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  1. Juventus-Inter 3-1: alcune considerazioni di cui far tesoro

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    Credo che mai come nella partita Juventus – Inter (3 – 1) giocata il 2 febbraio, sia stata dimostrata l’importanza della seconda palla, cioè la conquista delle ribattute.

    Infatti il secondo e terzo gol della Juventus sono stati segnati grazie alla riconquista immediata delle respinte dell’Inter.

    La conquista delle ribattute oltre ad indicare il carattere di un giocatore e della squadra di appartenenza, indica anche la forza fisica (quindi la preparazione) e la voglia di vincere del giocatore e di tutto il gruppo e della società.

    Quindi, allenare la propria squadra a questa specifica caratteristica implica a mio parere una combinazione fisica allenabile sul campo, e una allenamento mentale, allenabile sul campo, durante le esercitazioni, incitando e motivando sempre tutto ciò che il proprio calciatore compie, e anche negli spogliatoi e nei frequenti colloqui che l’allenatore o altri rappresentanti della società hanno con i propri atleti.

    Tutti possono notare la voglia, la “cattiveria” agonistica che i calciatori della Juventus mettono in campo in ogni partita.

    Quando si parla di demotivazioni, di abitudine a vincere (che può essere controproducente), si cerca di giustificare il calo di una squadra che poco tempo prima aveva vinto sempre e tutto.

    lichsteiner Ma questo non è il caso della Juventus o di altre grandi squadre tipo Bayern Monaco che sta continuando a vincere in Germania ed è avanti nella Champions.

    Penso che questa attitudine, sia anche insito nei ragazzi, ma si può, secondo me “allenare” dando la giusta intensità agli allenamenti e alle esercitazioni, che possono essere adattate al recupero della seconda palla, ma anche “spingendo” il ragazzo a non mollare mai.

    Da notare anche che parecchi calciatori, anche di livello stentano ad andare incontro al passaggio dei compagni, cosa peraltro che a me hanno insegnato quando ero piccolo e apprendevo i primi rudimenti di questo sport.

    Andare incontro alla palla trasmessa dai nostri compagni di squadra, quindi al passaggio, allo scarico, significa in primis aggredire la palla, impedendo all’avversario di arrivare in anticipo; e poi guadagnare quei pochi istanti e quei pochi metri di campo che nel calcio di oggi possono significare tanto.

    Quindi anche in questo possiamo intervenire negli allenamenti coi nostri ragazzi, incoraggiandoli ad andare incontro alla palla trasmessa dai loro compagni.

     

    Nicola Amandonico

  2. Il pressing: tattica difensiva collettiva (Prima parte)

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    DEFINIZIONE Dl PRESSING
    Il pressing è un’azione tattica collettiva (quindi portata a compimento da più giocatori) effettuata in situazione di non possesso palla (fase difensiva).
    E’ inoltre opportuno fare una distinzione tra i significati dei concetti di pressione e pressing. Mentre la pressione è un’azione individuale atta a togliere spazi e tempi di giocata al possessore di palla avversario, il pressing prevede, per la sua applicazione, la partecipazione di più giocatori che cooperano simultaneamente, per il raggiungimento di un obiettivo comune.
    Ovviamente, per portare a compimento un’azione di pressing collettivo efficace, può esser necessario utilizzare l’abilità di pressione individuale.
    Affinché sia possibile parlare di squadra in pressing è necessario che:
    • la palla sia in possesso degli avversari;
    • più giocatori, seguendo una strategia prestabilita, cooperino collettivamente alla riconquista della palla.

    Scopo del pressing è quello di comprimere gli spazi ed i tempi di giocata agli elementi della squadra in possesso palla in modo da rendere complicato lo sviluppo della manovra offensiva avversaria e facilitare la riconquista della palla.

    TIPOLOGIE Dl PRESSING
    Una delle classificazioni più utilizzate per definire il tipo di pressing attuato da una squadra riguarda la zona di campo dove tale tattica collettiva viene applicata in modo sistematico. Si è soliti quindi parlare di pressing ultraoffensivo, offensivo o difensivo a seconda che il disturbo attivo, attuato nei confronti dell’azione avversaria, parta da una delle linee ben identificate nella figura 1.
    Altre possono essere però le classificazioni utili ad indicare le modalità con cui una squadra pressa in fase difensiva. E’ possibile distinguere il pressing settoriale da quello a tutto campo, il pressing a soggetto da quello generale, il pressing in avanti da quello all’indietro.

    • Il pressing settoriale si differenzia da quello a tutto campo perché la squadra, impegnata in fase difensiva, va a ridurre tempi e spazi a disposizione degli avversari in possesso palla principalmente quando la stessa si trova in determinati settori (ad esempio nei pressi delle linee laterali).
    • Il pressing a soggetto si differenzia rispetto a quello generale per il fatto che la squadra concentra la propria azione collettiva principalmente quando la palla è in possesso di determinati giocatori (solitamente quelli più in difficoltà da un punto di vista tecnico oppure quelli più pericolosi). Il pressing in avanti si differenzia da quello all’indietro perché la squadra per la sua attuazione esegue in un caso movimenti collettivi ad avanzare (ad esempio nel pressing ultra-offensivo) e nell’altro movimenti a scendere (ad esempio nel pressing difensivo con i centrocampisti che si abbassano, avvicinandosi ai difensori, per raddoppiare o coprire determinate zone).

    Al di là del tipo di pressing praticato, una delle pietre miliari su cui si fonda l’organizzazione del movimento collettivo è indubbiamente la scalata.
    E’ proprio grazie agli scivolamenti difensivi organizzati, fatti verso la zona della palla, che si può generare quel movimento collettivo-collaborativo identificato come pressing.

    E’ importante considerare che l’efficacia del pressing può esser legata alla zona in cui si trova il possessore di palla. E’, infatti, indubbiamente più agevole pressare gli avversari quando la palla è in zona esterna piuttosto che in zona centrale. Tutto questo per le seguenti ragioni:

    • quando la palla è nei pressi della linea laterale le direzioni di giocata del possessore vengono appunto limitate a quelle verso l’interno o lungolinea, viceversa quando la palla è in zona centrale il giocatore può orientare la manovra a 360°;
    • in secondo luogo, l’avvicinamento della palla alla zona laterale consente di creare un lato forte (quello della palla) ed uno debole (quello lontano dalla palla), permettendo alla squadra che si difende di allentare le marcature sul lato debole e favorire le scalate dei reparti verso il lato forte dove sarà più agevole andare a creare situazioni di superiorità numerica e/o pressione individuale massimale.

    QUANDO FARE PRESSING
    Ma oltre alla zona di campo, esistono importanti fattori da considerare per massimizzare l’efficacia del pressing. Le condizioni favorevoli per ottenere buoni risultati si realizzano quando il pressing è portato:

    • su un giocatore di non eccelse qualità tecniche;
    • su un giocatore che si appresta a ricevere una palla di “difficile gestione” (alta, veloce, ecc.);
    • su un giocatore che riceve in “zona difficile” (scarsamente assistita dai compagni o dove costui non può permettersi di perder palla).

    L’analisi di tutti questi fattori porta a considerare come il pressing possa esser applicato a tutto campo o, in modo che potremmo definire “chirurgico”, solo in determinate circostanze.
    Fondamentale è riuscire proporre la giusta didattica in modo che i giocatori riescano a recepire e rispondere adeguatamente alle direttive volute dall’allenatore.

    Bibliografia: “Pressing” ed. Allenatore.net

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