palla”), quindi è da preferire abbinare a questo ruolo i portieri, o chi è da poco tornato da un infortunio.
    • Quando si utilizzano mezzi con pochi giocatori (esempio 2c2 o 3c3) c’è maggiore diversità nell’intensità tra giocatore e giocatore.
    • L’organizzazione con questi mezzi richiede un lavoro logistico particolarmente importante; è necessario avere sempre palloni disponibili e saper come modificare regole e dimensioni del campo in base alle difficoltà incontrate o ad un numero di giocatori non atteso.
    • Uso dei “giocatori sponda”: quando si usano un numero di sponde pari al numero di giocatori in campo, la potenza metabolica media (tra quando si gioca e quando si fa la sponda) è inferiore rispetto a quella di partita (sono invece più elevate le accelerazioni/decelerazioni). Ciò avviene ad esempio in un 4c4 con 4 sponde per squadra. Per aumentare l’intensità, è possibile diminuire il numero di giocatori (esempio 2c2 con 2 sponde per squadra) o mettere un numero di sponde inferiore rispetto ai giocatori (5c5 con 3 sponde per squadra).

    Riporto sotto alcuni mezzi allenanti che potete trovare nel nostro blog:

    Invece nei 2 link sotto potete trovare la preparazione specifica del difensore

    Limiti dell’allenamento specifico

    Come ripeteremo sempre, l’allenamento ottimale presume un buon bilanciamento tra il lavoro Generale e quel Specifico. Infatti, quello specifico presenta dei limiti; prendendo spunto dall’esperienza di professionisti che hanno operato ampiamente nel settore, riporto sotto alcune conclusioni:

    • Un utilizzo spropositato di questo mezzo allenante non permette lo stesso sviluppo e mantenimento delle qualità aerobiche del lavoro a secco (Roberto Sassi).
    • Con il progredire del numero di ripetizioni (all’interno della stessa seduta), l’intensità dell’esercitazione tende a calare (Roberto Colli). Stessa cosa se lo stesso mezzo allenante viene riproposto troppe volte.
    • L’intensità dell’esercitazione non è omogenea (differenze tra giocatore e giocatore), perché i giocatori più tecnici (soprattutto quelli con maggiore visione di gioco) tendono ad avere meno necessità di correre; stessa cosa per quelli che hanno meno voglia di “fare fatica”.

    Conclusioni

    Possiamo concludere che malgrado oggi i big data ci diano una mole di informazioni particolarmente importanti, l’allenamento atletico (e non solo) nel calcio è ancora un’arte, che deve considerare sicuramente quello che emerge dai dati oggettivi, ma ottimizzare il tutto in base a fattori non lineari, cioè quelle caratteristiche che determinano le individualità, il loro ruolo all’interno del sistema e l’interazione tra queste variabili con gli aspetti cognitivi (neuroscienze).

    Le ultime parole le spendo per chi, come me, lavora in ambito dilettantistico; la carenza di mezzi e il poco tempo a disposizione non permette di programmare il lavoro (soprattutto l‘individualizzazione dell’allenamento) come viene fatto a livello professionistico. Proprio questo richiede ancor di più la necessità di fare delle scelte sui tipi di lavoro da far eseguire; non esiste una sola “via metodologica” per raggiungere l’obiettivo, ma esiste l’obiettivo, che può essere raggiunto non necessariamente sempre attraverso la stessa “strada”.

    Il principio giusto è uno…i metodi sono tanti!

    Darcy Norman: preparatore atletico nazionale tedesca

    Insieme alle competenze, serve anche creatività ed intuito, oltre a motivare i propri atleti, facendo capire che si sta facendo del proprio meglio per trasmettere loro delle competenze; se si opera in questo modo, le soddisfazioni (soprattutto dal punto di vista umano) non saranno poi così diverse da quelle che si possono avere in ambito professionistico.

    Per chi volesse approfondire l’utilizzo degli Small Side Games come mezzi allenanti per le componenti atletiche specifiche (e non solo), consigliamo il webinar di Andrea LicciardiSmall Sided Games: evidenze scientifiche ed esercitazioni pratiche. In questo corso viene approfondito il peso delle possibili variabili sugli aspetti allenanti di ogni mezzo; dimensioni del campo, numero di giocatori, obiettivo dell’esercitazione (gol o possesso), presenza di giocatori speciali (jolly, portiere, sponda, ecc.) e tipo di marcatura sono solo alcune delle possibili variabili che vanno ad incidere sia sulla condizione atletica, che sul potenziale tecnico e tattico del giocatore.

    Conoscere come modulare il potenziale allenante di questa tipologia di esercitazioni, è fondamentale per un lavoro integrato che permette (soprattutto a livello dilettantistico) di ottimizzare il poco tempo a disposizione.

    In questo Webinar si parte da quello che attualmente emerge dalla bibliografia internazionale, per poi trasmettere tutte le competenze necessarie per padroneggiare al meglio gli SSG.

    Puoi accedere a questo ed altri Webinar sottoscrivendo uno dei piani d’abbonamento mensili ed annuali a Performance Lab (garanzia 14 giorni). Applicando il Codice Promozionale MISTERMANAGER al momento dell’acquisto, avrai lo sconto del 10%.

    Se ti è piaciuto questo articolo, connettiti al mio profilo linkedin per rimanere informato sulla pubblicazione e l’aggiornamento dei post del nostro blog.

    Nel prossimo post, approfondiremo l’allenamento atletico Generale del calciatore.

    Autore dell’articolo: Melli Luca, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960, preparatore atletico AC Sorbolo ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it

  14. Esercitazione aerobica e tecnica

    Leave a Comment

    Passaggio di “scarico” e cambio di gioco.

    Il giocatore “A” serve in avanti “B” il quale gli ridà palla indietro (passaggio di scarico);

    “A”, di prima intenzione, cambia gioco su “C” e prende il posto di “B” mentre quest’ultimo va sullo spazio a prendere il posto del giocatore “C”;

    “C”, ricevuto il pallone, lo conduce sino ad ad “E” che ripete l’esercizio.

    L’esercizio va svolto simultaneamente dal giocatore “A” e dal giocatore “F” in modo perfettamente simmetrico.

    Tempi dell’esercitazione consigliati: 2 blocchi per 6′ l’uno.

    (Il numero dei giocatori impiegati per questo tipo di esercitazione non deve essere inferiore a 12).

    Materiale occorrente: 2 palloni, delimitatori.

  15. Esercizio aerobico con il pallone: “Coast to coast”

    Leave a Comment

    Un’altra esercitazione che consente di ottenere una finalità allenante considerevole con un grado di divertimento altrettanto apprezzato dai giocatori; una validissima alternativa alla corsa “a secco” con il pallone a far da padrone!

    Il portiere (o l’allenatore), serve uno dei giocatori esterni del primo gruppo (“A”) che riceve nella zona del limite dell’area. Questo dopo una breve conduzione passa la palla al compagno al suo fianco che così si comporterà a sua volta nei confronti del terzo compagno e così via.

    Procedendo in modo orizzontale il gruppo dei giocatori dovrà andare alla conclusione con uno dei suoi componenti dal limite dell’area verso, ovviamente, la porta opposta.

    Effettuata la conclusione, e dopo che il portiere è eventualmente intervenuto, quest’ultimo (o un collaboratore dell’allenatore), dovrà rapidamente mettere in condizione di partire il gruppo “B” che si comporterà in modo analogo.

    Così faranno i giocatori degli altri due gruppi “C” e “D”.

    Variante 1: se cominciano l’esercizio due gruppi opposti in modo contemporaneo, la finalità metabolica verrà sicuramente accentuata.

    Variante 2: cross dal fondo con conclusione della rimanente parte del gruppo di giocatori.

    Tempo consigliato per una finalità aerobica accettabile: 2 blocchi da 10′ con variante a scelta.

    Materiale occorrente: palloni da sistemare a fianco di ciascuna porta, delimitatori.

    A cura di Claudio Damiani

    Claudio Damiani

  16. Esercitazione aerobica con pallone: “da angolo a angolo”.

    Leave a Comment

    4 gruppi di ugual numero di giocatori con un pallone a testa, si posizionano sugli angoli delimitati del campo.

    In queste aree verranno di volta in volta eseguite delle esercitazioni tecniche (palleggio dx/sx, testa, coscia/piede,ecc.);

    Al singolo fischio dell’allenatore i quattro gruppi partiranno palla al piede sino al cerchio di centrocampo dove eseguirano degli esercizi in guida della palla (a scambiare il pallone con un compagno, solo esterno, ecc.)

    Al successivo fischio dell’allenatore i giocatori punteranno in guida della palla all’angolo opposto da cui sono partiti ove eseguiranno lo stesso esercizio svolto nell’angolo di partenza.

    Al duplice fischio dell’allenatore, i giocatori lasceranno i palloni nell’angolo di campo in cui si trovano per raggiungere l’angolo opposto di campo ad intensità sub-massimale (70/75%).

    Quindi:

    1. Fischio singolo: guida della palla;
    2. fischio doppio: sempre da angolo ad angolo opposto “a secco”.

    Proposte esercitative tecniche:

    • SEQUENZA ESERCIZI NEGLI ANGOLI: palleggio al volo dx/sx (x2),

    alternato coscia piede (x2),

    solo testa (x2),

    con un rimbalzo dx/sx (x2).

    • SEQUENZA ESERCIZI ALL’INTERNO DEL CERCHIO DI CENTROCAMPO:

    a scambiare palla con un compagno,

    finta e controfinta,

    due tocchi dx+due tocchi sx;

    cambi di senso dopo tre tocchi.

    Claudio Damiani [skype-status]

  17. Possesso palla a due squadre e quattro colori.

    Leave a Comment


    Esercitazione con doppia finalità: il possesso di palla e il pressing; e inoltre il fattore “psicocinetico” dato dal fatto che le due squadre sono a loro volta suddivise in due gruppi con casacca di colore diverso.
    Grigi e bianchi vs rossi blu.

    A tre tocchi, i grigi possono solo passare ai bianchi e viceversa;
    I rossi possono passare solo ai blu e viceversa.
    10 passaggi consecutivi = 1 punto.

    Esercitazione eseguita in fase di preparazione pre-campionato, lontano da
    gara amichevole attraverso 4 blocchi da 3’ l’uno.

    Ottima alternativa alla seduta aerobica del primo allenamento della settimana (o secondo, a seconda dei punti di vista).

    Materiale occorrente: palloni, casacche di quattro colori.

    Claudio Damiani

  18. Esercitazione tecnica e allenamento aerobico.

    Leave a Comment

    Due gruppi di giocatori (“A” e”B”), sono posizionati in due cinesini distanti tra loro 40mt;

    Essi eseguono una conduzione sino al cinesino difronte per poi girarsi e lanciare la palla in diagonale al primo giocatore del gruppo opposto con l’obiettivo di far passare il pallone tra i due delimitatori (porticina);

    Eseguito il lancio i due correranno rispettivamente in allungo fino al gruppo dei giocatori che hanno ricevuto.(“A1″e “B1”), che ripeteranno i gesti.

    Da iniziare con 2 palloni per lato, poi aumentare a 4 o in base al numero dei giocatori coinvolti.

    Variante: i due giocatori conducono palla fino al primo cinesino, lo appoggiano e proseguono sino al gruppo opposto in allungo “a secco” e ad intensità sub-massimale;

    i giocatori che seguono (dietro di loro nel gruppo di partenza), raggiungono il pallone, lo giocano come nella prima esercitazione, ai compagni posti dietro le porticine e proseguono la corsa verso la postazione opposta, e così tutti gli altri.

    A cura di Claudio Damiani [skype-status]

  19. Possesso palla: tre gruppi e area neutra.

    Leave a Comment
    Esercitazione con duplice finalità:
    • Tecnica, per affinare la circolazione della palla;
    • aerobica.

    Viene diviso un campo di gioco in tre settori dei quali uno neutro come in figura e creati tre gruppi di calciatori.

    I 6 giocatori in possesso di palla in una delle due porzioni di campo più grandi deve effettuare 6 passaggi consecutivi per poi poter lanciare il pallone nel settore opposto.

    I due giocatori che andavano alla “caccia” del pallone rientrano nell’area neutra per essere sostituiti da due compagni di gruppo e andare a contrastare la circolazione di palla degli altri 6 giocatori.

    Tempi per l’esercitazione. 2/3 blocchi da 2’/2’30” per ogni gruppo impegnato a “rincorrere”.

    Materiale occorrente: palloni, casacche di almeno due colori, cinesini.

    [skype-status]

  20. Finalità metabolica del carico.

    Leave a Comment

    Il meccanismo energetico.

    Per meglio organizzare la seduta di allenamento con lo scopo di migliorare le capacità condizionali dell’atleta (forza, resistenza, velocità), mi soffermerei come primo intervento in questa rubrica, sull’importanza del meccanismo energetico a seconda delle finalità metaboliche che si intendono ottenere in uno o più atleti.

    Premetto che per finalità metaboliche intendo il “cosa intendo allenare” ovvero quale capacità condizionale.

    I muscoli utilizzano l’energia biochimica contenuta in una particolare molecola chiamata ATP (adenosintrifosfato).

    Durante il lavoro muscolare essa si trasforma in un sottoprodotto detto ADP (adenosindifosfato), il quale però da solo non può produrre altra energia.

    Ed è quindi attraverso particolari meccanismi energetici, aerobici e anaerobici eseguiti all’unisono che l’ATP deve essere continuamente “ricostruito” per avere funzione di “benzina” per il nostro organismo.

    L’ATP può essere considerato la “benzina” necessaria per far muovere la “macchina umana”.

    E’ l’unica fonte di energia che i muscoli sanno utilizzare.

    I tre fondamentali processi da utilizzare allo scopo sono i seguenti.

    1. Meccanismo aerobico.

    • L’ATP è ottenuto dal glucosio (zuccheri), in presenza di ossigeno: glicolisi aerobica.

    Corrisponde a degli sforzi fisici non necessariamente onerosi, come ad esempio una corsa lenta per circa un’ora al 50% della massima velocità. (Lavori di “potenza aerobica”).

    • L’ATP può essere altresì ottenuto dalla coesione di lipidi (grassi) con l’ossigeno ed enzimi aerobici. Corsa al 25% per delle ore (maratona), che è un meccanismo detto di “capacità aerobica”.

    2. Meccanismo anaerobico lattacido.

    In questo caso l’ATP viene risintetizzato attraverso la reazione chimica degli zuccheri in assenza di ossigeno, (glicolisi anaerobica lattacida). Questo meccanismo ha luogo attraverso una corsa sub-massimale, massimale (85-90%) per un tempo non superiore ai due minuti.

    Questo modo di produrre ATP ha il “difetto” di produrre acidità nei muscoli (acido lattico) che crea dei disagi all’organismo: impedimento di correre all’intensità voluta, scadimento della prestazione sino alla cessazione dell’attività.

    Esempi di lavori che utilizzano il meccanismo in questione, possono essere le ripetute con metodo ad intervalli entro i tempi citati all’intensità citata, i “vai e torna”, le partite 1>1 a tutto campo, ecc. (lavori che allenano la resistenza)

    3. Meccanismo anaerobico alattacido.

    L’ATP si ottiene attraverso la fosfocreatina presente nei muscoli e in assenza di ossigeno.

    In questo caso il procedimento di rielaborazione dell’ATP avviene attraverso sforzi brevissimi (20” circa), in cui i muscoli si contraggono alla massima velocità.

    La “benzina” prodotta, non ha una durata lunga nel tempo ma lo sforzo per ottenerla è recuperabile nel giro di qualche minuto di recupero.

    (Lavori di sprint, skip, tira e molla, reattività, velocità, ecc).

    E’ superfluo affermare che qualsiasi tipo di finalità si può ottenere tanto attraverso l’utilizzo del pallone quanto senza lo “strumento”; l’importante è avere le idee chiare sull’obiettivo che si vuole ottenere avendo l’accortezza di distribuire bene le forze degli atleti nell’arco di una settimana di carico, in vista dell’evento sportivo da affrontare.

    Questi sono dati teorici che devono anche tenere in considerazione alcuni fattori:

    1. L’età media del gruppo di lavoro (squadra giovanile o prima squadra?). E’ impensabile far sostenere a una squadra “giovanissimi” il carico di lavoro che normalmente sosterrebbe una “Prima Squadra”
    2. Le condizioni del terreno di allenamento (pesante, fangoso o asciutto?); si pensi che soprattutto tra i dilettanti, ci si allena di sera e nei periodi invernali molto spesso i campi si presentano molto fangosi. In questi casi è preferibile:
      1. Rendere la seduta più intensa possibile tralasciando le pause troppo lunghe tra un esercizio e l’altro per meglio attenuare la morsa del freddo.
      2. Valutare bene che svolgere attività fisica su un terreno molto pesante comporta già un allenamento “implicito” degli arti inferiori di un’entità da non sottovalutare (forza).
    3. Il morale della squadra: per esperienza personale, alcune volte nella seduta successiva a una gara persa in malo modo, tendo a rendere la seduta più divertente e meno onerosa dal punto di vista fisico, puntando più che altro a un ripristino morale del gruppo più che a una finalità prettamente legata ai programmi abituali di lavoro. (Riscaldamento e partitelle “a tema”, esercitazioni ludiche, utilizzo esasperato del pallone evitando il più possibile esercizi “a secco”).

    Ecco, in sintesi, una tabella che esprime la finalità metabolica raggiunta in funzione del lavoro svolto e quindi dei battiti cardiaci per minuto (b.p.m.).

    fino a 135 b.p.m aerobico di bassa intensità;

    135-150 aerobico di media intensità;

    150-165 aerobico di alta intensità (potenza aerobica);

    165-180 anaerobico (superamento della soglia anaerobica);

    oltre 180 anaerobico lattacido di alta intensità (sub-massimale- massimale).

Mistermanager.it © Tutti i diritti riservati - Privacy Policy - Realizzazione siti internet www.christophermiani.it

In qualità di Affiliato Amazon io ricevo un guadagno dagli acquisti idonei